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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 02/05/2020 Scarica PDF

I termini sostanziali e processuali civili nello sperabile crepuscolo del coronavirus. Tecniche della sospensione e altri rimedi

Eugenio Dalmotto, Professore di diritto processuale civile nell'Univesità degli Studi di Torino


Sommario: Parte I. Il quadro introduttivo. – 1. Il declino del coronavirus, la ripresa delle attività. – 2. (Segue): … e la storia breve ma intensa della normativa emergenziale sui termini legali e convenzionali. – Parte II. I termini processuali. – 3. Le due fasi previste dal Cura Italia per il riavvio dei processi.– 4. (Segue): … la sospensione straordinaria e il rinvio delle udienze. – Parte III. I termini sostanziali. – 5. Il comma 6°-bis dell’art. 3 del Decreto Contenimento e la valutazione dei ritardi nell’adempimento, oltre all’applicazione delle decadenze convenzionali. – 6. (Segue): delle decadenze legali e delle prescrizioni. – 7. (Segue): il Decreto Liquidità e la sospensione delle obbligazioni cartolari. – 8. (Segue): … nonché il problema della scadenza delle cambiali a certo tempo o a data fissa.

   

1. Premessa: il declino del coronavirus, la ripresa delle attività

La fase acuta dell’emergenza sembra, per fortuna, superata e, dopo la fase concitata dei blocchi imposti per contenere l’epidemia, si inizia a ragionare, pur tra comprensibili timori e qualche inevitabile proroga, della graduale ripresa delle attività. Insieme ad esse, torneranno al regime ordinario i termini sostanziali e processuali che, durante l’ormai famigerato lockdown, sono stati variamente interessati dalla legislazione diretta a salvaguardare la salute pubblica.

Ci occuperemo quindi della fine del periodo di congelamento dei processi, limitando il discorso al settore civile, per poi esaminare il tema inerente all’incidenza delle misure di contenimento dell’epidemia rispetto al tempo dell’adempimento delle obbligazioni, al maturare delle prescrizioni e delle decadenze, nonché rispetto allo scadere dei titoli di credito.

Il 12 maggio ripartiranno i termini processuali, sospesi dal 9 marzo 2020. Ed ancor prima, il 1° maggio, quelli inerenti a cambiali e assegni, sospesi anch’essi dal 9 marzo 2020. Discorso a parte è poi da svolgere per i comuni epicentro dell’infezione, circoscritti nella prima zona rossa individuata dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1° marzo 2020[1], per i quali è ragionevole tener fermo il 22 febbraio 2020 come dies a quo della sospensione processuale e di quella relativa alle obbligazioni cartolari. Senza contare, poi, che gli altri termini sostanziali di tipo convenzionale, anche ammesso che siano mai stati sospesi, non lo sono più, con efficacia retroattiva, salva la necessità di valutarli tenendo conto degli impedimenti suscitati dalle misure emergenziali. E così accade, come vedremo, anche per i termini sostanziali di tipo legale.

Ma, dato che la ragione delle cose deve essere cercata nel loro principio, preliminarmente è utile ripercorrere le tappe della legislazione rilevante.

 

2. (Segue): … e la storia breve ma intensa della normativa emergenziale sui termini legali e convenzionali

La primissima normativa in materia è contenuta nell’art. 10 del decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9[2], a cui per comodità ci riferiremo come «Decreto Emergenza».

Lì si è disposta, per i soggetti con residenza o sede operativa ovvero con attività lavorativa, produttiva o funzione nei comuni di cui alla zona rossa originariamente individuata dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1° marzo 2020[3], la sospensione, dal 22 febbraio al 31 marzo 2020, dei «termini perentori, legali e convenzionali, sostanziali e processuali, comportanti prescrizioni e decadenze da qualsiasi diritto, azione ed eccezione, nonché dei termini per gli adempimenti contrattuali», compresi i «termini relativi ai processi esecutivi e i termini relativi alle procedure concorsuali», nonché, in generale, la sospensione dei termini «di svolgimento di attività difensiva e per la presentazione di ricorsi giurisdizionali», e, specificamente, la sospensione dei termini «relativi a vaglia cambiari, a cambiali e ad ogni altro titolo di credito o atto avente forza esecutiva».

Tali previsioni, di contenuto alquanto ampio, dettate evidentemente dall’esigenza di provvedere con urgenza ma per un territorio limitato, hanno ricalcato quasi testualmente quelle contenute in altra e precedente legislazione emergenziale, emanata in relazione ad alcuni eventi non lontani, di carattere tellurico[4].

Estendendosi, purtroppo, l’epidemia, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell’8 marzo 2020 ha rimodulato le aree di intervento ed ha disposto ulteriori misure, ricomprendendo in una nuova zona rossa tutti i comuni della regione Lombardia e tutti i comuni di alcune province dell’Emilia-Romagna, del Piemonte e del Veneto[5]. Così, in virtù dell’art. 10, comma 18°, del Decreto Emergenza, secondo cui «in caso di aggiornamento dell'elenco dei comuni di cui all'allegato 1 al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° marzo 2020, ovvero di individuazione di ulteriori comuni con diverso provvedimento, le disposizioni del presente articolo si applicano con riferimento ai medesimi comuni dal giorno successivo alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del relativo provvedimento», le sospensioni in precedenza disposte dovevano intendersi estese, dal 9 marzo 2020, a questa seconda zona rossa. Il giorno dopo, precipitando la situazione, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 9 marzo 2020 ha applicato a tutto il territorio nazionale il decreto dell’8 marzo 2020 e quindi, sempre per effetto del ricordato art. 10, comma 18°, ha esteso a tutti i comuni italiani le originarie misure di sospensione dei termini sostanziali e processuali[6].

Contemporaneamente o comunque a breve distanza di tempo, venivano, però, emanati ulteriori e più dettagliati provvedimenti, valevoli per l’intera Italia.

Per quanto riguarda i termini processuali, è così intervenuto, in maniera organica, il decreto legge 8 marzo 2020, n. 11, che ha stabilito la sospensione, con alcune significative eccezioni, di tutti i procedimenti civili e dei relativi termini dal 9 marzo sino al 22 marzo 2020. Subito dopo, la materia è stata poi ridisciplinata dall’art. 83 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, generalmente conosciuto con il nome di «Cura Italia»[7], che ha fissato come nuovo dies ad quem il 15 aprile, a propria volta successivamente prorogato, in forza dell’art. 36, comma 1°, del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, fino all’11 maggio 2020.

Per quanto riguarda i termini relativi alle obbligazioni cartolari, è stata inoltre dettata una nuova disciplina all’art. 11 del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23[8], meglio noto come decreto «Decreto Liquidità», che, oltre a meglio precisare taluni profili applicativi e a retroagire al 9 marzo, ha spostato in avanti il termine di scadenza del titoli di credito sino al 1° maggio 2020[9].

Nulla è stato invece specificamente previsto relativamente ai restanti termini sostanziali. Ma per essi il comma 6°-bis, introdotto dall’art. 91 del Cura Italia, nell’art. 3 del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, che potremmo denominare «Decreto Contenimento», escludendo la responsabilità del debitore esclusivamente quando il suo ritardo sia la conseguenza dell’osservanza delle misure di contenimento dell'epidemia, implicitamente conferma l’obbligo di osservare le scadenze contrattualmente fissate secondo il loro naturale decorso ed abroga ogni diversa previsione contenuta in argomento nell’art. 10 del Decreto Emergenza. Inoltre, il comma 8° dell’art. 83, dello stesso decreto, limitando la sospensione delle prescrizioni e delle decadenze al solo caso in cui l’esercizio dei corrispondenti diritti sia impedito da misure emergenziali che impediscano la proposizione della domanda giudiziale, lascia chiaramente intendere che in tutti gli altri casi né le une né le altre possono considerarsi sospese.

 

3. I termini processuali: le due fasi previste dal Cura Italia per il riavvio dei processi

Così inquadrato il tema che ci si accinge ad approfondire, si deve osservare che la materia della sospensione dei termini processuali civili è il risultato non solo di successive estensioni territoriali e di proroghe temporali, ma, come si può facilmente intuire, anche di progressivi affinamenti.

Sul punto, non è tuttavia il caso di soffermarsi particolarmente, dato che le misure precedenti sono state superate, ed abrogate, implicitamente od esplicitamente, dall’ultima legislazione, salvo ovviamente per quanto riguarda il dies a quo della sospensione dei termini, che per la prima zona rossa è da identificare con la data del 22 febbraio 2020, come stabilito dall’art. 10 del Decreto Emergenza, che per quest’aspetto deve considerarsi tuttora in vigore.

Partendo quindi dalla situazione attuale, la sospensione dei termini processuali civili è attualmente disciplinata dall’art. 83 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, ossia del Cura Italia, il cui comma 22° ha espressamente abrogato gli artt. 1 e 2 del decreto-legge 8 marzo 2020, n. 11[10], con cui si era in un primo momento intervenuto sul tema dello svolgimento dell'attività giudiziaria nel corso dell’emergenza epidemiologica da Covid-19.

L’art. 83 del Cura Italia[11] prevede due fasi.

La prima, che contempla un generalizzato rinvio delle udienze e la sospensione dei termini processuali, doveva originariamente durare dal 9 marzo al 15 aprile 2020. E la seconda, che contempla la possibilità di adottare misure organizzative volte a evitare gli assembramenti di persone negli uffici giudiziari, compresa la misura dell’ulteriore rinvio delle udienze, doveva durare dal 16 aprile al 30 giugno 2020.

Successivamente è però intervenuto il decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, il cui art. 36, comma 1°, ha prorogato il termine della scadenza della prima fase dal 15 aprile 2020 fino all'11 maggio 2020 e, conseguentemente, quello per l'avvio della seconda fase del 16 aprile al 12 maggio 2020, mantenendo invariato il termine della scadenza della seconda fase.

Né poteva mancare, a seguire, la proroga del dies ad quem della seconda fase, che infatti l’art. 3, lett. i) del decreto legge 30 aprile 2020, n. 28, ha da ultimo prolungato dal 30 giugno al 31 luglio 2020.

In definitiva, dunque, per la prima fase, il Cura Italia, come modificato dal decreto-legge n. 23 del 2020, prevede, all’art. 83, comma 1°, che le udienze dei procedimenti civili pendenti presso tutti gli uffici giudiziari debbano essere rinviate d'ufficio a data successiva all’11 maggio 2020.

L’art. 83, comma 2°, inoltre stabilisce che tra il 9 marzo e l’11 maggio 2020 debba essere sospeso il decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e devono essere «pertanto sospesi, per la stessa durata, (…) i termini stabiliti per l'adozione di provvedimenti giudiziari e per il deposito della loro motivazione, per la proposizione degli atti introduttivi del giudizio e dei procedimenti esecutivi, per le impugnazioni e, in genere, tutti i termini procedurali»[12], specificandosi che, «ove il decorso del termine abbia inizio durante il periodo di sospensione, l'inizio stesso è differito alla fine di detto periodo. Quando il termine è computato a ritroso e ricade in tutto o in parte nel periodo di sospensione, è differita l'udienza o l'attività da cui decorre il termine in modo da consentirne il rispetto».

Tali disposizioni, secondo l’art. 83, comma 3°, non possono operare in una serie tassativa di materie connotate da particolare delicatezza ed urgenza[13], nei procedimenti in tema di sospensione della provvisoria esecuzione delle sentenze di cui agli artt. 283, 351 e 373 c.p.c. e, in genere, in «tutti i procedimenti la cui ritardata trattazione può produrre grave pregiudizio alle parti». In quest'ultimo caso, «la dichiarazione di urgenza è fatta dal capo dell'ufficio giudiziario o dal suo delegato in calce alla citazione o al ricorso, con decreto non impugnabile e, per le cause già iniziate, con provvedimento del giudice istruttore o del presidente del collegio, egualmente non impugnabile» (comma 3°).

L’art. 83, ai commi 5°, 6° e 7°, consente poi ai capi degli uffici, in relazione all’attività giudiziaria non sospesa nella prima fase, e per la seconda fase, oggi prevista dal 12 maggio al 31 luglio 2020, di adottare[14] le misure organizzative opportune al fine di evitare che le persone affollino i palazzi di giustizia e abbiano per questo motivo contatti ravvicinati.

Tra di esse, la misura di forse maggiore impatto, che risulta essere stata adottata dal Presidente del Tribunale di Torino[15], consiste nel blocco dei depositi, anche solo telematici, degli atti non ricadenti nelle materie previste nell’art. 83, comma 3°, o per i quali non sia intervenuta la prescritta dichiarazione di urgenza. Un blocco da ritenere consentito in forza del comma 7°, lett. c), dove si prevede che l’accesso ai servizi possa essere regolamentato, e quindi anche limitato, al fine di evitare «forme di assembramento», quali quelle che pare possano determinarsi per la lavorazione delle richieste veicolate dal deposito telematico, che, a quanto si apprende, «presuppone la presenza fisica del personale amministrativo» e non può svolgersi in smart working[16], verosimilmente per motivi di sicurezza nella trasmissione dei dati.

Ha poi costituito oggetto di forte interesse e di ampio dibattito la previsione di cui al comma 7°, lett. f), sulla possibilità di svolgere le udienze con collegamento da remoto quando non sia richiesta la presenza di soggetti diversi dai difensori, dalle parti o dagli ausiliari del giudice[17]e la previsione di cui alla lett. h) dello stesso comma, che consente la sostituzione delle udienze che non richiedano la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti mediante lo scambio e il deposito in telematico di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni, e la successiva adozione fuori udienza del provvedimento del giudice.

Non si deve inoltre dimenticare che il comma 7°, lett. g), ammette la possibilità, con le eccezioni indicate al comma 3°, di rinviare le udienze a data successiva al 31 luglio 2020 (che a propria volta si salda con il periodo della sospensione feriale, oggi intercorrente dal 1° al 31 agosto)[18], prorogando nella seconda fase, a discrezione dei capi degli uffici, una misura che nella prima fase operava di diritto ex art. 83, comma 1°[19].

L’art. 83, comma 8°, dispone infine che, qualora i provvedimenti disposti dai capi degli uffici giudiziari nella prima e nella seconda fase «precludano la presentazione della domanda giudiziale», è altresì «sospesa la decorrenza dei termini di prescrizione e decadenza dei diritti che possono essere esercitati esclusivamente mediante il compimento delle attività precluse dai provvedimenti medesimi»[20]. Il che costituisce una previsione tutto sommato opportuna in quanto, come si è visto, il blocco del deposito degli atti, ivi comprese le domande giudiziali, durante la prima fase è stata disposta in almeno una occasione, e se è vero che gli atti urgenti, come quelli ricollegati ad una prescrizione o decadenza non altrimenti evitabile, dovrebbero essere comunque accettati, non si può escludere il caso di un loro erroneo rigetto. Né, per quanto nello stesso Tribunale di Torino, dove l’esperienza del blocco è stata in concreto vissuta, si sia sinora al contrario seguita la linea della graduale riduzione delle limitazioni al deposito e all’accettazione degli atti, sino alla loro completa revoca in momento antecedente, sia pur di poco, l’11 maggio 2020[21], si può escludere che la misura in questione, circoscritta agli atti introduttivi dei procedimenti diversi da quelli di cui all’art. 83, comma 3°, trovi all’occorrenza applicazione anche nel corso della seconda fase, per frenare l’afflusso di nuove cause, che potrebbe rendere difficile l’opportuno distanziamento sociale. È anzi proprio in relazione alla seconda fase, nella quale viene meno la sospensione dei termini processuali, che alla disposizione va riconosciuto un effettivo contenuto, dato che in pendenza di un regime di sospensione, come la giurisprudenza costituzionale ha già avuto modo di chiarire con riferimento alla sospensione feriale[22], deve ritenersi sospeso anche il decorso dei termini di decadenza riconnessi alla proposizione delle domande giudiziali ovvero alla proposizione delle domande di mediazione che possono precederle[23].

Il complesso di queste regole delinea un sistema complesso[24] ma che, come si illustrerà tra poco, non pone problemi applicativi insuperabili, tanto più che, nonostante la sua straordinarietà, sono forti le analogie con la materia della ben conosciuta sospensione feriale dei termini di cui alla legge 7 ottobre 1969, n. 742[25], introdotta per assicurare, durante la stagione estiva, una ordinaria pausa di riposo per il ceto forense.

 

4. (Segue): la sospensione straordinaria e il rinvio delle udienze

Cumulando il sistema del rinvio delle udienze con il sistema della sospensione dei termini, introdotto in via straordinaria, per fronteggiare l’improvvisa emergenza, ma ben conosciuto dalla classe forense in forza della sua sperimentata applicazione nel periodo feriale, il legislatore è riuscito ad offrire copertura e regole sicure a pressoché ogni ipotesi che possa presentarsi nel processo civile.

Quasi tutti i termini del processo civile si calcolano infatti a numero di giorni (e raramente a mesi o per anno) sulla base di previsioni di legge.

Il calcolo può essere in avanti o a ritroso ed in questo secondo caso andando all’indietro rispetto ad un dies a quo, normalmente corrispondente alla data di una udienza fissata dal giudice o, quando il giudizio è introdotto per atto di citazione, dalla parte attrice.

Così, prendendo ad esempio due ipotesi di frequente applicazione, il termine per il deposito delle comparse conclusionali è, salvo possibile abbreviazione, in avanti di sessanta giorni rispetto all’udienza di precisazione delle conclusioni; mentre quello per la costituzione in cancelleria della parte convenuta è di venti giorni all’indietro rispetto all’udienza di prima comparizione indicata dalla parte attrice in atto di citazione o come differita con decreto dal giudice oppure, nel processo del lavoro, è di dieci giorni prima rispetto all’udienza di discussione fissata dal giudice.

In questi casi, le regole dettate dalla legislazione emergenziale trovano applicazione assai semplice.

Se il calcolo è in avanti, nel periodo di sospensione, vale a dire tra il 9 marzo (il 22 febbraio per i residenti nell’originaria zona rossa) e l’11 maggio 2020, i termini processuali non avanzeranno. Riprenderanno a decorrere il 12 maggio 2020, riprendendo a consumare tutti quei giorni che nel periodo di sospensione non erano potuti scorrere.

Se il calcolo è all’indietro, il comma 2° dell’art. 83 del Cura Italia dispone che è differita l'udienza o l'attività da cui decorre il termine in modo da consentire il rispetto del periodo di sospensione. Quindi, tornando all’esempio del termine che decorre all’indietro rispetto alla prima udienza indicata dalla parte attrice o fissata dal giudice, quest’ultimo dovrà spostarla in avanti, disponendo il relativo rinvio, in modo tale che il termine calcolato a ritroso dall’udienza così rideterminata non cada nel periodo di sospensione.

Qualora poi il termine non sia l’effetto di un calcolo, né in avanti né all’indietro, ma sia stato indicato dal giudice a data fissa, come può accadere ex art. 175, comma 2°, c.p.c., se cade all’interno del periodo di sospensione, è doveroso il suo rinvio analogamente a quanto viene del resto espressamente previsto per le udienze, in relazione alle quali il comma 1° dell’art. 83 del Cura Italia dispone il rinvio d'ufficio a data successiva all’11 maggio 2020.

Resta dunque solo il caso del termine indicato a data fissa dal giudice per una data successiva alla scadenza.

Nell’ipotesi in esame, il periodo di sospensione non ha la capacità di incidere, salvo ovviamente il potere discrezionale del giudice di prorogare ex art. 154 c.p.c., se non ancora scaduti, i termini che ha concesso. Diversamente da quanto accade per i termini che sono l’effetto di un calcolo, non si deve cioè aggiungere al giorno di scadenza un numero di giorni corrispondente a quelli che sono stati interessati dalla sospensione. Il che, oltre ad essere congruente rispetto a quanto è pacificamente ritenuto per la materia della sospensione feriale dei termini, appare perfettamente logico. Basti al riguardo considerare che il termine indicato a data fissa dal giudice non è vincolato ad una durata indicata dalla legge (se lo fosse non sarebbe un termine a data fissa, ma dipenderebbe da un calcolo) né ad una durata che discende da un accordo vincolante di tipo negoziale (come avviene per i termini sostanziali che risultino dall’incontro della volontà delle parti). Quindi, le parti processuali non possono vantare né un diritto alla conservazione del termine per la durata che avrebbe dovuto avere al netto del periodo di sospensione. Ovviamente, il giudice è senz’altro libero di prorogare il termine indicato a data fissa, assicurando così alle parti un lasso di tempo equivalente a quello in origine programmato. Ma, se non lo fa, significa che ritiene adeguato il termine a suo tempo concesso anche a fronte delle difficoltà che le parti avrebbero potuto incontrare, durante il periodo emergenziale, per utilizzarlo pienamente.

 

5. I termini sostanziali: il comma 6°-bis dell’art. 3 del Decreto Contenimento, e la valutazione dei ritardi nell’adempimento, oltre all’applicazione delle decadenze convenzionali

Passando ai termini sostanziali, con l’eccezione dei casi espressamente previsti e segnatamente dei termini di scadenza delle obbligazioni cartolari, su cui ci soffermeremo, si deve distinguere tra termini convenzionali, vale a dire pattuiti tra le parti ai fini dell’adempimento o dell’esercizio di un diritto, e legali ossia che discendono dalla legge, come i termini di prescrizione e di decadenza (con la precisazione che, nei limiti consentiti dall’art. 2965 c.c., quest’ultima può essere stabilita anche contrattualmente, con la conseguenza che in tal caso i relativi termini sono di tipo convenzionale). Per i primi, si deve ritenere che il loro eventuale mancato rispetto nel periodo successivo al 23 febbraio 2020 debba essere valutato ai sensi del comma 6°-bis dell’art. 3 del Decreto Contenimento[26], secondo cui l’osservanza delle misure per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da Covid-19 «è sempre valutata ai fini dell'esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all'applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti»[27]. Per gli altri, opera il comma 8° dell’art. 83, del Cura Italia, secondo cui per il periodo di efficacia dei provvedimenti organizzativi di contrasto all’epidemia «che precludano la presentazione della domanda giudiziale è sospesa la decorrenza dei termini di prescrizione e decadenza dei diritti che possono essere esercitati esclusivamente mediante il compimento delle attività precluse dai provvedimenti medesimi».

Sul punto, è infatti vero che l’art. 10, del Decreto Emergenza, sulla prima zona rossa, prevedeva, al comma 4°, la sospensione, dal 22 febbraio al 31 marzo 2020, dei «termini perentori, legali e convenzionali, sostanziali e processuali, comportanti prescrizioni e decadenze da qualsiasi diritto, azione ed eccezione, nonché dei termini per gli adempimenti contrattuali», determinando così una generalizzato congelamento non solo dei termini processuali, sui quali ci siamo in precedenza soffermati, ma anche di quelli sostanziali, tanto di natura convenzionale quanto legale.

Così come è vero che le previsioni contenute in tale articolo si sono estese, a decorrere dal 9 e dal 10 marzo, dapprima alla seconda zona rossa e poi all’intero territorio italiano, salvo gli effetti limitativi dovuti al successivo subentrare di altra regolamentazione, come è avvenuto quasi subito per la sospensione dei termini processuali e qualche tempo dopo per quella delle obbligazioni cartolari.

Tuttavia, come in precedenza anticipato, si deve considerare che l’art. 91 del Cura Italia ha disposto l’inserimento nell'art. 3 del Decreto Contenimento, convertito con modificazioni dalla legge 5 marzo 2020, n. 13, del già ricordato comma 6°-bis. In base a questo comma, l’osservanza delle misure contro l'emergenza epidemiologica da Covid-19 «è sempre valutata ai fini dell'esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all'applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti». Così, non si potrà muovere al debitore alcun addebito quando la necessità di rispettare i provvedimenti dettati dall’autorità per il contenimento dell’epidemia gli impedisca di eseguire materialmente, anche «a distanza», le operazioni che occorrono. Il che difficilmente ipotizzabile per i meri pagamenti, rispetto ai quali è normalmente disponibile la modalità telematica, ma può accadere con maggiore facilità per altre obbligazioni[28].

Tale norma sostituisce ed abroga, introducendo una previsione che dovrà fare i conti con la particolarità delle fattispecie concrete, la previsione della generalizzata sospensione dei termini sostanziali contenuta nell’art. 10 del Decreto Emergenza.

Se dunque anche c’è stata per tutto il territorio nazionale, e non è rimasta confinata all’originaria zona rossa, comunque non c’è più una generalizzata sospensione dei termini sostanziali di tipo convenzionale, la cui mancata osservanza andrà valutata caso per caso al fine di valutare se il debitore sia incorso o meno in responsabilità per inadempimento o comunque in relazione al maturare di possibili decadenze, che non potranno considerarsi scadute quando non sia stato possibile evitarlo per rispettare le misure di contenimento dell'emergenza epidemiologica.

       

6. (Segue): … delle decadenze legali e delle prescrizioni

Quanto ai termini sostanziali di tipo legale, e cioè ai termini di prescrizione e di decadenza[29], è possibile svolgere un ragionamento analogo.

Con specifico riferimento alle  decadenze, il discorso è, per meglio dire, in parte lo stesso, posto che per esse deve ritenersi operante, anche quando siano di natura legale, la previsione di cui all’art. 3, comma 6°-bis, del Decreto Contenimento, introdotto dall’art. 91 del Cura Italia e quindi vanno escluse nel caso in cui la loro inosservanza sia dipesa dagli impedimenti dovuti all’obbligo di conformarsi alle misure dettate per arginare il Covid 19. Pertanto, la previsione contenuta sempre nel Cura Italia, questa volta all’art. 83, comma 8°, secondo cui le prescrizioni e le decadenze sono sospese nel caso in cui l’esercizio dei corrispondenti diritti sia impedito da misure emergenziali che impediscano la proposizione della domanda giudiziale, ha carattere meramente rafforzativo di quanto già si sarebbe potuto ricavare, per le decadenze, dal comma 6°-bis, del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6.

Rimane così da affrontare solo il tema della prescrizione dei diritti.

Per le prescrizioni, non pare vietato estendere analogicamente, in virtù dell’identità di ratio, quanto previsto per le decadenze dall’art. 3, comma 6°-bis, del Decreto Contenimento. Ed anche qui ci si potrà inoltre riferire all’art. 83, comma 8°, del Cura Italia, ritenendo che la prescrizione sia sospesa pure quando le misure emergenziali rendano impossibile proporre quelle domande giudiziali che siano condizione necessaria per l’esercizio del diritto.

In tutti gli altri casi, però, si deve a contrario ritenere che tanto le decadenze quanto le prescrizioni decorrano normalmente.

Ciò posto, si deve in definitiva concludere, confermando il convincimento a suo tempo espresso[30], che per effetto del ripetutamente ricordato art. 3, comma 6°-bis, del Decreto Contenimento, o comunque dell’art. 83, comma 8°, del Cura Italia, sia  venuta meno, la norma contenuta nell’art. 10, comma 4° del Decreto Emergenza, secondo cui era sospesa la decorrenza anche di tutti i  termini sostanziali, legali o convenzionali, «comportanti prescrizioni e decadenze da qualsiasi diritto, azione ed eccezione, nonché dei termini per gli adempimenti contrattuali».

Né questo pare pregiudicare gli abitanti dell’originaria zona rossa, dato che, tanto relativamente ai termini di adempimento delle obbligazioni quanto con riferimento ai termini di decadenza o di prescrizione, chi rientrava tra i soggetti davvero bisognosi di salvaguardia dovrebbe in ogni caso rientrare tra coloro che non hanno potuto osservarli per rispettare le misure contro l’epidemia, che ha avuto inizio proprio nei luoghi di loro residenza.

 

7. (Segue): il Decreto Liquidità e la sospensione delle obbligazioni cartolari

Quanto infine alle obbligazioni cartolari, l’art. 11 del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, ossia del Decreto Liquidità, ha regolamentato ex novo la materia, chiarendo che nel campo di applicazione della sospensione sono inclusi, agli obblighi di pagamento incorporati in cambiali, vaglia cambiari e in ogni altro atto avente efficacia esecutiva, anche gli assegni bancari e postali, a beneficio di tutti gli attori coinvolti nell’utilizzo e nella gestione di tali titoli di credito (banche, poste, pubblici ufficiali incaricati di elevare il protesto, traenti e beneficiari degli assegni), estendendola all’intero territorio nazionale, spostando in avanti fino al 30 aprile 2020 il termine finale della stessa e facendola decorrere retroattivamente dal 9 marzo 2020[31]. Ciò fermi restando, si deve ritenere, gli effetti sospensivi già prodotti per la prima zona rossa nel periodo compreso tra il 22 febbraio e l’8 marzo 2020 (che sarebbe irragionevole annullare, visto che, per l’appunto, il regime di sospensione è stato confermato ed anzi esteso, con decorrenza dal 9 marzo 2020, all’intero territorio nazionale).

Ne discende un regime della sospensione dei termini di scadenza dei titoli di credito per il quale opera il duplice dies a quo del 22 febbraio 2020 a beneficio dei residenti nella zona rossa originaria e del 9 marzo 2020 per i rimanenti destinatari della normativa a fronte dell’unico dies ad quem del 30 aprile 2020, che vale tanto per gli uni quanto per gli altri[32].

Senza indugiare sulla sanatoria dai protesti che, alla luce della nuova normativa si sarebbero comunque dovuti considerare illegittimi, su cui si diffonde l’art. 11 in esame[33], non si può peraltro evitare di osservare che il Decreto Liquidità non ha risolto l’importante interrogativo circa il contenuto da attribuire alla disposta sospensione.

 

8. (Segue): … nonché il problema della scadenza delle cambiali a certo tempo o a data fissa

Rimane da affrontare un problema che ha ricevuto soluzioni diverse e su cui il legislatore non ha ritenuto di offrire un chiarimento.

Ci si riferisce al problema posto dal Consiglio nazionale del notariato in merito all’uguale o diversa operatività della sospensione per i titoli cambiari che, seguendo la terminologia adottata nell’art. 51 della legge cambiaria, scadono a «certo tempo data» o a «certo tempo vista», e cioè decorsi un determinato numero di giorni dalla data di emissione o da quella di accettazione, e titoli cambiari che scadono a data fissa.

Il Consiglio nazionale del notariato distingue infatti tra l’ipotesi in cui la data di scadenza dei titoli si ricavi da un conteggio e l’ipotesi in cui tale data sia indicata a data fissa. Nel primo caso, secondo l’organo dei notai, «se i giorni di scadenza delle cambiali e vaglia cambiari ricadono nel periodo di sospensione», il calcolo del termine di scadenza porterebbe ad uno slittamento in avanti di tanti giorni quanti sono quelli interessati dal periodo di sospensione. Nell’altro caso, invece, poiché il regime di sospensione consente al debitore di non «pagare nel giorno indicato sul titolo, [questi] dovrà procedere al pagamento non appena cessata la causa (legale) che glielo impedisce» ossia il primo giorno successivo alla fine del periodo di sospensione, che per effetto della proroga dovuta al Decreto Liquidità coincide con il 1° maggio 2020, senza l’aggiunta di giorni ulteriori. E addirittura nulla quaestio per i titoli dove la data fissa di scadenza sia «posteriore al periodo di sospensione, per i quali non si applicherà alcuna sospensione dei termini»[34].

Tale interpretazione, come mi è già capitato di sostenere[35], però non convince.

Innanzi tutto, il concetto di sospensione, utilizzato dal legislatore, evoca una sorta di parentesi in cui dopo la sua apertura il tempo non scorre, riprendendo ad avanzare solo dopo che si sia chiusa. In altre parole, nel periodo di sospensione il termine sospeso cessa di decorrere, ma, dopo tale intervallo, riprende la sua decorrenza per scadere solo quando abbia esaurito non solo i giorni che possono ancora mancare alla scadenza originaria, ma anche un periodo di pari durata rispetto a quello in cui esso è rimasto sospeso. Né, se viene programmato il decorso di un determinato arco di tempo, rileva che il termine finale sia da ricavare mediante un conteggio o sia stato direttamente fissato per il giorno che si sarebbe potuto ricavare con il medesimo conteggio. In entrambi i casi, infatti, l’intervallo di sospensione non deve intaccare la concreta durata del termine.

In secondo luogo, la situazione non è parificabile a quella della sospensione dei termini processuali. Lì il termine a data fissa è stabilito discrezionalmente dal giudice, che, qualora non lo proroghi nonostante scada dopo o durante la sospensione, è da presumere che lo reputi adeguato, pur nel nuovo contesto, anche mantenendo il giorno di scadenza originariamente programmato o comunque prorogando la scadenza al primo giorno in cui l’atto possa essere compiuto. L’ordine del giudice mantiene quindi il proprio valore anche quando parte del termine venga consumato dall’intervallo in cui esso dovrebbe essere sospeso. Nel caso in esame, invece, la durata del termine discende dall’incontro della volontà delle parti, che si è formata quando non potevano prevedere il sopravvenire di un periodo di sospensione e non potevano quindi volere conseguenze diverse per aver pattuito la scadenza a data fissa o nel giorno individuato da un calcolo. E, pertanto, la concreta durata del termine potrà essere variata solo se entrambe le parti sono d’accordo.

In terzo luogo, se l’intenzione del legislatore era quella di dar respiro ai debitori, in attesa che il superamento del blocco delle attività dovuto all’emergenza sanitaria ripristini un flusso di cassa capace di restituire liquidità al sistema, sembrerebbe contrario alla ratio legis che, nonostante tutti abbiano sofferto le conseguenze economiche del blocco, non per tutti, ma solo per coloro siano tenuti ad adempiere in un termine ricavato da un conteggio, valga la regola del rinvio in avanti della scadenza delle obbligazioni cartolari di un periodo pari a quello della sospensione, senza contare poi che tutti i titoli per la cui scadenza sia stato indicato una data fissa ricadente all’interno del periodo di sospensione dovrebbero essere pagati nella medesima data del 1° maggio 2020, con gli intuibili riflessi sull’ordine pubblico economico derivanti dalla conseguente necessità per i creditori di elevare altrettanti protesti nel termine che, previsto dall’art. 51 della legge cambiaria, dei due giorni feriali seguenti.

In ultimo, non sembra molto ragionevole, alla luce del principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost., pretendere che i debitori di una obbligazione cartolare a data fissa riattivino il flusso di cassa con cui ricostituire la liquidità necessaria più rapidamente rispetto a coloro per i quali il giorno di scadenza è determinato da un calcolo. Tanto gli uni quanto gli altri hanno diritto di beneficiare pienamente, al pari degli altri, della dilazione consentita dall’art. 11 del Decreto Liquidità.



[1] Si tratta di Bertonico, Casalpusterlengo, Castelgerundo, Castiglione D'Adda, Codogno, Fombio, Maleo, San Fiorano, Somaglia, e Terranova dei Passerini nella regione Lombardia, nonché Vo' nella regione Veneto.

[2] Il decreto, recante « Misure urgenti di sostegno per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da Covid-19», non è stato ancora convertito in legge; attualmente è in corso di esame in commissione al Senato della Repubblica (A.S. 1746)

[3] Che comprende gli undici comuni elencati nella nota n. 1.

[4]Cfr., da ultimo, l’art. 6 del decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74, convertito con modificazioni dalla legge 1° agosto 2012, n. 122, relativo al terremoto del 20 e il 29 maggio 2012 nel territorio delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo, nonché l’art. 5 del decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39, convertito con modificazioni dalla legge 24 giugno 2009, n. 77, relativo agli eventi sismici del mese di aprile 2009 nella regione Abruzzo.

[5] Si tratta delle province di Modena, Parma, Piacenza, Reggio nell’Emilia, Rimini, Pesaro e Urbino, Alessandria, Asti, Novara, Verbano-Cusio-Ossola, Vercelli, Padova, Treviso e Venezia.

[6] Così, almeno, è l’opinione espressa, per la sospensione delle obbligazioni cartolari, nella nota del il 17 marzo 2020 del Consiglio nazionale del notariato dal titolo «Sospensione dei protesti per emergenza coronavirus», che si può leggere sul relativo sito all’indirizzo https://www.notariato.it/sites/default/files/Segnalazione-normativa-Protesti-01042020.pdf, posta alla base anche del parere prot. n. 3054/2020, relativo agli «Effetti della sospensione dei protesti e legislazione emergenziale», reso in risposta al quesito n. 96-2020/P. Sul punto, cfr. anche i miei La scadenza dei titoli di credito al tempo del coronavirus con una postilla sul pari decorso degli altri termini sostanziali, in www.ilcaso.it, 3 aprile 2020, e Il Decreto Liquidità e la scadenza dei titoli di credito durante la crisi da covid-19 ovvero il legislatore arriva in aiuto della sospensione, ivi 14 aprile 2020. Contra, cfr. tuttavia Mattioni, La sospensione dei termini di prescrizione, decadenza e adempimento: incertezze applicative e possibili interpretazioni, in Federnotizie - https://www.federnotizie.it, del 25 marzo 2020. In senso dubitativo e per l’auspicio di un chiarimento legislativo, cfr. Busani, Lucchini Guastalla, Termini civilistici, sospensione in tutta Italia, in Il Sole 24 Ore, speciali n. 11, 11;

[7] Il decreto, recante «Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19», è stato convertito nella legge 24 aprile 2020, n. 27, dopo essere stato approvato al Senato della Repubblica (A.S. 1766) e successivamente alla Camera dei Deputati (A.C. 2463).

[8] Il decreto, recante «Misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali», non risulta ancora convertito in legge.

[9] Questo testo legislativo è altresì intervenuto organicamente, all’art. 9 e 10, in materia fallimentare, che però esula dalla presente trattazione e su cui si rinvia, tra gli altri, a Fabiani, Piccolo, Le nuove misure per fronteggiare l’emergenza epidemiologica Covid-19 nell’ambito della giustizia civile contenute nel c.d. Decreto Liquidità, nota del Consiglio Nazionale del Notariato, s.d. ma successivo al 14 aprile 2020.

[10] Su di esso, cfr.  ad ogni modo, Scarselli, Interpretazione e commento del decreto legge 8 marzo 2020 n. 11 di differimento delle udienze e sospensione dei termini processuali civili per contrastare l’emergenza da Covid 19, in www.judicium.it, 9 marzo 2020.

[11] In argomento, cfr., tra gli altri, Panzarola, Farina, L'emergenza coronavirus ed il processo civile. Osservazioni a prima lettura, in www.giustiziacivile.com, 18 marzo 2020; Lombardi, Sul recente (e caotico) intervento legislativo in materia di giustizia civile, in www.judicium.it, 23 marzo 2020; Pepe, La giustizia civile ai tempi del «coronavirus», in www.ilcaso.it, 29 marzo 2020; Fabiani, Piccolo, Le misure per fronteggiare l’emergenza epidemiologica Covid-19 nell’ambito della giustizia civile, nota del Consiglio Nazionale del Notariato, s.d. ma successivo al 20 marzo 2020; Balestra, Alcuni chiarimenti in merito alla sospensione dei termini processuali durante l’emergenza coronavirus, in www.dirittoe giustizia.it, 10 aprile 2020, anche in www.ilprocessocivile.it.

[12] Un dubbio è sorto in ordine alla applicabilità della sospensione anche al termine di efficacia del precetto ex art. 481 c.p.c., dato che questo non viene considerato un termine processuale in senso stretto, ma costituisce a rigore un termine che si limita a condizionare la possibilità di iniziare una successiva esecuzione forzata. Sennonché la Corte Suprema, con la relazione n. 28 del 1° aprile 2020, al punto 2.2, ha chiarito che la sospensione di cui al Cura Italia opera anche «per tutti gli atti necessari per avviare un giudizio di cognizione o esecutivo (atto di citazione o ricorso, ovvero atto di precetto)», confermando così l’orientamento in base a cui «la nozione di “termine processuale”, secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata, (…) non può ritenersi limitata all’ambito del compimento degli atti successivi all’introduzione del processo, dovendo invece estendersi anche ai termini entro i quali lo stesso deve essere instaurato, purché la proposizione della domanda costituisca l’unico rimedio per la tutela del diritto che si assume leso».

[13] Il legislatore, traendole dal campo dei diritti della persona e da quello della famiglia, individua come non soggette alla sospensione emergenziale le ««cause di competenza del tribunale per i minorenni relative alle dichiarazioni di adottabilità, ai minori stranieri non accompagnati e ai minori allontanati dalla famiglia quando dal ritardo può derivare un grave pregiudizio e, in genere, procedimenti in cui è urgente e indifferibile la tutela di diritti fondamentali della persona; cause relative ad alimenti o ad obbligazioni alimentari derivanti da rapporti di famiglia, di parentela, di matrimonio o di affinità, nei soli casi in cui vi sia pregiudizio per la tutela di bisogni essenziali; procedimenti cautelari aventi ad oggetto la tutela di diritti fondamentali della persona; procedimenti per l'adozione di provvedimenti in materia di tutela, di amministrazione di sostegno, di interdizione e di inabilitazione nei soli casi in cui viene dedotta una motivata situazione d’indifferibilità incompatibile anche con l'adozione di provvedimenti provvisori e sempre che l'esame diretto della persona del beneficiario, dell'interdicendo e dell'inabilitando non risulti incompatibile con le sue condizioni di età e salute; procedimenti di cui all'articolo 35 della legge 23 dicembre 1978, n. 833;procedimenti di cui all'articolo 12 della legge 22 maggio 1978, n.194; procedimenti per l'adozione di ordini di protezione contro gli abusi familiari; procedimenti di convalida dell'espulsione, allontanamento e trattenimento di cittadini di paesi terzi e dell’Unione europea», nonché i «procedimenti elettorali di cui agli articoli 22, 23 e 24 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150».

[14] «Sentiti l’autorità sanitaria regionale, per il tramite del Presidente della Giunta della Regione, e il Consiglio dell'ordine degli avvocati»: così come precisa l’art. 83, comma 6°, del Cura Italia.

[15] Cfr. il protocollo «Nessun si muova» del Presidente del Tribunale di Torino, emanato il 18 marzo 2020, di concerto con il Presidente dell’Ordine degli avvocati di Torino, in dichiarata applicazione del Cura Italia, che ha vietato «fino al 15 aprile 2020 e salvo ulteriori proroghe» (di fatto intervenute fino al 20 aprile e poi, con graduali riduzioni del divieto, sino al 4 maggio) il deposito anche solo telematico degli atti concernenti i procedimenti interessati dalla sospensione delle udienze e dei termini, preannunciandone il rifiuto da parte della cancelleria, consentendo il deposito e l’accettazione dei soli atti inerenti ai procedimenti non sospesi, da flaggare preventivamente per permettere al sistema di distinguerli da quelli per i quali il rifiuto dell’accettazione sarebbe stato automatico.

[16] Così al secondo «considerato» del protocollo di cui alla nota che precede.

[17] La legge specifica che i collegamenti da remoto devono essere «individuati e regolati con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia» e che «lo svolgimento dell'udienza deve in ogni caso avvenire con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l'effettiva partecipazione delle parti», oltre a stabilire che «prima dell'udienza il giudice fa comunicare ai procuratori delle parti e al pubblico ministero, se è prevista la sua partecipazione, giorno, ora e modalità di collegamento. All'udienza il giudice da atto a verbale delle modalità con cui si accerta dell’identità dei soggetti partecipanti e, ove trattasi di parti, della loro libera volontà. Di tutte le ulteriori operazioni è dato atto nel processo verbale». La lett. c) dell’art. 3 del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28, ha poi aggiunto che l’udienza deve svolgersi «con la presenza del giudice nell'ufficio giudiziario», impedendo così lo smart working giudiziario, che forse si sarebbe potuto tentare, se non altro per i magistrati onorari, che per il regime delle incompatibilità, spesso risiedono in località lontane da dove esercitano le funzioni.

[18] In ipotesi, se la situazione migliorasse, con un successivo intervento legislativo la sospensione feriale potrebbe peraltro essere abolita, per recuperare il tempo perduto a causa dell’epidemia. Ma, al momento rimane in vigore, ed occorre quindi prendere atto del conseguente ulteriore slittamento delle udienze a dopo il 31 agosto 2020.

[19] È facile immaginare che si faccia largo ricorso a tale facoltà sia fatto largo uso. Tra i casi di cui si inizia ad avere notizia, per esempio, il Presidente del Tribunale di Firenze, con propria circolare del 30 aprile 2020, ha già disposto il rinvio generalizzato delle udienze, salvo quelle di cui al comma 3° dell’art. 83, a data successiva al 30 giugno, che, dopo il decreto-legge sopravvenuto nello stesso giorno in cui il suo provvedimento è stato protocollato, è destinato a tramutarsi in un rinvio a data successiva al 31 luglio 2020.

[20] Così, l’azione revocatoria ex art. 2901 c.c. può essere esercitata nel prescritto termine quinquennale solo con la proposizione di una domanda giudiziale. Oppure, l’annullabilità delle delibere dell’assemblea delle società per azioni deve essere fatta valere dal socio, ai sensi dell’art. 2377 c.c., necessariamente con una impugnazione al tribunale, da proporre entro novanta giorni dalla data della sua adozione. Come pure, ex art. 1137 c.c., il condomino deve adire l’autorità giudiziaria per chiedere l’annullamento della deliberazione assembleare viziata nel termine perentorio di trenta giorni.

[21] Cfr. il protocollo, inevitabilmente soprannominato «Eppur si muove», con cui il 10 aprile 2020 il Presidente del Tribunale di Torino ha previsto che, a partire dal 20 aprile, si sarebbe consentita l’accettazione e il deposito di categorie progressivamente più ampie di atti, sino alla piena ripresa per tutti gli atti dal 4 maggio 2020.

[22] Cfr. Corte Cost., 2 febbraio 1990, n. 49, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 1 della legge 7 ottobre 1969, n. 742, nella parte in cui non dispone che la sospensione ivi prevista si applichi anche al termine di trenta giorni, di cui all'art. 1137 c.c., per l'impugnazione delle delibere dell'assemblea di condominio. In linea con questa pronuncia, ritenendo che tra i termini processuali per i quali l'art. 1 della legge n. 742 del 1969 prevede la sospensione nel periodo feriale vanno compresi non soltanto i termini inerenti alle fasi successive all'introduzione del processo, ma anche il termine entro il quale il processo deve essere instaurato, quando l'azione in giudizio rappresenta l'unico strumento a tutela dei diritti dell'attore, Cass., 18 aprile 1997, n. 3351, in Mass. Giur. It., ha ritenuto che detta sospensione si applichi anche con riferimento al termine di novanta giorni previsto per l'impugnazione delle deliberazioni di assemblea di società di capitali previsto dall'art. 2377 c.c. In questo senso, cfr. anche Trib. Roma, 31 marzo 2017, in Società, 2017, 1170; Trib. Milano, 31 luglio 2015, in www.ilcaso.it.

[23] Trib. Roma, 5 marzo 2019, in Quotidiano Giuridico, 2019, ha in proposito ritenuto che, laddove l'azione sia sottoposta a decadenza come nel caso dell'impugnazione della delibera dell'assemblea condominiale, il termine, previsto a pena di improcedibilità nel successivo giudizio, per proporre la domanda di mediazione è soggetto alla sospensione feriale dei termini (e, conclusa la mediazione, il ricomincia a decorrere fin dall'inizio, poiché il procedimento di cui al decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, in deroga all'art. 2964 c.c., ha l'effetto di interrompere la decadenza). Questi principi sicuramente valgono anche per la sospensione straordinaria ora in esame, considerato oltretutto che l’art. 83, comma 20°, dispone espressamente che, per il medesimo periodo previsto per i processi, sono «altresì sospesi i termini per lo svolgimento di qualunque attività nei procedimenti di mediazione» di cui al ricordato decreto. È semmai da considerare che, esaurito il periodo di sospensione, qualora fosse adottato dai capi degli uffici un provvedimento di salvaguardia che impedisca il deposito degli atti introduttivi dei giudizi, l’operatività dell’art. 83, comma 8°, potrebbe essere dubbia, potendosi sostenere che il diritto possa essere esercitato anche mediante la proposizione della domanda di mediazione e che la necessità di proporre la domanda giudiziale sorga solo in seguito al fallimento della mediazione stessa. Il che suggerisce, prudentemente, di proporre la domanda di mediazione, prima che il termine di decadenza maturi, dinanzi ad un organismo di mediazione che accetti di riceverla e di comunicarla alle altre parti ai fini dell’art. 5, comma 6°, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28. Ma a dire il vero, poiché  la domanda di mediazione può essere proposta con effetti interruttivi della prescrizione e della decadenza in relazione a qualsiasi controversia che abbia ad oggetto diritti disponibili, una tale lettura finisce per svuotare di significato l’art. 83, comma 8°, e pare quindi dover essere respinta in applicazione del canone secondo cui occorre preferire l’interpretazione che attribuisca alla legge un significato invece di renderla priva di senso e di effetti pratici.

[24] Il cui funzionamento è regolato anche da altre disposizioni, su cui non ci si può qui soffermare, quali quella dettata dal comma 11°, secondo cui dal 9 marzo al 31 luglio 2020, negli uffici che hanno la disponibilità del servizio di deposito telematico, tutti gli atti e documenti devono essere depositati esclusivamente in via telematica (sempre che i capi degli uffici non abbiano disposto il blocco del deposito in questione, come talvolta è avvenuto) e gli obblighi di pagamento del contributo unificato di cui all'articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, nonché dell'anticipazione forfettaria di cui all'articolo 30 del medesimo decreto, connessi al deposito degli atti debbono essere assolti con modalità informatiche (e dunque non con il contrassegno, rilasciato dai tabaccai a conferma dell’avvenuto pagamento, che viene annullato dalla cancelleria). È inoltre da ricordare il comma 20°-ter, che, sino alla cessazione delle misure di distanziamento sociale, consente la raccolta della procura alle liti anche a mezzo di strumenti di comunicazione elettronica. Come pure è da menzionare il comma 10°, secondo cui per i procedimenti rinviati a norma dell’articolo in esame non si tiene conto del periodo compreso tra l'8 marzo e il 31 luglio 2020 ai fini del computo di cui all'articolo 2 della legge 24 marzo 2001, n. 89, sull’equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo. Come pure debbono essere ricordati i commi 20° e 20°-bis, che dettano norme sulla sospensione delle mediazioni, dei procedimenti di negoziazione assistita e degli altri procedimenti di risoluzione stragiudiziale delle controversie, quando siano stati promossi o risultino già pendenti, dal 9 marzo all’11 maggio 2020, regolando altresì, per gli incontri di mediazione, il possibile svolgimento in via telematica degli incontri. Infine, occorre accennare al comma 21°, che dispone l’applicabilità, in quanto compatibili, delle disposizioni dell’art. 83 del Cura Italia anche agli arbitrati rituali, per i quali bisogna peraltro tenere presente il ruolo assolutamente preminente rivestito dalla volontà delle parti, che, salvo il rispetto delle prescrizioni che trovano fondamento in ragioni sanitarie, come quelle che limitino la mobilità o gli assembramenti, hanno piena autonomia nel determinare le regole di svolgimento del procedimento pure in periodo emergenziale.

[25] Su tale legge, cfr., Grossi, voce Termine, cit., 247 e segg.; Lupano, Art. 155 c.p.c., in Besso e Lupano, Atti processuali, in Chiarloni (a cura di), Commentario del Codice di Procedura civile, Bologna, 2016, 665 e segg.

[26] Il decreto è stato convertito con modificazioni dalla legge 5 marzo 2020, n. 13.

[27] Il comma 6°-bis in questione è stato introdotto dall’art. 91 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, che ne ha disposto l’inserimento, con conseguente effetto retroattivo, nel citato art. 3 del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6.

[28] L’applicazione del comma 6°-bis del decreto-legge 17 marzo 2020, nel solco di quanto già previsto dall’art. 1256 c.c., costituisce il principale rimedio in materia di ritardi o inadempimenti contrattuali dovuti al coronavirus e non sorprende pertanto, che siano già apparsi interessanti commenti, tra cui quelli di Santosuosso, Le misure di contenimento attenuano l’onere del debitore, in Il Sole 24 Ore, 26 marzo 2020, 25; Busani, Lucchini Guastalla, Il giudice valuta gli inadempimenti dovuti alle misure di emergenza, in Il Sole 24 Ore, 1° aprile 2020, speciali n. 11, 11; Macario, Sopravvenienze e rimedi al tempo del «coronavirus»: interesse individuale e solidarietà, in Contratti, 2020, 129-133; Benedetti, Il rapporto obbligatorio al tempo dell’isolamento: brevi note sul decreto «cura Italia», ibidem, 213-216. Non mancano poi riflessioni sul piano del commercio internazionale e, accanto al più tradizionale richiamo al principio di buona fede o a quello solidaristico, notevole enfasi si tende ad attribuire all’istituto della rinegoziazione, rispetto alla quale è però dubbia, se non nell’ambito dei principi suddetti, la configurabilità di un vero e proprio obbligo: cfr., per qualche spunto, Emanuele, Il rischio contrattuale diventa globale, in Il Sole 24 Ore, 28 aprile 2020, 22.

[29] Su questi due istituti v. da ultimo, ampiamente, Magri, La prescrizione, Milano, 2019, passim, part. 293 e segg., laddove si occupa della sospensione e dell’interruzione della prescrizione, nonché 419 e segg., laddove tratta della distinzione tra prescrizione e decadenza.

[30] Cfr. sul punto, i miei La scadenza dei titoli di credito al tempo del coronavirus, e Il Decreto Liquidità e la scadenza dei titoli di credito, citt.

[31] Come spiega Busani, Cambiali, termini bloccati fino al 30, in Il Sole 24 ore, norme e tributi, 11 aprile 2020, « Quanto agli assegni (bancari e postali), dato che essi non portano alcun termine di scadenza, ma sono interessati solo (a carico del creditore) da un termine di presentazione per averne il pagamento, la sospensione dei termini di cui al Dl 23/2020 non concerne il debitore che ha emesso l’assegno, ma riguarda il creditore, esentandolo pertanto dall’obbligo di presentare al pagamento l’assegno nell’ordinario termine di legge, in quanto egli si potrà avvalere appunto del periodo di sospensione dei termini. Quindi, dato che gli assegni non possono essere né post-datati né emessi “a vuoto” (e, cioè, in mancanza della occorrente provvista), ne consegue che se l’assegno sia presentato dal creditore al pagamento durante il periodo di sospensione, esso deve essere pagato nel giorno della sua presentazione. Se, però, l’assegno viene presentato al pagamento nei termini prescritti a carico del creditore e risulti non pagato, scatta, a tutela del debitore, la sospensione dei termini per la levata del protesto nonché per le misure sanzionatorie a carico del debitore stesso, vale a dire (articolo 9 della legge 386/1990) il termine per l’iscrizione del suo nominativo nell’archivio tenuto dalla Banca d’Italia, il termine per effettuare il pagamento tardivo del debito incorporato nell’assegno e il termine per la comunicazione nei suoi confronti della revoca di ogni autorizzazione a emettere assegni per sei mesi».

[32] Precisa peraltro Busani, Per le cambiali finisce lo stop alle scadenze e il conteggio riparte dal primo maggio, in Quotidiano giuridico, 27 aprile 2020, che «dal tenore testuale della norma del Dl 23/2020 risulta chiaramente (riferendosi essa a “vaglia cambiari, cambiali e altri titoli di credito emessi prima della data di entrata in vigore della presente decreto”) che il predetto periodo di sospensione, dal 9 marzo al 30 aprile, concerne i termini di scadenza relativi a soli titoli emessi prima della data di entrata in vigore del decreto legge, vale a dire fino all’8 aprile 2020. Per i titoli emessi, invece, a partire dal 9 aprile 2020, anche se presentino una data di scadenza che ricada (ad esempio, il 29 aprile 2020) o decorra (si pensi, ad esempio, a una cambiale emessa il 15 aprile 2020 con scadenza “a un mese data”) nel periodo di sospensione, la norma che dispone la sospensione non trova applicazione».

[33] Per completezza ad ogni modo si ricorda che, quanto alla trasmissione alle camere di commercio da parte dei pubblici ufficiali dei protesti e delle constatazioni equivalenti levati dal 9 marzo 2020 fino all’entrata in vigore del Decreto Liquidità, avvenuta, ai sensi dell’art. 44, il 9 aprile 2020, secondo l’art. 11, comma 2°, del Decreto Liquidità «le camere di commercio provvedono d’ufficio alla loro cancellazione». Per il medesimo comma sono altresì sospese le informative al prefetto di cui all’art. 8-bis, commi 1° e 2°, della legge 15 dicembre 1990, n. 386. Ed è da ritenere che le eventuali segnalazioni già inviate alla Centrale di allarme interbancaria debbano essere cancellate a cura dell’intermediario che le ha effettuate.

[34] I periodi virgolettati sono tratti dal parere prot. n. 3054/2020. Nel senso suggerito dal Consiglio nazionale del notariato, cfr. Nigro, Coronavirus: la sospensione dei termini di scadenza dei titoli di credito, in Quotidiano giuridico, 21 aprile 2020, che peraltro ammette la correttezza del rilevo da me avanzato in La scadenza dei titoli di credito al tempo del Coronavirus, cit., e qui riproposto secondo cui non si può pretendere che i debitori di un’obbligazione cartolare a giorno fisso riattivino più in fretta degli altri, che possono fruire del periodo di sospensione anche per la parte non consumata, i flussi di cassa i quali pagare i creditori; Laurini, Dai titoli di credito all'atto a distanza: siamo sempre in emergenza, ivi, 20 aprile 2020, che però non motiva. In senso dubitativo, cfr., invece Negro, Nicotra, Termini di scadenza dei titoli di credito incerti, in Eutekne.info, 27 aprile 2020. Nella prassi, sembrebbe più comoda la soluzione unitaria, che permette di determinare la scadenza dei titoli semplicemente aggiungendo il numero dei giorni del periodo di sospensione, senza dover verificare se le parti sia ricorsi al meccanismo del tempo certo o della data fissa.

[35] Cfr. ancora i miei La scadenza dei titoli di credito al tempo del coronavirus, e Il Decreto Liquidità e la scadenza dei titoli di credito, citt.


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