Sovraindebitamento


Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 11/01/2023 Scarica PDF

Ristrutturazione del consumatore e debiti d'impresa: un tema ancora dibattuto (Brevi note a Tribunale di Spoleto 23 dicembre 2022 e Tribunale di Caltanissetta 1° giugno 2022[1])

Astorre Mancini e Alessia Munarin, Avvocati in Rimini


Tribunale di Spoleto 23 dicembre 2022, est. Trabalza

Sovraindebitamento - Piano del consumatore - Pregressi debiti d’impresa - Ammissibilità - Condizioni

 

Deve ritenersi ammissibile il piano del consumatore proposto per ristrutturare debiti maturati nell’esercizio dell’attività professionale o imprenditoriale eventualmente svolta, a condizione che si tratti di debiti pregressi e che detta attività sia cessata e non più proseguita. (Astorre Mancini) (Riproduzione riservata)

 

Tribunale di Caltanisetta 1 giugno 2022, est. Difrancesco

Sovraindebitamento - Debiti promiscui - Piano del consumatore - Ammissibilità -Composizione - Rilevanza 

 

Può essere considerato ‘consumatore’, ai fini della procedura di sovraindebitamento anche il debitore che sia stato imprenditore o professionista, ovvero che mantenga tale qualifica al momento della presentazione del piano, con il quale si proponga la ristrutturazione, oltre che dei prevalenti debiti privati e consumeristici, anche di quelli maturati nell’esercizio dell’attività imprenditoriale eventualmente svolta, a condizione che si tratti di debiti pregressi e l’attività d’impresa sia cessata e non più proseguita, sicché si giustifica l’esclusione del voto dei creditori data l’estraneità al mercato del soggetto ricorrente, quale imprenditore. (Astorre Mancini) (Riproduzione riservata)

   

Sommario: 1. La questione sottesa 2. I casi in rassegna 3. La legittimazione al piano del consumatore secondo Cass. 2016/1869: a) l’opzione dell’estraneità al piano dei debiti d’impresa o professionali  4. Segue: b) l’inclusione nel piano dei debiti d’impresa o professionali “in quanto non più attuali 5. Sintesi delle posizioni giurisprudenziali 6. Considerazioni conclusive

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1. La questione sottesa

Malgrado le pronunce in rassegna vertano in tema di piano del consumatore ex l. 3/2012, il loro interesse è ancora maggiore nel nuovo scenario normativo del Codice della Crisi (CCII), considerato che il concordato minore è precluso al ‘consumatore’ e, dunque, è decisiva la  questione della definizione del perimetro del requisito soggettivo di accesso alle procedure regolatorie di sovraindebitamento.

Se nel nuovo ordinamento il consumatore può solo accedere alla ristrutturazione dei debiti ex art. 67 CCII (in alternativa alla liquidazione controllata ex art. 268 CCII), il sistema deve poter rispondere a situazioni di sovraindebitamento variegate e complesse, dai contorni oggettivi e soggettivi più sfumati, incluse quelle caratterizzate da debiti promiscui o derivanti dal pregresso esercizio di attività professionale od imprenditoriale.

Chi scrive ritiene che, al pari di quanto accade nelle procedure maggiori, anche i soggetti sovraindebitati devono poter accedere ad uno strumento concorsuale negoziale, in alternativa alla liquidazione, e dunque alla ristrutturazione dei debiti od al concordato minore, non potendo ammettersi un sistema che escluda l’accesso ad una delle due procedure regolatorie a determinate categorie di debitori[3].

In vigenza della l. 3/2012, come noto, il consumatore che avesse debiti riconducibili ad un’attività di impresa o professionale poteva proporre ai propri creditori l’Accordo di composizione ex art. 10 l. 3/2012 soggetto al voto; nel CCII tale possibilità viene esclusa alla stregua del nuovo perimetro della nozione di ‘consumatore’, di cui all’art. 2, c.1, lett. e), CCII.

Resta salva, per tale tipologia di debitore, la possibilità di invocare la propria permanente iscrizione a Registro Imprese quale imprenditore individuale - evitando così la preclusione ex art. 33, ult. co., CCII - e di accedere, quindi, alla procedura di concordato minore liquidatorio, ai sensi dell’art. 74, c. 2, CCII, alla condizione stringente rappresentata dalla possibilità di immettere nel piano ‘finanza esterna’ che aumenti in misura ‘apprezzabile’ il soddisfacimento dei creditori[4].

Il sistema, dunque, sembra escludere situazioni non diversamente regolabili fuori dalla procedura liquidatoria: il permanere di residui debiti d’impresa derivanti dal pregresso esercizio di attività imprenditoriale, unito alla circostanza della intervenuta cancellazione dal Registro Imprese quale imprenditore individuale, impedirebbe l’accesso, dunque, sia alla ristrutturazione dei debiti del consumatore, sia al concordato minore liquidatorio, malgrado l’art. 2, c.1, lett. c), CCII definisca in via residuale l’area di operatività delle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento, con riferimento ad “ogni altro debitore non assoggettabile alla liquidazione giudiziale ovvero a liquidazione coatta amministrativa o ad altre procedure liquidatorie previste dal codice civile o da leggi speciali per il caso di crisi o insolvenza”.

Con le pronunce in rassegna, univoche nell’accedere ad una interpretazione estensiva dei presupposti soggettivi di accesso,

- il tribunale di Spoleto ammette il piano del consumatore da parte del socio-fideiussore di s.n.c. che aveva ceduto le proprie quote due anni prima del fallimento dell’ente, con residue obbligazioni sociali rimaste insoddisfatte, peraltro prevalenti rispetto ai debiti privati consumeristici;

- il tribunale di Caltanisetta dichiara ammissibile il piano del consumatore proposto da coniugi che avevano cessato anni prima l’attività imprenditoriale, con residui debiti d’impresa piuttosto contenuti rispetto alla prevalente debitoria consumeristica medio tempore maturata.

Meritano, dunque, di essere approfondite le ragioni giuridiche sottese a tale orientamento espansivo, controverso ma sempre più presente in giurisprudenza[5].

 

2. I casi in rassegna

Con la prima decisione in commento, il tribunale di Spoleto dichiara ammissibile il piano del consumatore da parte del fideiussore in favore di s.n.c., chiamato a rispondere del pagamento di obbligazioni sociali rimaste inadempiute, malgrado detto fideiussore non fosse estraneo alla compagine ma addirittura risultasse socio e amministratore dell’ente.

La pronuncia dà conto della intervenuta cessione di quote sociali nel dicembre 2017, con il successivo fallimento della società dichiarato nel gennaio 2020 e la richiesta di pagamento formulata al fideiussore dai creditori sociali rimasti insoddisfatti dal riparto fallimentare, per obbligazioni pecuniarie assunte dalla società in epoca anteriore alla cessazione della qualità di socio del garante.

Dall’esame degli atti, emerge effettivamente come la composizione dei debiti gravanti sul debitore riguardasse prevalentemente obbligazioni contratte nella veste di fideiussore e socio della società poi fallita, per circa 130 mila euro residui, a fronte di una attuale debitoria privata e consumeristica per circa 25 mila euro.

Il giudice dichiara espressamente di condividere la considerazione svolta dal gestore della crisi nella propria relazione, osservando che “la debitoria attuale del Sig. X ha ormai una denotazione personale, essendo egli stesso pensionato e non avendo più alcun legame con la società”, per cui dette obbligazioni sociali residue vanno intese come “non più attuali”, secondo la nozione di consumatore già delineata dalla Suprema Corte con la decisione 2016/1869, che ha chiarito come la nozione di "consumatore abilitato al piano" non escluda il professionista o l'imprenditore, le cui attività non sono incompatibili con tali procedure,  purché non residuino o, comunque, non siano più attuali obbligazioni sorte da esse e confluite nell'insolvenza”.

Nella seconda decisione in commento, il tribunale di Caltanissetta ammette il piano del consumatore - sostenuto economicamente da quote del reddito da lavoro - proposto da coniugi ex imprenditori, nel frattempo divenuti lavoratori dipendenti, ritenuto “ammissibile l’inserimento in esso anche dei debiti residui riferibili all’esercizio dell’attività imprenditoriale ormai cessata”, debiti, peraltro, di ammontare complessivamente più contenuto rispetto ai debiti consumeristici.

Il giudice osserva che “possono accedere al piano del consumatore anche quei soggetti ‘che abbiano assunto obbligazioni composite e che vogliano, in tal modo, cioè come consumatori, ristrutturarle’ (così Cass. n. 1896/2016)”, sul presupposto che la nuova nozione di consumatore di cui all’art. 6, comma 2, lett. b), della legge n. 3/2012 - oggi recepita dall’art. 2, c.1, lett. e), CCII – “sembra estendere l’ambito di applicazione della procedura anche al consumatore che presenti nella propria esposizione debitoria obbligazioni non aventi carattere personale o familiare (cd. debito promiscuo), facendo riferimento la legge a colui che agisce per scopi estranei all’attività di impresa e non più a colui che abbia assunto obbligazioni per scopi estranei all’attività di impresa e consentendo espressamente al socio illimitatamente responsabile di accedere al piano del consumatore”.

 

3. La legittimazione al piano del consumatore secondo Cass. 2016/1869: a) l’opzione dell’estraneità al piano dei debiti d’impresa o professionali

Entrambe le decisioni fondano la propria ratio su quanto argomentato nel lontano 2016 dalla Corte di Cassazione, con la nota pronuncia Cass., sez. I, 1 febbraio 2016, n. 1869, est. Ferro[6], resa, peraltro, in un contesto normativo del tutto diverso da quello attuale, ed ancora prima della modifica dell’art.6, c.2, lett. b), l. 3/2012, riguardante la nozione di consumatore[7], a cui si è fatto sopra cenno.

Con la pronuncia Cass. 2016/1869 la S.C. aveva posto l’accento, ai fini della possibilità di proporre il piano del consumatore, alla composizione del debito del sovraindebitato risultante al momento della domanda di omologa, per cui detta procedura veniva ritenuta compatibile “innanzitutto con il consumatore sovraindebitato che non sia o non sia mai stato né imprenditore né professionista, con chi lo sia stato e però non lo sia tuttora ovvero con chi lo sia tuttora ma non annoveri più tra i debiti attuali quelli un tempo contratti in funzione di sostentamento ad una di quelle attività” (Cass. 2016/1869, cit.).

Nell’interpretazione offerta da Cass. 2016/1869, la qualità di imprenditore o professionista non era, dunque, ostativa ai fini dell’accesso al piano del consumatore, a condizione che i debiti contratti in tale veste fossero già stati definiti o non fossero più attuali.

Nei primi commenti si era osservato che la Cassazione aveva in tal modo superato e chiarito l’ostacolo rappresentato dalla definizione di ‘consumatore’- indicata ratione temporis dall’art. 6, c. 2, lett. b), l. 3/2012 -, per cui è consumatore il debitore persona fisica che ha assunto obbligazioni “esclusivamente” per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta.

Secondo la lettura estensiva offerta dalla Suprema Corte, dunque, il debitore poteva aver contratto obbligazioni d’impresa o professionali, e dunque non solo, ed esclusivamente, debiti consumeristici, ma l’accesso al piano del consumatore era ammissibile se al momento della presentazione del piano del consumatore risultavano solo debiti al consumo, non anche d’impresa o professionali.

La stessa pronuncia, tuttavia, aveva dato adito ad una diversa lettura interpretativa in base alla quale si riteneva ammissibile il piano del consumatore anche in presenza di residui debiti d’impresa o professionali, a condizione che essi fossero esclusi dal perimetro del piano: detta interpretazione prendeva le mosse dal passaggio, contenuto in motivazione, in cui la Cassazione menziona “l’ipotesi di un piano del consumatore allestito da simile soggetto economico che però, lasciando sullo sfondo i rapporti d'impresa o pendenti con i terzi e quale professionista, impieghi i suoi beni e i suoi redditi per ristrutturare il resto dei suoi debiti(Cass. 2016/1869, cit.)[8].

Questa seconda opzione interpretativa, cennata da Cass. 2016/1869 solo in parte motiva, consente ancora oggi di ritenere ammissibile l’accesso al piano del consumatore anche se al momento del deposito della domanda di omologa residuano debiti d’impresa o professionali, a condizione di tenere detta debitoria fuori dal piano[9].

Tale scelta ermeneutica offerta da Cass. 2016/1869 andava, quindi, a “forzare” il dato normativo dell’art. 6, c.2, lett. b), l. 3/2012 (nella formulazione anteriore alla modifica della l. 176/2020), aprendo la via del piano del consumatore al sovraindebitato con debitoria c.d. promiscua, ben potendo, questi, presentare un piano con la dichiarata intenzione di definire i soli debiti consumeristici e personali.

 

4. Segue: b) l’inclusione nel piano dei debiti d’impresa o professionali “in quanto non più attuali

Un’ulteriore linea interpretativa già contenuta in Cass. 2016/1869 – cui aderiscono le pronunce in rassegna - tale da consentire la definizione dei debiti promiscui all’interno del piano del consumatore, è il riferimento alla necessità che i debiti d’impresa o professionali non siano ‘più attuali’.

In tal senso nella decisione Cass. 2016/1869 si legge testualmente che, ai fini dell’accesso al piano del consumatore, rispetto al proponente rileva “una specifica qualità della sua insolvenza finale, in essa cioè non potendo comparire obbligazioni assunte per gli scopi di cui alle predette attività ovvero comunque esse non dovendo più risultare attuali”.

La locuzione ‘ovvero’ lascia intendere che l’assenza di debiti d’impresa, almeno negli intendimenti della Cassazione, è fattispecie diversa dalla mancanza di attualità degli stessi, ben potendo, dunque, ipotizzarsi una ristrutturazione del consumatore diretta a regolare debiti d’impresa o professionali non semplicemente tenuti estranei al piano, ma inclusi nel perimetro della procedura in ragione della loro inattualità.

Secondo il tribunale di Caltanisetta nella decisione in commento il requisito della carenza di attualità dei debiti d’impresa, va inteso nel senso che deve trattarsi di “debiti pregressi” e che l’attività professionale o imprenditoriale deve essere “cessata e non più proseguita”, con l’ulteriore conseguenza che tale carenza di attualità della debitoria d’impresa “giustifica l’esclusione del voto dei creditori data l’estraneità al mercato del soggetto ricorrente, quale imprenditore”.

Analogamente, il tribunale di Spoleto, richiamando espressamente il precedente del giudice di Caltanisetta, ritiene sia condivisibile “il giudizio dell’OCC che riconosce al ricorrente lo qualifica di consumatore, in quanto le obbligazioni ancora gravanti sul suo patrimonio personale (in quanto fideiussore della società di cui è stato socio sino al 2017), non sono certamente attuali”, per cui le stesse potranno essere regolate dentro il piano del consumatore, “a condizione che si tratti di debiti pregressi e che l’attività professionale sia cessata non più proseguita (cfr. Tribunale di Napoli Nord, decreto del 26.03.2021, Tribunale di Caltanissetta, decreto dell’1.06.2022, Tribunale di Grosseto, decreto del 22.06.2021)”.

Il richiamo operato dal giudice umbro all’ampia ed argomentata motivazione di Tribunale di Napoli Nord 26 marzo 2021 è emblematico: la carenza di “debiti attuali” - è la lettura suggerita dal giudice napoletano di Cass. 2016/1869 - va intesa nel senso che le obbligazioni derivanti da attività imprenditoriale o professionale devono, appunto, essere pregresse e detta attività essere cessata e non più proseguita, ciò che giustifica il mancato riconoscimento ai creditori del diritto di voto, riconoscendo il legislatore al debitore “la qualifica di consumatore in ragione della estraneità al mercato quale imprenditore del soggetto ricorrente[10].


5. Sintesi delle posizioni giurisprudenziali

Da una disamina sommaria dei primi orientamenti emersi in giurisprudenza sul tema che ci occupa, possono, dunque, essere riassunte le seguenti posizioni interpretative, che, a volte, traducono approcci differenti anche all’interno del medesimo tribunale:

i.     l’imprenditore cessato e cancellato dal Registro Imprese può definire i residui debiti d’impresa mediante la ristrutturazione del consumatore, non essendo i predetti debiti più attuali e venendo in rilievo, pertanto, la sua attuale condizione di consumatore (Trib. Spoleto 23 dicembre 2022, Trib. Napoli Nord 12 novembre 2022, Trib. Caltanisetta 1 giugno 2022, Trib. Napoli Nord 26 marzo 2021 e 16 marzo 2021);

ii.     l’imprenditore individuale cancellato dal Registro Imprese può definire tramite la ristrutturazione dei debiti del consumatore la propria debitoria promiscua, con prevalenza dei debiti consumeristici (Trib. Reggio Emilia 20 ottobre 2022);

iii.     il debitore persona fisica può accedere alla ristrutturazione del consumatore anche in presenza di residui debiti non consumeristici, a condizione di regolare detta debitoria al di fuori del piano, con risorse di terzi (Trib. Bologna 25 novembre 2022) ovvero con i proventi della propria attività in prosecuzione (Trib. Grosseto 22 giugno 2021);

iv.     il debitore persona fisica che abbia maturato ed intenda ristrutturare solo obbligazioni integralmente consumeristiche può accedere solo alla ristrutturazione dei debiti ex art. 67 CCII, oltre alla liquidazione controllata (Trib. Bologna 30 dicembre 2022);

v.     l’imprenditore cessato e cancellato dal Registro Imprese può proporre, comunque, il concordato minore liquidatorio (Trib. Napoli Nord 3 gennaio 2023)[11], tenuto conto che, malgrado abbia dismesso la qualità di imprenditore, resta certamente “non assoggettabile alla liquidazione giudiziale”.

 

6. Considerazioni conclusive

L’interpretazione offerta dalle decisioni in commento ha il pregio di allargare le maglie di accesso alla ristrutturazione dei debiti del consumatore, determinando una chiusura razionale del sistema, destinato altrimenti a lasciare fuori situazioni di sovraindebitamento non altrimenti regolabili con una procedura negoziale.

L’orientamento di cui si è dato conto è costante e periodicamente riproposto dalla giurisprudenza, come tale è doveroso farne oggetto di segnalazione, pur nella consapevolezza dei limiti intrinseci della decisione di legittimità su cui si fonda, piuttosto risalente (Cass. 2016/1869), nonché dell’esistenza di diverse sensibilità emerse sul tema nella giurisprudenza edita[12].

Come osservato in dottrina, la soluzione interpretativa in commento appare “compatibile con la lettera della norma che nella descrizione della figura del consumatore fotografa la situazione debitoria della persona fisica che nel presente ‘agisce’ per scopi estranei all’attività imprenditoriale pur avendola ‘eventualmente’ svolta nel passato”, per cui tale nozione appare “capace di abbracciare qualunque persona fisica che al momento dell’accesso allo strumento di regolazione della crisi da sovraindebitamento, sia obiettivamente spogliato della veste di imprenditore o professionista e ciò indipendentemente dal proprio diverso passato dal quale abbia ancora ereditato debiti” [13].

Del resto, si è osservato, anche la ristrutturazione ex art. 67 CCII in ogni caso deve riservare ai creditori un trattamento non inferiore rispetto a quello che ricaverebbero dalla liquidazione e, dunque, “l’esigenza di escludere da questa opzione l’ex professionista o ex imprenditore per relegarli alla sola liquidazione risulta priva di motivazione economica esponendoli solo a possibili rappresaglie personali che nulla hanno da spartire con lo spirito della legge di favorire un fresh start del debitore”[14].



[1] Entrambe le decisioni in commento sono in corso di pubblicazione su questa Rivista.

[2] Gli Autori sono soci fondatori dello studio Mancini & Associati di Rimini.

[3] In tal senso appare del tutto condivisibile il passaggio della motivazione contenuto nel decreto di apertura del concordato minore in Tribunale di Trento 4 novembre 2022, est. Sieff, in corso di pubblicazione su questa Rivista, per cui “alla stregua del sistema implicato dal CCII, un soggetto può alternativamente rientrare nella figura di consumatore o di non consumatore (dunque di imprenditore o di professionista), senza terze possibilità che comportino l’effetto di precludere al medesimo l’accesso a strumenti di regolazione del proprio stato di insolvenza o di sovraindebitamento diversi dalla liquidazione (giudiziale o controllata), che rappresenta, nello stesso sistema del CCII, la soluzione ultima”.

[4] Riguardo tale contributo aggiuntivo, in dottrina si è giustamente osservato che esso “costituisce però un ostacolo insormontabile all’adesione anche al modello liquidatorio del concordato minore, in quanto le risorse esterne, che si collocano necessariamente al di fuori del perimetro patrimoniale del debitore, restano anche al di fuori della loro stessa portata, salvo formare nuovo debito (contrario allo stesso spirito della legge) o il caso di improbabili donazioni che sfuggono alla volontà e alla progettualità del debitore” (G.BENVENUTO, in “Rivisitazione del requisito soggettivo nelle procedure di sovraindebitamento”, blog in dirittodellacrisi, ottobre 2022).

[5] Si osserva che, con l’obbiettivo di fornire una risposta a situazioni di sovraindebitamento non facilmente riconducibili all’alveo dell’una o dell’altra procedura negoziale, altri tribunali hanno riconosciuto l’ammissibilità dell’accesso al concordato minore liquidatorio da parte dell’imprenditore individuale cessato con residui debiti d’impresa (v. Tribunale Napoli Nord 3 gennaio 2023, est. Ferrara, in questa Rivista), mentre altri tribunali hanno ritenuto ammissibile, sempre per l’imprenditore individuale cessato, l’accesso alla ristrutturazione del consumatore per definire anche i debiti d’impresa rimasti insoddisfatti (v. Tribunale di Reggio Emilia 20 ottobre 2022, est. Boiardi, in questa Rivista).

[6] Cass. 1 febbraio 2016 n.1869,  in Fall., 6/2016, 661, con nota di F. Pasquariello; pubblicata anche in questa Rivista.

[7] A seguito della modifica introdotta dal d.l. 28 ottobre 2020 n. 137, convertito dalla l. 18 dicembre 2020, n. 176, l’art. 6, comma 2, lett. b) l. 3/2012 - oggi art. 2 comma 1 lett. e) CCII - stabilisce che si intende per consumatore “la persona fisica che agisce per scopi estranei all'attività imprenditoriale, commerciale, artigiana o professionale eventualmente svolta, anche se socio di una delle società appartenenti ad uno dei tipi regolati nei capi III, IV e VI del titolo V del libro quinto del codice civile, per i debiti estranei a quelli socialiLa precedente formulazione della norma, in vigenza della quale è stata resa Cass. 2016/1869, indicava “b) per "consumatore": il debitore persona fisica che ha assunto obbligazioni esclusivamente per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta”.

[8] Tale fattispecie veniva riportata dalla S.C. per rispondere alla facile obiezione per cui in tal caso “si determinerebbe così un mutamento sostanziale delle garanzie generiche offerte dal patrimonio del debitore”, in concreto utilizzato per il soddisfo dei soli debiti di consumo e non anche d’impresa, obiezione che i massimi Giudici superavano con il rinvio alla possibilità di contestazione della convenienza del piano offerta dalla l. 3/2012 con lo strumento di cui all’art. 12-bis, “e, prima ancora, ai controlli giudiziali sulle cause del sovraindebitamento e la serietà dei propositi compositivi”.

[9] Aderisce a tale impostazione Tribunale di Grosseto 22 giugno 2021, pubblicata in questa Rivista, che ha ritenuto ammissibile il piano del consumatore con il quale si intenda ristrutturare esclusivamente i debiti consumeristici, di gran lunga prevalenti nella composizione del debito, con esclusione dal piano, dunque, dei debiti maturati nell'ambito della pregressa attività imprenditoriale esercitata. Analogamente, Tribunale di Bologna 25 novembre 2022, in questa Rivista, ha ritenuto rientrante nella  definizione di ‘consumatore’ ex art. 2, c.1, lett. e), CCII, potendo accedere alla ristrutturazione ex art. 67 CCII, “il debitore che regola fuori dal piano le obbligazioni di origine non consumeristica tramite risorse messe a disposizione da terzi”.

In dottrina, prima della riforma dell’art. 6 l. 3/2012, si è ritenuta ammissibile la presentazione del piano del consumatore da parte dell’imprenditore che intendesse regolare la propria debitoria di natura personale, a condizione che i debiti d’impresa o professionali fossero estranei al piano e regolarmente assolti: “La legge ammette che il consumatore chieda l’omologa del piano purché la propria insolvenza non sia caratterizzata dall’insolvenza di obbligazioni inerenti l’attività professionale o imprenditoriale eventualmente da lui svolte. […] Se sussistono obbligazioni del consumatore inerenti tali attività regolarmente adempiute alle rispettive scadenze, esse rimarranno fuori dal piano. […] Dunque l’imprenditore può presentare un piano del consumatore, il presupposto come detto sarà il non inadempimento delle obbligazioni contratte nell’ambito imprenditoriale e quindi, in base all’art. 6, comma 2, lett. b), L. n. 3/2012, le medesime rimarranno estranee al piano(A.CRIVELLI,“Il piano e la proposta nelle procedure di componimento della crisi da sovraindebitamento nella L. n. 3/2012 e nel CCII”, in Il Fallimento, giugno 2019).

[10] In Tribunale di Napoli Nord 16 marzo 2021 e 23 marzo 2021 citate in entrambe le pronunce in rassegna, si osserva che “in base alla ratio legislativa che conforma la procedura si deve ritenere che la qualifica di consumatore deve riconoscersi, in via alternativa, al soggetto: a) che non ha mai svolto l’attività di imprenditore; b) che svolge l’attività di impresa, come i soci di società di persone, che voglia regolare con il piano solo i debiti strumentali al soddisfacimento di interessi personali; c) che ha svolto l’attività di impresa e che non la svolga in futuro e che voglia regolare con il piano sia debiti inerenti la pregressa attività economica sia debiti personali. Invero, in questo caso solo si giustifica l’esclusione del voto dei creditori non ricorrendo la necessità dell’approvazione degli stessi per la permanenza nel mercato del soggetto sovraindebitato”.

L’orientamento è stato ribadito e confermato, anche alla luce del CCII nel frattempo entrato in vigore, da Tribunale di Napoli Nord 12 novembre 2022, est. Rabuano, in corso di pubblicazione su questa Rivista.

[11] Tutte le pronunce citate nel presente paragrafo sono pubblicate, o in corso di pubblicazione, su questa Rivista.

[12] Basti richiamare la recente decisione del Tribunale di Genova 16 novembre 2022, pubblicata in questa Rivista, di segno decisamente contrario, che ha dichiarato l’inammissibilità della ristrutturazione del consumatore ex art. 67 CCII in presenza di una debitoria quasi esclusivamente  derivante “da una precedente attività imprenditoriale esaurita nel settembre 2018”, cui aveva fatto seguito la cancellazione dal Registro Imprese della ditta individuale del debitore, con preclusione di accesso al concordato minore ex art. 33 CCII.  

Il giudice ligure contesta in primo luogo, sotto un profilo teorico, la pretesa “mutazione genetica di un’obbligazione ‘commerciale’ in obbligazione ‘civile’ per effetto della cessazione dell’attività precedente”, per concludere che “è solo l'estraneità dei debiti di cui si discute, rispetto ad attività imprenditoriali/professionali, che qualifica il presupposto di ammissibilità della procedura del consumatore”.

Circa la valenza assegnata a tali fini alla decisione Cass. 2016/1869, il tribunale di Genova prende atto che “un autorevole precedente della Corte di cassazione avrebbe esteso l'applicabilità della disciplina del debito del consumatore anche in caso di pregresse obbligazioni maturate nel corso di precedenti attività commerciali disimpegnate dallo stesso soggetto (vedi Cass. Sez. I, 1.2.2016 n. 1869 est. Ferro)”, osservando – ad onor del vero in modo forse un po’ sbrigativo - che “tale precedente non è risolutivo, nella misura in cui si riferisce ad una disciplina oggetto di totale riforma da pochi mesi”.

[13] G.BENVENUTO, cit.

[14] G.BENVENUTO, cit.


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