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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 03/03/2021 Scarica PDF

Apparenti discrasie nella ristrutturazione "forzosa" dei debiti fiscali-contributivi

Lorenzo Gambi, Dottore Commercialista in Firenze


Sommario: 1. Premessa.- 2. La pre-condizione di operatività.- 3. Il requisito espresso di “decisività”.- 4. Conclusioni.

   

1. Il legislatore dell’emergenza, sul tema del cram down in ambito di transazione fiscale-contributiva, ha agito sulla legge fallimentare (concordavo preventivo ed accordi di ristrutturazione) e sulla legge istitutiva del sovraindebitamento (accordi di composizione della crisi).

E lo ha fatto utilizzando:

- quanto alla precondizione di operatività, specifiche locuzioni a seconda dei singoli procedimenti (mancanza di voto nel concordato; mancanza di adesione negli accordi di ristrutturazione e negli accordi di composizione);

- quanto alle condizioni espresse, uno schema “uniforme” per tutti e tre i procedimenti (rilevanza della posizione del creditore pubblico ai fini del raggiungimento dei quorum; convenienza della proposta).

Il quadro lascia tuttavia aperti alcuni punti, fra i quali, si segnalano in questa sede i seguenti:

a) con riferimento alla ricordata pre-condizione di operatività delle norme, il significato da attribuire alle locuzioni “anche in mancanza di voto” e “anche in mancanza di adesione”;

b) con riferimento alla seconda condizione espressa, quale sia la relazione fra la posizione creditoria della pubblica amministrazione e le maggioranze/percentuali ai fini dell’omologazione della proposta. 

 

2. Com’è noto, l’art. 3, comma 1-bis, lett. a), D.L. n. 125/2020 ha integrato l’art. 180, comma 4, l.fall., prevedendo che il tribunale omologhi il concordato “anche in mancanza di voto” da parte dell’ente erariale e/o contributivo ove l’adesione sia determinante ai fini del raggiungimento delle maggioranze di legge ed a condizione che la proposta sia più conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria.

L’art. 3, comma 1-bis, lett. b), D.L. n. 125/2020 ha integrato l’art. 182-bis, comma 4, l.fall., prevedendo che il tribunale omologhi l’accordo di ristrutturazione “anche in mancanza di adesione” da parte degli enti pubblici ove l’adesione sia decisiva ai fini del raggiungimento della percentuale di legge ed a condizione che la proposta sia più conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria.

L’art. 4-ter, comma 1, lett. f), D.L. n. 137/2020, infine, ha integrato l’art. 12 della L. n. 3/2012, aggiungendovi il nuovo comma 3-quater, il quale dispone che il tribunale omologhi l’accordo di composizione della crisi “anche in mancanza di adesione” erariale ove la stessa sia decisiva ai fini del raggiungimento della percentuale di legge ed a condizione che la proposta sia più conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria.

Il fatto che il legislatore abbia operato, contestualmente - e con identità di ratio -, sulla legge fallimentare e sulla L. n. 3/2012 è apparso opportuno e coerente, tenuto conto dei profili di concorsualità che contraddistinguono, per quanto con peculiarità e gradazioni, tutti e tre i procedimenti in oggetto.

Con riferimento agli accordi di ristrutturazione ex art. 182-bis l. fall., si ha “mancata adesione” alla proposta di trattamento dei crediti fiscali-contributivi sia ove l’ente pubblico manifesti di non accettarla, sia ove lo stesso non esprima sulla medesima alcun intendimento.

Nel contesto degli ADR al silenzio dei creditori consegue la mancata adesione alla proposta, e ciò in conformità alla regola “negoziale” che informa – sotto il profilo del consenso – gli accordi di ristrutturazione, per quanto gli stessi siano caratterizzati da marcati profili di concorsualità sotto l’aspetto procedimentale.

Anche con riferimento al concordato preventivo, il silenzio dei creditori determina effetti sostanziali di diniego, e ciò in applicazione della regola (implicita) ricavabile dall’art. 178, comma 4, l. fall. (cd. silenzio-rifiuto).

Passando al sovraindebitamento, sotto un profilo generale, l’accordo di composizione esplica efficacia non solo nei confronti dei creditori che abbiano espressamente aderito alla proposta, ma anche - così come avviene nel concordato preventivo - nei confronti dei creditori che si siano pronunziati in senso sfavorevole.

Peraltro, nell’ambito del sovraindebitamento, il silenzio del creditore - a differenza di ciò che accade nel concordato - determina effetti sostanziali di accettazione della proposta, e ciò in conformità all’art. 11, comma 1, ultimo periodo, L. n. 3/2012.

Tale norma prevede che i creditori si esprimano sulla proposta di accordo di composizione della crisi con dichiarazione scritta almeno dieci giorni prima dell'udienza ex art. 10, comma 1, L. n. 3/2012.

In mancanza di tale dichiarazione - dispone la norma -, si ritiene che i creditori abbiano prestato il proprio consenso alla proposta, nei termini nei quali la medesima sia stata loro comunicata.

Poiché nel sovraindebitamento il silenzio equivale, ope legis, ad accettazione, che utilità avrebbe la norma sulla ristrutturazione “forzosa” del debito erariale ex art. 12, comma 3-quater, L. n. 3/2012 se la stessa non fosse applicabile al diniego espresso dall’Amministrazione finanziaria?

Ma se il cram down in ambito di L. n. 3/2012 non può non essere applicato al diniego espresso - divenendo, diversamente, l’art. 12, comma 3-quater, una norma sostanzialmente inutile -, alla stessa conclusione si dovrebbe pur pervenire, per ragioni di coerenza logico-sistematica, con riferimento al concordato preventivo ed agli accordi di ristrutturazione, considerata l’identità di ratio delle ricordate norme emergenziali.

 

3. L’art. 3, comma 1-bis, lett. a), D.L. n. 125/2020 ha previsto che il tribunale omologhi il concordato preventivo, al sussistere delle altre ricordate condizioni, quando il voto dell’ente pubblico sia “determinante” ai fini del raggiungimento delle maggioranze di cui all’art. 177 l. fall.

L’art. 3, comma 1-bis, lett. b), D.L. n. 125/2020 ha previsto, al pari, che il tribunale omologhi l’accordo di ristrutturazione quando l’adesione da parte dei creditori pubblici sia “decisiva” ai fini del raggiungimento della percentuale di cui all’art. 182-bis, comma 1, l. fall.

L’art. 4-ter, comma 1, lett. f), D.L. n. 137/2020, infine, ha previsto che il tribunale omologhi l’accordo di composizione quando l’adesione da parte dell’Amministrazione finanziaria sia “decisiva” ai fini del raggiungimento della percentuale ex art. 11, comma 2, L. n. 3/2012.

Al di là della differenza lessicale fra gli aggettivi “determinante”, con riferimento al concordato, e “decisiva”, con riferimento agli ADR ed agli accordi di composizione, ritenuta non rilevante, un approfondimento merita il profilo di “cogenza” di tale requisito.

Riteniamo che la condizione in oggetto sia integrata ove le maggioranze previste ai fini dell’approvazione del concordato, nonché le percentuali previste ai fini dell’omologazione degli ADR e degli accordi di composizione, siano raggiunte (anche) qualora vi si imputi - tramite conversione “adesiva”- la posizione creditoria dell’ente pubblico.

Non si tratterebbe, dunque, di “sterilizzare” il voto contrario ovvero la mancata adesione da parte degli enti pubblici ai fini della determinazione dei quorum previsti dalle singole norme di legge.

In questo caso, il debitore, una volta che la posizione creditoria dell’amministrazione pubblica fosse estromessa dal computo dei crediti, “dovrebbe” comunque raggiungere:

- con riferimento al concordato preventivo, la maggioranza dei voti computati in relazione ai crediti aventi diritto al voto diversi da quelli erariali e contributivi, oltreché la maggioranza delle altre classi;

- con riferimento agli accordi di ristrutturazione dei debiti ed agli accordi di composizione della crisi, la percentuale del sessanta percento dei crediti diversi da quelli dell’ente erariale e/o contributivo.

Si ritiene, al contrario, che in base alle nuove norme possa essere operata la “conversione” del diniego degli enti pubblici, in adesione alla proposta.

I crediti di titolarità dell’amministrazione pubblica andrebbero così ad integrare i quorum previsti dalle singole disposizioni di legge ai fini dell’omologazione delle procedure.

Secondo questa interpretazione, forse più aderente allo stesso tenore letterale delle norme, sarebbe “sufficiente” per il debitore raggiungere:

- la maggioranza dei voti computati sull’intesa base dei crediti aventi diritto al voto (ivi inclusi i voti pubblici, “convertiti” in favorevoli), nonché la maggioranza di tutte le classi, con riferimento al concordato preventivo;

- la percentuale del sessanta percento determinata su una base costituita da tutti i crediti, ivi inclusi i crediti di titolarità degli enti pubblici, “convertiti” in adesione, con riferimento agli ADR ed agli accordi di composizione.

Una volta rilevata la “decisività” del voto/adesione e, dunque, omologata la proposta da parte del tribunale, il contenuto della medesima verrebbe esteso, in via “coattiva”, all’amministrazione pubblica, subendo la stessa la “novazione” della propria posizione creditoria.

Peraltro, gli enti pubblici che subissero il cram down avrebbero piena facoltà di opporsi all’omologa della proposta secondo le singole norme previste dalla legge fallimentare e dalla L. n. 3/2012, rimanendo dunque, sotto questo profilo, creditori “dissenzienti”.

 

4. I dubbi interpretativi che hanno accompagnato, sin dall’inizio, le norme in tema di cram down nella transazione fiscale-contributiva potranno sciogliersi solo alla luce degli ulteriori, preziosi pronunciamenti dell’autorità giudiziaria chiamata dal legislatore a presidiare disposizioni volte a mitigare gli effetti della pandemia privilegiando, sussistendo le condizioni di legge, soluzioni concordate che salvaguardino la continuazione delle attività economiche.


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