CrisiImpresa


Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 02/01/2021 Scarica PDF

Brevi note a prima lettura sull'omologa dei piani di ristrutturazione con trattamento dei crediti tributari e contributivi (o anche: "del cram down del tribunale nella transazione fiscale")

Lucia De Bernardin, Giudice delegato nel Tribunale di Catania


1. Introduzione.

Sebbene il dilagare della pandemia del COVID19 e le emergenze sanitaria ed economica che ne sono conseguite abbiano spinto il legislatore a posticipare l’entrata in vigore del codice della crisi al 1° settembre 2021[1], da più parti è stata invocata l’anticipazione di alcune delle regole del codice perché considerate utili per fronteggiare la crisi finanziaria a cui le imprese stanno andando incontro[2].

La prima fra le disposizioni del codice della crisi ad essere stata innestata sul tessuto della vigente legge fallimentare è quella che riguarda la possibilità per il Tribunale di omologare l’accordo di ristrutturazione ovvero il concordato preventivo pur in mancanza di adesione o di voto da parte degli enti impositori ­con cui l’imprenditore ha l’obbligo di definire le proprie esposizioni debitorie tramite il meccanismo di cui all’art.182 ter l.f. [3], possibilità introdotta nel codice della crisi per l’omologa dell’accordo di ristrutturazione e del concordato minore, ampliata col primo decreto correttivo anche all’omologa del concordato preventivo[4].

Le disposizioni introdotte pongono all’interprete una serie di interrogativi interpretativi di non poco momento, anche per le potenziali ripercussioni sul ruolo del Tribunale rispetto alla funzione della pubblica amministrazione su cui ci si permette di offrire qualche spunto di riflessione a prima lettura.

 

2. I concetti di: “mancato voto” e di: “mancata adesione”.

Il primo tema su cui appare opportuno da subito interrogarsi è se i concetti di: “mancata adesione” e di: “mancato voto” consentano al Tribunale di omologare non soltanto nell’ipotesi in cui gli enti impositori non abbiano espresso alcuna volontà –e abbiano quindi, col proprio silenzio, espresso una non approvazione dello strumento di composizione della crisi proposto dal debitore-, ma anche nell’ipotesi in cui questi abbiano manifestato espressamente il proprio dissenso[5].

I primi commenti della disciplina hanno salutato con estremo favore l’introduzione di queste nuove disposizioni nella legge fallimentare[6], sollecitandone la lettura maggiormente estensiva sulla scorta del convincimento che la ristrutturazione del debito delle imprese sia ostacolato da: “ingiustificate resistenze alle soluzioni concordate spesso registrate nella prassi” da parte degli enti impositori[7].

In questa interpretazione “estensiva”, la questione relativa alla legittimità o meno del dissenso espresso dall’amministrazione finanziaria rispetto alla transazione fiscale proposta -su cui si è sinora formata una giurisprudenza vivente consolidata nel senso che tratterebbesi di giurisdizione tributaria- finirebbero per essere assorbite dalla valutazione svolta dal Tribunale ordinario in sede di omologa[8] col duplice vantaggio: da un lato, di evitare l’allungamento della tempistica connessa all’impugnazione del dissenso innanzi alla giurisdizione tributaria; dall’altro, di rimettere al Tribunale fallimentare –ossia all’organo giurisdizionale investito istituzionalmente della soluzione della crisi di impresa che dovrebbe esprimere professionalità e sensibilità particolari rispetto ai temi della ristrutturazione del debito di impresa- la valutazione sulla convenienza o meno della soluzione prospettata rispetto all’alternativa liquidatoria.

In difetto di una chiara ed esplicita previsione in tal senso da parte del legislatore, tuttavia, una siffatta lettura non appare  compatibile –oltre che coi principi costituzionali di separazione dei poteri e con la previsione della devoluzione alla giurisdizione amministrativa ovvero tributaria del sindacato dei provvedimenti resi dalle pubbliche amministrazioni, anche finanziarie[9]- con le previsioni che la direttiva Insolvency fissa quali limiti per l’omologa dei piani di ristrutturazione che contemplano una: “ristrutturazione trasversale”, ossia una ristrutturazione attuata malgrado il dissenso espresso da una classe dissenziente -nella specie rappresentata dagli enti destinatari della proposta di ristrutturazione tramite lo strumento dell’art.182 ter l.f.- e che ciò nondimeno sia per questa vincolante[10]. L’interpretazione in commento consentirebbe, infatti, al Tribunale di omologare malgrado l’eventuale insussistenza dei presupposti richiesti dalla direttiva[11] [12], fra cui spiccano la necessità di rispettare la cd. relatively priority rule[13],oltre che quella di consentire comunque all’autorità giudiziaria di non procedere all’omologa quando la ristrutturazione proposta non si profili realmente in grado di superare lo stato di insolvenza. 

Appare invece preferibile l’interpretazione che attribuisce alle locuzioni: “mancato voto” o: “mancata adesione” solo il significato di: “mancata espressione della volontà”, con conseguente possibilità per il Tribunale di omologare a fronte di silenzio serbato dagli enti impositori e non anche nell’ipotesi di dissenso espresso.[14]

Depongono a favore di questa lettura della disposizione, nonsolo la constatazione che la legge fallimentare impiega –ove ritenuto- il concetto di dissenso[15] -di tal che ben avrebbe il legislatore potuto impiegare questa terminologia ove avesse voluto fare riferimento anche a tale concetto-, ma anche un ampliamento della riflessione a quelli che sono gli approdi della giurisprudenza vivente (ordinaria, amministrativa e tributaria) degli ultimi anni in materia che non pare mettere in dubbio la competenza esclusiva del giudice tributario in relazione non solo alla definizione dell’an e del quantum dell’obbligazione tributaria, ma anche alla sua esecuzione[16].

L’opzione interpretativa proposta, peraltro, non rischia di creare conflitti col diritto unionale perché l’omologa troverebbe applicazione solo a fronte del silenzio serbato da un creditore e quindi di una deliberata decisione del creditore di non prendere posizione in relazione alla ristrutturazione proposta[17].

Infine, non può non rilevarsi come l’ordinamento già preveda strumenti atti garantire tanto la trattazione prioritaria dei procedimenti in cui è parte un’impresa in concordato (artt. 43 co.4-169 l.f.), quanto l’adozione di provvedimenti cautelari in sede tributaria (art. 47 d.lgs. 546/1992), strumenti che se adeguatamente impiegati appaiono del tutto idonei a tutelare le esigenze di celerità connesse allo spiegarsi delle procedure di composizione della crisi[18].


3. L’applicabilità ai procedimenti in corso.

Un altro fronte di riflessione che si offre immediatamente all’interprete è quello dell’applicabilità o meno delle disposizioni in commento ai procedimenti in corso, posto che la nuova disciplina non è stata accompagnata da alcuna disposizione transitoria[19] e che pertanto nei primi commenti comparsi online si è invocato l’immediato ricorso all’impiego del potere di omologa del Tribunale, facendo leva –peraltro- sulle ragioni a fondamento dell’introduzione della disposizione in sede di conversione che si fonderebbero sulla: “situazione di crisi economica per le imprese determinata dall’emergenza epidemiologica da COVID19”.

Se tuttavia la mancanza di disciplina transitoria implica l’applicazione ai procedimenti in corso in virtù del pacifico principio in materia processuale del principio del tempus regit actum[20], nonpuò tuttavia omettersi una riflessione sul cd. principio di affidamento legislativo fatto proprio a più riprese anche dalla Corte di Cassazione che reca con sé il limite all’applicazione della nuova disciplina ove questa abbia come effetto quello di mettere in discussione l’efficacia di atti processuali validamente compiuti[21] ovvero porti al disconoscimento di effetti già verificatisi del fatto passato o venga a togliere efficacia in tutto o in parte alle conseguente attuali e future di esso[22].

L’esigenza di non pregiudicare l’aspettativa che gli enti impositori (ma anche degli altri creditori) possono aver riposto nel meccanismo di raccolta del voto nel concordato ovvero dell’adesione nell’accordo sinora vigente porta ad escludere che la nuova disciplina possa dirsi applicabile ai procedimenti in cui sia già stata avviata la fase della raccolta del voto o dell’adesione, in modo da non precludere la facoltà dell’amministrazione finanziaria di esprimere consapevolmente le proprie determinazioni e le conseguenze[23].

Se invece al momento dell’entrata in vigore delle nuove disposizioni non si era ancora celebrata l’adunanza dei creditori[24] non sembrerebbero esservi ostacoli alla possibilità per il debitore di chiedere al Tribunale –in caso di mancato raggiungimento delle maggioranze- di procedere ugualmente all’omologa effettuando la valutazione circa la convenienza rispetto all’alternativa liquidatoria in sede di convocazione ex art.179 co.2-162 l.f.[25]. Le attuali proposte di: “trattamento dei crediti contributivi e contributivi” recano –infatti- nell’ipotesi di accordi di ristrutturazione già un’attestazione specifica in ordine alla convenienza rispetto alle: “altre ipotesi concretamente praticabili” che comprende quindi anche la comparazione con l’alternativa della liquidazione giudiziale [rectius fallimentare] (art.182 ter co.5 l.f.), così come nell’ipotesi di concordato con continuità aziendale l’attestazione contiene una valutazione sulla funzionalità del piano: “al miglior soddisfacimento dei creditori” (art. 186 bis co. 2 l.f.). Diverso discorso può invece ipotizzarsi nell’ipotesi di concordato liquidatorio privo di finanza esterna che -dovendo rispettare la cd. absolute priority rule[26]- non può ragionevolmente essere maggiormente conveniente rispetto all’alternativa fallimentare in cui peraltro sono comprese, oltre che le azioni di pertinenze della massa, anche le azioni di massa, in primis le azioni di responsabilità.

Ad ogni modo, non può non notarsi come -allo stato- se non la totalità, la quasi totalità dei procedimenti di ristrutturazione in fase di voto o raccolta delle adesioni sono relativi ad imprese la cui crisi è legata a fattori antecedenti alle problematiche causate dall’epidemia di COVID19 e non paiono quindi esservi margini per forzare anche la stessa volontà del legislatore predicandone un’applicazione retroattiva.

 

4. Qualche considerazione di sistema.

Nella relazione illustrativa al decreto correttivo al codice della crisi, in risposta a osservazioni della commissione Finanze e Tesoro del Senato che sollecitava l’anticipazione dell’entrata in vigore delle disposizioni sulla transazione fiscale per far fronte alla grave situazione finanziaria determinata dalla crisi pandemica, il Governo aveva avuto occasione di puntualizzare che: “le previsioni del codice della crisi in materia di transazione fiscale risultano strettamente legate al complessivo corpus di previsioni in esso contenuto, precludendo anche tecnicamente la possibilità di anticipare l’entrata in vigore di spezzoni normativi avulsi dal loro contesto”.

Due sono (quantomeno) le previsioni del Codice della crisi che appaiono necessario corredo alle disposizioni introdotte dalla legge n.159/2020.

La prima è quella relativa all’obbligatoria nomina del commissario giudiziale nell’ipotesi di ricorso per la procedura di concordato preventivo e –in pendenza di istanza di apertura della liquidazione giudiziale- di ricorso per l’omologa di accordi di ristrutturazione al fine non solo di consentire al Tribunale un più accurato controllo ed esame della situazione dell’impresa in procedura[27], ma anche di rendere l’ordinamento italiano in linea con la previsione della direttiva Insolvency che richiede la nomina di professionista nel campo della ristrutturazione nell’ipotesi di sospensione generale delle azioni esecutive e nell’ipotesi di ristrutturazione trasversale[28].

L’altra disposizione è quella che riguarda l’estensione di sanzioni penali sinora previste solo per le convenzioni di moratoria e gli accordi con gli intermediari finanziari che il codice della crisi –raccogliendo un’osservazione della Commissione giustizia della Camera- estende anche all’ipotesi di omologa degli accordi di ristrutturazione in difetto di adesione degli enti impositori[29] in quanto: “accordo omologato in assenza della necessaria maggioranza (e quindi imposto ad un creditore non aderente) [che] costituisce ipotesi sovrapponibile[30].

Monche del contesto complessivo del codice della crisi e, in particolare, delle previsioni poc’anzi indicate, la possibilità per l’imprenditore di ottenere l’omologa degli accordi o del concordato si profila come potenziale pericolo per il gettito erariale perché se è esperienza costante degli operatori del settore quella della difficoltà di interlocuzione coi funzionari degli enti impositori è esperienza altrettanto costante quella per cui l’esposizione debitoria delle società in crisi è prevalentemente costituita da debito nei confronti dell’Erario, stante la generalizzata incapacità strutturale dell’amministrazione finanziaria di procedere a un’efficace attività di riscossione del proprio credito e la tendenza di molte imprese a finanziare la propria attività con l’evasione di imposte e tributi.

In difetto di strumenti in capo al Tribunale per esercitare adeguate forme di controllo e di disposizioni penali che fungano da deterrente ad attività fraudolente, l’introduzione delle nuove disposizioni -se mai potrà essere idonea a consentire alle imprese di ristrutturare formalmente il debito- rischia di essere, nella sostanza, in grado di minare quel principio di buona amministrazione e di efficienza dell’attività di riscossione che il legislatore del codice della crisi si prefiggeva e di portare –invece- a una riduzione della capacità dello Stato nel suo complesso di assicurare che tutti concorrano: “alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva” come prescritto dall’art.53 della Costituzione, coi conseguenti danni che la collettività nel suo complesso patisce a causa della riduzione delle risorse pubbliche.



[1] Art. 5 Decreto Legge del 08/04/2020 - N. 23 (come modificato dall'articolo 1, comma 1, della Legge 5 giugno 2020, n. 40, in sede di conversione) che ha modificato il termine indicato nell’art.389 del decreto legislativo n.14/2019.

[2] Fra i primi: F. Santangeli – A. Fabbi, Il (giusto) differimento, in ragione dell’emergenza, della entrata in vigore del codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza; ma è indispensabile che alcune norme entrino in vigore immediatamente, www.ilcaso.it, 16 aprile 2020.

[3] Legge 27 novembre 2020, n. 159 (in Gazz. Uff., 3 dicembre 2020, n. 300). - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 7 ottobre 2020, n. 125, recante misure urgenti connesse con la proroga della dichiarazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19 e per la continuita' operativa del sistema di allerta COVID, nonche' per l'attuazione della direttiva (UE) 2020/739 del 3 giugno 2020. (…): “All'articolo 3: al comma 1, le parole: «recante "Misure urgenti per il sostegno e il rilancio dell'economia"» sono sostituite dalle seguenti: « convertito, con modificazioni, dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126 »;  dopo il comma 1 sono aggiunti i seguenti: «1-bis. In considerazione della situazione di crisi economica per le imprese determinata dall'emergenza epidemiologica da COVID-l9, al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, sono apportate le seguenti modificazioni: a) all'articolo 180, quarto comma, e' aggiunto, in fine, il seguente periodo: "Il tribunale omologa il concordato preventivo anche in mancanza di voto da parte dell'amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie quando l'adesione e' determinante ai fini del raggiungimento delle maggioranze di cui all'articolo 177 e quando, anche sulla base delle risultanze della relazione del professionista di cui all'articolo 161, terzo comma, la proposta di soddisfacimento della predetta amministrazione o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie e' conveniente rispetto all'alternativa liquidatoria"; b) all'articolo 182-bis, quarto comma, e' aggiunto, in fine, il seguente periodo: "Il tribunale omologa l'accordo' anche in mancanza di adesione da parte dell'amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie quando l'adesione e' decisiva ai fini del raggiungimento della percentuale di cui al primo comma e quando, anche sulla base delle risultanze della relazione del professionista di cui al medesimo comma, la proposta di soddisfacimento della predetta amministrazione o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie e' conveniente rispetto all'alternativa liquidatoria"; c) all'articolo 182-ter: 1) al comma 1, secondo periodo, dopo le parole: "natura chirografaria" sono inserite le seguenti: "anche a seguito di degradazione per incapienza";  2) al comma 5, il secondo periodo e' sostituito dal seguente: "In tali casi l'attestazione del professionista, relativamente ai crediti tributari o contributivi, e relativi accessori, ha ad oggetto anche la convenienza del trattamento proposto rispetto alla liquidazione giudiziale; tale punto costituisce oggetto di specifica valutazione da parte del tribunale"; 3) al comma 5, dopo il terzo periodo e' inserito il seguente: "Ai fini della proposta di accordo su crediti aventi ad oggetto contributi amministrati dagli enti gestori di forme di previdenza ed assistenza obbligatorie, e relativi accessori, copia della proposta e della relativa documentazione, contestualmente al deposito presso il tribunale, deve essere presentata all'ufficio competente sulla base dell'ultimo domicilio fiscale del debitore". 1-ter. Dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto cessa di avere applicazione il provvedimento adottato ai sensi dell'articolo 32, comma 6, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2»; alla rubrica sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, nonche' applicazione di norme in materia di accordi di ristrutturazione dei debiti e di concordati preventivi»”.

[4] Art. 48 co.5 cci che ora prevede che: “il tribunale omologa gli accordi di ristrutturazione e il concordato preventivo anche in mancanza di adesione da parte dell’amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatori quando l’adesione è determinante al fine del raggiungimento delle maggioranze”. Sulla ragione di un tale ampliamento non è dato rinvenire spiegazioni nella relazione illustrativa al decreto correttivo (rinvenibile in:https://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_1_2_1.page?contentId=SAN247771&previsiousPage=mg_1_2).

[5] Sintomatica dell’incertezza sul punto è la circostanza che nella recentissima circolare dell’Agenzia delle entrate del 29/12/2020 denominata: “Gestione delle proposte di transazione fiscale nelle procedure di composizione della crisi di impresa” non sia espressa alcuna posizione sul punto e che la problematica non sia nemmeno adombrata.

[6] Si segnalano: G. Angelini-G. Dan, Nuova transazione fiscale: applicazione da uniformare, in Il Sole 24 ore, 28 dicembre 2020; nello stesso senso –riferito alle disposizioni del Codice della crisi-: A. Zorzi, Piani di risanamento e accordi di ristrutturazione nel codice della crisi, in Il fallimento, 2019, 1003 sebbene senza affrontare espressamente il tema dell’ambiguità dell’espressione.

[7] Cfr. relazione illustrativa al codice della crisi.

[8] Si segnala sul punto: L. Gambi, Spunti sul cram down nella transazione fiscale, in www.ilfallimentarista.it, 09 dicembre 2020 secondo cui: “L'attuale art. 182-ter, commi 1-4, l. fall. ha ridimensionato la portata negoziale della transazione fiscale, da un lato, attenuandone il carattere “discrezionale”, dall'altro, riconducendola nell'alveo della proposta concordataria. Sotto il primo profilo, l'Erario è tenuto ad effettuare una rigorosa valutazione comparativa rispetto al soddisfacimento nella prospettiva fallimentare; sotto il secondo profilo, non vi è più alcuna fase autonoma rispetto all'iter concordatario: il Fisco partecipa al voto secondo le regole del concorso, ex art. 174 ss. l. fall”.

[9] Cfr. per tutti sul punto: G. La Croce, Transazione e accordi su crediti contributivi: la mortificazione della funzione pubblica e del lessico, in corso di pubblicazione.

[10] Direttiva (Ue) 2019/1023 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019 riguardante i Quadri di ristrutturazione preventiva, l'esdebitazione e le interdizioni, e le misure volte ad aumentare l'efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione, e che modifica la direttiva (UE) 2017/1132 (direttiva sulla ristrutturazione e sull'insolvenza) art.11: “1.Gli Stati membri provvedono affinché il piano di ristrutturazione che non è approvato da tutte le parti interessate di cui all'articolo 9, paragrafo 6, in ciascuna classe di voto, possa essere omologato dall'autorità giudiziaria o amministrativa, su proposta del debitore o con l'accordo del debitore, e possa diventare vincolante per le classi di voto dissenzienti se esso soddisfa almeno le condizioni seguenti: a) è conforme all'articolo 10, paragrafi 2 e 3; b) è stato approvato: i) dalla maggioranza delle classi di voto di parti interessate, purché almeno una di esse sia una classe di creditori garantiti o abbia rango superiore alla classe dei creditori non garantiti; oppure, in mancanza, ii) da almeno una delle classi di voto di parti interessate o, se previsto dal diritto nazionale, di parti che subiscono un pregiudizio, diversa da una classe di detentori di strumenti di capitale o altra classe che, in base a una valutazione del debitore in regime di continuità aziendale, non riceverebbe alcun pagamento né manterrebbe alcun interesse o, se previsto dal diritto nazionale, si possa ragionevolmente presumere che non riceva alcun pagamento né mantenga alcun interesse se fosse applicato il normale grado di priorità di liquidazione a norma del diritto nazionale. c) assicura che le classi di voto dissenzienti di creditori interessati ricevano un trattamento almeno tanto favorevole quanto quello delle altre classi dello stesso rango e più favorevole di quello delle classi inferiori; e d) nessuna classe di parti interessate può ricevere o conservare in base al piano di ristrutturazione più dell'importo integrale dei crediti o interessi che rappresenta. In deroga al primo comma, gli Stati membri possono limitare il requisito di ottenere l'accordo del debitore ai casi in cui quest'ultimo è una PMI. Gli Stati membri possono aumentare il numero minimo di classi di parti interessate, o, se previsto dal diritto nazionale, di parti che subiscono un pregiudizio necessario per l'approvazione del piano ai sensi della lettera b), punto ii), del presente paragrafo; 2.In deroga al paragrafo 1, lettera c), gli Stati membri possono prevedere che i diritti dei creditori interessati di una classe di voto dissenziente siano pienamente soddisfatti con mezzi uguali o equivalenti se è previsto che una classe inferiore riceva pagamenti o mantenga interessi in base al piano di ristrutturazione. Gli Stati membri possono mantenere o introdurre disposizioni che derogano al primo comma, qualora queste siano necessarie per conseguire gli obiettivi del piano di ristrutturazione e se il piano di ristrutturazione non pregiudica ingiustamente i diritti o gli interessi delle parti interessate”. 

[11] Art.10 §3, richiamato dall’art.11 § 1 lett.a: “Gli Stati membri assicurano che l'autorità giudiziaria o amministrativa abbia la facoltà di rifiutare di omologare il piano di ristrutturazione che risulti privo della prospettiva ragionevole di impedire l'insolvenza del debitore o di garantire la sostenibilità economica dell'impresa”.

[12] Sullo sfondo della direttiva è sempre presente il tema della tutela dei creditori dissenzienti rispetto ad accordi che possano essere per loro vincolanti e l’attenzione alla presenza di maggioranze perché ciò possa avvenire, come rimarcato nel considerando (47): “Il diritto nazionale dovrebbe fissare le maggioranze richieste, per evitare che una minoranza di parti interessate di ciascuna classe possa impedire l'adozione di un piano di ristrutturazione che non ne riduce ingiustamente i loro diritti e interessi. Senza una norma sulle maggioranze che vincoli i creditori garantiti dissenzienti, la ristrutturazione precoce non sarebbe possibile in molti casi, ad esempio quando è necessaria una ristrutturazione finanziaria ma l'impresa è comunque sana. Per garantire che le parti abbiano voce sull'adozione del piano proporzionalmente ai loro interessi nell'impresa, la maggioranza richiesta dovrebbe basarsi sull'importo dei crediti dei creditori o delle quote dei detentori di strumenti di capitale di ciascuna classe. Inoltre, gli Stati membri dovrebbero poter richiedere la maggioranza del numero di parti interessate in ciascuna classe. Gli Stati membri dovrebbero poter definire norme relative alle parti interessate con diritto di voto che non esercitano in modo corretto tale diritto o non sono rappresentate, come norme che consentano alle parti interessate di essere prese in considerazione per stabilire una soglia di partecipazione o per calcolare la maggioranza. Inoltre, gli Stati membri dovrebbero poter fissare una soglia di partecipazione per il voto”.

[13] Nel considerando (55) della direttiva si legge: “Nel caso della ristrutturazione trasversale dei debiti, gli Stati membri dovrebbero assicurare che le classi dissenzienti di creditori interessati non siano ingiustamente pregiudicate dal piano proposto e gli Stati membri dovrebbero garantire loro una tutela sufficiente. Gli Stati membri dovrebbero poter tutelare una classe dissenziente di creditori interessati garantendo che ricevano un trattamento tanto favorevole quanto quello delle altre classi dello stesso rango e più favorevole di quello delle classi inferiori. In alternativa, gli Stati membri tutelare una classe dissenziente di creditori interessati facendo sì che una tale classe dissenziente sia pagata integralmente se è previsto che una classe inferiore riceva qualsiasi distribuzione o mantenga un qualsiasi interesse ai sensi del piano di ristrutturazione (regola della priorità assoluta). Gli Stati membri dovrebbero avere la facoltà di applicare il concetto di pagamento integrale, anche in ordine alla tempistica del pagamento, a condizione che la somma capitale del credito e, nel caso dei creditori garantiti, il valore della garanzia reale siano protetti. Gli Stati membri dovrebbero poter inoltre decidere la scelta dei mezzi equivalenti con cui poter soddisfare pienamente il credito originario”. Nella dottrina italiana, sul punto: P. Vella, I quadri di ristrutturazione preventiva nella direttiva UE 2019/2013 e nel diritto nazionale, in Il Fallimento, 2020, 1041 e ss.

[14] Cfr. in tal senso: M. Ferro, L. 159/2020: il giudizio di convenienza supplisce nei concordati al mancato voto dell’ente pubblico per i debiti tributari e previdenziali, in Il Quotidiano giuridico, 07 dicembre 2020.

[15] Art.128 l.f., nonché art.178 co.2 l.f. nella versione introdotta dal d.l.134/2012.

[16] Cass. Civile, SS.UU., 14 dicembre 2016, n.25632 secondo cui: “la giurisdizione tributaria si configura come di carattere generale, che si radica in base alla materia indipendentemente dalla specie dell’atto impugnato”), anche secondo la giustizia amministrativa (“La discrezionalità dell'Erario di disporre del proprio credito nel senso e nei limiti innanzi indicati non è connessa infatti all'esercizio di un potere pubblico autoritativo nel senso tradizionale del termine, quanto alla valutazione, del tutto economica, inerente alla pretesa tributaria e alla modalità di soddisfazione della medesima” Consiglio di Stato, sez. VI, 28 settembre 2016, n.4021; TAR Lazio sez. II, 27 luglio 2020, n.8753; Comm. Trib. Prov.le Milano, sez. XVII, 10 dicembre 2019, n.5429). In tema si segnala l’approfondita analisi di: L. Gambi, Considerazioni attorno alla transazione fiscale, in www.ilcaso.it, 19 novembre 2020.

[17] Il considerando (64) della direttiva consente agli Stati membri di: “decidere come comportarsi con i creditori che hanno ricevuto correttamente la notifica ma che non hanno partecipato alle procedure”.

[18] Art.10 §4 della direttiva: “Gli Stati membri provvedono affinché, nei casi in cui l'autorità giudiziaria o amministrativa è tenuta a omologare il piano di ristrutturazione per renderlo vincolante, la decisione sia adottata in modo efficace ai fini del trattamento della materia in tempi rapidi”.

[19] A pochissimi giorni di distanza dalle modifiche alla legge fallimentare in commento, il legislatore ha ritenuto di anticipare l’entrata in vigore di un importante blocco di disposizioni tratte dal codice della crisi, ossia molte di quelle che riguardano le procedure di sovraindebitamento attualmente disciplinate dalla legge 3/2012 dove, invece, è stata espressamente prevista l’applicabilità ai procedimenti in corso (LEGGE 18 dicembre 2020, n. 176 (in Suppl. ordinario n. 43 alla Gazz. Uff., 24 dicembre 2020, n. 319). - Conversione in legge, con modificazioni, decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, recante ulteriori misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19 art.4 bis co.2).

[20] Art.11 delle disposizioni sulla legge in generale: “la legge non dispone che per l’avvenire: essa non ha effetto retroattivo”.

[21] Cass. civile, sez. III, 12 maggio 2020, n.6099.

[22] Cass. civile, sez. II, 19 giugno 2019, n.25542.

[23] L’opposizione all’omologa è consentita solo al dissenziente. 

[24] Non sembra potersi dire esistente l’ipotesi di applicazione ai procedimenti per omologa degli accordi in quanto l’eventuale assenso alla definizione ex art.182 ter lf. deve precedere il deposito del ricorso per l’omologa al Tribunale, pur dovendosi segnalare la mancata replica nella legge fallimentare dell’indicazione del termine entro cui gli enti impositori debbono esprimere la propria adesione crea il problema del momento a partire dal quale il debitore possa depositare il ricorso per l’omologa in Tribunale invocando l’omologa pur a fronte del silenzio serbato dagli enti.

[25] Non appare prima facie condivisibile l’opinione di chi ha ipotizzato che il Tribunale debba procedere alla valutazione circa la sussistenza dei presupposti per l’omologazione anche d’ufficio e al netto dell’istanza in tal senso del debitore posto che l’art.180 l.f. fa espresso riferimento all’ipotesi in cui il concordato sia: “approvato” e non potendosi intendere quale approvazione un’eventuale valutazione di sussistenza dei presupposti per l’omologa in applicazione della nuova disciplina da parte del Tribunale.

[26] Cassazione civile, sez.I, 8 giungo 2020, n.10884 commentata da G. D’Attorre (“La distribuzione del patrimonio del debitore tra absolute priority rule e relative priority rule”) in Il Fallimento, 2020, 1072 e ss.

[27] Cfr. art.44 co.1 lett. b) e co.4 codice della crisi.

[28] Articolo 5:“1.Gli Stati membri provvedono affinché il debitore che accede alle procedure di ristrutturazione preventiva mantenga il controllo totale o almeno parziale dei suoi attivi e della gestione corrente dell'impresa. 2.Ove occorra, la nomina da parte dell'autorità giudiziaria o amministrativa di un professionista nel campo della ristrutturazione è decisa caso per caso, eccetto in determinate situazioni in cui gli Stati membri possono richiedere sempre la nomina obbligatoria di tale professionista. 3.Gli Stati membri provvedono alla nomina di un professionista nel campo della ristrutturazione per assistere il debitore e i creditori nel negoziare e redigere il piano almeno nei seguenti casi: a) quando, ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 3, una sospensione generale delle azioni esecutive individuali è concessa da un'autorità giudiziaria o amministrativa e detta autorità decide che tale professionista è necessario per tutelare gli interessi delle parti; b)quando il piano di ristrutturazione deve essere omologato dall'autorità giudiziaria o amministrativa mediante ristrutturazione trasversale dei debiti conformemente all'articolo 11; oppure c) quando la nomina è richiesta dal debitore o dalla maggioranza dei creditori, purché, in quest'ultimo caso, i creditori si facciano carico del costo del professionista”.

[29] Art.341 codice della crisi: “1. E' punito con la reclusione da uno a cinque anni l'imprenditore, che, al solo scopo di ottenere l'apertura della procedura di concordato preventivo o di ottenere l'omologazione di un accordo di ristrutturazione o il consenso alla sottoscrizione della convenzione di moratoria, si sia attribuito attivita' inesistenti, ovvero, per influire sulla formazione delle maggioranze, abbia simulato crediti in tutto o in parte inesistenti. 2. Nel caso di concordato preventivo si applicano: a) le disposizioni degli articoli 329 e 330 agli amministratori, direttori generali, sindaci e liquidatori di societa';  b) la disposizione dell'articolo 333 agli institori dell'imprenditore; c) le disposizioni degli articoli 334 e 335 al commissario del concordato preventivo; d) le disposizioni degli articoli 338 e 339 ai creditori. 3. Nel caso di accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa o di convenzione di moratoria, nonche' nel caso di omologa di accordi di ristrutturazione ai sensi dell'art.48, comma 5, si applicano le disposizioni previste al comma 2, lettere a), b) e d)”.

[30] Così la relazione illustrativa al Codice della crisi.


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