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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 23/03/2024 Scarica PDF

La gestione della crisi degli elenchi dei delegati alla vendita

Massimiliano Blasone, Avvocato in Trieste


Sommario: 1. Un anno di criticità. - 2. Alla ricerca dei crediti formativi per la permanenza negli elenchi. - 3. Gli indicatori della crisi delle nomine circondariali. - 4. Il Legislatore quale gestore della crisi. – 5. Verso un agente di esecuzione europeo.

   

1. Un anno di criticità

È passato oramai oltre un anno dall’entrata in vigore del nuovo disposto dell’art. 179 ter disp. att. c.p.c., dedicato ai criteri di formazione e tenuta dell’elenco dei professionisti delegati alle operazioni di vendita coattiva dei beni immobili ex art. 591 bis c.p.c., nonché di quelli mobili registrati ex art. 534 bis c.p.c.[1] Nel presente contributo, pertanto, si analizzeranno gli effetti della nuova normativa, evidenziando le incongruenze emerse durante il primo anno della sua vigenza e cercando di indicare alcune prospettive di riforma che, a modesto avviso di chi scrive, potrebbero permettere di superare le difficoltà incontrate dai soggetti preposti alla sua applicazione.

L’art. 179 ter disp. att. c.p.c., come è noto, prevede nella sua ultima versione che gli elenchi dei professionisti abbiano natura circondariale. Essi, infatti, sono attualmente tenuti dal presidente di ciascun tribunale e sono formati da un comitato presieduto da questi o da un suo delegato. Il comitato è composto da un giudice addetto alle esecuzioni immobiliari e da un professionista iscritto nell'albo professionale, designato dal consiglio dell'ordine a cui appartiene il richiedente l’iscrizione nell’elenco e quindi da un avvocato, da un notaio e da un commercialista.

La prima questione che i neocostituiti comitati hanno dovuto affrontare è stata la verifica della “specifica competenza tecnica” dei richiedenti la prima iscrizione negli elenchi. Come si ricorderà, in mancanza di avvocati specialisti nella materia dell’esecuzione forzata e nelle more dell’organizzazione di corsi conformi al nuovo dettato normativo, la competenza veniva documentata dai richiedenti l’iscrizione dall’esperienza pregressa e cioè dall’”aver svolto nel quinquennio precedente non meno di dieci incarichi di professionista delegato alle operazioni di vendita (…)”. Il tenore generale di tale disposto normativo e la mancanza di una successiva circolare esplicativa ministeriale hanno di fatto permesso a ciascun comitato    di interpretare autonomamente tale requisito. Il dies a quo dell’applicazione della nuova norma veniva infatti individuato ora nella data di entrata in vigore del decreto legislativo ora nella data di scadenza degli elenchi già esistenti, con la conseguenza che, mentre in alcuni tribunali venivano immediatamente costituiti i nuovi elenchi, in altri si procrastinava la durata di quelli già esistenti sino alla loro naturale scadenza triennale. Non sono mancati casi in cui tale data veniva scelta arbitrariamente dai presidenti dei tribunali – di concerto o meno con i consigli degli ordini locali – ed indicata in circolari comunicate agli iscritti, nonché casi in cui i comitati non formavano il nuovo elenco rinviando sine die la sua costituzione e mantenendo quelli formati secondo l’abrogato disposto normativo.

Anche il concetto di “dieci incarichi nel quinquennio” determinava una molteplicità di diverse interpretazioni. Il quinquennio di riferimento veniva infatti individuato da alcuni comitati nel periodo antecedente alla data di entrata in vigore della norma, da altri in quella antecedente la data di sua emanazione. In alcuni casi gli incarichi, per poter essere validamente conteggiati, dovevano essere stati conclusi, in altri solamente iniziati, documentando tale inizio ora con il provvedimento di nomina, ora con la redazione della relazione iniziale ora con la pubblicazione dell’avviso di vendita. Per alcuni comitati-tribunali gli incarichi dovevano essere non solo iniziati, ma anche conclusi nel quinquennio di riferimento, per altri bastava che fossero iniziati prima del dies a quo prescelto purché completati nei cinque anni rilevanti o quantomeno, secondo altri, fossero ancora pendenti in tale periodo. Per alcuni, stando ad un’interpretazione letterale della norma, erano da ritenersi valide solo le nomine di professionista delegato, per altri, con un’interpretazione estensiva, anche quelle di custode giudiziario, sempreché, secondo altri comitati ancora, la nomina di custode si fosse cumulata nel quinquennio con quelle di delegato.

Il quadro che ne emergeva evidenziava non solo un’assoluta discrezionalità e disomogeneità nell’applicazione della norma ma anche una vera e propria disparità di trattamento tra i professionisti, la cui domanda di iscrizione – basata sui dieci incarichi pregressi – avrebbe potuto essere accolta o rifiutata a seconda della determinazione interpretativa assunta dal singolo tribunale o dal relativo comitato competente territorialmente a deliberare sulla richiesta. La mancanza di una data certa ed univoca entro la quale provvedere alla formazione dei nuovi elenchi, inoltre, impediva che vi fosse un'unica data di inizio della decorrenza del triennio di permanenza, la cui scadenza, pertanto, sarebbe dipesa da quanto deliberato dal singolo comitato circondariale.

Si consideri, inoltre, che la discrasia temporale verificatasi tra l’emanazione della norma – 10 ottobre 2022 – e la pubblicazione delle linee guida della Scuola superiore della magistratura inerenti alla formazione ai fini dell’iscrizione negli elenchi – 7 aprile 2023 – comportava che al momento dell’entrata in vigore del nuovo art. 179 ter disp. att. c.p.c. – 28 febbraio 2023 – non era possibile frequentare alcun corso abilitante la prima iscrizione, non avendo gli enti proposti all’incombente alcuna indicazione sul loro programma e sulla loro durata. Per appianare l’asserita disparità di trattamento tra coloro che la competenza tecnica la potevano già documentare sulla base dei dieci incarichi e coloro che invece attendevano di poter iniziare i corsi di formazione, molti tribunali e comitati, una volta formati gli elenchi, decidevano di aggiornarli periodicamente deliberando semestralmente sulle domande di prima iscrizione basate sulla frequentazione dei corsi.

Non ci si vuole, in questa sede, soffermare sullo sforzo ermeneutico – che sa di attivismo giudiziario – fatto per superare il disposto dell’art. 179 ter, co. 9, disp. att. c.p.c. che dispone che “ogni tre anni il comitato deve provvedere alla revisione dell'elenco”, limitando il controllo semestrale alla mera revisione di carattere disciplinare. Quello che si deve, invece, evidenziare è che tale apertura in ingresso non veniva bilanciata da alcun controllo annuale sulla maturazione in capo agli iscritti dei requisiti di permanenza e prima di tutti quella del conseguimento dei crediti formativi annuali. Come è noto, infatti, l’art. 179 ter, co. 7, disp. att. c.p.c., prevede che coloro che aspirano alla conferma dell’iscrizione devono maturare sessanta crediti formativi nel triennio, di cui ad almeno quindici all’anno. La norma non prevede però il controllo annuale – la revisione, come sopra ricordato, dovrebbe essere triennale – con la conseguenza che, una volta iscritto, il professionista potrà tranquillamente non conseguire alcun credito per i successivi tre anni senza che alcuno possa sindacare il mancato rispetto della norma e disporne la cancellazione dall’elenco.

Se si considera, inoltre, che tale apertura semestrale alle iscrizioni si trovava inserita in un contesto in cui la prova finale del corso non era idonea a fare alcuna selezione – potendo essere svolta anche in collegamento da remoto senza alcuno strumento di verifica dell’identità del partecipante e consistendo, non per determinazione normativa ma per indicazione delle mere linee guida, in un quiz a risposta multipla con risposte corrette disponibili online[2]  – se ne ricava che gli elenchi, al momento della loro formazione, venivano snaturati della funzione di costituire un bacino di professionisti muniti di quella specifica competenza tecnica disposta dal Legislatore come requisito primario per l’iscrizione.

 

2. Alla ricerca dei crediti formativi per la permanenza negli elenchi

Ad ogni modo, essendo oramai trascorso oltre un anno dall’entrata in vigore della nuova normativa, i professionisti si trovano ad affrontare una nuova questione di assoluta contingente importanza e cioè la modalità di assolvimento dei crediti formativi annuali per la conferma dell’iscrizione nell’elenco.

Come è noto, infatti, il comma 7 dell’art. 179 ter disp. att. c.p.c. impone al professionista, in mancanza di avvocati specialisti nel diritto dell’esecuzione, di partecipare a “scuole o corsi di alta formazione”, conseguendo un numero di crediti non inferiore a sessanta nel triennio di riferimento e, comunque, a quindici per ciascun anno. Le scuole o i corsi devono essere organizzati, esclusivamente, dai Consigli nazionali dei professionisti delegabili, anche delegando gli Ordini locali, ovvero da associazioni forensi specialistiche maggiormente rappresentative – attualmente non esistenti – o da università. I programmi dei corsi di aggiornamento, al pari di quelli di prima formazione, continua a disporre il comma sopra citato, devono essere definiti secondo linee guida generali elaborate, ogni triennio, dalla Scuola superiore della magistratura.

Nelle linee guida pubblicate il 7 aprile 2023, tuttavia, non veniva fornita alcuna indicazione in merito al contenuto dei programmi dei corsi di permanenza. Vi si trovano, infatti, esclusivamente profuse indicazioni su quelli di prima formazione dei quali, soltanto, viene indicata la durata minima di venti ore. Per quanto, con uno sforzo interpretativo, si possano seguire le linee guida su quanto indicato in merito alla competenza dei docenti ed alle modalità di didattica, non vi è alcun elemento che possa orientare il lettore sugli altri aspetti essenziali quali la durata ed il contenuto dei corsi, con la conseguenza che risulta non poco arduo valutare se un evento formativo possa o meno considerarsi effettivamente valido ai fini del mantenimento dell’iscrizione.

Tale valutazione, allo stato, viene rimessa al singolo professionista ma tra due anni dovrà essere effettuata, retroattivamente, dagli stessi comitati circondariali in sede di revisione degli elenchi. Tuttavia, al di là della verifica dell’ente organizzatore, nemmeno nel testo della norma vi sono elementi che permettano di determinare se il “corso” – che mera conferenza, pertanto, non può essere – sia idoneo o meno a garantire la permanenza. Ne conseguirà, ancora una volta, una discrezionalità nella valutazione da parte di ciascun comitato con una disomogeneità tra tribunale e tribunale. Allo stato, inoltre, ben potrebbe essere ritenuta valida anche ai fini della formazione periodica, solamente la frequenza a corsi di prima iscrizione, in quanto attualmente gli unici in grado di avere programmi e durata conformi alle indicazioni della Scuola superiore della magistratura e quindi al disposto dell’art. 179 ter, co. 7, c.p.c.

 

3. Gli indicatori della crisi delle nomine circondariali

Alla mancanza di regole e criteri uniformi in tutta la penisola per poter accedere agli elenchi circondariali, si affiancavano nel primo anno di entrata in vigore del nuovo art. 179 ter disp. att. c.p.c. alcuni correttivi al testo della norma, volti ad incidere sul sistema delle nomine del professionista delegato disciplinato dai commi 9 e 10. Secondo l’originario combinato disposto di tali commi, infatti, “nessuno può essere iscritto in più di un elenco” ed il giudice, qualora intendesse conferire la delega ad un professionista iscritto presso l’elenco di un altro Tribunale doveva motivare specificamente la sua scelta.

Si trattava indubbiamente di un’innovazione rispetto al previgente sistema che non stabiliva alcuna limitazione territoriale – sussistendo solo quella per i notai discendente dalla relativa legge professionale – e che riceveva immediatamente le critiche del Consiglio Nazionale Forense che, in allegato alla delibera n. 781, dd. 31 marzo 2023, proponeva un emendamento mirante ad allargare l’ambito di operatività dei professionisti delegati “quantomeno” al distretto.[3]

Come evidenziato nella relazione illustrativa all’emendamento proposto, infatti, il CNF condivideva la preoccupazione del Legislatore di riservare l’attività di vendita delegata ai professionisti in possesso di una specializzazione di alto profilo, ma non era affatto d’accordo con la limitazione territoriale introdotta dal novellato art. 179 ter disp. att. c.p.c., che restringeva la scelta del giudice ai soli professionisti iscritti nell’elenco del singolo Tribunale. In primo luogo, stando al CNF, si finiva per mortificare le specifiche competenze del delegato che vedeva ristretto l’ambito della propria attività al solo Tribunale di appartenenza. In secondo luogo, non si teneva conto “delle imprescindibili esigenze di trasparenza nelle vendite giudiziarie” soprattutto nei Tribunali medio piccoli, per i quali, per evitare “opacità, turbative, interferenze” con l’attività di vendita, si sottolineava l’utilità di poter ricorrere alla nomina del delegato tra i professionisti esterni al circondario. La delibera segnalava inoltre il rischio di una indebita disparità di trattamento rispetto a figure professionali affini come quelle dei curatori fallimentari, dei professionisti nominati nelle procedure concorsuali, dei liquidatori giudiziali nelle procedure di sovraindebitamento – e, ci si permette di aggiungere, degli amministratori giudiziari di beni sequestrati alla criminalità organizzata – che operano senza alcuna limitazione territoriale nell’esercizio della propria attività. La limitazione territoriale introdotta dal legislatore, continuava ad osservare il CNF, “sancisce un’anacronistica compressione della libertà di stabilimento del professionista, affermata in maniera solenne dal diritto eurounitario”. Infine, si esprimeva la preoccupazione che l’alto livello di specializzazione richiesto ai delegati, contribuisse a limitare le iscrizioni dei professionisti nei tribunali medio piccoli, col pericolo di non trovare i professionisti necessari a coprire le deleghe da conferire o, ci si permette ancora di aggiungere, di non garantire un’adeguata turnazione nelle nomine.

Pochi mesi dopo, il Legislatore, con una norma di non facile reperibilità e cioè con l’art. 13, co. 7 bis, del decreto-legge n. 75, dd. 22 giugno 2023, convertito con la legge n. 112, dd. 10 agosto 2023, stabiliva che l’obbligo di specifica motivazione non devesse operare nell’ambito del distretto della Corte di appello di appartenenza. Si permetteva così al giudice dell’esecuzione di avvalersi liberamente di delegati sebbene fossero iscritti in elenchi di altri tribunali – del medesimo distretto – senza dover rendere conto delle ragioni della sua scelta, che poteva pertanto essere dettata sia da ragioni inerenti alla specifica procedura esecutiva o al singolo tribunale, sia dalla mera fiducia nella capacità del professionista nominato. Un tanto, riporta espressamente il testo della norma sopra citata – al fine di “assicurare un più efficace funzionamento del processo esecutivo[4], valorizzando così il professionista specializzatosi nella materia.[5]

Nello schema del decreto legislativo contenente disposizioni integrative e correttive della c.d. “Riforma Cartabia[6], in tema di procedura civile, approvato il 15 febbraio 2024 dal Consiglio dei ministri ed attualmente all’esame delle Commissioni parlamentari, si preannuncia l’imminente recepimento di tale norma nel codice di rito.

Si prevede, infatti, che il dodicesimo comma dell’art. 179 ter disp. att. c.p.c. venga sostituito dal seguente: “Il giudice dell'esecuzione può delegare le operazioni di vendita a un professionista iscritto nell'elenco di un altro circondario del distretto di corte di appello di appartenenza, senza obbligo di specifica motivazione”. Un tanto, si legge nella relazione illustrativa, per recepire e rendere “applicabile a regime” la modifica normativa – avente un’efficacia temporanea – apportata dal Parlamento in sede di conversione del sopra citato art. 13, co. 7 bis “in accoglimento delle sollecitazioni da più parti pervenute”.

La possibilità per il delegato di operare nell’ambito dell’intero distretto di Corte d’appello, superando la barriera territoriale del circondario, rappresenta pertanto una precisa determinazione del Legislatore finalizzata ad assicurare un più efficace funzionamento del processo esecutivo.

 

4. Il Legislatore quale gestore della crisi

L’esigenza di garantire l’uniformità nazionale nella formazione e tenuta degli elenchi, l’autonomia del magistrato nella scelta del delegato, la libera circolazione dei servizi, la valorizzazione della competenza specialistica del professionista dell’esecuzione e, non ultimo, l’efficientamento del procedimento esecutivo inducono, pertanto, a ritenere che gli elenchi circondariali siano destinati ad evolversi in un unico albo a livello nazionale.

Con le molteplici modifiche apportate al testo dell’art. 179 ter disp. att. c.p.c.[7], infatti, il Legislatore, al fine di meglio conseguire le finalità sottese alla norma, ha avviato un vero e proprio procedimento di evoluzione del testo dell’articolo riadattandolo di volta in volta sulla base delle esigenze emerse e delle esperienze maturate durante l’applicazione del testo previgente.

Si deve ritenere, pertanto, che la prossima fase di questo procedimento non potrà che essere la riorganizzazione dell’elenco a livello nazionale.

In primo luogo, si ritiene che il generico termine di “elenco” verrà sostituito con quello più specifico di “albo”. Non è un caso, infatti, che linee guida della Scuola superiore della magistratura facciano sempre riferimento all’albo e mai agli elenchi dell’art. 179 ter disp. att. c.p.c. È l’albo, infatti, e non l’elenco, il documento che attesta pubblicamente il fatto che i soggetti iscritti dispongono di particolari requisiti, stabiliti dalla legge, tali da renderli idonei all’esercizio di una determinata attività. È per l’iscrizione in un albo e non in un mero elenco che l’accertamento del possesso di tali competenze consegue ad un esame di abilitazione, facendo diventare l’iscritto parte costitutiva di un gruppo professionale.

Tale effetto abilitante conseguente e caratterizzante l’iscrizione negli elenchi dell’art. 179 ter disp. att. c.p.c., inoltre, viene espressamente evidenziato nella risposta all’interpello n. 468, dd. 28 novembre 2023, dell'Agenzia delle Entrate - Direzione Regionale Campania, che lo riteneva il presupposto per l’applicazione della tassa di concessione governativa di € 168,00 gravante sugli iscritti.

In secondo luogo, si ritiene che il Legislatore dovrà organizzare gli elenchi – rectius: l’albo – a livello nazionale e lo farà, verosimilmente, ispirandosi a quelli delle altre figure professionali affini operanti in ambito giudiziario, quale l’”albo” dei gestori della crisi e quello dei consulenti tecnici e dei periti. La sostanziale differenza starà nello scegliere tra l’affidamento dell’istruttoria e la delibera per l’iscrizione ad un solo organo nazionale – quale, nel primo caso sopra citato, il Dipartimento per gli affari di giustizia del Ministero della giustizia – oppure continuare ad affidare tali incombenze ad organi territoriali in modo da far confluire gli iscritti in più albi circondariali ma coordinati da un nuovo portale unico nazionale.

Vedremo, pertanto, se il Legislatore procederà alla gestione delle criticità emerse in questo ultimo anno archiviando l’esperienza dei comitati circondariali oppure ne manterrà l’esistenza con l’introduzione di alcune precise indicazioni sul loro funzionamento e su quello degli elenchi. Appare infatti imprescindibile, da un lato, che vengano quanto meno adottate regole uniformi per l’iscrizione – telematica – e per la permanenza in un portale nazionale e, dall’altro, che si consenta al giudice dell’esecuzione non solo di nominare liberamente un professionista operante in un determinato distretto ma anche, motivando, di poterne nominare uno che, regolarmente iscritto nel portale nazionale, si trovi ad operare in un altro distretto e sia disponibile a farlo anche in un altro.

Solo in tal modo, infatti, potranno essere eliminate le disparità di trattamento e le barriere che si sono palesate nell’ultimo anno, valorizzando il professionista dell’esecuzione munitosi di una esperienza e di una formazione specialistica.

 

5. Verso un agente di esecuzione europeo

Si è fatto riferimento nel capitolo precedente ad un procedimento di evoluzione che il nostro Legislatore starebbe adottando in merito al testo dell’art. 179 ter disp. att. c.p.c. Tale evoluzione, tuttavia, non è limitata al noto elenco professionale, bensì parte di un più ampio contesto di riforme in tema di esecuzione forzata iniziate nel 2005 e condotte nel segno dell’efficienza, della crescita economica e della competitività del nostro sistema[8]. È stato proprio questo indirizzo normativo a far sviluppare la figura del delegato – introdotto, come è noto, già nel 1998 ma circoscritto al solo notaio – e quella del custode, provvedendo, di riforma in riforma, ad aumentarne le funzioni ed a delineare i profili di appartenenza alla categoria introducendo il concetto di elenco. Un tanto veniva espressamente determinato al fine di realizzare l’efficientamento del procedimento esecutivo.

Non ci si vuole soffermare, in questa sede, sulle ragioni per cui ad un tratto la promozione dello sviluppo economico sia diventata la ratio costante delle modifiche in tema di diritto processuale civile dell’esecuzione[9], ma ci soffermerà ad evidenziare che queste modifiche hanno costantemente seguito il percorso indicato dalla Commissione europea per l’efficienza della giustizia del Consiglio d’Europa (CEPEJ). Per conseguire l’efficienza e la qualità della giustizia in sede esecutiva, favorendo un avvicinamento tra gli ordinamenti degli Stati membri su direttrici condivise, infatti, la CEPEJ elaborava nel 2009 delle Linee Guida in tema di esecuzione di sentenze civili[10], raccoglieva nel 2015 le buone prassi nazionali in materia[11], e pubblicava nel 2023 una Guida per lo sviluppo delle aste giudiziarie telematiche[12].

I cardini di questa ricerca di efficienza promossa e coordinata a livello sovranazionale possono essere sintetizzati, essenzialmente, in due precisi elementi: lo sviluppo della digitalizzazione dei procedimenti esecutivi e la riduzione al minimo indispensabile dell’intervento del giudice dell’esecuzione, introducendo o potenziando normativamente un professionista specializzato in grado di contribuire alla gestione del procedimento, sotto il controllo diretto o indiretto del magistrato e con funzioni normativamente disciplinate da ciascuno Stato.

Tale professionista assume una diversa denominazione in ogni singolo Stato e viene pertanto identificato con il termine onnicomprensivo di “agente di esecuzione” che, nella “via italiana”, include il delegato alla vendita[13].

Pur variando da Stato in Stato, oltre che la denominazione, le funzioni e la natura della loro qualifica – in alcuni casi pubblico dipendente, in altri, la maggioranza, libero professionista, in altri ancora figura intermedia tra questi due – gli agenti di esecuzione hanno in comune alcuni elementi che li caratterizzano. Questi, stando sia al Codice Mondiale delle Esecuzioni[14] sia al recente studio della CEPEJ in materia[15], consistono nella responsabilità personale, civile, penale e disciplinare dell’agente – garanzia di indipendenza e di correttezza nello svolgimento delle sue funzioni – e nell’alto livello di professionalità da realizzarsi con una serie di rigorose attività di formazione iniziale e continua, necessarie per l’iscrizione e la permanenza nell’albo dello Stato di appartenenza.

In ragione di un tanto, è da ritenere che il nostro Legislatore, continuando nel suo percorso di riforme seguendo il sentiero tracciato dall’efficienza del procedimento esecutivo e dalle indicazioni sovranazionali, non potrà che giungere al superamento degli elenchi circondariali ed alla formazione di un albo nazionale, o quanto meno di un portale unico, dei professionisti delegati.

I risultati sino ad ora conseguiti in termini di efficienza dal delegato e dal custode, inoltre, ben potrebbero indurre a continuare nel percorso di implementazione di tali figure professionali anche superando il contesto normativo di origine – e prevalente – del procedimento esecutivo immobiliare.

Si possono sin d’ora, infatti, individuare prospettive di evoluzione normativa che potrebbero prevedere l’impiego del custode giudiziario in sede di procedimenti di sfratto, attribuendogli normativamente il compito di attuare i provvedimenti di rilascio di cui agli artt. 657 e ss., convalidati ai sensi degli artt. 663 e 665 c.p.c., in alternativa all’esecuzione rimessa all’ufficiale giudiziario[16], trasponendo così il disposto dell’art. 560 c.p.c. nel procedimento di cui all’art. 602 e ss. c.p.c.[17]  Del custode giudiziario, inoltre, potrebbe essere valorizzata la funzione di ammortizzatore sociale affidandogli anche il compito di aiutare il debitore, laddove soggetto debole per età o malattia, nel reperimento di una nuova abitazione, normando la collaborazione con gli enti pubblici preposti[18].

Il delegato, a sua volta, potrebbe avere un ruolo determinante per il soddisfacimento dell’interesse del debitore all’estinzione dei propri debiti con la vendita dell’immobile staggito, qualora venisse applicato l’istituto dell’esdebitazione all’esecuzione immobiliare[19]. Prima di eseguire le formalità di vendita, inoltre, ben potrebbe essere prevista la possibilità per il delegato di tentare di conciliare le parti in sede di una nuova mediazione endoesecutiva[20] . La sua competenza ed esperienza nella gestione dell’asta giudiziaria telematica, inoltre, potrebbero essere messe a disposizione dell’offerente – in procedure ovviamente distinte da quelle a lui affidate – non solo quale consulente ma anche, con una modifica all’art. 571 c.p.c., quale presentatore dell’offerta in nome e per conto dell’interessato ed un tanto sul mero presupposto legittimante di essere iscritto nell’elenco di cui all’art. 179 ter disp. att. c.p.c.[21]

Questa è la via. Vedremo prossimamente se il nostro Legislatore deciderà di continuare a percorrerla.



[1] L'art. 4, co. 11, lett. c), del D.lgs. n. 149 del 10 ottobre 2022 ha riscritto l'art. 179 ter disp. att. c.p.c., prevendendone, all’art. 35, l'entrata in vigore al 30 giugno 2023. Tuttavia, come noto, l'art. 1, co. 380, lett. a), della L. 197/2022 ne ha anticipato la decorrenza al 28 febbraio 2023. In ragione di un tanto, per i delegati alle operazioni di vendita nominati con atto di precetto notificato a decorrere dalla data del 1° marzo 2023 l'individuazione sarebbe dovuta avvenire tramite l'elenco disciplinato dall'art. 179 ter disp. att. c.p.c.

[2] Cfr. M. BLASONE, La notte prima dell’esame da delegato alla vendita, in ilcaso.it, https://blog.ilcaso.it/libreriaFile/35af6-blasone-07-08-2023.pdf

[3] https://www.consiglionazionaleforense.it/documents/20182/0/ALL.+2++AS+564_art.+40_Emendamento+179+ter+disp.+att.+cpc.pdf/bb1cea8c-7ace-1763-322a-23a56445bb71?t=1680269020807

[4] Cfr. A. AULETTA, Impressioni (di settembre) sulle prime esperienze dei Comitati ex art. 179-ter d.a. c.p.c., in Inexecutivis.it

[5] Cfr. P. BORRELLA e G. VIOLA, Riforma del processo civile: l’elenco dei professionisti che provvedono alle operazioni di vendita, in ilprocessocivile.it

[6] decreto legislativo, n. 149, dd. 10.10.2022, recante attuazione della legge n. 206, dd. 26.11.2021, recante delega al Governo per l’efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata

[7] Cfr. A. CRIVELLI, Il nuovo elenco dei delegati e custodi: l’art. 179-ter disp. att. c.p.c. dopo la riforma Cartabia, in giustiziacivile.com

[8] Cfr. B. Capponi, Dieci di anni di riforme sull’esecuzione forzata, in questionegiustizia.it

[9] Cfr. R. Caponi, “Doing Business” come scopo della giustizia civile?, in Foro it., 2015, pp. 6-11, anche scaricabile da: https://flore.unifi.it/retrieve/handle/2158/983634/31109/Caponi%202015%20Doing%20Business%20e%20Giustizia%20Civile.pdf

[10] https://rm.coe.int/16807473cd

[11] https://rm.coe.int/european-commission-for-the-efficiency-of-justice-cepej-good-practice-/16807477bf

[12].https://rm.coe.int/cepej-2023-11-en-guide-on-judicial-e-auctions-1-/1680abb674

[13] Cfr. F. De Stefano e G. Alari, Verso un’armonizzazione delle procedure esecutive, in QuestioneGiustizia.it

[14] https://uihj.com/archive-uihj/en/global-code-of-enforcement_2165010.html

[15] https://rm.coe.int/specific-study-on-enforcement-agents-2020-data-uihj-/1680ad0769

[16] A. Argentieri, La deformalizzazione dell’esecuzione per il rilascio nei procedimenti di sfratto: art. 608 ter c.p.c. e la nuova funzione per il custode giudiziario, Convegno naz. A.C.D.C., Venezia, 27.10.2023

[17] Cfr. M. Blasone, Lo sfratto (im)possibile, in cfnews.it

[18] Cfr. L. Salati, Il ruolo “sociale” del custode giudiziario, in ilcaso.it, https://blog.ilcaso.it/news_1994/03-12-22/Il_ruolo_sociale_del_custode_giudiziario

[19] Cfr. L. Salati, L’esdebitazione “endoesecutiva” nella procedura di esdebitazione immobiliare, in ilcaso.it, https://blog.ilcaso.it/news_2090

[20] Cfr. M. Blasone, Una nuova prospettiva di mediazione, in cfnews.it

[21] L. Siani, La presenza degli intermediari nella vendita giudiziaria, Convegno naz. A.C.D.C., Venezia, 27.10.2023


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