Civile


Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 22/10/2021 Scarica PDF

Inibitoria ex artt. 283-351 c.p.c. della sentenza reiettiva di un'opposizione a decreto ingiuntivo. Inammissibilità anche per la Corte d'Appello di Roma. Ordinanze a confronto

Marco Giuseppe Binetti, Avvocato in Roma


La diversa questione della sospensione ex art. 295 c.p.c. per la cd. pregiudiziale europea

 

Il caso di specie: Il Concessionario nell’anno 2018 avviava un procedimento monitorio nei confronti del Gestore, volto a recuperare l’importo derivante dal combinato disposto degli artt. 1, comma 649, della Legge di Stabilità 2015 e 1, comma 921, della Legge di Stabilità 2016.

Il Tribunale di Roma, chiamato a pronunciarsi nel giudizio di merito con sentenza n. 2451/2021 del 10.02.2021 respingeva l’opposizione del Gestore, motivando che: “…l’applicabilità dell’art. 1 comma 649 per l’anno 2015 risulta confermata dalla Legge n. 208/2015 (Legge di stabilità per il 2016) che ha interpretato autenticamente - e, pertanto, con efficacia retroattiva – la richiamata disposizione normativa che ha chiarito che la ripartizione fra i concessionari e gli altri operatori della filiera del maggior onere – in ragione del prelievo forzoso operato ex lege – si effettua in misura proporzionale alla rispettiva partecipazione alla distribuzione del compenso, così come previsto dai relativi accordi contrattuali e non già sulla scorta delle rinegoziazione degli accordi contrattuali ... la superiore fonte normativa ha superato il vaglio del giudice delle leggi che con pronuncia n°125/2018 ha così statuito: “è certo che l’onere del prelievo forzoso non è più a carico dei soli Concessionari, ma grava su tutti gli operatori della filiera del gioco lecito e quindi anche su esercenti e gestori”; il criterio di riparto dell’onere aggiuntivo è fissato direttamente dalla legge ( e non più condizionato alla rinegoziazione degli accordi contrattuali) in misura proporzionale alla partecipazione di ciascun operatore della filiera a valle del Concessionario (e cioè gli esercenti e i gestori) alla distribuzione del compenso sulla base dei singoli accordi contrattuali relativamente all’anno 2015 …”.

Il Gestore, per quanto di rilievo in questa sede, richiedeva alla Corte, in via preliminare

(1) la sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza di primo grado

(2) oltre alla sospensione del processo ex art. 295 c.p.c. per pregiudizialità ex art. 267 TFUE.

Il Concessionario eccepiva l’inammissibilità dell’istanza di sospensione della sentenza appellata, in quanto afferente ad una sentenza dichiarativa reiettiva dell’opposizione di un decreto ingiuntivo munito di provvisoria esecutorietà, nei confronti del quale non è intervenuta ordinanza di sospensione ai sensi dell’art. 649 c.p.c. e dunque avente natura meramente dichiarativa (Corte di Appello Milano del 9.10.2001; Corte di Appello Caltanissetta del 8.7.2008; Corte di Appello Milano 22.12.1995; Corte di Appello Venezia 25.03.1999).

Il suddetto tema, rappresentato dalla possibilità o meno di sospendere l’efficacia di una sentenza reiettiva dell’opposizione a decreto ingiuntivo, è di estremo interesse, anche pratico, e si registrano  diversi orientamenti espressi dalle Corti d’appello.

Decisamente orientate per l’inammissibilità dell’inibitoria di una sentenza di rigetto dell’opposizione a decreto ingiuntivo (provvisoriamente esecutivo oppure munito di provvisoria esecuzione) sono la Corte d’appello di Milano e di Torino.

Le suddette Corti d’Appello, in relazione all’ipotesi in cui il decreto ingiuntivo sia ex se munito di provvisoria esecuzione, osservano che deve ritenersi inammissibile la sospensione dell'efficacia esecutiva o dell'esecuzione di una sentenza impugnata, la quale abbia rigettato l'opposizione ad un decreto ingiuntivo già munito della clausola di provvisoria esecutorietà ex art. 642 c.p.c. (nei confronti del quale non sia poi intervenuta ordinanza di sospensione ai sensi dell'art. 649 c.p.c.), dal momento che l'esecuzione forzata poteva e può essere iniziata e proseguita in forza del solo decreto opposto, costituente ex se titolo esecutivo, senza che a tal fine venga in considerazione l'esecutività della sentenza del tribunale e la sua incidenza sull'ingiunzione a norma dell'art. 653, 1 comma, c.p.c. (si vedano in questo senso App. Milano, 22 dicembre 1995 e 9 ottobre 2001, nonché App. Venezia 25 marzo 1999).

In particolare, la Corte d’Appello di Torino (Corte d’appello di Torino, ord. 21.5.2013) opera nettamente la distinzione di tre diverse ipotesi, ovvero:

a) il caso in cui il decreto ingiuntivo sia stato dichiarato esecutivo sin dall'emanazione, ex art. 642 c.p.c.;

b) il caso in cui il decreto ingiuntivo non sia stato dichiarato esecutivo sin dall'emanazione ma in corso di opposizione, ex art. 648 c.p.c.;

c) il caso in cui il decreto ingiuntivo non sia stato dichiarato esecutivo, ma lo divenga ex art. 653 c.p.c.; in questo caso il decreto ingiuntivo diviene esecutivo in forza della sentenza reiettiva dell'opposizione in quanto «provvisoriamente esecutiva», il che sottolinea, da un lato, la autonomia del titolo originario e, dall'altro, la dipendenza della sua esecutività dalla esecutività della sentenza reiettiva dell'opposizione, la quale è esecutiva ex lege ex art. 282 c.p.c.

Tale ultimo caso consentirebbe, secondo la Corte d’Appello di Torino, lo scrutinio di sospendibilità ex artt. 283-351 c.p.c., in quanto indirettamente coinvolge anche l'esecutività del pur autonomo titolo ingiuntivo.

Mentre lo scrutinio sarebbe certamente precluso nella prima ipotesi, atteso che ad essa è deputato un apposito controllo in punto di esecutività del decreto ingiuntivo, demandato al giudice dell'opposizione, ex art. 649 c.p.c.

Le stesse considerazioni valgono per il secondo caso, nel quale la esecutorietà del decreto ingiuntivo, la cui opposizione sia stata rigettata, non dipende dalla sentenza reiettiva anzidetta ma dall'ordinanza non impugnabile ex art. 648 c.p.c.

Su tale tema, invece, la Corte d’appello di Roma, in passato, aveva aderito ad un’interpretazione, come dire, più sostanzialistica, ammettendo l’inibitoria della sentenza reiettiva dell’opposizione a decreto ingiuntivo (cfr. App. Roma 09/04/2002), sulla base delle seguenti argomentazioni con ampio seguito ed in ogni caso suggestive.  

La Corte d’Appello di Roma ha più volte ribadito che la sentenza di rigetto dell’opposizione a decreto ingiuntivo (così come quella di inammissibilità, ovvero di estinzione del processo) “solo apparentemente ha natura dichiarativa” (Corte d’Appello di Roma, ordinanza del 15.10.2015).

Aggiunge la Corte d’Appello di Roma che “quantunque il titolo esecutivo da porre alla base dell’azione satisfattiva del credito sia rappresentato dal decreto ingiuntivo, tuttavia, “l’esecutorietà dello stesso si correla non già all’irrevocabilità intrinseca del titolo che la possiede, ma a quella di un provvedimento diverso, in forza del quale viene sancita indirettamente, con attitudine al giudicato successivo, la piena sussistenza del diritto azionato e nell’esatta misura e negli specifici modi in cui è azionato nel titolo” (cfr. Cass. 19595 del 2013).

Sempre il Giudice dell’inibitoria ha fondato il proprio convincimento, muovendo dall’intimo rapporto di integrazione e compenetrazione esistente tra il decreto ingiuntivo e la sentenza di rigetto dell’opposizione, anche in relazione ad un decreto già esecutivo.

Secondo la Corte d’Appello di Roma la sentenza di rigetto dell’opposizione o di inammissibilità ha un effetto determinante perché possa permanere l’efficacia stessa del comando condannatorio contenuto nel decreto ingiuntivo (in mancanza di tale sentenza, sarebbe preclusa la protrazione di efficacia del decreto ingiuntivo pur esecutivo) (cfr. App. Roma 09/04/2002).

Proprio tali argomentazioni “convincono questo Collegio della possibilità di sospendere l’efficacia della sentenza” di rigetto dell’opposizione (cfr. App. Roma 15/10/2015).

Recentemente, tuttavia, l’orientamento espresso dalla Corte d’Appello di Roma e largamente condiviso pare abbia subito un arresto.

La Corte d’Appello di Roma, con ordinanza del 17.09.2021 - R.G. 2254/2021, in relazione all’istanza di inibitoria di una sentenza di rigetto di opposizione a decreto ingiuntivo (dichiarato esecutivo ex art. 648 c.p.c.), ha avuto modo di stabilire che: “ … la sentenza impugnata non contiene una condanna suscettibile di sospensione, ma ha natura di accertamento, essendosi limitata a rigettare un’opposizione lasciando intatto il titolo che fonda l’esecuzione”.

Il Collegio, quindi, con la commentata ordinanza, sembra aderire alla necessità di eseguire un discrimine in punto di scrutinio di sospendibilità dell’efficacia della sentenza reiettiva dell’opposizione, risolto negativamente nell’ipotesi in cui il decreto ingiuntivo sia già titolo fondante l’esecuzione.

L’ordinanza in commento affronta, inoltre, altro e diverso tema relativo alla sospendibilità del processo ex art. 295 c.p.c. in attesa che venga definitivo un incidente comunitario sollevato  dal Consiglio di Stato dinanzi alla Corte di Giustizia Europea ex art. 267 TFUE.

Molto brevemente il tema della vicenda: 1) con l’art. 1, comma 649, Legge 190/2014 (Legge Stabilità 2014) veniva introdotta la cd. quota di stabilità carico del Concessionario dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli. 2) Con il decreto direttoriale 15 gennaio 2015 n.388 e prot n. 4076/RU, l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli provvedeva per l’anno 2015 a stimare il numero di apparecchi riferibili a ciascun Concessionario e a liquidare le somme dovute sulla base dell’art.1, comma 649, Legge 190/2014; c) I Concessionari, impugnavano dinanzi al T.A.R. Lazio sia l’art.1, comma 649, della Legge Stabilità 2015 che il predetto Decreto Direttoriale. d) Con ordinanza del 21.10.2015 il T.A.R. Lazio, senza sospendere le norme impugnate, rimetteva gli atti alla Consulta per la valutazione delle questioni di legittimità costituzionale ex art. 3 e 41 Cost. formulate dai ricorrenti e)  Nelle more del giudizio dinanzi alla Corte Costituzionale, entrava in vigore la Legge di Stabilità 2016 la quale prevedeva che: “Il comma 649 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190, si interpreta nel senso che la riduzione su base annua delle risorse statali a disposizione, a titolo di compenso, dei concessionari e dei soggetti che, secondo le rispettive competenze, operano nella gestione e raccolta del gioco praticato mediante apparecchi di cui all'articolo 110, comma 6, del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, si applica a ciascun operatore della filiera in misura proporzionale alla sua partecipazione alla distribuzione del compenso, sulla base dei relativi accordi contrattuali, tenuto conto della loro durata nell'anno 2015”.f)  Con la sentenza n. 125/2018 del 13.06.2018 la Corte Costituzionale statuiva che: i)“è certo che l’onere del prelievo forzoso non è più a carico solo dei Concessionari, ma grava su tutti gli operatori della filiera del gioco lecito e, quindi, anche su esercenti e gestori”; ii)“il criterio di riparto dell’onere economico aggiuntivo è fissato direttamente dalla legge (e non è più affidato ad una incerta rinegoziazione degli accordi contrattuali) in misura proporzionale alla partecipazione di ciascun operatore della filiera a valle dei concessionario (ossia esercenti e gestori) alla distribuzione del compenso sulla base dei relativi accordi contrattuali quanto all’anno 2015”; iii)“la traslazione dell’onere economico dai concessionari ai gestori e agli esercenti (…) è posto direttamente dalla legge in misura precisa in quanto determinata sulla base di un dato fattuale “storico”. La Corte Costituzionale rilevata, pertanto, l’assenza di profili di illegittimità costituzionale rimetteva gli atti al T.A.R. Lazio per valutare, “in tutti i giudizi a quibus, se permangano, o no, ed eventualmente in quali termini, i dubbi di legittimità costituzionale originariamente espressi nell’ordinanza di rimessione”.g) Il T.A.R. Lazio con la Sentenza n.8210 del 24.06.2019 escludeva la permanenza degli invocati profili di illegittimità costituzionale ritenendo la doglianza “superata. Il ricorso, pertanto, veniva dichiarato “in parte infondato e da rigettare ed in parte improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse.; h) la Sentenza n.8210 del 24.06.2019 del TAR Lazio veniva impugnata ed il Consiglio di Stato, a valle dell’interpretazione fornita dalla Corte Costituzionale con la sentenza n.125/2018, sollevava l’incidente pregiudiziale comunitario ex art. 267 TFUE.

Per quanto qui di rilievo, la Corte d’Appello ha sul tema statuito che: “la questione interpretativa sulle modalità di tassazione dei giochi non costituisce l’antecedente logico giuridico necessario perché venga decisa la presente causa, dovendosi intendere la dipendenza dalla definizione di cui all’art 295 c.p.c. come impeditiva alla decisione”.

Il Collegio, a nostro avviso, in maniera conforme anche al dettato costituzionale di cui all’art. 111 Cost. ed  art. 6 CEDU, offre un’applicazione rigorosa dell’istituto di cui alla sospensione necessaria ex art. 295 c.p.c.

L’art. 295 c.p.c., nel prevede la sospensione del processo civile quando la decisione <<dipende>> dalla definizione di altra causa, allude ad un vincolo di stretta ed effettiva conseguenzialità tra due statuizioni e non ad un mero collegamento tra decisioni, risiedendo la ratio dell’istituto nell’esigenza di evitare conflitti di giudicato.

Sotto altro profilo è risalente l’insegnamento della Corte di Cassazione secondo cui, in ogni caso, allorquando in un giudizio civile non di ultima istanza si ponga una questione di eventuale confliggenza con il diritto comunitario, detto giudice, qualora penda analoga questione dinanzi altro giudice, non può sospendere il processo ex art. 295 c.p.c., ma al più investire la Corte di Giustizia nelle medesime forme.

Mentre è oramai pacifico che la sospensione del processo è necessaria solo quando la previa definizione di altra controversia sia imposta da disposizione di legge, ovvero quando, per il suo carattere pregiudiziale, sia l’antecedente logico giuridico da cui dipende la decisione della causa pregiudicata (cfr. Cass. 21 dicembre 2021).

I suesposti principi appaino inoltre conformi ad un interpretazione costituzionalmente orientata come imposta dalla diretta applicazione degli articoli 111, comma 2, Cost, e 6 CEDU, che consente, in ultima analisi, di coordinare la primazia del diritto costituzionalmente protetto alla celerità dei processi con l'esigenza di assicurare un'equilibrata efficienza all'amministrazione della giustizia nel suo complesso, demandando il  raggiungimento di questo obiettivo di efficienza non già ad automatismi normativi, quanto piuttosto ad un esame della fattispecie concreta che consenta al giudicante di distinguere le ipotesi in cui effettivamente l'esito della causa pregiudiziale si presenti talmente incerto da rendere opportuno l'arresto del giudizio pregiudicato.


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