Bancario


Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 21/12/2021 Scarica PDF

Intorno alla cessione del credito. Riflessioni critiche su alcuni punti fondamentali di una recente sentenza della Corte d'Appello di Venezia, III Sez. Civile, del 20 Aprile 2021 [1]

Micaela Lopinto, Avvocato in Brescia


Sommario: Abstract; Riferimenti normativi utili; 1. Premessa; 2. La cessione del credito secondo i principali orientamenti dottrinali e giurisprudenziali; 3. Focus sulla causa contrattuale: teorie oggettive, soggettive, semi-oggettive, concezione analitica della causa, causa unitaria, astratta, causa concreta, astrazione causale, titoli di credito, causa esterna, causa variabile e prestazioni o trasferimenti isolati; 4. Segue: la cessione del credito nella prassi applicativa. Revocatoria fallimentare, factoring, cessione con funzione di garanzia; 5. Segue: la sentenza della Corte d’Appello di Venezia, III Sez. Civile, del 20 Aprile 2021; 6. Segue ancora: focus sui punti critici della pronuncia; 7. Conclusioni; Letture utili, dottrina e giurisprudenza utilizzate.

 

***


Abstract

Scopo del presente lavoro è quello di inquadrare la cessione del credito sia in termini generali sia nella prassi applicativa, al fine di meglio evidenziare le principali criticità emergenti in una recente pronuncia della Corte d’Appello di Venezia. Si coglierà l’occasione anche per affrontare le principali questioni inerenti agli effetti traslativi prodotti da alcuni singoli contratti (potendo la cessione del credito produrre effetti reali) ed alla evoluzione della causa contrattuale, vero punctum dolens della tematica in esame.

 

Riferimenti normativi utili

[Novazione soggettiva – Art. 1235 cc.] Quando un nuovo debitore è sostituito a quello originario che viene liberato, si osservano le norme contenute nel capo VI di questo titolo (art. 1268 cc.)”

[Obbligazioni Naturali Art. 2034 cc.] Non è ammessa la ripetizione di quanto è stato spontaneamente prestato in esecuzione di doveri morali o sociali, salvo che la prestazione sia stata eseguita da un incapace. I doveri indicati dal comma precedente e ogni altro per cui la legge non accorda azione ma esclude la ripetizione di ciò che è stato spontaneamente pagato, non producono altri effetti”

[Capo XXVI, Della cessione dei beni ai creditori, Nozione – Art. 1977 cc.] La cessione dei beni ai creditori è il contratto col quale il debitore incarica i suoi creditori o alcuni di essi di liquidare tutte o alcune sue attività e di ripartirne tra loro il ricavato in soddisfacimento dei loro creditori”

[Vendita di cosa altrui – Art. 1478 cc.] Se al momento del contratto la cosa venduta non era di proprietà del venditore, questi è obbligato a procurarne l’acquisto al compratore. Il compratore diventa proprietario nel momento in cui il venditore acquista la proprietà dal titolare di essa”

[Cedibilità dei crediti – Art. 1260 cc.] Il creditore può trasferire a titolo oneroso o gratuito il suo credito, anche senza il consenso del debitore, purché il credito non abbia carattere strettamente personale o il trasferimento non sia vietato dalla legge. Le parti possono escludere la cedibilità del credito; ma il patto non è opponibile al cessionario, se non si prova che egli lo conosceva al tempo della cessione”

[Divieti di cessione – Art. 1261 cc.] I magistrati dell’ordine giudiziario, i funzionari delle cancellerie e segreterie giudiziarie, gli ufficiali giudiziari, gli avvocati, i procuratori, i patrocinatori e i notai non possono, neppure per interposta persona, rendersi cessionari di diritti sui quali è sorta contestazione davanti l’autorità giudiziaria di cui fanno parte o nella cui giurisdizione esercitano le loro funzioni, sotto pena di nullità e dei danni. La disposizione del comma precedente non si applica alle cessioni di azioni ereditarie tra coeredi, né a quelle fatte in pagamento di debiti o per difesa di beni posseduti dal cessionario”

[Documenti probatori del credito – Art. 1262 cc.] Il cedente deve consegnare al cessionario i documenti probatori del credito che sono in suo possesso. Se è stata ceduta solo una parte del credito, il cedente è tenuto a dare al cessionario una copia autentica dei documenti”

[Accessori del credito – Art. 1263 cc.] Per effetto della cessione, il credito è trasferito al cessionario con i privilegi, con le garanzie personali e con gli altri accessori. Il cedente non può trasferire al cessionario, senza il consenso del costituente, il possesso della cosa ricevuta in pegno; in caso di dissenso, il cedente rimane custode del pegno. Salvo patto contrario, la cessione comprende i frutti scaduti”

[Efficacia della cessione riguardo al debitore ceduto – Art. 1264 cc.] La cessione ha effetto nei confronti del debitore ceduto quando questi l’ha accettata o quando gli è stata notificata. Tuttavia, anche prima della notificazione, il debitore che paga al cedente non è liberato, se il cessionario prova che il debitore medesimo era a conoscenza dell’avvenuta cessione”

[Efficacia della cessione riguardo ai terzi – Art. 1265 cc.] Se il medesimo credito ha formato oggetto di più cessioni a persone diverse, prevale la cessione notificata per prima al debitore o quella che è stata prima accettata dal debitore, o quella che è stata prima accettata dal debitore con atto di data certa, ancorché essa sia di data posteriore. La stessa norma si osserva quando il credito ha formato oggetto di costituzione di usufrutto o di pegno”

[Obbligo di garanzia del cedente – Art. 1266 cc.] Quando la cessione è a titolo oneroso, il cedente è tenuto a garantire l’esistenza del credito al tempo della cessione. La garanzia può essere esclusa per patto, ma il cedente resta sempre obbligato per il fatto proprio. Se la cessione è a titolo gratuito, la garanzia è dovuta solo nei casi e nei limiti in cui la legge pone a carico del donante la garanzia per l’evizione”

[Garanzia della solvenza del debitore – Art. 1267 cc.] Il cedente non risponde della solvenza del debitore salvo che ne abbia assunto la garanzia. In questo caso egli risponde nei limiti di quanto ha ricevuto; deve inoltre corrispondere gli interessi, rimborsare le spese della cessione e quelle che il cessionario abbia sopportate per escludere il debitore e risarcire il danno. Ogni patto diretto ad aggravare la responsabilità del cedente è senza effetto. Quando il cedente ha garantito la solvenza del debitore la garanzia cessa, se la mancata realizzazione del credito per insolvenza del debitore è dipesa da negligenza del cessionario nell’iniziare o nel proseguire le istanze contro il debitore stesso”.


***


1. Premessa.

La tematica della cessione del credito è particolarmente complessa. Partiamo subito da una premessa: solo nel previgente codice la disciplina della cessione del credito ricadeva nell’ambito della disciplina (o sottodisciplina) della compravendita[2]; oggi, per contro, trova separata collocazione nel Capo V, Titolo I, Obbligazioni ed è disciplinata dalle norme poc’anzi riportate nei riferimenti normativi. Ciò non toglie che tra i due schemi, cessione e compravendita, sussistano ancora una serie di affinità: ad esempio, sono entrambi schemi consensuali, ancorati al principio consensualistico o del consenso traslativo di cui all’art. 1376 cc., che dir si voglia, produttivi di effetto reale (così, ex multis, D’ADDA). Tuttavia, se la compravendita si manifesta normalmente non solo come contratto bilaterale bensì anche come operazione bilaterale (salvi i casi peculiari come il leasing finanziario e la sua evoluzione), poiché la bilateralità è proprio essenza stessa dello scambio, la cessione del credito, pur nascendo come schema bilaterale tra cedente e cessionario[3], in relazione al quale il debitore è un terzo il cui consenso non è richiesto[4], si identifica comunque in una operazione esternamente trilatera dal momento che la stessa si inquadra nel genus delle modificazioni convenzionali dal lato attivo del rapporto obbligatorio e, per forza di cose, coinvolge sempre tre soggetti: il creditore cedente, il debitore ceduto ed il cessionario. Pur volendo affrontare le peculiarità della cessione nei prossimi §, si può anticipare come le questioni problematiche e più interessanti sotto un profilo civilistico ineriscano al suo oggetto (potendo la cessione, al pari della vendita, essere contratto ad oggetto futuro) ed al carattere “neutro” dello schema (U. BRECCIA, ma la terminologia è usata da molti autori anche in relazione all’art. 1333 cc.) che può, di fatto, produrre la mera modificazione del rapporto obbligatorio oppure avere un effetto perfino estintivo; ancora e proseguendo nell’elencazione, ineriscono alla sua causa variabile (solutoria, di garanzia, onerosa, gratuita economicamente interessata e non[5]), al regime degli obblighi gravanti sul creditore, anche in base al tipo di cessione, se pro soluto o pro solvendo, e sul debitore, nonché alla sua capacità di “adattarsi” a molteplici utilizzi (si pensi alla cessione dei crediti di impresa, ovvero al factoring), quasi al pari del negozio (di cooperazione) di mandato, con il quale sarà fatto un confronto sotto un profilo anche casuale[6].

 

2. La cessione del credito secondo i principali orientamenti dottrinali e giurisprudenziali.

Volendo cominciare con l’affrontare le questioni teoriche, in parte già accennate, che interessano questo singolare e “multiuso” schema negoziale, si può subito iniziare con l’affermare che: a.)  può avere ad oggetto vari tipi di credito; b.) può presentare delle affinità con la surrogazione per volontà del creditore (ex multis, P. CENDON); c.) può, altresì, presentare delle affinità con la novazione; d.) è neutro, pertanto può produrre effetti non solo modificativi (coerentemente con la sua funzione di modificazione del rapporto obbligatorio) bensì anche di diversa natura; e.) crea problemi alla circolazione dei diritti, al punto che la dottrina e la giurisprudenza (traendo spunto dalle criticità del diritto bancario) tendono a preferire ad essa il titolo di credito (la questione sarà meglio affrontata nel successivo §); f.) è pur sempre (ma anche questa questione sarà meglio affrontata in seguito) una vicenda traslativa, pertanto presenta per forza di cose delle affinità con la compravendita, in ragione della sua valenza, nell’attuale codice, di schema negoziale paradigmatico produttivo di effetto reale. Partendo dal punto a.), può essere utile affermare come non debba stupire, dal momento che l’istituto si riferisce al credito in quanto tale, che nella nozione vengano ricompresi anche i crediti risarcitori, perfino non patrimoniali (già trasmissibili iure successionis, ex multis, Corte di cassazione n. 22601 del 2013), i crediti futuri (i quali seguono le regole della vendita ad effetto reale differito[7] o della donazione[8] a seconda di quale sia la causa che sorregge concretamente la cessione) ed i diritti di garanzia[9]. L’ampia gamma di crediti e diritti che possono costituire oggetto di cessione rende estremamente semplice comprendere per quale motivo spesso la cessione si intersechi con la surrogazione per volontà del creditore. Può accadere (ed anzi, spesso accade) che un terzo adempia spontaneamente al posto del debitore originario, pertanto niente esclude che, in tali contesti, trovi applicazione l’art. 1201 cc., rubricato surrogazione per volontà del creditore, a mente del quale “il creditore, ricevendo il pagamento da un terzo, può surrogarlo nei propri diritti. La surrogazione deve essere fatta in modo espresso e contemporaneamente al pagamento[10]. Ancora e proseguendo, ci si è interrogati in ordine al rapporto tra cessione e novazione. L’art. 1235 cc., inizialmente riportato, è l’unica norma dedicata alla novazione soggettiva ed opera solo sul versante passivo. La tesi che attualmente sembra prevalere, come è facilmente intuibile anche dalla scarsezza di norme poc’anzi evidenziata, in ordine al rapporto tra le due figure, capaci di incidere sui rapporti obbligatori, nega la possibilità di assimilazione della disciplina della novazione a quella della cessione (in particolare, M. C. BIANCA, Vol., alla cui lettura si rinvia, come in bibliografia, p. 567 e C. BERTI; quest’ultimo esclude de plano la novazione, opera come in note, p. 473) e ciò alla luce di due principali ragioni: 1.) l’effetto della cessione è principalmente e primariamente modificativo e non propriamente “novativo” (è la considerazione più diffusa);  2.) la tesi collide con la stessa applicazione della disciplina della cessione del credito in ipotesi di adempimento operato da un soggetto diverso dal debitore ex art. 1201 cc.. Gli aspetti qui evidenziati, da un lato, rendono semplice comprendere la riconduzione della cessione nello specifico genus delle modificazioni dei lati del rapporto obbligatorio; dall’altro, tuttavia, non esauriscono la sua capacità di contribuire alla circolazione dei diritti, potendo, in ragione della sua causa variabile, produrre molteplici effetti, ulteriori rispetto a quelli meramente modificativi. Come si avrà meglio modo di evidenziare, lo schema può essere solutorio o ancorato ad uno scopo di garanzia e la stessa cessione, post necessaria notifica o accettazione del debitore, si presta a prevedere in capo al creditore degli obblighi che consentono di parlare di cessione pro soluto e pro solvendo (ex multis, P. CENDON). Prescindendo dalla scissione tra cessione onerosa e cessione gratuita e dalla operatività dei margini concessi all’autonomia negoziale in generale e contrattuale, la cessione è pro soluto quando il creditore si obbliga solamente a garantire l’esistenza del credito; è pro solvendo quando, invece, si garantisce anche l’adempimento del debitore. Ecco allora che la assimilazione di questa modifica soggettiva alla disciplina della novazione perde un secondo colpo. Infatti, a ben vedere, anche nella cessione succede che il creditore, nonostante l’intervenuta cessione, “resti obbligato” nei confronti del cessionario, garantendo l’adempimento del debitore ceduto; pertanto, da un lato, effetti ulteriori rispetto a quelli modificativi non devono suscitare perplessità; dall’altro, non sono i predetti effetti così forti da consentire di parlare a cuor leggero di assimilazione tra novazione e cessione. Questi forti intrecci si amplificano in giudizio. Più precisamente, la prova della cessione è ancorata, principalmente e nella prassi applicativa, all’atto pubblico o alla scrittura privata autenticata[11]. Pur tuttavia, non sempre è facile ricostruire a livello processuale i “giri” fatti dal credito ceduto, specie se si pensa alle possibili affinità della figura con altre forme di incisioni sul rapporto obbligatorio, di cui si è avuto modo di scrivere poc’anzi. E’ proprio per questo che l’evanescenza della cessione del credito ha ceduto il passo, nella prassi circolatoria commerciale e bancaria, ai titoli di credito che, mediante il meccanismo della incorporazione e, dunque, cartolarizzazione (sul punto, per completezza, si ricordi, tra i vari riferimenti normativi, la stessa L. N. 130 del 1999), non solo attribuiscono all’acquirente la tutela di cui all’art. 1153 cc., ma, in linea di massima e senza fare distinzione tra le differenti tipologie di titolo, “circolano” (e qui dovrebbe aprirsi un dibattito acceso che esula dai fini dell’indagine) anche senza dar troppo peso alla causa contrattuale, pur essendo, anche in presenza di più girate, sempre possibile ricondurre le stesse ad (o, più correttamente, individuare a monte delle stesse un) originario rapporto fondamentale dotato di causa[12]. La finalità della cessione, identificabile nella possibilità di far “circolare il credito”, e la sua capacità di produrre un effetto reale (anche differito) ben si conciliano con tutte le riflessioni fin qui svolte e con la capacità dello schema di mutuare la disciplina della vendita di cosa futura; pertanto, a questo punto, appare opportuno affrontare in modo più approfondito la questione della causa della cessione.

 

3. Focus sulla causa contrattuale: teorie oggettive, soggettive, semi-oggettive, concezione analitica della causa, causa unitaria, astratta, causa concreta, astrazione causale, titoli di credito, causa esterna, causa variabile e prestazioni o trasferimenti isolati.

Come si è avuto modo di intravedere ed accennare, l’elemento causale, cuore pulsante della disciplina dei contratti, come emerge dai continui studi ad esso dedicati, costituisce elemento indispensabile anche nell’ambito della circolazione del credito a mezzo della modifica delle parti del rapporto obbligatorio. Appare, a questo punto, opportuno ricostruirne sinteticamente l’evoluzione, a mò di focus di approfondimento teorico, per poi passare ad operare dei parallelismi tra la cessione del credito e gli schemi del mandato, della compravendita e dell’appalto, che consentiranno di individuare dei punti critici nella pronuncia in esame. Ebbene, è al 1865 che risale la concezione (da molti autori definita come) cd. analitica della causa, la quale fa leva sulla considerazione secondo la quale il codice previgente faceva riferimento alla causa intesa come “causa delle obbligazioni[13], ponendo in relazione tale elemento con le singole prestazioni scaturenti dal contratto. La causa, dunque, era, oltre che ancorata alle prestazioni, dunque non unitaria, fortemente ancorata al dato soggettivo dell’utilità che il singolo intendeva ottenere dall’obbligo assunto. Alla concezione analitica della causa si contrappone la attuale concezione unitaria[14], risalente al 1942. E’ dello stesso periodo la concezione della causa cd. astratta, espressione della concezione non analitica (ovvero ancorata alle singole prestazioni) bensì unitaria della causa, rientrante nel genus delle cd. teorie oggettive. Essa si ispira al pensiero di Emilio Betti e si identifica con la funzione “economico–sociale” del negozio, impressa direttamente dal legislatore, non creandola in modo del tutto disancorato dal dato sociale, bensì esaminando la prassi. La teoria aveva il difetto di cagionare l’appiattimento della causa del contratto sul tipo legale e di condizionare il giudizio di liceità causale, dal momento che la causa, secondo questa visione, sarebbe lecita in ogni circostanza. A tale visione oggettiva, radicata nel codice del 1942, si contrappongono le teorie “soggettive” in senso stretto, le quali fanno leva esclusivamente sugli interessi delle parti, sui motivi. Se queste teorie avessero avuto fortuna, sarebbero entrate certamente in collisione con la ratio della norma sui motivi per eccellenza: l’art. 1345 cc. Una “scossa”, anche definitoria, all’evoluzione causale, è stata data dalla giurisprudenza, in particolare (ma vi sono pronunce anche anteriori) con una storica sentenza del 2006, la quale ha ideato una via di mezzo, rispetto alle due tesi appena esposte (t. della causa astratta e t. soggettivistica pura). Questa “via intermedia” è certamente rappresentata dalla teoria della causa in concreto, intesa come sintesi della volontà delle parti, espressione dello scopo pratico del negozio. Si legge spesso nei testi che concreto non è sinonimo di soggettivo, poiché la causa concreta non è espressione di dati meramente psicologici, ma ha pur sempre una valenza oggettiva. Eppure una “punta di soggettività” (si ricordi, al riguardo, la perfetta sintesi sull’evoluzione causale offerta da GAZZONI nel suo Manuale di diritto privato, Ed. 2015, oppure le stesse tesi da alcuni definite “semi-oggettive”) sussiste ugualmente: la causa concreta è, infatti, espressione di quegli interessi soggettivi, individuali che, per la loro rilevanza nell’operazione pratica, si oggettivizzano nella causa, fondendosi con essa, colorandola e disegnandola. Pertanto, la causa concreta non è espressione della teoria soggettiva, ma mantiene comunque un certo “margine di soggettività”, nel momento in cui si afferma che la stessa consente di apprezzare le ragioni pratiche del negozio. Pertanto appare davvero difficile individuare imprecisioni o errori concettuali di fronte alle diciture “teoria semi-oggettiva” o “soggettiva”, a condizione che si rammenti e si chiarisca che anche la causa concreta è oggettiva, poiché individua quegli interessi (individuali, da qui l’uso del termine soggettivo) che sono capaci di oggettivizzarsi e di entrare nella causa contrattuale, dandole colore. Chiarita e delineata in questi termini la causa, occorre ricordare come la stessa possa “reggere” sia effetti reali, i quali producono quasi sempre qualche effetto obbligatorio, sia effetti obbligatori, i quali scaturiscono dai contratti obbligatori in senso stretto, ovvero da quei contratti produttivi solo di effetti obbligatori (la definizione rispecchia, oltre ad evidenti dati empirici, le tesi di V. ROPPO, che altra dottrina, RESCIGNO, il quale in relazione alla vendita parla di effetti reali principali ed obbligatori secondari, approfondisce sotto il profilo anche dell’evoluzione storica[15]). Ebbene, tenendo a mente tali concetti, possono ora delinearsi alcune questioni spinose in materia di mandato, vendita ed appalto. Cominciando dal primo contratto, occorre ricordare come ai sensi dell’art. 1705 cc. il contratto di mandato venga definito come il contratto con il quale una parte si obbliga a compiere uno o più atti giuridici per conto dell’altra. Sin dalla primaria definizione offerta dalla norma è possibile chiarire che si è di fronte ad un contratto consensuale ad effetti, principalmente, ma la definizione richiede alcuni chiarimenti, che saranno a breve offerti, obbligatori. Anche al fine di dirimere la questione può essere utile ricordare la differenza sussistente tra mandato con rappresentanza e mandato senza rappresentanza, consistente, nel primo caso, nella spendita del nome del mandante; nel secondo caso, nella spendita del proprio nome in luogo di quello del mandante. Le disposizioni di riferimento sono l’art. 1704 cc. e l’art. 1705 cc.: la prima dispone che “se al mandatario è stato conferito il potere di agire in nome del mandante, si applicano anche le norme del capo VI del titolo II di questo libro”; a mente della disposizione successiva, invece, “il mandatario che agisce in proprio nome acquista i diritti e assume gli obblighi derivanti dagli atti compiuti con i terzi anche se questi hanno avuto conoscenza del mandato. I terzi non hanno alcun rapporto col mandante. Tuttavia, il mandante, sostituendosi al mandatario, può esercitare i diritti di credito derivanti dall’esecuzione del mandato, salvo che ciò possa pregiudicare i diritti attribuiti al mandatario dalle disposizioni degli articoli che seguono”. Tale ultimo inciso rende evidente la peculiarità dell’ipotesi di cui all’art. 1706 cc. Quest’ultima disposizione chiarisce che “il mandante può rivendicare le cose mobili acquistate per il suo conto dal mandatario che ha agito in nome proprio, salvi i diritti acquistati dai terzi per effetto del possesso di buona fede. (Comma secondo) Se le cose acquistate dal mandatario sono beni immobili o beni mobili iscritti in pubblici registri, il mandatario è obbligato a ritrasferirle al mandante. In caso d’inadempimento, si osservano le norme relative all’esecuzione dell’obbligo di contrarre”. Ebbene, dal combinato disposto dell’ultimo comma dell’art. 1705 cc. e dell’art. 1706 cc. comma secondo, si evince, da un lato, la possibilità per il mandante di sostituirsi al mandatario in ipotesi di diritti di credito derivanti dall’esecuzione del mandato; dall’altro il diritto del mandante di vedersi ritrasferita la proprietà dei beni che il mandatario senza rappresentanza, in esecuzione del mandato, ha acquistato in nome proprio; circostanza questa che, nella classica e tormentata ipotesi del mandato ad acquistare beni immobili (volendo, dunque, in questa sede tralasciare ogni questione discendente dal primo comma dell’art. 1706 cc. inerente ai beni mobili), ha dato vita ad acceso dibattito, i cui estremi possono essere così espressi: 1. escludendo perché contraria alla necessaria causalità richiesta dall’ordinamento giuridico la tesi del negozio astratto, la norma consente di parlare di ritrasferimento che avviene solvendi causa e, che rappresenta, dunque, un negozio di attribuzione avente funzione liberatoria dal rapporto obbligatorio; 2. secondo una ulteriore ricostruzione, le problematiche inerenti all’obbligo di ritrasferimento potrebbero essere risolte in due modi: a.secondo un seguito pensiero dottrinale la questione, coerentemente con la prima soluzione offerta, va inquadrata nell’ambito degli atti traslativi isolati che trovano giustificazione (esterna) nel contratto di mandato, il quale, dunque, costituisce causa giustificatrice a monte dell’effetto reale, il quale a sua volta e conseguentemente nasce dallo scopo del negozio e dunque, dalla stessa esecuzione del rapporto gestorio; b. molto più semplicemente rispetto a quanto appena evidenziato, l’atto di trasferimento della proprietà è un atto solutorio, produttivo di effetto reale, che trova causa esterna e giustificazione nella corretta esecuzione del contratto di cooperazione, e, dunque, nel mandato stesso. A ben vedere, le tesi esposte non sono altro che modi, più o meno articolati, di esprimere il medesimo concetto; mutano le parole, ma non, fortunatamente per chi è chiamato ad approfondire la questione, la sostanza. Appare chiaro, pertanto, che l’obbligo di ritrasferimento dei beni oggetto di acquisto da parte del mandatario in nome proprio sorge in ragione della corretta esecuzione del contratto di mandato e trova titolo essenziale ed indispensabile, in un ordinamento che ammette solo spostamenti causali, in esso; pertanto, pur essendo vero che il contratto in questione rientra nel genus di quelli che si vedranno essere dei semplici contratti destinati a disciplinare i rapporti gestori tra le parti, l’inciso evidenziato ed il ricorso alla tecnica della individuazione delle cause giustificatrici “a monte” degli atti produttivi di effetti reali (tecnica con cui hanno trovato cittadinanza le prestazioni isolate) si inserisce nell’elenco di ragioni per le quali la giurisprudenza e la dottrina hanno aperto un dibattito, analogo a quello qui esposto per giustificare, a livello interpretativo ed in modo coerente con l’ordinamento, l’inciso di cui all’art. 1706 cc. comma secondo, al fine di risolvere il problema della più corretta qualificazione della causa del mandato in ipotesi di trasferimento dal mandante al mandatario di un bene strumentale all’esecuzione del mandato (profilo questo che consente di operare non pochi parallelismi con il Trust), con trasferimento sospensivamente condizionato al corretto esercizio del potere gestorio. Ebbene, la giurisprudenza più recente ha riconosciuto l’esistenza di una causa del mandato idonea a produrre, in queste circostanze, anche un effetto reale. Dunque, ricapitolando: sia nelle ipotesi di mandato ad acquistare beni immobili ex art. 1706 cc. a mezzo dell’atto di trasferimento produttivo di effetto reale con funzione solutoria dell’obbligo di esecuzione del mandato giustificato causalmente dal contratto di mandato stesso, sia nel caso di trasferimento dal mandante al mandatario di beni necessari all’espletamento del mandato stesso e sospensivamente condizionati alla sua corretta esecuzione, la causa del contratto è in grado di “reggere” anche un effetto reale. La stessa difficoltà di qualificazione del contatto, se ad effetto reale o ad effetto obbligatorio, ha interessato anche il contratto di appalto. Il quesito da risolvere, dunque, è il seguente: il contratto di appalto è ad effetti obbligatori o ad effetti reali? Tutto dipende dal punto di partenza. Se partiamo dal presupposto che i contratti ad effetti reali sono quei contratti che producono effetto reale e che, in aggiunta, quasi sempre per non dire nella totalità dei casi, producono assieme anche qualche effetto obbligatorio (e non occorre la dottrina – come già precedentemente indicato, oltre a RESCIGNO, ex multis, V. ROPPO – per chiarirlo, è sufficiente il codice: la compravendita è contratto ad effetto reale per eccellenza, istantaneo e consensuale, ancorato all’art. 1376 cc., e, si sa, ai sensi dell’art. 1476 cc. obbliga il venditore a consegnare la cosa al compratore), mentre i contratti ad effetti obbligatori in senso stretto sono quei contratti che producono esclusivamente effetti obbligatori (ed anche qui la dottrina non occorre: basta osservare la prassi e pensare al contratto di comodato), arriviamo ad un punto morto: come è noto, ci sono delle circostanze in cui il contratto di appalto produce eccezionalmente degli effetti reali, secondari ed eventuali rispetto al “cuore” del contratto, che si regge sul facere e non sul dare. Pertanto, così facendo, dovremmo giungere alla conclusione che, potendo lo schema, produrre effetti anche reali, lo stesso dovrebbe essere inserito nell’elenco dei contratti ad effetto reale. Ebbene, la tesi non convince e di, fatto, non ha convinto neanche i più esperti, i quali hanno spesso sostenuto che i possibili effetti reali che possono discendere dal contratto di appalto non sono, in verità, così “forti” da far uscire l’appalto dall’elenco dei contratti ad effetti obbligatori[16]. L’effetto reale, ad esempio, nella classica ipotesi dell’appalto con materiali dell’appaltatore, è pur sempre subordinato alla “formazione” della cosa da parte dell’appaltatore che, solo dopo, passa nella sfera giuridica del committente. Non c’è immediatezza di effetto e, soprattutto, non è detto che l’appalto questo effetto reale lo produca sempre: sono molteplici i casi in cui l’appalto non produce effetto reale. Possono, pertanto, singole ipotesi di appalto produttive di effetto reale essere in grado di spostare il contratto da una categoria (la categoria dei contratti ad effetti obbligatori) all’altra (ci si riferisce alla categoria degli effetti reali)? La risposta sembra essere no. Appare difficile imporre al negozio questo passaggio; se così fosse, allora, anche il contratto di mandato, in relazione al quale pure si è discusso, anche invocando il concetto di causa esterna e di atto di trasferimento isolato, di effetti reali, dovrebbe mutare classificazione. Ma nessuno dubita che sia un contratto ad effetti obbligatori. Conseguentemente, si può ritenere che lo stesso trattamento possa ragionevolmente essere riservato anche al contratto di appalto. Proseguendo nel ragionamento, sappiamo che il contratto di appalto ha numerose affinità con la compravendita. Sintetizzando al massimo, anche al fine di non perdere di vista lo scopo dell’indagine e, dunque, il carattere di nota a sentenza dello scritto e volendo sfruttare le parole di attenta giurisprudenza del 2008 (Cass. SSUU 11656 del 12 Maggio 2008), si può ricordare all’uopo che: “[…] comunemente si sostiene che la vendita ha per oggetto un dare, mentre l'appalto ha per oggetto un facere. La prima è diretta ad un trasferimento, mentre il secondo è inteso in primis alla produzione di un opus, mediante un'attività elaboratrice. L'uno presuppone l'esistenza attuale della cosa; l'altro l'inesistenza ed è posto in essere per produrla. Il problema si complica allorchè si tratta di vendita di cosa futura (art. 1472 c.c.) e cioè di bene non ancora esistente, segnatamente allorchè si tratti un prodotto d'opera non ancora realizzato e per l'esistenza del quale occorre l'attività strumentale positiva dell'alienante. Anche in relazione a questo tipo di vendita si ritiene dalla dottrina maggioritaria e dalla giurisprudenza che si versi in ipotesi di contratto ab inizio perfetto, ricorrendo in esso tutti gli elementi essenziali del contratto, ma ad effetti obbligatori, poichè il momento traslativo sussisterà solo allorchè la cosa sia venuta ad esistenza: l'esigenza di tutelare il compratore contro il rischio del perimento dell'opera che si trovi ancora nella sfera di controllo dell'alienante induce a ritenere che l'opera debba ritenersi esistente solo al momento del suo completamento (Cass. 18.5.2001 n. 6851; Cass. n. 8118/1991; Cass. n. 3854/1989). I criteri di distinzione proposti sono sostanzialmente due. Un primo criterio di distinzione, che può definirsi obbiettivo, propone di distinguere l'appalto dalla compravendita di cosa futura in base alla prevalenza quantitativa dell'elemento lavoro sull'elemento materia […]. Il secondo criterio di distinzione tra i due contratti è quello subiettivo, alla stregua del quale dovrà vedersi in che modo le parti hanno considerato l'opera, se cioè in sé stessa o in quanto prodotto necessario di un'attività e quindi se la volontà delle parti aveva ad oggetto un dare o un facere. […] Per volontà delle parti deve intendersi non l'intenzione soggettiva, cioè l'opinione che esse abbiano avuto della natura del rapporto, ma l'intento empirico tipico in cui si inquadra la volontà che le muove. […] Quando perciò si propone di far richiamo alla volontà delle parti per qualificare il negozio, per volontà delle parti si deve intendere il dato dell'intento empirico che le parti hanno dimostrato di voler conseguire: se tale intento empirico coincide con quello della vendita, nel senso che il conseguimento della cosa costituisce la vera ed unica finalità del negozio ed il lavoro sia solo il mezzo per produrla, si ha vendita di cosa futura; se coincide con quello proprio dell'appalto, nel senso che l'attività realizzatrice della cosa sia la vera finalità del negozio, si ha appalto. In giurisprudenza è stato più volte deciso che il contratto avente ad oggetto il trasferimento della proprietà di un'area edificabile in cambio di un fabbricato o di alcune sue parti da costruire sulla stessa superficie a cura e con i mezzi del cessionario, può integrare sia un contratto di permuta di un bene esistente con un bene futuro, sia un contratto misto, costituito con gli elementi della vendita e dell'appalto. Si configura il primo contratto se il sinallagma negoziale sia consistito nel trasferimento reciproco della proprietà attuale con la cosa futura (ipotesi la quale si verifica anche se si sia previsto il pagamento di un conguaglio in denaro, non incidendo tale clausola sulla causa tipica del negozio di permuta) e l'obbligo di erigere l'edificio sia restato su un piano accessorio e strumentale, mentre si ravvisa l'altro contratto, qualora la costruzione del fabbricato sia stata al centro della volontà delle parti e l'alienazione dell'area abbia costituito soltanto il mezzo per conseguire l'obiettivo primario[…].Ritengono queste S.U. di dover aderire a tale orientamento consolidato, anche in tema di differenza tra vendita di cosa futura ed appalto. Pertanto il contratto avente ad oggetto la cessione di un fabbricato non ancora realizzato, con previsione dell'obbligo del cedente - che sia proprietario anche del terreno su cui l'erigendo fabbricato insisterà - di eseguire i lavori necessari al fine di completare il bene e di renderlo idoneo al godimento, può integrare alternativamente tanto gli estremi della vendita di una cosa futura (verificandosi allora l'effetto traslativo nel momento in cui il bene viene ad esistenza nella sua completezza), quanto quelli del negozio misto, caratterizzato da elementi propri della vendita di cosa presente (il suolo, con conseguente effetto traslativo immediato dello stesso) e dell'appalto: e ciò a seconda che nel sinallagma contrattuale, assuma un rilievo centrale il conseguimento della proprietà dell'immobile completato ovvero tale ruolo centrale sia costituito dal trasferimento della proprietà attuale (del suolo) e dall'attività realizzatrice dell'opera da parte del cedente. Si avrà quindi vendita di cosa futura quando l'intento delle parti abbia ad oggetto il trasferimento della cosa futura e consideri l'attività costruttiva nella mera funzione strumentale e per contro si avrà vendita con effetti reali del suolo ed appalto della costruzione, quando l'attività costruttiva, che il cedente assume a proprio rischio con la propria organizzazione, viene considerata come oggetto della prestazione di fare. In quest'ultima ipotesi si verserà in ipotesi di contratto misto (di vendita e di appalto) […]”. Delineate così succintamente le principali problematiche in materia di mandato, appalto e vendita, non solo sotto il profilo causale, bensì anche sotto il profilo della classificazione e degli effetti contrattuali, si può ora rapportare quanto appreso allo schema della cessione del credito. Mandato, vendita ed appalto sono normalmente schemi onerosi, come onerosa può essere la cessione (oltre che, si è detto, gratuita o liberale). Ancora, si è detto che la cessione produce effetto reale, al pari della vendita ed, in alcune ipotesi, anche dell’appalto e del mandato. E’ uno schema multiuso come il mandato che, non a caso, è definito contratto di cooperazione. Ha affinità con i titoli di credito, ma da essi, anche per le ragioni già evidenziate, si distingue. Mandato, appalto, vendita e cessione sono schemi consensuali ancorati al principio causalistico: come richiesto dal nostro ordinamento, a differenza dell’ordinamento tedesco, sono schemi sorretti da una causa. I titoli di credito, per contro, si “vantano” di essere tra i pochissimi schemi astratti, ovvero privi di causa. Ecco che entra in gioco, allora, il parallelo tra cessione del credito, mandato e titolo di credito. A ben riflettere, nel mandato si è chiarito che è possibile parlare di trasferimento isolato ancorato ad una causa esterna solutoria, nella cessione del credito è indiscussa la presenza della causa, i titoli di credito, invece, accendono la dottrina, tra chi li vuole assolutamente astratti e chi li vuole comunque ricondotti ad un rapporto fondamentale causale a monte. Ancora, la cessione come la vendita può essere ad oggetto futuro, consentendo, come detto, di parlare di effetto reale differito e di garantire alla cessione di crediti futuri l’applicazione della disciplina della compravendita (si pensi, in particolare, all’art. 1472 cc.), così evidenziando le differenze tra questi contratti ed alcune ipotesi di appalto, che già nasce come contratto ad esecuzione prolungata[17]. Forti delle considerazioni qui espresse, si può ora proseguire l’indagine, affrontando le principali criticità emerse nella prassi commerciale in materia di cessione.

 

4. Segue: la cessione del credito nella prassi applicativa. Revocatoria fallimentare, factoring, cessione con funzione di garanzia.

A questo punto della trattazione, si possono facilmente (e velocemente) comprendere le questioni più significative in materia di rapporti tra azione revocatoria fallimentare e cessione, cessione e factoring e (ormai appurata) causa variabile della cessione e funzione di garanzia.

Brevemente e nei limiti di quello che qui interessa e partendo dall’ultimo rapporto, occorre chiarire che la cessione può avvenire a scopo estintivo dell’obbligazione (si è parlato, infatti, più volte, di schema neutro e di causa variabile); ebbene, se ciò è vero, allora è anche vero che la stessa cessione di garanzia deve essere ammessa, dal momento che, al pari delle altre forme di cessione, anche questa è subordinata all’adempimento/inadempimento del cedente[18]. Non deve stupire, pertanto, che una forma speciale di cessione sia quella dei crediti di impresa: il cd. factoring, disciplinato dalla legge n. 52 del 1991, norma che, agli artt. 3, 4 e 5, anche coerentemente con tutto quanto fin qui ricostruito, chiarisce che: [Cessione di crediti futuri e di crediti in massa – Art. 3]1. I crediti possono essere ceduti anche prima che siano stipulati i contratti dai quali sorgeranno. 2. I crediti esistenti o futuri possono essere ceduti anche in massa. 3. La cessione in massa dei crediti futuri può avere ad oggetto solo crediti che sorgeranno da contratti da stipulare in un periodo di tempo non superiore a ventiquattro mesi. 4. La cessione dei crediti in massa si considera con oggetto determinato, anche con riferimento a crediti futuri, se è indicato il debitore ceduto, salvo quanto prescritto nel comma 3”; “[Garanzia di solvenza – Art. 4] Il cedente garantisce, nei limiti del corrispettivo pattuito, la solvenza del debitore, salvo che il cessionario rinunci, in tutto o in parte, alla garanzia”; “[Cessioni successive – Art. 5]1. Qualora il cessionario abbia pagato  in  tutto  o  in  parte  il corrispettivo della cessione ed il pagamento  abbia  data  certa,  la cessione è opponibile: a) agli altri aventi causa del cedente, il cui titolo di acquisto non sia stato reso efficace verso i terzi anteriormente alla data del pagamento; b) al creditore del cedente, che abbia pignorato il credito dopo la data del pagamento; c)  al  fallimento  del  cedente  dichiarato dopo  la  data  del pagamento, salvo quanto disposto dall'articolo 7, comma 1.((1-bis. Ai fini dell'ottenimento della data certa del pagamento è sufficiente l'annotazione del contante sul conto di pertinenza del cedente, in conformità al disposto dell'articolo 2, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 21 maggio 2004, n. 170.)) 2. E’ fatta salva per il cessionario la facoltà di rendere la cessione opponibile ai terzi nei modi previsti dal codice civile.3. E’ fatta salva l'efficacia liberatoria secondo le norme del codice civile dei pagamenti eseguiti dal debitore a terzi”. La predetta cessione, oltre ad avere una disciplina coerente con quella generale della cessione del credito, nasce proprio per trasformare il credito in uno strumento per finanziare l’impresa e tale finalità non solo combacia con le argomentazioni attraverso le quali si è ammessa la cessione del credito con funzione di garanzia (in altri termini, è evidente che può anche avere una funzione non meramente liquidativa), ma combacia anche con le riflessioni esposte in merito al carattere traslativo della cessione e del contratto di mandato. Con particolare riferimento a tali ultimi aspetti, appare evidente non solo la sovrapposizione tra lo schema del mandato e lo schema della cessione del credito quando il mandatario gestisce i crediti del mandante, ma appare evidente anche la possibilità di provare a mutuare dal mandato lo schema della prestazione isolata nel caso di cessioni successive e plurime facenti capo ad un contratto iniziale; “tecnica”, quella della riconduzione della prestazione isolata ad un contratto iniziale, adoperata anche da chi ha pensato di giustificare le cessioni plurime alla luce delle logiche del contratto normativo[19]. In altri termini e provando ad essere più chiari, potrebbe toccarsi il tema delle cessioni successive paragonandole ad atti di trasferimento o prestazioni isolate aventi causa esterna nel contratto di cessione iniziale, ricostruzione che si è visto essere applicabile anche in relazione all’obbligo di ritrasferimento sorgente in capo al mandatario (così, come indicato più precisamente in nota, anche M. BUSSANI, M. INFANTINO, con rinvio a NUZZO). Concludendo sotto il profilo causale, si può affermare che la causa variabile della cessione del credito si presta, nel factoring soprattutto, a svolgere funzione di finanziamento, e, in generale ed abbandonando il factoring, a svolgere funzione di garanzia e solutoria (proprio come solutorio è l’atto di ritrasferimento imposto al mandatario in favore del mandante con causa estintiva dell’obbligo gestorio). La distinzione e l’attenzione spasmodica che in questa sede si è attribuita alla causa variabile ed all’effetto reale (che sembra un dato scontato, ma non è affatto così) sono ancorati al problema della ammissibilità o meno della revocatoria fallimentare ex art. 67 L. Fallimentare[20]. Dando per scontata, in questa sede, l’applicabilità della stessa alla cessione del credito in quanto tale, appare evidente come occorra indagare sulla causa della cessione al fine di comprendere se l’atto dispositivo sia o meno intaccabile mediante revocatoria (e si ricordi, a tal fine, che l’azione revocatoria fallimentare ha un “numero di atti aggredibili” ampio, potendo produrre la sua privazione relativa di efficacia anche in relazione ai debiti scaduti, ai sensi del comma primo numero secondo dell’art. 67). In linea di massima, la causa solutoria della cessione rende sempre intaccabile l’atto dispositivo patrimoniale[21].

 

5. Segue: la sentenza della Corte d’Appello di Venezia, III Sez. Civile, del 20 Aprile 2021.

Forti delle complessive riflessioni fin qui operate, appare opportuno ora passare all’esame della pronuncia della Corte d’Appello di Venezia. In questa sede si vogliono riportare brevemente i fatti di causa. Nel successivo §, per contro, si soffermerà l’attenzione su alcuni singoli aspetti della parte motiva, rinviando alla lettura della pronuncia (in quanto esaustiva e, dunque, non bisognevole di integrazioni) per quelli ulteriori. Ebbene, a tal fine appare opportuno ricordare che: “con atto di citazione, del giorno X, DA S.P.A. conveniva davanti a questo tribunale il Fallimento P. S.r.l. in liquidazione e Cime S.r.l. esponendo: 1.) che, in data X,  P S.r.l. le aveva notificato la cessione, a favore di UF S.P.A., di tutti i crediti derivanti da contratti/ordini perfezionati nel corso di 24 mesi dalla data della comunicazione (analoga cessione le era stata notificata in data X); - che, successivamente, in data X, MA S.r.l. le aveva comunicato di avere acquisito una parte del credito vantato nei suoi confronti da P S.r.l. (per complessivi € 140.735,10); - che, in data X, U F, nella sua qualità di cessionaria dei crediti di P in forza di contratti vigenti fino al giorno X, le aveva comunicato la retrocessione dei crediti a P e l’aveva invitata a definire direttamente con la stessa tutte le partite contabili in essere; - di avere sollecitato P a comunicare le coordinate bancarie per l’esecuzione dei pagamenti; - che mentre P non aveva dato alcun riscontro a tale suo invito, MA le aveva intimato il pagamento parziale del credito oggetto di cessione; - che non solo P e MA non avevano risolto la confusa situazione venutasi a creare in ordine alla titolarità del credito, ma il curatore di P (nel frattempo fallita) le aveva intimato dapprima di non effettuare nessun pagamento e successivamente di corrispondere il dovuto alla procedura; - che il credito ceduto ammontava non a € 140.735,10 ma ad € 130.791,10 per effetto dell’applicazione di penali conseguenti alla ritardata consegna di materiale. Tanto premesso, la società attorea chiedeva che fosse accertato a chi spettava la titolarità del credito e che lo stesso venisse determinato nel minore importo sopra indicato. MA S.r.l., costituitasi nelle forme di rito, deduceva che, per effetto della retrocessione del credito, la cessione a proprio favore era valida ed efficace ex tunc e non era soggetta a revocatoria. Contestata, altresì, la pretesa dell’attore di compensare in parte il credito ceduto con un proprio controcredito per penali conseguenti alla ritardata consegna della merce, chiedeva che l’attrice fosse condannata a versarle la somma corrispondente al credito ceduto oltre ad interessi dalla scadenza alla concessione del sequestro liberatorio. Il Fallimento P S.r.l. in liquidazione, costituitosi a sua volta, contestava in fatto e in diritto le argomentazioni ex adverso dedotte, asserendo di essere unico ed esclusivo titolare dei crediti della società fallita e chiedendo, ove fosse ritenuta ad esso opponibile la cessione, che la stessa fosse revocata a sensi dell’art. 67 comma primo n. 2 L. Fall. in quanto pagamento effettuato con mezzi anomali. Acquisita la documentazione offerta, disposto il sequestro liberatorio della somma, esaurite le incombenze di rito, la causa, ritenuta matura, all’udienza del giorno X veniva trattenuta in decisione”. All'esito del giudizio il Tribunale ha così statuito: “dichiara che il credito nei confronti di DA spa, ceduto dalla P S.r.l. alla Cime S.r.l. con atto del giorno X, ammonta ad € 130.791,10 e che di esso è esclusivo titolare il Fallimento P S.r.l. in liquidazione; dispone che le somme assoggettate a sequestro liberatorio vengano consegnate ai rispettivi titolari, incrementate pro quota degli eventuali frutti; compensa le spese di lite”. Il giudice così motiva: “Allorché P S.r.l., con atto del giorno X, cedeva a MA una parte dei crediti da essa vantati nei confronti di DA spa la stessa non aveva più la disponibilità di tali crediti avendoli in precedenza già ceduti a U F. Dal momento che le cessioni erano state notificate da UF a DA in date anteriori a quella in cui vi aveva provveduto MA neppure può operare a favore di quest’ultima il disposto dell’art. 1265 cod. civ. Deve, pertanto, ritenersi che la cessione del giorno X non abbia avuto alcun effetto traslativo e che da essa sia semplicemente sorta, in analogia a quanto disposto dall’art. 1478, comma primo del codice civile, l’obbligazione in capo a P di procurare a MA l’acquisto del credito. Deve escludersi che la retrocessione dei crediti operata da UF a favore di P in data X possa essere valorizzata come adempimento dell’obbligazione di cui all’art. 1478, comma primo codice civile. La situazione in cui versava all’epoca la società (nei cui confronti era stata presentata - in data X - istanza di fallimento, poi sfociata nella dichiarazione di fallimento del giorno X) non era certamente tale da far supporre che la retrocessione dei crediti fosse il risultato di un’attività negoziale di P tesa a far acquisire a MA i crediti a questa ceduti con l’atto del giorno X. Al contrario, le scadenze dei crediti retrocessi - distribuite nella quasi totalità dal giorno X al giorno X, portano a ritenere che UF abbia inteso evitare di riscuotere somme che poi avrebbe dovuto consegnare alla procedura fallimentare. Si aggiunga che, ove l’acquisizione - da parte di P - dei crediti in precedenza ceduti a UF, dovesse essere valutata come adempimento dell’obbligazione assunta con la cessione di crediti del giorno X, un tale adempimento, rendendo effettivo (ex nunc) il trasferimento dei crediti a MA, integrerebbe un pagamento con mezzi anormali revocabile a sensi dell’art. 67 comma primo n.2 L. Fallimentare. Per tali motivi, e tenuto conto che il Fallimento convenuto ha ritenuto corretta la riduzione del credito richiesta da DA spa, va dichiarato che il credito nei confronti di DA spa, ceduto da P S.r.l. a MA S.r.l. con atto del giorno X, ammonta ad € 130.791,10 e che ne è titolare in via esclusiva il Fallimento P S.r.l. in liquidazione. Le somme assoggettate a sequestro liberatorio vanno consegnate ai rispettivi titolari, incrementate, pro quota, degli eventuali frutti. Le spese di lite, attesa la problematicità delle questioni trattate, vanno integralmente compensate. Ha proposto appello avverso la sentenza M S.p.a. con 6 motivi di appello: 1) Errores in procedendo: omessa motivazione su punti decisivi;  2) Errores in judicando: sulla ritenuta “non operatività” dell’art. 1265 c.c. alla cessione del credito di P a M in data X; 3) Sul ritenuto mancato adempimento dell’obbligazione di cui all’art. 1478, comma primo del codice civile; 4)Ulteriori deduzioni difensive”; 5) Sulla revocabilità della cessione M – P; 6) Sulla compensazione parziale del credito di cui alla fattura nr. 395/2011 e sugli interessi di mora. Le parti appellate hanno resistito alle censure proposte per la ritenuta manifesta infondatezza delle stesse chiedendo la conferma della sentenza”.

 

6. Segue ancora: focus sui punti critici della pronuncia.

Così ricostruiti i fatti di causa, si vuole ora soffermare l’attenzione sulla questione inerente all’applicabilità o meno dell’art. 1478 cc. alla cessione del credito in generale, abbandonando le peculiarità del caso concreto, del quale si è scelto di riportare solo un brano, estrapolandolo dalla parte motiva della pronuncia, utile ai fini della riflessione in chiave critica che si vuol svolgere. Il (singolo ed isolato) passaggio che si vuole evidenziare è il seguente: “l’art. 1478 c.c., di fatto, è collocato all’interno della disciplina speciale del contratto di compravendita con riferimento imprescindibile a detta disciplina e non è applicabile alla cessione di credito che trova la sua disciplina nel capo V del titolo I del Libro IV che disciplina tutte le modalità di circolazione dei crediti, senza prevedere in alcun caso l’effetto previsto dall’art. 1478. L’art. 1478 c.c. è fattispecie acquisitiva che fa riferimento ad una res oggetto di vendita, e l’applicazione analogica ad un rapporto di credito non è plausibile”. Ebbene, tutte le ricostruzioni esposte in precedenza hanno lasciato emergere innumerevoli punti di contatto tra la cessione e la compravendita; anche a mezzo dei parallelismi effettuati tra la cessione del credito in generale, il factoring e la disciplina della cessione dei crediti futuri, appare difficile negare che possa applicarsi la disciplina della compravendita, visto che su di essa si regge lo schema della cessione del credito futuro o derivante da contratto futuro e che, dopo tutti gli approfondimenti in materia di effetti traslativi, può dirsi abbastanza chiaro che anche la cessione può essere ad effetto reale differito. Pertanto (e ribadendo che la riflessione è generica e “strumentalizza il caso concreto” al fine di svolgere una indagine che, di fatto, non interviene sui dettagli della pronuncia), sotto un profilo teorico, la granitica affermazione della non applicabilità dell’art. 1478 cc. meriterebbe di essere quantomeno smussata. In questa sede di commento, si vuole ricordare, tra le tante, una voce dottrinale contraria all’impostazione seguita dall’organo giudicante[22] che ammette invece expressis verbis l’applicazione analogica degli artt. 1478 – 1479 cc, in conformità, volendo scendere nel dettaglio, all’orientamento che vede una piena applicazione al credito futuro della disciplina della vendita, tanto nella forma della futurità oggettiva, considerazione questa largamente accolta, quanto nella ipotesi di futurità soggettiva, non essendoci ragioni per diversificare le due forme di futurità sotto il profilo delle norme applicabili. Ed ancora, si può aggiungere, la predetta soluzione non risulta contrastante con la ricostruzione della cessione del credito di cui all’art. 3, commi primo e secondo, della legge sul Factoring.

 

7. Conclusioni.

A conclusione dell’indagine svolta appare evidente che: 1.) La cessione del credito è uno schema negoziale consensuale, ad effetto reale, anche differito, neutro, che presenta affinità con la compravendita, tanto da mutuarne la disciplina in ipotesi di cessione ad oggetto futuro; 2.) Lo schema, ancora, è dotato di causa variabile: può essere, non solo gratuito o oneroso, bensì anche donativo e con funzione di liquidazione, di adempimento, solutoria, di garanzia o, ancora, specie nel factoring, anche di finanziamento; 3.) La causa variabile impone una indagine approfondita delle ragioni poste alla base degli atti dispositivi ai fini della applicabilità della revocatoria fallimentare; 4.) Ancora e conseguentemente, la capillare indagine inerente a questo elemento essenziale rende possibile – in materia di applicabilità o meno dell’art. 1478 cc., tenendo anche conto che nel previgente codice la disciplina della cessione del credito era contenuta in quella della compravendita –  chiarire che, al di là degli specifici fatti concreti che di volta in volta possono essere sottoposti all’attenzione dell’organo giudicante e, dunque, al di fuori del caso concreto oggetto di attenzione nella pronuncia in commento, non è sempre condivisa (specie in dottrina) l’inapplicabilità dell’art. 1478 cc. alla disciplina della cessione del credito.

 

***


Letture utili, dottrina e giurisprudenza utilizzate

1.) P. CENDON, Commentario al codice civile – artt. 1470 e 1547 cc., Giuffrè, Milano, 2009, p. 114;

2.) F. AZZARRI, Il principio consensualistico e le regole della circolazione patrimoniale, in Riv. Fondazione Italiana del Notariato, full text dell’opera disponibile al seguente indirizzo web, consultato il 07/12/2021, https://elibrary.fondazionenotariato.itarticolo.aspart=434301&mn=3;

3.) M. C. BIANCA, L’obbligazione, Diritto Civile, Giuffré, Milano, 1998;

4.) M. LOPINTO,Somministrazione, subfornitura, vendita e appalto: brevi cenni su tratti comuni e profili differenziali, in ilCaso.it;

5.) R. CALVO, La proprietà del mandatario, Cedam, Padova, 1996, (scheda con i riferimenti bibliografici: http://hdl.handle.net/2318/16097);

6.) P. SIRENA (con contributi di G. di Rosa, V. di Gregorio, D. Maffeis, R. Calvo, R. Amagliani, F. Gugliotti, A. Barba, E. Giacobbe, L. F. del Moral Domiguez, M. Rabitti, A. Ciatti, A. Fici), I contratti di collaborazione, Utet Giuridica – Wolters Kluwer, 2011 (anteprima anche online);

7.) M. C. BIANCA, Il contratto, Giuffrè, 2000;

8.) V. ROPPO, Il contratto, II Ed., Giuffrè, 2011;

9.) F. GALGANO, Trattato di diritto civile, Vol. II, III Ed., Cedam, 2015;

10.) F. GAZZONI, Manuale di diritto privato, EDI, 2015;

11.) C. BERTI, Cessione del credito e mandato all’incasso: problemi di qualificazione della fattispecie, in Riv. Jus Civile, 4/2018, pp. 472 – 487, www.juscivile.it, full text disponibile al seguente indirizzo internet: http://www.juscivile.it/contributi/2018/35_Berti.pdf;

12.) A. D’ADDA, La cessione del credito e il factoring, Giuffrè, 2014, Estratto dal Volume dei Contratti di V. Roppo, disponibile, alla data di consultazione del 07/12/2021, full text al seguente indirizzo internet: http://www.paradigma.it/wp-content/uploads/2017/12/D_ADDA.pdf;

13.) U. BRECCIA, Le obbligazioni, Trattato di diritto privato a cura di G. Iudica – P. Zatti, Giuffrè, Milano;

14.) A. M. BENEDETTI, La cessione del contratto - Il diritto privato oggi, a cura di Paolo Cendon, Giuffrè editore, 1998, Milano;

15.) P. CENDON, Codice civile annotato con la giurisprudenza – Artt. 1173/2059 cc., Utet, Torino;

16.) A. FIORENTINO, Titoli di credito – Libro Quarto: Obbligazioni artt. 1992 – 2027, Ed. II, Zanichelli Editore Bologna, 1974;

17.) A. LUMINOSO, I contratti tipici e atipici – Trattato di diritto privato a cura di G. IUDICA e P. ZATTI, Giuffrè, 1995, Milano;

18.) D. RUBINO – G. IUDICA, Appalto, Ed. III, Zanichelli Bologna, Libro Quarto: Obbligazioni artt. 1655 – 1677 cc., 1992 Zanichelli, Bologna;

19.) GUIDO CAPOZZI, Dei singoli contratti, Vol. I, Giuffré, Milano;

20.) G. DE NOVA (a cura di), Recesso e risoluzione nei contratti, Giuffrè, 1994;

21.) U. GIACOMELLI, Brevi osservazioni sul negozio fiduciario, full text disponibile al seguente indirizzo:https://avvocatobertaggia.com/blog/wp-content/uploads/2012/07/Il-negozio-fiduciario.pdf, (ultima consultazione avvenuta in data 12 Novembre 2021);

22.) Per una ulteriore sintesi sulla evoluzione causale: M. QUAGLIERI, Causa, consideration e Diritto europeo dei Contratti (tesi di dottorato), Università Ca’ Foscari Venezia, http://dspace.unive.it;

23.) Sempre sul factoring, Corte di cassazione n. 30611 del 2018, in www.ilcaso.it;

24.) Sul rapporto prestazioni isolate, mandato e factoring: M. BUSSANI – M. INFANTINO, Cessione del credito e Factoring, Giuffré, Il diritto privato oggi – a cura di P. CENDON;

25.) G. MORINI, La prova della cessione del credito nel diritto bancario: gli effetti sul processo, in Riv. Ilcaso.it, www.ilcaso.it;

26.) Corte di cassazione civile, sezione prima del 11.11.2013, n. 25284, in Riv. Ex Parte Creditoris, www.expartecreditoris.it, consultato in data 11/12/2021, disponibile al seguente indirizzo internet: https://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/revocatoria-fallimentare-la-cessione-di-credito-in-funzione-solutoria-integra-un-mezzo-anormale#:~:text=In%20tema%20di%20azione%20revocatoria%20fallimentare%20la%20cessione,trovava%20in%20una%20situazione%20di%20normale%20esercizio%20dell%E2%80%99impresa;

27.) Sulla teoria cd. “semi-oggettiva” della causa, ex multis, trattandosi di tesi piuttosto diffusa in dottrina, F. CARINGELLA, G. DE MARZIO, Manuale di diritto civile – Le obbligazioni, Giuffrè, 2008, pp. 390 e ss;

28.) M. CIAN (a cura di), Diritto commerciale, Giappichelli Editore, 2015;

29.) S. V. MANNINO, Cessione del credito e novazione soggettiva dal lato attivo nella sistematica del codice civile italiano del 1942, 2008, in Riv.  Diritto Civile;

30.) Significativa: Corte di cassazione n. 551 del 2012 (disponibile in rete solo una massima al seguente indirizzo, consultato nel mese di Dicembre 2021, https://www.brocardi.it/massimario/16197.html);

31.) Significativa: Corte di cassazione n. 8145 del 2009 (disponibile in rete solo una massima al seguente indirizzo, consultato nel mese di Dicembre 2021, https://www.brocardi.it/massimario/4697.html);

32.) G. IERVOLINO, La donazione di azienda: analisi della disciplina applicabile e dei riflessi successori, Diritto e Società, in Euroconference, http://clienti.euroconference.it/ArchiviPdf/ros/20101222/20101222A01.pdf?new=1;

33.) Corte di cassazione n. 51 del 12 Gennaio 2012, in Riv. Giur. Ita., Dicembre 2012, pp. 2541 e ss;

34.) D. M. RIPAMONTI, La disciplina delle variazioni nel contratto di appalto e l'applicabilità analogica dell'istituto della revisione del prezzo, pp. 12 e ss., (Tesi di dottorato), disponibile al seguente indirizzo web, https://boa.unimib.it/retrieve/handle/10281/259332/376863/phd_unimib_727171.pdf;

35.) S. POLIDORI, Appalto, Trattato di diritto civile del Consiglio Nazionale del Notariato, Edi, Luglio 2015;

36.) DI MAJO ADOLFO, Causa del negozio giuridico, in Enc. giur. Treccani, VI, Roma, 1990;

37.)  Sulle prestazioni isolate, oltre ai riferimenti contenuti in opere già citate, anche: E. NAVARRETTA, La causa e le prestazioni isolate, Milano, Giuffrè, 2000;

38.) Corte di cassazione n. 22601 del 2013;

39.) Giudice di pace di Reggio Emilia, sentenza n. 360 del 2020, Dep. 4 Marzo 2020;

40.) Tribunale Ordinario di Padova, Sez. Seconda Civile, R.G. 6888/2019, del 28 Gennaio 2020 http://mobile.ilcaso.it/sentenze/ultime/23149#gsc.tab=0 oppure http://www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/23149.pdf, consultato in data 15/12/2021;

41.) S. COCCO, Portabilità del mutuo e surrogazione per volontà del debitore ex art. 1202 c.c., 2016/2017, disponibile all’indirizzo internet, https://iris.unipv.it/retrieve/handle/11571/1214814/203642/COCCO%20SILVIA_TESI%20DI%20DOTTORATO_PORTABILITA%27%20DEL%20MUTUO%20E%20SURROGAZIONE%20EX%20ART.%201202%20C.C..pdf;

42.) A. M. GAROFALO, La causa: una “storia di successo”?  (a proposito delle opere di Vincenzo Roppo sulla causa del contratto), in Riv. Jus Civile, 2/2018, http://www.juscivile.it/contributi/2018/16_Garofalo.pdf;

43.) R. PANETTA, Il contratto di appalto – Collana dei contratti, diretta da E. LUCCHINI GUASTALLA, Giappichelli, Torino, 2016,  https://www.giappichelli.it/media/catalog/product/excerpt/9788875243678.pdf;

44.) Per completezza nella citazione delle fonti consultate e per alcuni riferimenti bibliografici in materia di effetti traslativi e causa esterna del contratto di mandato, L. CAPUTO, Gli effetti del contratto di mandato, 2012/2013, https://core.ac.uk/download/pdf/20526698.pdf;

45.) A conferma della pluralità di tipologie di crediti cedibili, ex multis, D. CHINDEMI, Responsabilità civile auto e profili assicurativi – Insidie stradali e responsabilità della Pubblica Amministrazione, Wolters Kluwer, 2021, p. 32 e ss., il quale chiarisce che sono cedibili perfino i crediti risarcitori da cd. fermo tecnico; F. NERLI, La cessione del credito ed il suo oggetto. Si tratti della cessione di crediti futuri, in Riv. Diritto.it, 19 Giugno 2020, a conferma della (già indicata con altri riferimenti a livello giurisprudenziale nel testo dello scritto) cedibilità dei danni non patrimoniali.



[1] La sentenza della Corte d’Appello di Venezia, III Sez. Civile, del 20 Aprile del 2021 è visibile per esteso su questa rivista, www.ilcaso.it, al seguente indirizzo web https://www.ilcaso.it/sentenze/ultime/26064.

[2]  Ex multis, A. D’ADDA, La cessione del credito e il factoring, Giuffrè, 2014, Estratto dal Volume dei Contratti di V. ROPPO, disponibile, alla data di consultazione del 07/12/2021, full text: http://www.paradigma.it/wp-content/uploads/2017/12/D_ADDA.pdf, p. 173, il quale dispone che “anche in ragione dell’autonoma disciplina riservata alla cessione dal codice del 1942 (che così superava la scelta, di derivazione francese, di regolare la compravendita del credito operata dal codice del 1865) […]”.     

[3] Che non va confuso con la cessione del contratto. Ex multis, sul tema e per un approfondimento, A. M. BENEDETTI, La cessione del contratto, Il diritto privato oggi, a cura di PAOLO CENDON, Giuffrè editore, 1998, Milano.

[4] Oltre ad Autori come GALGANO, tra tanti, C. BERTI, Cessione del credito e mandato all’incasso: problemi di qualificazione della fattispecie, in Riv. Jus Civile, 4/2018, pp. 472 – 487,www.juscivile.it, full text disponibile al seguente indirizzo internet: http://www.juscivile.it/contributi/2018/35_Berti.pdf, pp. 473; Trattato di Diritto Privato – Obbligazioni e contratti II, diretto da PIETRO RESCIGNO, Utet, 1995, p. 658 e ss.

[5] Si vuol citare lo stesso autore per comodità di riferimenti ed indirizzi internet, ma utilizza l’espressione “causa variabile” la maggior parte dei civilisti che si sono dedicati all’argomento, oltre a BIANCA, nel suo Trattato (p. 586, Ed. 1998): C. BERTI, ult. op. cit.; anche U. BRECCIA, Le obbligazioni, Trattato di diritto privato a cura di G. IUDICA – P. ZATTI, Giuffrè, Milano, 1991, pp. 779 e ss.; P. CENDON, Codice civile annotato con la giurisprudenza – Artt. 1173/2059 cc., Utet, Torino, pp. 337 e ss.. A livello giurisprudenziale, ex multis, Corte di cassazione n. 8145 del 2009 e Corte di cassazione n. 51 del 12 Gennaio 2012, in Riv. Giur. Ita., Dicembre 2012, pp. 2541 e ss., di cui si consiglia anche la lettura. Contra: GALGANO (Trattato), che, almeno parzialmente, discute sull’uso del termine. Si rinvia, pertanto, all’opera.

[6] Affronta i rapporti tra cessione e mandato, seppur non nei termini esposti nel presente lavoro, ragionando anche in relazione la cd. mandato in rem propriam ed al mandato all’incasso, tipico del settore bancario, C. BERTI, Cessione del credito e mandato all’incasso: problemi di qualificazione della fattispecie, ult. op. cit., www.juscivile.it , full text disponibile al seguente indirizzo internet: http://www.juscivile.it/contributi/2018/35_Berti.pdf, pp. 472 e ss.

[7] Spesso si opera un parallelo tra l’art. 1260 e l’art. 1472 cc. in materia di vendita di cosa futura (classificata come forma di futurità oggettiva che produce un effetto obbligatorio immediato e traslativo differito, pur dovendo essere consci della scissione esistente tra emptio spei ed emptio rei speratae). A livello giurisprudenziale, ex multis Corte di cassazione n. 551 del 2012 che riprende le considerazioni svolte dalla dottrina. A livello, per l’appunto, dottrinale, oltre ad Autori come BIANCA e ZACCARIA, nel senso dell’applicabilità della disciplina della vendita di cosa futura: F. AZZARRI, Il principio consensualistico e le regole della circolazione patrimoniale, in Riv. Fondazione Italiana del Notariato, full text dell’opera disponibile al seguente indirizzo internet, consultato il giorno 07/12/2021, https://elibrary.fondazionenotariato.itarticolo.aspart=434301&mn=3. Contra (o meglio, in modo meno specifico ed approfondito): BERTI, op. cit., che rinvia ad una giurisprudenza del 2012, soffermandosi solo sulla produzione di effetti obbligatori, senza affrontare il problema del differimento dell’effetto reale; D’ADDA, op. cit., che, in relazione al factoring, parla di effetti meramente obbligatori, anche qui senza approfondire il tema del differimento dell’effetto reale.

[8] L’opinione è diffusa, avendo, come detto, la cessione causa variabile, anche in termini di applicabilità del limite di cui all’art. 771 cc.

Volendo, ad ogni modo, scendere nel dettaglio ed approfondire il profilo della cessione o donazione aziendale: G. IERVOLINO, La donazione di azienda: analisi della disciplina applicabile e dei riflessi successori, Diritto e Società, in Euroconference, consultato in data 14/12/2021,http://clienti.euroconference.it/ArchiviPdf/ros/20101222/20101222A01.pdf?new=1.

[9] Si discute, invece, sulle cd. “cessioni del credito naturale”, in particolare con irripetibilità predisposta in capo al creditore naturale. Vi sono, infatti, Autori (U. BRECCIA, op. cit., p. 787) che negano la cedibilità del credito naturale. Per approfondimento si rinvia all’opera, esulando dall’indagine la questione specifica.

[10] E’ diffusa la stretta relazione tra surrogazione per volontà del creditore e disciplina della cessione del credito. Tuttavia, per un approfondimento specifico sui rapporti tra cessione e surrogazione in relazione ai divieti di cessione, anche ai fini bibliografici, in quanto esaustivi, si rinvia  alle note di: S. COCCO, Portabilità del mutuo e surrogazione per volontà del debitore ex art. 1202 c.c., 2016/2017, con particolare riferimento alla nota 243, p. 103, indirizzo internet, consultato in data 16/12/2021, https://iris.unipv.it/retrieve/handle/11571/1214814/203642/COCCO%20SILVIA_TESI%20DI%20DOTTORATO_PORTABILITA%27%20DEL%20MUTUO%20E%20SURROGAZIONE%20EX%20ART.%201202%20C.C..pdf.

[11] Sull’onere probatorio, ex multis, G. MORINI, La prova della cessione del credito nel diritto bancario: gli effetti sul processo, in Riv. Ilcaso.it, www.ilcaso.it (ancora, per mere ragioni di utilità pratica e completezza nell’elencazione della totalità delle fonti consultate, https://mioblog.notaiopescaradambrosio.it/cessione-credito/ e CONSIGLIO NAZIONALE DEL NOTARIATO, Studio n. 1-2012/C, https://www.notariato.it/sites/default/files/1-12-c.pdf, entrambi consultati nel mese di Dicembre 2021).

[12] La tematica è assai complessa ed articolata (come lo stesso GALGANO insegna, si suole distinguere perfino tra titoli astratti e titoli causali) e ricca di tesi divergenti.

Pertanto, proprio in ragione della difficoltà di fornire un riassunto, in questa sede, dei diversi orientamenti e delle diverse classificazioni emerse in dottrina ed in giurisprudenza, operazione che esula in buona parte dell’oggetto della presente indagine, si preferisce in questa sede rinviare ad altre letture monografiche, in aggiunta alla manualistica classica.

Si consiglia, tra tante letture: A. FIORENTINO, Titoli di credito – Libro Quarto: Obbligazioni artt. 1992 – 2027, Ed. II, Zanichelli Editore Bologna, 1974.

L’opera, pur lontanissima negli anni, offre un quadro utile ai fini della ricostruzione anche delle attuali problematiche in materia di astrazione e circolazione del titolo di credito.

Si precisa, inoltre, che il binomio cessione del credito-titolo di credito è pressocché tra i più diffusi in materia di diritto bancario ed è oggetto di studio al precipuo fine di garantire la tutela più completa possibile alla categoria degli investitori.

Per i rapporti tra cessione del credito, cartolarizzazione e l. 130 del 1999, si legga anche una pronuncia del Giudice di pace di Reggio Emilia n. 360 del 2020, Dep. 4 Marzo 2020, in www.infojuris.it, e, precisamente, all’indirizzo, consultato il 15/12/2021, http://www.infojuris.it/wp-content/uploads/2021/05/Sentenza-del-Giudice-di-Pace-di-Reggio-Emilia.pdf.

[13] Volendo offrire un riferimento online, affronta chiaramente il passaggio dalla teoria analitica alla teoria della causa unica, unitaria: M. QUAGLIERI, Causa, consideration e Diritto europeo dei Contratti (tesi di dottorato), Università Ca’ Foscari Venezia, disponibile all’indirizzo internet, consultato nel mese di Dicembre 2021, http://dspace.unive.it.

[15]  Affronta, seppur in poche pagine, in modo approfondito ed in chiave storica la questione, P. RESCIGNO, Trattato diritto privato, Obbligazioni e Contratti, 2000, III, pp. 489 e 490.

[16] Sull’appalto a tutto tondo e sulla compravendita: A. LUMINOSO, I contratti tipici e atipici – Trattato di diritto privato a cura di G. IUDICA e P. ZATTI, Giuffrè, 1995, Milano; D. RUBINO – G. IUDICA, Appalto, Ed. III, Zanichelli Bologna, Libro Quarto: Obbligazioni artt. 1655 – 1677 cc., 1992 Zanichelli, Bologna; GUIDO CAPOZZI, Dei singoli contratti, Vol. I, Giuffré, Milano. Ancora, interessante, nonostante il titolo dell’opera appaia lontano dall’argomento oggetto di attenzione in questo scritto, G. DE NOVA (a cura di), Recesso e risoluzione nei contratti, Giuffrè, 1994.

Sul tema anche: S. POLIDORI, Appalto, Trattato di diritto civile del Consiglio Nazionale del Notariato, Edi, Luglio 2015. Per una sintesi rapida in ordine alle ragioni della preferibile classificazione come contratto ad effetti obbligatori, nonostante la possibilità di produzione anche di effetto reale: D. M. RIPAMONTI, La disciplina delle variazioni nel contratto di appalto e l'applicabilità analogica dell'istituto della revisione del prezzo, pp. 12 e ss.,(Tesi di dottorato), disponibile al seguente indirizzo web, data di consultazione 15/12/2021,https://boa.unimib.it/retrieve/handle/10281/259332/376863/phd_unimib_727171.pdf.

[17] Si rinvia, al riguardo, alle opere citate nella nota 16.

[18] Ex multis, C. BERTI, op. cit., p. 479, il quale approfondisce l’argomento in relazione alla funzione di garanzia e ad altri schemi contrattuali come il mandato all’incasso.

D’ADDA, op. cit., per contro si mostra più cauto nell’ammettere la possibilità di cessione con causa di garanzia, dando atto anche dell’esistenza di tesi contrarie ed affrontando la tematica della cessione in relazione al divieto di patto commissorio ex art. 2744 cc. ed agli effetti del trasferimento in garanzia, in questo scritto trascurati.

[19]  Per un approfondimento veloce e, ciò nonostante, utile (sul punto anche P. RESCIGNO, Trattato diritto privato, Obbligazioni e Contratti, 2000, III, pp. 67 e ss.): https://www.assifact.it/wp-content/uploads/2017/10/Elementi-di-base-del-contratto-di-factoring.pdf. 

Sul binomio contratto di mandato e factoring (anche in termini di prestazioni isolate) esposto da chi scrive, anche: M. BUSSANI – M. INFANTINO, Cessione del credito e Factoring, Giuffré, Il diritto privato oggi – a cura di P. CENDON, pp. 150 e ss.; opera cartacea, pur tuttavia, alla data di consultazione del 10/12/2021, la stessa è parzialmente visibile su https://books.google.it/, e precisamente, all’indirizzo internet di seguito riportato: https://books.google.it/books?id=sTSSvzS_u9gC&pg=PA150&lpg=PA150&dq=factoring+contratto+normativo+e+prestazione+isolata&source=bl&ots=PAPHVFLpd8&sig=ACfU3U0euQ9Ry6H24BurLlg7oGF65RNmzQ&hl=it&sa=X&ved=2ahUKEwjcvpqmgNn0AhW_hv0HHZgFAY04FBDoAXoECBAQAw#v=onepage&q=factoring%20contratto%20normativo%20e%20prestazione%20isolata&f=false. Ancora, con particolare riferimento alla cessione dei crediti aziendali ex art. 2559 cc., sposa la tesi dell’applicazione delle prestazioni isolate anche M. CIAN (a cura di), Diritto commerciale, Giappichelli Editore, 2015, pp. 157 e ss.

[20] Anche per la revocatoria fallimentare, ex multis, trattandosi di tematica classica, affrontata da quasi tutti gli autori, BERTI e D’ADDA, op. cit.

[21] Ancora, D’ADDA, op. cit., p. 194.

Sul tema, anche Corte di cassazione civile, sezione prima del 11.11.2013, n. 25284, in Riv. Ex Parte Creditoris, www.expartecreditoris.it, disponibile al seguente indirizzo internet: https://www.expartecreditoris.it/provvedimenti/revocatoria-fallimentare-la-cessione-di-credito-in-funzione-solutoria-integra-un-mezzo-anormale#:~:text=In%20tema%20di%20azione%20revocatoria%20fallimentare%20la%20cessione,trovava%20in%20una%20situazione%20di%20normale%20esercizio%20dell%E2%80%99impresa, consultato in data 11/12/2021.


Scarica Articolo PDF