CrisiImpresa


Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 01/09/2021 Scarica PDF

Fallimento dell'impresa consorziata e appalti pubblici, in nota a TAR Bari, 19 agosto 2021

Francesco Paolo Bello e Gloria Visaggio, Francesco Paolo Bello - Avvocato in Bari. Gloria Visaggio - Dottore di ricerca in diritto commerciale presso Università degli Studi di Bari, Avvocato


Sommario: 1. Premessa. – 2. Sui rapporti tra procedure concorsuali e appalti pubblici, in sintesi, con specifico riferimento all’ipotesi del fallimento. – 3. Le modifiche soggettive in corso di gara. – 4. Segue: in particolare, con riferimento alla fattispecie del consorzio stabile e alla ipotesi del fallimento dell’impresa esecutrice. – 5. Considerazioni conclusive.

   

1. Nel caso sottoposto all’attenzione del TAR Bari, nella sentenza in commento, successivamente all’aggiudicazione di una commessa pubblica in favore di un consorzio stabile, era stato dichiarato il fallimento della società consorziata incaricata quale esecutrice dell’appalto e, in ragione di tanto, quest’ultima era stata sostituita da altra impresa.

La questione sottoposta all’attenzione del Giudice amministrativo era se fosse o meno ammissibile la sostituzione in parola, anche in quanto avvenuta prima del termine previsto dal bando per la presentazione delle offerte; il quesito ha ricevuto risposta affermativa, sulla scorta di un itinerario argomentativo che poggia su due direttrici, tra loro connesse.

In primo luogo, si legge nella sentenza in commento, “la procedura concorsuale che, come fatto successivo alla partecipazione alla gara, colpisca la consorziata designata da un consorzio stabile costituisce un’eventualità che, proprio in quanto sopravvenuta rispetto alla partecipazione, non incide sulla partecipazione del consorzio medesimo, avendo sostanzialmente il rilievo di una vicenda interna tra consorzio (unico concorrente e interlocutore della Stazione appaltante) e consorziata (componente del consorzio)”.

Inoltre – ed è questa la seconda argomentazione – deporrebbe a sostegno della conclusione sopra indicata (della legittimità, cioè, della sostituzione della consorziata avvenuta ai sensi dell’art. 48, comma 7 bis, d. lgs. n. 50/2016) il precedente della Consulta (sent. n. 85/2020), ivi richiamato, “… secondo cui il legislatore avrebbe inteso distinguere l’ipotesi in cui la procedura concorsuale coinvolga l’impresa mandataria da quella in cui la medesima colpisca l’impresa mandante, prevedendo in quest’ultimo caso la possibilità che un soggetto esterno al raggruppamento subentri alla mandante da escludere, in tal modo evidenziandone la sostanziale fungibilità”.

Il provvedimento giurisdizionale in commento offre, dunque, alcuni spunti di riflessione intorno al rapporto tra fallimento e appalti pubblici, con specifico riferimento, per un verso, all’incidenza del momento in cui intervenga l’apertura della procedura concorsuale rispetto alla legittimità o meno della partecipazione alla gara e, per altro verso, agli effetti che la sottoposizione a procedura concorsuale produce, a seconda che l’impresa decotta partecipi alla gara nell’ambito di aggregazioni plurisoggettive.

 

2. Al fine di fornire risposta ai due quesiti indicati occorre, al vertice, esperire una (seppur breve) disamina dei rapporti tra procedure concorsuali e appalti pubblici, con specifico riferimento all’ipotesi in cui – come è per l’appunto avvenuto nel caso di specie – si verta nel caso di apertura del fallimento a carico dell’impresa designata come esecutrice, tra le consorziate di un consorzio stabile partecipante alla gara.

Sotto il primo dei due profili considerati, come accennato anche in chiusura del precedente §, occorre a propria volta distinguere a seconda che la procedura concorsuale si apra nella fase di aggiudicazione, ovvero di esecuzione del contratto.

Per ciò che concerne la fase dell’aggiudicazione, l’enunciato normativo di riferimento è rappresentato dall’art. 80, d. lgs. n. 50/2016 che, al comma 5, espressamente contempla tra le ipotesi di esclusione dalla partecipazione alla gara pubblica quella dell’“operatore economico” che “sia stato sottoposto a fallimento o si trovi in stato di liquidazione coatta o di concordato preventivo o sia in corso nei suoi confronti un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni, fermo restando quanto previsto dall'articolo 110 del presente codice e dall'articolo 186-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267”.

Per ciò che concerne la fase dell’aggiudicazione, rileva pertanto innanzitutto considerare l’art. 110, d. lgs. n. 50/2016 che, innovando profondamente la disciplina contenuta nel previgente art. 140, d. lgs. n. 163/2006, a propria volta distingue l’ipotesi (contemplata sub commi 1 e 2) che l’appaltatrice aggiudicataria si trovi sottoposta a procedura di fallimento, di liquidazione coatta e concordato preventivo liquidatorio, da quella (disciplinata ai commi 3-6) in cui invece si abbia una procedura di concordato preventivo c.d. in continuità, ovvero “in bianco”, o ancora si verifichi l’ipotesi del fallimento con autorizzazione all’esercizio provvisorio dell’impresa.

Nel primo caso (fallimento, liquidazione coatta amministrativa, concordato preventivo non in continuità), a mente del citato art. 110, le stazioni appaltanti interpellano progressivamente i soggetti che hanno partecipato all'originaria procedura di gara, risultanti dalla relativa graduatoria, al fine di stipulare un nuovo contratto per l'affidamento dell'esecuzione o del completamento dei lavori, servizi o forniture.  L'affidamento in tal caso avviene alle medesime condizioni già proposte dall'originario aggiudicatario in sede in offerta.

Nel caso, invece, di apertura, a carico dell’aggiudicatario, di una procedura fallimentare cui sia stato concesso l’esercizio provvisorio dell’impresa, ovvero di concordato preventivo con continuità aziendale, è consentito al curatore sia partecipare alle procedure di affidamento di appalti e concessioni, sia subentrare nell’esecuzione dei relativi contratti, sia pure con delle specificità che, in questa sede, non appare opportuno trattare diffusamente[1].

Chiara, a parere di chi scrive, la ratio delle disposizioni suindicate, nell’affermare un principio generale di tendenziale incompatibilità tra le procedure concorsuali che determinino la liquidazione del patrimonio dell’appaltatrice e il contratto di appalto pubblico, con le eccezioni, contemplate dai commi 3 e 6 dell’art. 110, d. lgs. n. 50/2016, per il caso in cui invece l’appaltatrice acceda a una procedura che in linea di principio assicuri la conservazione e la continuità aziendale.

Un discorso parzialmente diverso deve essere svolto nel caso in cui la procedura fallimentare si apra a carico di un’impresa che sia parte di una forma plurisoggettiva e aggregata partecipante alla gara pubblica.

Com’è noto, infatti, ai sensi del comb. disp. artt. 45, comma 2 e 3, comma 1, lettera p), del d. lgs. n. 50/2016, sono annoverati tra gli “operatori economici”, in quanto tali legittimati a partecipare alla procedura pubblica di aggiudicazione, oltre agli imprenditori individuali, anche varie forme plurisoggettive di organizzazione ed esercizio dell’attività di impresa, tra cui: i consorzi di cooperative di produzione e lavoro, i consorzi stabili, i raggruppamenti e i consorzi ordinari di concorrenti, le aggregazioni di imprese che abbiano stipulato un contratto di rete, le aderenti al GEIE.

Ebbene, l’art. 48, ai commi 17-19 bis, d. lgs. n. 50/2016, regolamenta le conseguenze dell’apertura di una procedura concorsuale a carico di un’impresa partecipante alla gara in raggruppamento, in particolare sancendo che: “salvo quanto previsto dall'articolo 110, comma 5, in caso di fallimento, liquidazione coatta amministrativa, amministrazione controllata, amministrazione straordinaria, concordato preventivo ovvero procedura di insolvenza concorsuale o di liquidazione del mandatario ovvero, […], la stazione appaltante può proseguire il rapporto di appalto con altro operatore economico che sia costituito mandatario nei modi previsti dal presente codice purché abbia i requisiti di qualificazione adeguati ai lavori o servizi o forniture ancora da eseguire; non sussistendo tali condizioni la stazione appaltante deve recedere dal contratto” (comma 17); “salvo quanto previsto dall’articolo 110, comma 5, in caso di fallimento, liquidazione coatta amministrativa, amministrazione controllata, amministrazione straordinaria, concordato preventivo ovvero procedura di insolvenza concorsuale o di liquidazione di uno dei mandanti […], il mandatario, ove non indichi altro operatore economico subentrante che sia in possesso dei prescritti requisiti di idoneità, è tenuto alla esecuzione, direttamente o a mezzo degli altri mandanti, purché questi abbiano i requisiti di qualificazione adeguati ai lavori o servizi o forniture ancora da eseguire” (comma 18).

Le disposizioni di che trattasi, precisa il comma 19-bis dell’articolo in commento, si applicano anche ai consorzi di cooperative di produzione e lavoro, ai consorzi stabili e ai consorzi ordinari di concorrenti e – a mente del successivo comma 19 ter – “anche laddove le modifiche soggettive ivi contemplate si verifichino in fase di gara”.

Così ricostruito, in estrema sintesi, il quadro normativo di riferimento, è dunque ora provare a fornire risposta ai quesiti posti in apertura.

 

3. Si tratta di capire, ora, come preannunciato, innanzitutto se e in che misura le disposizioni rinvenienti dai commi 17 e 18 dell’art. 110, d. lgs. n. 50/2016 trovino applicazione in relazione a un appalto non in corso di esecuzione, bensì in relazione al quale si stia ancora svolgendo la procedura di gara (come, per l’appunto, si era verificato nel caso sottoposto all’attenzione del TAR nella sentenza che rappresenta l’occasione per le presenti riflessioni).

Com’è noto, le gare pubbliche sono governate, in ossequio a esigenze di tutela dei sovraordinati interessi della stazione appaltante, dal principio di immodificabilità soggettiva delle imprese partecipanti[2]: interessi che si identificano nella finalità di assicurare, in capo alle amministrazioni aggiudicatrici, una conoscenza piena dei soggetti che intendano contrarre con le stazioni appaltanti pubbliche, consentendone la verifica preliminare dei requisiti, quanto ad affidabilità e idoneità morale, tecnica, organizzativa, economica e finanziaria[3].

Deve quindi, in linea di principio, ritenersi preclusa – se non eccezionalmente[4] – qualsivoglia modifica dell’operatore economico partecipante alla gara pubblica (vedremo più tardi con quali eventuali differenze, nel caso di partecipazione tramite organizzazione plurisoggettiva, se la modifica soggettiva colpisca una delle imprese che siano parti di siffatta organizzazione complessa)[5], sicché se l’art. 80, comma 5, d. lgs. n. 50/2016, nell’escludere dalla partecipazione alla gara pubblica gli operatori economici sottoposti a fallimento, finisce con il confermare la regola suindicata, per converso i succitati commi 17 e 18 dell’art. 110, d. lgs. n. 50/2016 rappresentano una vistosa eccezione al principio di che trattasi, nella misura in cui determinano in ogni caso le modalità attraverso cui si possa proseguire nell’espletamento della procedura di gara e nell’esecuzione del contratto pubblico, malgrado sia intervenuto il fallimento a carico dell’impresa mandataria o mandante costituita in raggruppamento.

Eccezioni, quelle sopra dette, evidentemente tese a garantire altro interesse pubblico della stazione appaltante, ovverosia di proseguire e conservare il rapporto oramai in corso, assicurando così che quanto appaltato trovi completa esecuzione, sia pure per il tramite di una modificazione soggettiva del contratto[6].

Ciò posto, si tratta di capire se l’eccezione di che trattasi trovi applicazione in tutte le fasi della procedura di gara, ovvero soltanto se la sottoposizione a fallimento intervenga a carico dell’impresa successivamente all’aggiudicazione della commessa pubblica.

Il quesito ha, in vero, ragione di porsi in quanto, com’è noto, ai sensi dell’art. 32, comma 7, d. lgs. n. 50/2016, il momento dell’aggiudicazione definitiva determina la conclusione del procedimento di scelta del contraente più meritevole ed è allora che l’operatore economico partecipante deve essere in possesso dei requisiti di partecipazione[7].

Sicché, vien fatto di chiedersi, si tratta di capire se le modifiche soggettive consentite, in caso di fallimento di un’impresa partecipante alla gara pubblica in composizione plurisoggettiva, dall’art. 110, commi 17 e 18, d. lgs. n. 50/2016, debbano o meno intervenire prima della conclusione della fase ad evidenza pubblica.

La risposta affermativa, invero, al quesito appena prospettato troverebbe ragion d’essere proprio nella ratio sottesa al citato art. 32, d. lgs. n. 50/2016 e, al vertice, nell’esigenza di tutelare l’interesse della stazione appaltante alla stabilità della scelta esperita in sede di gara e, conseguentemente, dell’assetto di interessi venutosi a determinare per via dell’aggiudicazione stessa[8].

Considerato, cioè, che è proprio l’aggiudicazione definitiva il momento in cui si verifica se l’operatore economico sia in possesso o meno dei requisiti per la partecipazione alla gara, qualora i mutamenti soggettivi in parola dovessero verificarsi in un momento successivo alla scadenza del termine per la presentazione delle offerte, ma antecedente quello della conclusione della fase di selezione del contraente, potrebbe legittimamente inferirsi la conclusione per cui ciò dovrebbe dirsi precluso, in ragione delle esigenze di tutela di quegli interessi pubblici di cui si è detto poc’anzi.

Siffatta conclusione, però, pur se astrattamente congrua e coerente con il bilanciamento degli interessi in gioco, risulta oggi esclusa dal comma 19 ter del più volte richiamato art. 110, d. lgs. n. 50/2016, ai sensi del quale “le previsioni di cui ai commi 17, 18 e 19 trovano applicazione anche laddove le modifiche soggettive ivi contemplate si verifichino in fase di gara”.

Se, dunque, la perdita dei requisiti di partecipazione (recte: dei soli requisiti soggettivi di partecipazione[9]) di un’impresa costituita in un raggruppamento o comunque in una forma plurisoggettiva organizzata importi la modifica della sua composizione prima della conclusione della gara e quando questa è ancora in corso, la deroga al principio di continuità dei requisiti di partecipazione dovrebbe essere consentita[10].

La conclusione ivi prospettata non parrebbe, in vero, del tutto congrua, sol che si tenga conto dell’interesse delle altre imprese concorrenti, per l’ipotesi che la modificazione soggettiva in parola avvenga, in particolare, in un momento successivo alla presentazione delle offerte ma antecedente l’aggiudicazione.

Cionondimeno, un controbilanciamento di siffatta istanza di tutela degli interessi delle altre imprese partecipanti alla gara pubblica potrebbe essere ravvisato nella eccezionalità delle disposizioni di cui all’art. 110, d. lgs. n. 50/2016, e segnatamente in ragione della duplice circostanza per cui, da un lato, siffatte modifiche soggettive, anche in corso di gara, sono consentite unicamente alle forme plurisoggettive di partecipazione all’appalto pubblico e, dall’altro, si tratta di modifiche scaturenti da situazioni (giuridiche e di fatto) sopravvenute e del tutto indipendenti dalla volontà dell’impresa che le subisca e che in ogni caso conferirebbero soddisfazione all’interesse della stazione appaltante alla continuazione della gara e del contratto, laddove ovviamente non si traducano in comportamenti elusivi[11].

Ed è, in particolare, la peculiarità rappresentata dalla forma associativa del consorzio stabile (e, più in generale, dalle organizzazioni munite di personalità giuridica e annoverabili nella definizione di “operatore economico”, ai sensi del Codice dei Contratti Pubblici), possiamo anticipare, che può restituire congruità e coerenza all’assetto di interessi nel suo insieme, per come sopra delineato.

 

4. Nel caso sottoposto all’attenzione del TAR Bari, nella sentenza in commento, la modifica soggettiva oggetto del contendere si era determinata in capo all’impresa designata come esecutrice di un consorzio stabile partecipante alla gara (e risultato aggiudicatario della stessa), per via del fallimento apertosi a suo carico, nelle more tra la presentazione delle offerte e l’aggiudicazione definitiva.

Com’è noto, i consorzi stabili, ai sensi dell’art. 45, comma 2, lettera c), del d. lgs. n. 50/2016[12], sono enti, costituiti anche nella forma di società consortili ex art. 2516 ter, c.c., composti da non meno di tre consorziati che, con decisione assunta dai rispettivi organi deliberativi, abbiano stabilito di operare in modo congiunto nel settore dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, per un periodo di tempo non inferiore a cinque anni, istituendo al fine una comune struttura di impresa.

In sede di partecipazione alla gara, il consorzio stabile designa – come del pari è noto – una o più imprese esecutrici, ovvero una o più delle proprie consorziate per cui l’ente intenda partecipare alla procedura competitiva.

Ebbene, la questione della modificabilità (o immodificabilità) delle imprese designate come esecutrici da parte del consorzio stabile partecipante alla gara pubblica è da tempo oggetto di discussione presso gli interpreti che, prima della entrata in vigore dell’attuale Codice dei Contratti Pubblici, pervenivano pressoché unanimemente alla conclusione per cui, qualificandosi l’ente in parola come soggetto giuridico autonomo, ed essendo solo quest’ultimo deputato a relazionarsi con l’amministrazione appaltante, le vicende attinenti al rapporto organico tra consorzio e consorziate restavano sostanzialmente impermeabili ai rapporti con la committenza pubblica, di talché eventuali modifiche soggettive alla composizione del consorzio dovevano dirsi irrilevanti rispetto all’interesse pubblico dell’aggiudicatrice[13].

Avendo, dunque, le modifiche interne al consorzio rilievo meramente interno ed interorganico[14], si è ritenuto che le stesse fossero in sostanza irrilevanti per la stazione appaltante.

La questione ha, in vero, ricevuto più esplicita disciplina con il d. lgs. n. 50/2016 che, sub art. 48, ha per un verso esteso (al comma 19 bis) la disciplina prevista dai commi 17 e 18 per il caso – tra l’altro – di fallimento, rispettivamente, del mandante e del mandatario anche al consorzio stabile e, al contempo, attraverso la previsione del comma 7 bis, oggi espressamente consentito “per le ragioni indicate ai successivi commi 17, 18 e 19 o per fatti e atti sopravvenuti, ai soggetti di cui all’articolo 45, comma 2, lettere b) e c), designare ai fini dell’esecuzione dei lavori o servizi, un’impresa consorziata diversa da quella indicata in sede di gara, a condizione che la modifica soggettiva non sia finalizzata ad eludere in tale sede la mancanza di un requisito di partecipazione in capo all’impresa consorziata”.

L’assetto normativo che si è quindi venuto a delineare parrebbe confermare e dare soluzione positiva ai portati dell’evoluzione giurisprudenziale, sopra indicata, in punto di modificabilità soggettiva del consorzio stabile, alla triplice condizione che: a) si tratti di una modifica indotta dal verificarsi degli atti e dei fatti di cui ai commi 17, 18 e 19; b) si tratti di atti o fatti sopravvenuti; c) la modifica non si traduca in una manovra elusiva, pregiudizievole per gli interessi della stazione appaltante e delle altre imprese concorrenti.

Ferme restando le condizioni indicate alle lettere b) e c), dunque, il fallimento di una consorziata non sarebbe attualmente ostativo alla prosecuzione del rapporto tra consorzio stabile risultato aggiudicatario e stazione appaltante, anche qualora si tratti di consorziata designata come esecutrice del contratto.

 

5. Tuttavia, si tratta di una conclusione che non manca di suscitare, in sé e per sé considerata, ulteriori considerazioni critiche.

Come accennato in precedenza, infatti, vi è, per un verso, un enunciato normativo (il comma 19 bis dell’art. 48, d. lgs. n. 50/2016) che – per così dire sic et simpliciter – estende l’applicazione dei commi 17, 18 e 19 della medesima disposizione normativa all’ipotesi (tra l’altro) che a partecipare alla gara sia non un raggruppamento di imprese, ma un consorzio stabile, salvo poi a specificare, al comma 7 bis del medesimo enunciato, che per i casi contemplati dai citati commi 17, 18 e 19, ove sopravvengano in capo a un’impresa designata quale esecutrice dei lavori o dei servizi oggetto della gara, sia consentito designare ai fini dell’esecuzione un’impresa consorziata diversa, sia pure alle condizioni indicate nel § precedente.

Orbene, non può non cogliersi una parziale distonia nell’alveo delle disposizioni appena richiamate.

Una distonia che si realizza, in primo luogo, sul terreno nella non piana interpretazione e applicazione del comma 19 bis, sopra richiamato e, in seconda battuta, per ciò che concerne il raccordo tra il medesimo comma 19 bis e il citato comma 7 bis.

Sotto il primo profilo, infatti, non appare agevole comprendere come – ai sensi del comma 19 bis – le disposizioni dei precedenti commi 17, 18 e 19 possano trovare “applicazione anche con riferimento ai soggetti di cui all’articolo 45, comma 2, lettere b), c), d) ed e)”, atteso che nelle forme organizzative contemplate da quest’ultimo enunciato normativo non sono identificabili imprese mandatarie e mandanti, mentre per converso i commi 17, 18 e 19, di cui si vorrebbe fare applicazione proprio nel caso delle forme organizzative indicate nel comma 19 bis, si occupano proprio di determinare la diversa sorte del rapporto giuridico pendente, distinguendo l’ipotesi in cui la modifica soggettiva si verifichi a carico della mandataria o della mandante di un raggruppamento di imprese.

E tanto è a dirsi in special modo con riferimento all’ipotesi – che qui e ora ci occupa – in cui a partecipare alla gara sia un consorzio stabile, proprio per le caratteristiche, di cui si è detto, del contratto associativo che presiede alla costituzione di detto ente, in alcun modo rapportabile alla relazione mandanti – mandataria che invece si realizza nel raggruppamento temporaneo di imprese[15].

Per altro verso, come preannunciato, risulta poi di difficile raccordo, a propria volta, la disposizione del comma 19 bis, con quella del più volte richiamato art. 7 bis, che abilita il consorzio stabile a designare un’impresa consorziata diversa rispetto a quella indicata in sede di gara, laddove le fattispecie di cui ai commi 17 e 18 si verifichino a carico della consorziata originariamente indicata come esecutrice, giacché la modalità di sostituzione dell’impresa mandataria e/o mandante contemplata dai citati commi 17 e 18 divergono rispetto a quelle indicate dal comma 7 bis.

In un’ottica “conservativa” degli enunciati normativi in parola, escludendo cioè di prospettare una sorta di tacita abrogazione del comma 19 bis, dovrebbe dunque concludersi nel senso che i commi 17 e 18, richiamati dal citato comma 19 bis, devono essere applicati alla fattispecie del consorzio stabile (e degli altri enti di cui all’art. 45, comma 2, lettere b, c ed e) unicamente quanto alla individuazione dei fatti ivi contemplati (sottoposizione a fallimento, liquidazione coatta amministrativa, amministrazione controllata, amministrazione straordinaria, concordato preventivo) che possono dare causa alla modifica soggettiva di cui si dice, non anche per ciò che concerne gli effetti disciplinati dai medesimi commi 17 e 18.

Con l’ulteriore effetto, dunque, che, una volta verificatesi quelle fattispecie di cui ai commi 17 e 18, gli effetti e le modalità di sostituzione dell’impresa consorziata esecutrice saranno quelli individuati dal comma 7 bis, che, per quanto detto, enuclea un procedimento sostitutivo certamente più in linea con le caratteristiche ontologiche del contratto associativo proprio – in particolare – del consorzio stabile.



[1] Ci sia consentito rinviare a VISAGGIO, Fallimento, in La nuova disciplina dei contratti pubblici, Roma, 2017, pp. 902 ss.

[2] Cfr. CRISMANI, Il principio della tendenziale immodificabilità soggettiva dei contratti pubblici nella fase di esecuzione, in Riv. Giur. Edilizia, 2018, 301 ss.

[3] Cfr. Cons. Stato, ad plenum, 4 maggio 2012, n. 8, che individua la ratio del principio di immodificabilità soggettiva nell'esigenza di “garantire una conoscenza piena da parte delle amministrazioni aggiudicatrici consentendo una verifica preliminare e compiuta dei requisiti di idoneità morale, tecnico-organizzativa ed economico-finanziaria dei concorrenti, verifica che non deve essere resa vana in corso di gara con modificazioni di alcun genere”.

[4] CARACCIOLO, Brevi note in tema di modificazioni soggettive delle associazioni temporanee d'impresa, in amministrazioneincammino.luiss.it.

[5] Sul punto, si vedano le considerazioni espresse da Cons. Stato, 20 gennaio 2020, n. 169.

[6] Così Corte Cost., 07 maggio 2020, n. 85.

[7] Cfr. Cons. Stato, 21 febbraio 2020, n. 1328.

[8] Nell’assetto normativo previgente, la giurisprudenza si era, invero, consolidata nel senso di escludere qualsivoglia modificabilità soggettiva in sede di aggiudicazione: cfr., tra i precedenti più significativi al riguardo, Cons. Stato, Sez. V, 20 gennaio 2015 n. 169; T.A.R. Piemonte, Sez. II, 22 ottobre 2005 n. 3261; Id., Sez. I, 15 maggio 2015 n. 818, in www.giustizia-amministrativa.it, secondo cui nelle gare pubbliche il divieto di modificare la composizione dei partecipanti ai raggruppamenti temporanei d'imprese riguarda l'intero arco della procedura di evidenza pubblica, mentre le eccezioni contemplate dall'art. 37, comma 18 e 19, d. lgs. n. 163 del 2006 e concernenti il fallimento del mandante e del mandatario, la morte, l'interdizione o inabilitazione dell'imprenditore individuale, nonché le ipotesi previste dalla normativa antimafia, riguardano evenienze relative alla successiva fase dell'esecuzione del contratto.

[9] Cfr. Cons. Stato, 28 gennaio 2021, n. 833, secondo cui – e condivisibilmente – “la disposizione in esame (che, per la sua natura eccezionale, deve essere considerata di stretta interpretazione) si limita ad autorizzare la sostituzione del mandante nei (soli) casi di <modifiche soggettive> (…) previste dal comma 18, e non, dunque, anche nell’ipotesi di <perdita dei requisiti di cui all’art. 80 D. Lgs. n. 50/16> in corso di gara, che pure è prevista dal medesimo comma 18 come causa di sostituzione della mandante ma nella (sola) fase esecutiva”.

[10] Sul punto, si vedano anche Cons. Stato, 02 aprile 2020, n. 2245; TAR Campania Napoli, 01 luglio 2019, n. 3576; Cons. Stato, n. 1328/2020, cit.

Così anche FISCHIONE, Le ATI nel nuovo Codice dei contratti Pubblici: crolla il mito della immodificabilità della compagine associativa e della irrevocabilità del mandato collettivo, in www.giustamm.it, 2017

[11] Di tale avviso anche Cons. Stato, 20 aprile 2012, n. 2328, nonché Cons. Stato, ad plenum, n. 8/2012 e cfr. anche Determinazione ANAC 10 ottobre 2012, n. 4 e parere ANAC AG n. 49/2013.

Cfr. anche Cons. Stato, 16 febbraio 2010, n. 842.

[12] La fattispecie era originariamente prevista dalla legge n. 109/1994, poi fu inserita nel d. lgs. n. 163/2006 e infine ha trovato collocazione nel vigente Codice dei Contratti Pubblici.

[13] Cfr., tra i contributi più rilevanti in materia, Cons. Stato, 22 gennaio 2015, n. 244, nonché parere ANAC, 30 luglio 2013, n. AG 7, secondo cui “a differenza delle società riunite che realizzano una mera con titolarità del rapporto obbligatorio derivante dal contratto – il consorzio stabile realizza una nuova struttura soggettiva: pertanto, eventuali mutamenti interni della struttura rilevano come mutamenti di rapporti interorganici interni alla struttura, senza assumere valenza intersoggettiva a rilevanza esterna. A differenza delle riunioni temporanee di imprese, infatti, il Consorzio è l’unica controparte del rapporto di appalto sia nella fase di gara che in quella di esecuzione del contratto e, in relazione alle singole consorziate, opera sulla base di un rapporto organico”. Sul punto, cfr. anche Parere ANAC 7 marzo 2013, AG 26/12.

Di particolare interesse, sul punto, paiono anche le statuizioni contenute in Cons. Stato, 14 gennaio 2013, n. 145: “il consorzio stabile … è un soggetto che si connota per la creazione a priori di una struttura unificata tra le imprese consorziate che in tal modo si aggregano e, ferma restando l’autonomia soggettiva di queste ultime, postula un legame associativo tra loro ben più stretto che ogni altra forma di collegamento prevista dalla legge. Il consorzio stabile, quale forma intermedia tra le associazioni temporanee di imprese e la concentrazione delle stesse, ha la capacità di assumere in proprio le obbligazioni dedotte in appalto e non è assimilabile alla comune categoria delle ATI …”.

In termini, con riferimento all’autonoma soggettività giuridica del consorzio stabile, v. anche Cons. Stato, 24 marzo 2006, n. 1529; TAR Lazio, 9 agosto 2006, n. 7115; TAR Toscana Firenze, 22 giugno 2010, n. 2040; Cons. Giust. Amm. Regione Siciliana, sez. giur., 02 gennaio 2012, n. 12.

[14] Così anche il già citato Parere ANAC 30 luglio 2013, AG 7/2013: “le modifiche soggettive di un Consorzio stabile … abbiano un rilievo meramente interno, qualificabile alla stregua di un rapporto interorganico. Infatti, se tali modifiche non incidono nel rapporto tra consorzio stabile e stazione appaltante, esse non mutano in alcun modo la partecipazione soggettiva del consorzio stabile … Tale modifica soggettiva infatti non incide sul soggetto partecipante alla gara e/o esecutore del contratto, che rimane immutato e non appare, per questo, incorrere nel principio di immodificabilità soggettiva dei partecipanti alle gare, né in quello di immodificabilità del raggruppamento temporaneo di imprese”.

In termini simili, cfr. anche Parere ANAC 09 ottobre 2013, AG 49/2013, pur se con riferimento a una cooperativa di produzione e lavoro.

[15] Come osservato, ad esempio, da Cons. Stato, n. 145/2013, cit., il consorzio stabile “è un soggetto che si connota per la creazione a priori d'una struttura unificata tra dette imprese che così s'aggregano e, ferma sempre l'autonomia soggettiva di queste ultime, esso postula un legame associativo tra loro ben più stretto che in ogni altra forma di collegamento prevista dalla legge. Appunto perché il consorzio stabile è una forma intermedia tra le associazioni temporanee di imprese e la concentrazione delle stesse, esso ha la capacità d'assumere in proprio le obbligazioni dedotte in appalto e non è assimilabile alla comune categoria delle ATI. Solo nell'ambito di queste è possibile distinguere le funzioni, come prescrive l'art. 37 del Dlg 163/2006, di capogruppo mandataria e di mandanti e, dunque, i requisiti di minima qualificazione necessaria, sicché ad esse o ad altre forme aggregative di imprese e non anche ai consorzi stabili, ad una sua serena lettura ed a rigor d'interpretazione, intende riferirsi la lex specialis con l'uso, certo non casuale, dei vocaboli <impresa mandataria> e <mandanti>".


Scarica Articolo PDF