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Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 05/10/2019 Scarica PDF

Ammortamento alla francese: equivoci e pregiudizi

Roberto Marcelli e Amedeo Valente, Consulenti Finanziari


Tribunale di Roma, sent. 19 settembre 2019. [1]


Premessa.

La dinamica che si sviluppa nei finanziamenti a rimborso graduale, e in particolare nei piani di ammortamento alla francese, risulta assai più complessa di quanto sia stata frettolosamente esaminata e liquidata nelle numerose sentenze che vengono susseguendosi nei vari Tribunali pervenendo, con un’apprezzabile dose di pregiudizio e semplicismo, a ravvisare l’assenza di ogni forma di criticità sul piano della trasparenza e, ancor più, sul piano dell’anatocismo. Le criticità che insorgono dall’impiego del regime composto, quando non vengono completamente ignorate, risultano sostanzialmente travisate. Una corretta valutazione delle peculiarità matematiche e dei riflessi che ne conseguono sul piano giuridico non risulta esperita. Arrestandosi all’evidente quanto superficiale costatazione dell’immediato pagamento ad ogni scadenza degli interessi maturati sul capitale residuo, non si è condotta alcuna riflessione sull’importo della rata determinata in regime composto, che svela i risvolti matematici, oltremodo articolati e per nulla scontati, che intercorrono fra importo della rata, obbligazione principale, accessoria e tasso.

Un’attenta e ponderata riflessione richiede tuttavia l’accesso a concetti della scienza finanziaria che possono risultare assai complessi per i non iniziati ma dai quali non sembra si possa prescindere.

Anche se con un’apprezzabile difficoltà e ritrosia si viene gradualmente a riconoscere nell’ammortamento alla francese l’impiego del regime composto[2], permane un’ampia area di equivoci e misunderstanding che dal piano matematico si trasferiscono sul piano giuridico e frequentemente accompagnano e sostengono tesi ermeneutiche che la dottrina come la giurisprudenza ha già da tempo accantonato.

 Nel commentare la sentenza in oggetto (Cfr. Allegato 2), si ritrovano talune argomentazioni che frequentemente ricorrono nelle pronunce in materia di ammortamento alla francese e che in termini alquanto sbrigativi eludono le criticità che insorgono su due distinti fronti:

- quello attinente alla coerenza e compatibilità dell’impiego del regime composto degli interessi con il presidio all’anatocismo, nei contorni giuridici dettati dall’art. 1283 c.c., integrati dal nuovo art. 120 TUB, comma 2, lettera b), oltre che con il principio di proporzionalità dei frutti civili prescritto dall’art. 821 c.c. e richiamato dall’art. 1284 c.c.;

- quello attinente ai principi di buona fede, correttezza e trasparenza che, soprattutto nei rapporti creditizi regolati da contratti predisposti in serie unilateralmente dall’intermediario, assumono risvolti di pregnanza sostanziale, per i rigorosi presidi che l’ordinamento pone a protezione e garanzia dell’equilibrio, dell’informazione e, in particolare, della consapevolezza degli impegni assunti dal prenditore di fondi.[3]


2. Regime semplice e composto.

Autorevoli cattedratici ed esperti finanziari, con circostanziate e ineludibili argomentazioni, hanno confermato l’impiego della capitalizzazione composta nei piani di ammortamento adottati dagli intermediari finanziari nei prestiti a rimborso graduale. Da tale evidenza, tuttavia, si è talora fatto discendere, con automatico giudizio, un implicito anatocismo, ‘frettolosamente’ assimilato al regime composto dell’interesse.[4]

Mentre nel regime semplice gli interessi periodicamente maturati si cumulano in termini additivi e vengono corrisposti unitamente al capitale alla scadenza, nel regime composto gli interessi maturati possono essere capitalizzati ad ogni scadenza, quindi in ragione composta, e corrisposti alla scadenza del capitale, o corrisposti immediatamente alle scadenze intermedie, previste in contratto, prima ancora della scadenza del finanziamento; in questa seconda circostanza, non si riscontra alcuna capitalizzazione con produzione di interessi su interessi e l’obbligazione accessoria rimane del tutto invariata rispetto al regime semplice.[5]

Nella sentenza in commento parte attrice sostiene l’applicazione nell’ammortamento alla francese del regime composto che quindi fa venir meno la proporzionalità degli interessi, propria del regime semplice, realizzando al contrario una loro lievitazione esponenziale e quindi un’obbligazione accessoria maggiore di quella che risulterebbe dall’impiego del regime semplice.

A questa osservazione, il giudice, senza entrare espressamente nel merito del regime applicato, replica con una descrizione puntuale delle modalità tecniche impiegate dagli intermediari nella costruzione del piano di ammortamento alla francese. ‘Come è noto nell’ammortamento alla francese a fronte di un capitale preso a prestito al momento iniziale, il debitore deve corrispondere N rate di importo costante R comprensive di interessi, calcolati al tasso I e la costruzione del piano di ammortamento avviene secondo i seguenti criteri:

1. ciascuna rata costante è costituita da una quota-interessi decrescente e da una quota-capitale crescente;

2. la quota-interessi si ottiene moltiplicando per il tasso I il debito residuo del periodo precedente, tenendo presente che al tempo zero il debito residuo coincide con quello iniziale e, pertanto applicando la formula dell'interesse semplice (Interessi = Capitale x tasso x tempo);

3. la quota-capitale è la differenza fra la rata del prestito e la quota-interessi dello stesso periodo;

4. il debito estinto alla fine del periodo è dato dalla somma del debito estinto alla fine del periodo precedente e della quota-capitale versata;

5. il debito residuo, che al tempo zero coincide con il debito iniziale si calcola per differenza fra il debito iniziale e quello estinto.

Ne consegue che gli interessi vengono calcolati sulla quota capitale via via decrescente per il periodo corrispondente a ciascuna rata, al tasso nominale indicato in contratto e che gli interessi conglobati nella rata successiva sono a loro volta calcolati unicamente sulla residua quota di capitale, ovverosia sul capitale originario detratto l'importo già pagato con la rata o le rate precedenti.

Così quando le parti hanno inserito in contratto la somma oggetto di mutuo, il tasso di interesse e il numero delle rate, non è più possibile alcun intervento successivo del mutuante, il quale non ha la possibilità di suddividere la rata fra quota capitale e quota interessi, poiché tale suddivisione è già contenuta nella definizione di una rata costante di quel determinato importo.

Per queste ragioni la giurisprudenza assolutamente prevalente, compresa quella di questa sezione, ritiene che l’opzione per l’ammortamento alla francese non comporti l’applicazione di interessi anatocistici, e che non si pongano problemi di determinatezza delle pattuizioni contrattuali, perché una volta raggiunto l'accordo sulla somma mutuata, sul tasso, sulla durata del prestito e sul rimborso mediante un numero predefinito dì rate costanti, la misura della rata discende matematicamente dagli indicati elementi contrattuali: il rimborso di un mutuo acceso per una certa somma, ad un certo tasso e con un prefissato numero di rate costanti, può avvenire solo mediante il pagamento di rate costanti di quel determinato importo’.

La descrizione di ammortamento alla francese adottata dal giudice si presta a plurimi rilievi critici che non sembra possano essere trascurati.

Ancorché si riscontri un uso promiscuo del termine alla francese, a rigori, con tale ammortamento i padri storici della scienza finanziaria solevano individuare i piani nei quali ricorrono tre condizioni: i) rata costante; ii) ammortamento graduale, in regime finanziario composto; iii) interessi della rata calcolati sul debito residuo. Diversamente, nell’uso corrente, adottato anche dai moderni accademici e dagli stessi operatori del credito, il termine ‘ammortamento alla francese’ viene associato esclusivamente al concetto di ‘rata costante’, tanto che nei contratti si incontra la terminologia ‘alla francese o rata costante’, oppure più semplicemente ‘a rata costante’, in alternativa di ‘alla francese’.La circostanza non è di poco conto in quanto il piano di ammortamento ‘alla francese’, se inteso nei termini indicati storicamente da De Finetti, Bonferroni, Santoboni, Levi ed altri, risulta definito sia nella rata che nella sua composizione. Al contrario, inteso nell’uso ormai corrente di ‘rata costante’, rimane indefinito; se poi si utilizza il regime composto, rimane definito esclusivamente nell’importo della rata, risultando la partizione della stessa, in quota capitale e quota interessi, una scelta ulteriore fra le tante matematicamente possibili e finanziariamente equivalenti. Oltretutto generica e posticcia risulta la definizione riportata nelle Disposizioni di Trasparenza della Banca d’Italia: incorrendo in una palese imprecisione, si identifica, più semplicemente, l’ammortamento alla francese con la rata che prevede la quota capitale crescente e la quota interessi decrescente; la definizione risulta sistematicamente ripresa e riportata nei glossari e legende che nei contratti devono spiegare ‘con un linguaggio preciso e semplice’ i termini tecnici. Anche l’ABF ha avuto modo di rilevare l’uso promiscuo del termine ‘alla francese’, valutando: ‘Tale piano non risulta espressamente definito ‘alla francese’, né ciò invero potrebbe assumere decisa rilevanza, atteso che non pare esistere nella prassi un unico tipo di ammortamento ‘alla francese’ (come parrebbe ritenere la parte ricorrente)’. (ABF Milano, n.3569/15). L’ormai radicata sinonimia fra ammortamento ‘alla francese’ e ‘a rata costante’ risulta acquisita e confermata dalla giurisprudenza; nella sentenza del Tribunale di Milano n. 5733/14, alla quale si sono uniformate successive decisioni giurisprudenziali, si ribadisce espressamente: ‘con il termine “piano di ammortamento alla francese” (ovvero “a rata costante”) dovrebbe intendersi unicamente il piano che preveda rate di rimborso costanti nel tempo, ipotesi all’evidenza consentita solo in caso di mutui a tasso fisso’.[6]

Il piano di ammortamento alla francese, inteso specificatamente nella rata costante, può essere sviluppato sia in capitalizzazione semplice che in capitalizzazione composta,[7] anche se i manuali di matematica finanziaria, accompagnando gli usi di mercato, prestano attenzione prevalentemente all’ammortamento a rata costante in capitalizzazione composta.

La scienza finanziaria sostanzialmente distingue, dunque, due modalità di regolare i rapporti finanziari nel tempo, caratterizzate da specifici algoritmi matematici che fungono da raccordo fra il capitale inizialmente finanziato e quello futuro di rimborso: regime semplice e regime composto. La scelta fra dette alternative (regime semplice e composto) è implicitamente considerata anche nelle disposizioni di Trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari della Banca d’Italia. Nelle disposizioni in vigore sino al 30 settembre 2015, nell’Allegato 4B relativo al foglio informativo del mutuo offerto a consumatori, alla nota (5) si riporta: ‘Se nel piano di ammortamento si applica il regime di capitalizzazione composta degli interessi, la conversione del tasso di interesse annuali i1 nel corrispondente tasso di interesse infrannuale i2 (e viceversa) segue la seguente formula di equivalenza intertemporale i2=(1+i1)t1/t2-1’.[8]

Appare alquanto inconfutabile che, se è possibile rimborsare un finanziamento con un piano sviluppato o in regime semplice o in regime composto, il criterio adottato viene a costituire una condizione economica del rapporto che deve necessariamente essere indicata in contratto, tanto più che l’impiego del regime semplice conduce ad un importo della rata ed ad un finanziamento medio di periodo inferiori, più favorevoli al cliente.[9]

D’altra parte risulta altresì evidente che la convenzione anatocistica rimane inclusa nel valore stesso della rata pattuita, se questa è determinata con la formula dell’interesse composto, nella quale si esprime la volontà, questa sì giuridica oltre che matematica, di equiparare al capitale finanziato C, il corrispondente valore futuro, espresso da M = C*(1+i)k, comprensivo di interessi anatocistici, anziché il valore futuro, espresso da M = C*(1+k*i), che lascerebbe improduttivi gli interessi maturati. Senza questa indebita convenzione preliminare i vincoli di chiusura del piano non consentirebbero l’impiego di un tasso pari al TAN nel calcolo degli interessi calcolati sul debito residuo.

D’altra parte, non potrebbe essere diversamente: se le rate, e quindi l’obbligazione accessoria, sono riportate in contratto nel valore maggiorato del regime composto, assumono la veste di variabili indipendenti predefinite, alle quali rimane vincolata la costruzione stessa del piano di ammortamento (vincoli di chiusura).[10]

 

3. Le condizioni contrattuali.

Riconoscendo alla dizione ‘alla francese’ esclusivamente il concetto di rata costante, nel regime composto, mentre la formula per determinare il valore della rata è univocamente determinata sulla base di una funzione informata a detto regime, la rata stessa può essere imputata a capitale ed interessi in infinite modalità alternative, tutte finanziariamente equivalenti, entro i vincoli di chiusura del piano stesso.

Come in matematica, anche in diritto, non è affatto scontato che gli interessi pagati nella rata debbano essere necessariamente calcolati sull’intero debito residuo. Anche nel rispetto del principio che ‘il pagamento fatto in conto capitale e d’interessi deve essere imputato prima agli interessi’ (art. 1194, 2° comma c.c.) possono darsi modalità diverse, tutte finanziariamente equivalenti e legittime, di comporre la rata in quota capitale e quota interessi, evitando che il pagamento del capitale preceda il pagamento degli interessi allo stesso attribuiti.

Sul piano matematico nel regime composto – a differenza del regime semplice -una volta fissato l’importo finanziato, il tasso e le scadenze, risulta univocamente determinato solo il piano di rimborso, nell’importo della rata costante; per la composizione della rata - che integra il piano di rimborso, trasformandolo in piano di ammortamento - si può discrezionalmente, entro predeterminati vincoli di contorno [...], prevedere in contratto il pagamento anticipato di tutti o parte degli interessi maturati e rivolgere la parte residua a deconto del debito residuo.

Per l’ammortamento alla francese, nel regime composto, accanto alle due classiche alternative – calcolo degli interessi sul debito residuo o sulla quota capitale in scadenza -con il parametro di costruzione dato dal TAN possono matematicamente concepirsi molteplici piani, soddisfacenti i vincoli di chiusura, potendo l’obbligazione accessoria essere imputata con criteri intermedi o alternativi a quelli richiamati (Cfr. Alleg. 1): in questi piani alternativi, a mano a mano che nel criterio di imputazione si anticipa il pagamento degli interessi la misura del prezzo ex art. 1284 c.c. diminuisce ma parallelamente cresce l’obbligazione principale per l’effetto di roll over dei rimborsi mentre rimane invariata l’obbligazione accessoria.[11] Con l’imputazione estesa a tutti gli interessi calcolati sul debito residuo, l’obbligazione principale raggiunge il valore più alto e il prezzo ex art. 1284 c.c. del finanziamento, dato dal rapporto fra le due obbligazioni, viene a coincidere con il TAN indicato in contratto.[12]

In considerazione di quanto sopra esposto rimane determinante in contratto l’assenso del mutuatario sia del regime composto (ove consentito), sia del criterio di imputazione degli interessi nella rata. Non corrisponde al vero che  ‘non si pongono problemi di determinatezza delle pattuizioni contrattuali, perché una volta raggiunto l'accordo sulla somma mutuata, sul tasso, sulla durata del prestito e sul rimborso mediante un numero predefinito dì rate costanti, la misura della rata discende matematicamente dagli indicati elementi contrattuali: il rimborso di un mutuo acceso per una certa somma, ad un certo tasso e con un prefissato numero di rate costanti, può avvenire solo mediante il pagamento di rate costanti di quel determinato importo’. Innanzitutto, al prezzo convenuto in contratto (tasso ex art. 1284 c.c.) la somma mutuata può essere restituita in regime semplice con una rata inferiore e un rimborso del capitale accelerato. Inoltre, alla rata convenuta, criteri di imputazione diversi forniscono per il medesimo TAN, prezzi ex art. 1284 c.c. diversi: solo anticipando il pagamento di tutti gli interessi maturati, attraverso il roll over dei rimborsi, per la medesima obbligazione accessoria maggiorata si rende il rapporto al finanziamento medio, anch’esso maggiorato, coerente con il prezzo x art. 1284 c.c.

Come si può agevolmente riscontrare, diversamente dall’ammortamento all’italiana, nell’ammortamento alla francese in regime composto l’obbligazione accessoria è sempre maggiore del regime semplice e rimane la medesimaa prescindere dalla scelta del criterio di imputazioni che interviene nel pagamento della rata, quindi a prescindere dal pagamento anticipato o meno degli interessi maturati alle distinte scadenze![13] Già questo aspetto solleva pregnanti perplessità sul piano giuridico.[14]

Senza l’indicazione in contratto (o nel foglio di sintesi) dei menzionati criteri che presiedono lo sviluppo del piano di ammortamento, il mutuatario rimane ignaro della scelta effettuata dall’intermediario nella predisposizione dei valori numerici riportati in allegato al contratto, che penalizzano apprezzabilmente l’impegno del mutuatario. Nella convinzione che sia univocamente determinato il piano nei termini dell’enunciato del contratto, frequentemente proprio nel caso di estinzione anticipata, sorge la sorpresa per il cumulo degli interessi corrisposti e per la persistenza del debito residuo, effetti direttamente riconducibili all’impiego del regime composto. Né è possibile all’atto del contratto, effettuare alcuna verifica: non corrisponde al vero che ‘le modalità di determinazione della quota interessi di ciascuna rata (interessi su capitale residuo) sia chiaramente determinata e indicata, né viene indicato il criterio di determinazione del valore della rata riportata in contratto. Appare, per il vero, un’apprezzabile forzatura ritenere, senza alcun assenso sulle menzionate modalità, ‘che l’accettazione del piano di ammortamento ricomprende l'accettazione delle modalità matematico finanziarie di costruzione del medesimo, che comunque sono esplicitate nel contratto, e che l'accettazione dell’applicazione di tali parametri e del loro risultato, trasfuso nel piano di ammortamento, deve ritenersi idoneamente operata dal mutuatario, quale corrispondente ad una valutazione complessiva di convenienza dell'autoregolamentazione degli interessi attuata nel contratto’. Proprio l’insegnamento della Cassazione richiamata (n. 25205/14) precisa che il requisito di determinabilità dell’oggetto del contratto richiede che siano chiaramente identificate le menzionate modalità.[15]

Dal testo della sentenza si evince che le modalità di rimborso nel testo contrattuale sottoposto all’esame del giudice rimangono affidate ad un’estrema vaghezza, con l’imputazione degli interessi riferita ad un generico ‘capitale dovuto’. Si riporta in sentenza: ‘L’art. 2 del contratto di mutuo testualmente riporta: (…) Pertanto le n. 360 (trecentosessanta) rate mensili di ammortamento comprenderanno: a) tanta parte del capitale quanta occorre a compiere la restituzione del capitale mutuato; b) una quota di interessi rapportata al capitale dovuto, nella misura del 6,79% nominale annuo; …’. Tali scarni elementi fanno escludere ‘la configurabilità di un “effetto sorpresa” in fase di rimborso’ efanno ritenere inequivocabilmente riferito al capitale residuo, il capitale dovuto, ‘in particolare la modalità di determinazione della quota interessi di ciascuna rata (interessi su capitale residuo) è chiaramente determinata’, per pervenire a considerare il regime finanziario contestato, ritenendo che ‘non si vede in base a quale riferimento normativo si possa richiedere la prospettazione di regimi finanziari alternativi, non oggetto di proposta né di trattativa, o la discussione critica del regime finanziario applicato’.

Non sono stati colti i significativi riflessi che dall’ambito tecnico si riversano sul piano giuridico, né si è avvertita la necessità di una consulenza d’ufficio, pervenendo ad una conclusione che appare alquanto evasiva: ‘Venendo ora al punto focale delle contestazioni relative al piano di ammortamento, si deve osservare sul piano generale che quando si fa riferimento a concetti tratti dalla matematica finanziaria è necessario che degli stessi sia esplicitato il riferimento giuridico e che sia individuabile un risultato giuridicamente rilevante conseguente alla loro applicazione. In difetto tale riferimento si risolve nell’impropria invocazione dell’autorità, su una questione eminentemente giuridica, di conclusioni che si assumono scientificamente fondate in un altro ambito del sapere’.[16]


4. L’anatocismo dell’art. 1283 c.c. e il roll over dei rimborsi.

Nella sentenza si riporta: La contestazione in effetti si risolve nella mera affermazione della maggiore gravosità del piano di ammortamento determinata dal fatto che gli interessi sono esigibili via via che maturano nel corso dell’ammortamento del mutuo e non al momento della sua estinzione, e dal fatto che la banca non è obbligata a far credito al mutuatario anche del loro importo ma al contrario può fare propria, dal momento in cui il mutuatario è obbligato a corrisponderli, la naturale fecondità del corrispondente importo monetario, che le è reso disponibile per altri impieghi.

Nella sentenza si confonde e sovrappone l’anticipato pagamento degli interessi all’anatocismo, il primo legittimo, se formalmente convenuto, il secondo indebito se, oltre a non essere convenuto, è realizzato attraverso una pattuizione iniziale che, in quanto individua l’obbligazione accessoria attraverso il regime composto, comporta matematicamente una lievitazione esponenziale.[17] Con il roll over dei rimborsi non appare esplicitamente la produzione di interessi su interessi, ancorché si può matematicamente accertare una proporzionalità diretta con gli interessi pregressi, maturati e corrisposti, che lascia impregiudicata la lievitazione esponenziale dell’obbligazione accessoria.[18]

Si trascura che nell’ammortamento alla francese, nelle modalità di computo degli interessi sul debito residuo, ordinariamente adottate dagli intermediari creditizi, i due oneri – anticipato pagamento degli interessi maturati e crescita esponenziale del monte interessi – si presentano congiuntamente, determinando una doppia penalizzazione, l’una ‘figurativa’, consentita dall’ordinamento, ove concordata[19], l’altra concreta, configurante finanziariamente l’anatocismo espresso dalla lievitazione esponenziale dell’obbligazione accessoria, che risulta contrastante con il divieto anatocistico posto dagli artt. 1283 c.c. e 120 TUB, 2° comma.[20] Si riporta al riguardo: ‘Nello specifico l’approccio all’anatocismo bancario proposto da parte attrice trascura il dato normativo, che si riferisce esclusivamente alla produzione di interessi su interessi scaduti (art. 1283 c.c.: “gli interessi scaduti possono produrre interessi solo …”art. 120 comma 2 TUB: “gli interessi debitori maturati …. non possono produrre interessi ulteriori)’. Il rilievo non risulta condivisibile: dottrina e giurisprudenza prevalente ritengono che il divieto di pattuizione implicito dell’art. 1283 c.c. sia esteso ad ogni tipologia di interessi pecuniari e che il requisito di interessi scaduti, esigibili e dovuti per almeno sei mesi costituisca la sola condizione, sine qua non, di producibilità degli interessi su interessi (Cfr. R. Razzante, La Cassazione ha tumulato l’anatocismo, filodiritto.it, 13 febbraio 2016; anche C. Colombo, L’anatocismo, Giuffré, 2007, pag. 79, dove sul punto si richiama altresì Cass. n. 3500/86, Cass. n. 3805/04; Cass. n. 17813/02; Cass. n. 11097/04 e in dottrina, A. Nigro, L’anatocismo nei rapporti bancari: una storia infinita?, in Diritto Bancario, 2001; D. Sinesio, Il recente dibattito sull’anatocismo nel conto corrente bancario: profili problematici, in Dir. E giur. 2000).[21]

Nella circostanza, mutuando la pronuncia della Cassazione n. 2593 del 20 febbraio 2003, si può agevolmente riscontrare che ‘‘una somma di denaro mutuata, in un piano di ammortamento alla francese, al tasso d’interesse del dieci per cento annuo si raddoppia in ventiquattro anni; se invece gli interessi vengono capitalizzati ciò avviene in soli quindici anni circa.’.Nella richiamata sentenza della Cassazione è evidente il riferimento alla lievitazione esponenziale degli interessi che connota e qualifica l’anatocismo, a prescindere che gli stessi risultino scaduti e divenuti esigibili anticipatamente nel periodo del finanziamento.

Con il menzionato roll over, implicito nel piano di ammortamento alla francese ordinariamente praticato dagli intermediari, si realizza l’identico trascinamento degli interessi che si consegue con il roll over dei finanziamenti, quando alla scadenza interviene contestualmente un rifinanziamento, corrispondente, in parte o in tutto, al montante da corrispondere che, senza soluzione di continuità, di fatto trascina il finanziamento, convertendo gli interessi in capitale che vengono di tal guisa assumendo con il tempo una dimensione esponenziale, non più proporzionale al capitale concretamente utilizzato. Con tali finanziamenti, quelli con piano di ammortamento alla francese condividono una peculiarità assai singolare: l’effetto di roll over associato all’anticipato pagamento degli interessi sul debito residuo consente di assommare, in capo all’intermediario nel medesimo piano, i benefici che risultano contrapposti nei finanziamenti Bullet e Zero coupon, presentando al tempo stesso sia l’anticipazione del pagamento degli interessi maturati (Bullet), sia la lievitazione esponenziale dell’obbligazione accessoria (Zero coupon).[22]

La rata costante incontra un generale gradimento per la semplicità di gestione. Anche il pagamento anticipato degli interessi presenta un apprezzabile favore, per i riflessi fiscali che ne conseguono. Ma tali riflessi vengono concretamente acquisiti se con il pagamento anticipato si evita la lievitazione esponenziale, altrimenti il beneficio fiscale viene assorbito dai maggiori interessi comunque corrisposti.

La dinamica del roll over dei rimborsi si riflette, anche per il prezzo ex art. 1284 c.c., in termini pressoché identici a quelli riscontrabili nei roll over dei finanziamenti, dove gli interessi, con la trasmutazione in capitale, esprimono il prezzo ex art. 1284 c.c. pari al TAN, ogni volta calcolato sul montante rifinanziato.

Anche volendo prescindere, in un estremo formalismo, dalla violazione degli artt. 1283 e 1284 c.c., nonché dal novellato art. 120 TUB, appaiono configurarsi pregnanti elementi di criticità che richiamano il patto in frode alla legge ex art. 1344 c.c. e/o la causa illecita dell’art. 1343 c.c. Senza trascurare il fronte del vizio del consenso, effetto sorpresa e determinatezza delle condizioni ex art. 117 TUB.

Le peculiarità matematico-finanziarie proprie del piano di ammortamento alla francese, sol che si penetri nei meandri tecnici, rimangono talmente complesse e nascoste, che non solo lasciano il mutuatario completamente ignaro dell’abuso subito, ma rendono anche scarsamente accessibile avvedersi della regola di equivalenza finanziaria che presiede e governa il contratto: ne è prova la serie innumerevole di pronunce che dall’interesse semplice applicato al debito residuo, hanno travisato la regola di equivalenza intertemporale, negando il regime composto che governa il piano e che, al di là della forma, nelle celate pieghe dell’algoritmo, produce sostanzialmente la lievitazione esponenziale del monte interessi.[23]


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REPUBBLICA ITALIANA

TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Sez. XVII civile

in persona del giudice unico

Dott. Vittorio Carlomagno

ha emesso la seguente

SENTENZA

nella causa civile di 1° grado iscritta al N. 82642 del ruolo contenzioso generale dell’anno 2014, trattenuta in decisione all’udienza del 27.02.19,

tra

XXX, rappresentato e difeso dagli avv. Giovanni Bernardini e Marco Mancini, elettivamente domiciliato presso lo studio in Roma, via Giambattista Vico 22,

ATTORE

e

XXX, rappresentata e difesa dall’avv. Fabio Fiorucci, elettivamente domiciliato presso lo studio in Roma, via Francesco Grimaldi 64,

CONVENUTO

XXX, rappresentata e difesa dall’avv. Fabio Fiorucci, elettivamente domiciliato presso lo studio in Roma, via Francesco Grimaldi 64,

TERZO CHIAMATO IN CAUSA

OGGETTO: mutuo

conclusioni per parte attrice:

“Piaccia all’Ill.mo Giudice adito, respinta ogni istanza, eccezione e difesa:

a) in via principale:

a.1 in accoglimento del motivo di cui al n. 2 della parte in diritto dell’atto di citazione e dell’atto di chiamata in causa notificati, accertare e dichiarare l’usurarietà del tasso di interesse e di tutti gli oneri di cui al contratto di mutuo stipulato dall’attore in data 30.11.2007 per rogito del Dott. Gian Vittore Di Fazio, notaio in Roma, Repertorio n., Raccolta n.;

a.2 per l’effetto dichiarare la nullità del contratto, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1815 comma 2 c.c., e condannare le convenute, in solido oppure ciascuna per quanto di ragione, alla restituzione, in favore dell’attore, della somma complessiva pari ad € 226.069,08 corrisposta alla data del 27.01.2014, o alla diversa somma maggiore o minore che risulterà di giustizia, oltre interessi legali maturati dal dovuto all’introduzione della domanda ed interessi di cui all’art. 1284, comma 4 c.c. dalla domanda al saldo, illegittimamente versati a titolo di interessi corrispettivi ed ulteriori commissioni ed oneri nonché alla restituzione, in favore della società istante, degli importi versati e che verranno versati a titolo di interessi corrispettivi ed ulteriori commissioni ed oneri dal 27.01.2014 oltre interessi legali maturati dal dovuto all’introduzione della domanda ed interessi di cui all’art. 1284, comma 4 c.c. dalla domanda al saldo;

a.3 per l’ulteriore effetto accertare e dichiarare il diritto, in capo all’attore, alla corresponsione, per le rate scadute nonché a scadere ancora non versate, unicamente dell’importo della rata relativa al capitale oggetto del contratto di mutuo, come disposto dall’art. 1815 comma 2 c.c.;

a.4 condannare infine le convenute, in solido oppure ciascuna per quanto di ragione, al risarcimento di ogni danno, patrimoniale e non, patito dall’attore in conseguenza dell’usurarietà del contratto di mutuo;

b) in via subordinata:

b1. In accoglimento dei motivi di cui ai nn. 1,3, 4 della parte in diritto dell’atto di citazione e dell’atto di chiamata in causa notificati, accertare e dichiarare la nullità e/o annullabilità e/o inefficacia del contratto di mutuo stipulato dall’attore in data 30.11.2007 per rogito Dott. Gian Vittore Di Fazio, notaio in Roma, Repertorio n. , Raccolta n.;

b2. Per l’effetto dichiarare il tasso di interessi applicabile, se dovuto, e, quindi, condannare le convenute, in solido oppure ciascuna per quanto di ragione, alla restituzione delle somme illegittimamente versate dall’attore, oltre interessi legali maturati dal dovuto all’introduzione della domanda ed interessi di cui all’art. 1284 comma 4 c.c. dalla domanda al saldo, nonché al risarcimento di ogni danno patrimoniale e non patito dall’attore;

c) in via ulteriormente subordinata,

d1. In accoglimento dei motivi di cui al n. 5 della parte in diritto dell’atto di citazione e dell’atto di chiamata in causa notificati, risolvere il contratto di mutuo stipulato dall’attore in data 30.11.2007 per rogito del Dott. Gian Vittore Di Fazio, notaio in Roma, Repertorio n., Raccolta n.;

d2. Per l’effetto condannare le convenute, in solido oppure ciascuna per quanto di ragione, alla restituzione delle somme illegittimamente versate dall’attore oltre interessi legali maturati dal dovuto all’introduzione della domanda ed interessi di cui all’art. 1284, comma 4 c.c. dalla domanda al saldo nonché al risarcimento di ogni danno patrimoniale e non patito dall’attore;

d) in ogni caso:

d3. in accoglimento dei motivi di cui al punto 1 delle presenti memorie ex art. 183 comma 6 c.p.c., primo termine, accertare e dichiarare che i crediti derivanti dal contratto di mutuo stipulato dall’attore in data 30.11.2007 per rogito del Dott. Gian Vittore Di Fazio, notaio in Roma, Repertorio n.  e Raccolta n. , non sono stati oggetto della cessione di crediti in blocco di cui al foglio delle inserzioni n. 79 della G.U. del 6.07.2013;

d4. Per l’effetto accertare e dichiarare che i pagamenti in favore della XXX, effettuati dall’attore per un totale di € 274.131,74, fino alla data del 25 novembre 2015 nonché gli ulteriori pagamenti che verranno in favore della XXX, sono privi di causa, e per l’ulteriore effetto, condannare la XXX alla restituzione delle predette somme o della diversa somma che sarà ritenuta di giustizia.

Con vittoria di spese, competenze ed onorari ed oneri di legge ivi compresi gli onorari diritti e spese per la procedura di media/conciliazione”.

Conclusioni per parte convenuta:

1) in via preliminare: dichiarare la carenza di legittimazione passiva e/o della titolarità passiva del diritto fatto valere nei confronti del XXX e per l’effetto dichiarare l’inammissibilità e/o improcedibilità delle domande spiegate dall’attore;

2) Nel merito: rigettare tutte le domande formulate dall’attore perché palesemente infondate sua in fatto che in diritto, del tutto indimostrate nonché smentite dai documenti allegati, come sopra argomentato.

Non si accetta il contraddittorio sulle domande nuove formulate da controparte con la memoria ex art. 183comma 6 c.p.c. primo termine.

Con vittoria di spese, competenze e onorari di causa.

Conclusioni per il terzo interventore:

- rigettare tutte le domande formulate dall’attore perché palesemente infondate sia in fatto che in diritto, del tutto indimostrate nonché documentalmente smentite, come sopra argomentato.

Non si accetta il contraddittorio sulle domande nuove formulate da controparte con la memoria ex art. 183comma 6 c.p.c. primo termine.”


RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

Il sig. XXX deduce, in relazione al contratto di mutuo ipotecario a tasso fisso di durata trentennale (360 rate mensili) di euro 560.000,00, da lui concluso con atto pubblico del 30.11.07 col XXX: 1. violazione degli obblighi di informazione, pubblicità e trasparenza; 2. nullità parziale del contratto ex art. 1815 comma 2 c.c. per usura oggettiva e soggettiva; 3. usura sopravvenuta; 4. anatocismo ed indeterminatezza del piano di ammortamento alla francese; 5. risoluzione del contratto in applicazione dell'istituto della presupposizione e, in subordine, per eccessiva onerosità sopravvenuta, ed in ulteriore subordine l’inesigibilità della prestazione a carico del mutuatario. Conclude con richiesta di pronunce di accertamento della nullità parziale, annullamento, risoluzione del contratto e di condanna alle conseguenti restituzioni ed al risarcimento del danno.

Il XXX chiede il rigetto delle domande di parte attrice e preliminarmente eccepisce il proprio difetto di legittimazione passiva nei confronti di per intervenuta cessione del credito.

XXX, chiamata in causa da parte attrice su autorizzazione del giudice, chiede il rigetto delle domande di parte attrice. Preliminarmente eccepisce la novità ed inammissibilità della domanda restitutoria proposta nei suoi confronti da parte attrice nella prima memoria ex art. 183 c.p.c., sul presupposto dell’estraneità del mutuo dell’attore alla cessione di credito documentata in atti e della sua inefficacia.

La causa è stata istruita con i documenti prodotti dalle parti: il giudice ha disatteso la richiesta di CTU contabile proposta da parte attrice.

Le questioni preliminari.

La domanda   restitutoria proposta da parte attrice   nella prima memoria ex art. 183 c.p.c. si fonda sulla dedotta estraneità del credito all’atto di cessione menzionato nell’avviso di cessione in blocco dei crediti pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale ex art. 4 L. 130/99 e 58 T.U.B. – contestata da parte attrice assumendo   che il credito fosse di importo superiore al limite massimo  indicato in tale atto  – e sulla inefficacia ed inopponibilità della cessione per il  mancato compimento  degli adempimenti pubblicitari. Tale domanda, come eccepito da XXX è tardiva ed inammissibile, essendo fondata su un fatto radicalmente nuovo, non dedotto in precedenza, l’esecuzione di pagamenti nei confronti di un soggetto diverso da quello individuato come tale nell’atto di citazione; che non si tratti di una modifica della domanda originaria è reso evidente dal fatto che essa è rivolta nei confronti del terzo e non  del convenuto; né può essere considerata una domanda conseguente alle difese della convenuta, poiché essa presuppone la medesima situazione di fatto dedotta nell’atto di citazione, la esclusiva riferibilità del rapporto contrattuale al XXX.

L’esistenza e l’efficacia dell’atto di cessione del credito, in particolare la sua riferibilità anche al credito riveniente dal contratto di mutuo oggetto di causa, sono pacifiche fra XXX o XXX,  rispettivamente cedente e cessionaria, e lo stesso  attore, a fondamento della domanda restitutoria proposta contro deduce di avere pagato  a questa le rate del mutuo a partire da quella di luglio 2009, in tal modo riconoscendo l’avvenuta cessione, per la quale non è prescritto, secondo la disciplina generale del codice civile, alcun requisito di forma.

Ne consegue che la riferibilità della cessione al contenuto letterale dell’atto di cessione menzionato nell’avviso di cessione in blocco dei crediti pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale ex art. 4 L. 130/99 e 58 T.U.B. – contestata da parte attrice assumendo che il credito fosse di importo superiore al limite massimo indicato in tale atto – è irrilevante ai fini della sua esistenza.

La sua opponibilità è contestata da parte attrice con riferimento al rispetto degli adempimenti prescritti dall’art. 50 comma 2 T.U.B.  ed affermata dalla convenuta e da XXX in via residuale con riferimento alla persistenza applicabilità della disciplina codicistica, ed in effetti, come già rilevato, la convenuta avendo pagato le rate del mutuo alla cessionaria sin dal luglio 2009 ha riconosciuto ed accettato l’avvenuta cessione; ma è logicamente prioritario il rilievo che una questione di opponibilità della cessione ha ragione di porsi solo in presenza di pagamenti eseguiti nei confronti del cedente dopo il perfezionamento della cessione o di conflitto fra più cessionari e che in difetto è sufficiente qualunque comunicazione scritta idonea allo scopo – compresa la citazione in giudizio – in qualunque momento effettuata (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 20143 del 18/10/2005).

Ciò posto, si deve ritenere che permanga la legittimazione attiva della cedente, sia con riferimento alle domande dirette ad accertare la originaria nullità ed inefficacia del contratto, che sono destinate a spiegare effetto anche nei suoi confronti, sia con riferimento alle domande restitutorie, nella misura in cui esse sono riferibili a pagamenti ricevuti dalla stessa.

Le contestazioni sollevate ai punti 1 e 4 dell’atto di citazione.

La contestata violazione delle norme sulla trasparenza è strettamente connessa, nella prospettazione di parte attrice, alle contestazioni sollevate nei confronti del piano di ammortamento alla francese, ragione per cui se ne impone la trattazione congiunta.

In sintesi, parte attrice sostiene che sarebbe stato applicato un interesse composto non previsto dal contratto e che diversi elementi essenziali non sarebbero stati oggetto di specifica informativa e non si evincerebbero in modo esplicito dalla regolamentazione negoziale, non potendosi reputare sufficiente l’approvazione da parte del cliente del piano di ammortamento allegato al contratto. In particolare, parte attrice si riferisce al regime finanziario in base al quale è stato costruito il piano di rimborso adottato, anche in relazione alle alternative possibili ed alla base di calcolo degli interessi, potendo questi astrattamente essere calcolati sulla quota capitale in scadenza, su tutto il capitale in essere o in base a criteri intermedi. A proposito di quest’ultimo punto assume che non è affatto scontato che egli interessi debbano essere pagati sull’intero capitale residuo e che al contrario, nel rispetto dell’art.1194, comma 2 c.c., in assenza di una pattuizione sulle modalità di pagamento degli interessi, si debba considerare vigente la regola opposta, secondo cui gli interessi non possono che essere riferiti al capitale in scadenza, l’unico che risulti liquido ed esigibile ex art. 1282 c.c.

Il risultato sarebbe la mancanza di una costanza della progressività di maturazione degli interessi e della loro proporzionalità al capitale finanziato, proprie del regime dell’interesse semplice, e la presenza, al contrario, di una loro lievitazione esponenziale.

Come è noto nell’ammortamento alla francese a fronte di un capitale preso a prestito al momento iniziale, il debitore deve corrispondere N rate di importo costante R comprensive di interessi, calcolati al tasso I e la costruzione del piano di ammortamento avviene secondo i seguenti criteri:

1. ciascuna rata costante è costituita da una quota-interessi decrescente e da una quota- capitale crescente;

2. la quota-interessi si ottiene moltiplicando per il tasso I il debito residuo del periodo precedente, tenendo presente che al tempo zero il debito residuo coincide con quello iniziale e, pertanto applicando la formula dell'interesse semplice (Interessi = Capitale x tasso x tempo);

3. la quota-capitale è la differenza fra la rata del prestito e la quota-interessi dello stesso periodo;

4. il debito estinto alla fine del periodo è dato dalla somma del debito estinto alla fine del periodo precedente e della quota-capitale versata;

5. il debito residuo, che al tempo zero coincide con il debito iniziale si calcola per differenza fra il debito iniziale e quello estinto.

Ne consegue che gli interessi vengono calcolati sulla quota capitale via via decrescente per il periodo corrispondente a ciascuna rata, al tasso nominale indicato in contratto e che gli interessi conglobati nella rata successiva sono a loro volta calcolati unicamente sulla residua quota di capitale, ovverosia sul capitale originario detratto l'importo già pagato con la rata o le rate precedenti.

Così quando le parti hanno inserito in contratto la somma oggetto di mutuo, il tasso di interesse e il numero delle rate, non è più possibile alcun intervento successivo del mutuante, il quale non ha la possibilità di suddividere la rata fra quota capitale e quota interessi, poiché tale suddivisione è già contenuta nella definizione di una rata costante di quel determinato importo.

Per queste ragioni la giurisprudenza assolutamente prevalente, compresa quella di questa sezione, ritiene che l’opzione per l’ammortamento alla francese non comporti l’applicazione di interessi anatocistici, e che non si pongano problemi di determinatezza delle pattuizioni contrattuali, perché una volta raggiunto l'accordo sulla somma mutuata, sul tasso, sulla durata del prestito e sul rimborso mediante un numero predefinito dì rate costanti, la misura della rata discende matematicamente dagli indicati elementi contrattuali: il rimborso  di un mutuo acceso per una certa somma, ad un certo tasso e con un prefissato numero di rate costanti, può avvenire solo mediante il pagamento di rate costanti di quel determinato importo.

La tesi proposta da parte attrice, riprendendo posizioni sostenute nella letteratura scientifica, si basa sul fatto che il valore della rata è determinato con la formula dell’interesse composto, nella quale si esprime la volontà di rendere equivalente il capitale finanziato al suo valore futuro comprensivo di interessi anatocistici anziché il suo valore futuro calcolato al netto della produttività degli interessi maturati.

Iniziando dai rilievi sollevati sul rispetto delle norme di trasparenza, si deve osservare che nelle premesse del contratto di mutuo si legge che "ai sensi delle vigenti disposizioni sulla “Trasparenza bancaria”, è allegato sotto la lettera “A” alla proposta contrattuale di mutuo allegata al presente atto sotto la lettera “A” il “Documento di sintesi” funzionale a fornire alla parte mutuataria una chiara evidenza delle più significative condizioni contrattuali ed economiche del finanziamento. La parte mutuataria dichiara di aver già preso visione, prima della stipula del presente atto, della proposta contrattuale di mutuo fondiario  e di detto Documento di sintesi"; ed analogamente  nell’art. 12 della proposta di contratto:   "Ai sensi delle vigenti disposizioni sulla “Trasparenza bancaria”, la parte mutuataria dichiara di aver ricevuto in precedenza la proposta contrattuale di mutuo, con allegati il Capitolato delle condizioni generali ed il Documento di sintesi, nonché lo schema dell’atto di accettazione del tutto conforme al presente atto".

L’art. 2 del contratto di mutuo testualmente prevede:

Il mutuo sarà rimborsato in un periodo di 30 (trenta) anni col pagamento, in valuta legale, di numero 360 (trecentosessanta) rate mensili posticipate, scadenti, senza interruzione, il 1° giorno di ogni mese a cominciare dal 1é gennaio 2008.

Pertanto, le n. 360 (trecentosessanta) rate mensili di ammortamento comprenderanno:

a) tanta parte del capitale quanta occorre a compiere la restituzione del capitale mutuato;

b) una quota di interessi rapportata al capitale dovuto, nella misura fissa del 6,79% nominale annuo; il tutto secondo la tabella che, firmata dalle parti e da me Notaio, è allegata sotto la lettera “C” alla proposta contrattuale di mutuo allegata al presente atto sotto la lettera “A”";

Il piano di ammortamento, prodotto da parte convenuta, riporta analiticamente la composizione di ogni singola rata in quota capitale e quota interessi, l’importo del capitale residuo alla scadenza di ciascuna rata, che costituisce la base di calcolo per la determinazione della quota interesse di ciascuna rata; mentre il totale dovuto dal mutuatario costituisce banalmente il prodotto fra l’importo della rata, che è fisso, ed il numero delle rate, ed in modo ugualmente banale, per differenza rispetto al capitale erogato, si può calcolare l’importo totale degli interessi dovuti.

Come si vede, il piano di ammortamento fornisce una dettagliata rappresentazione dei costi del finanziamento e delle modalità di restituzione (importo, numero e periodicità delle rate), tanto più che si tratta di mutuo a tasso fisso, il che esclude la configurabilità di un “effetto sorpresa” in fase di rimborso; in particolare la modalità di determinazione della quota interessi di ciascuna rata (interessi su capitale residuo) è chiaramente determinata; mentre  non vi vede in base a quale riferimento normativo si possa richiedere la prospettazione di regimi finanziati alternativi, non oggetto di proposta né di trattativa, o la discussione critica del regime finanziario applicato. Si deve concludere che gli elementi forniti consentivano l'esercizio della facoltà di verifica della corretta applicazione dei parametri individuati, non essendo stato concretamente prospettato un vizio di formazione del consenso né un materiale impedimento all'esercizio di tale verifica, che l’accettazione del piano di ammortamento ricomprende l'accettazione delle modalità matematico finanziarie di costruzione del medesimo, che comunque sono esplicitate nel contratto, e che l'accettazione dell’applicazione di tali parametri e del loro risultato, trasfuso nel piano di ammortamento, deve ritenersi idoneamente operata dal mutuatario, quale corrispondente ad una valutazione complessiva di convenienza dell'autoregolamentazione degli interessi attuata nel contratto.

Infatti secondo l’insegnamento della Cassazione il requisito della determinabilità dell’oggetto del contratto richiede semplicemente che siano identificati i criteri oggettivi in base ai quali fissare, anche facendo ricorso a calcoli di tipo matematico, l'esatto contenuto delle obbligazioni dedotte, senza alcun margine di incertezza o di discrezionalità, mentre non rileva la difficoltà del calcolo necessario per pervenire al risultato finale ne' la perizia  richiesta per la sua esecuzione (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 25205 del 27/11/2014).

In sostanza, stabilito nell’accordo delle parti il piano di ammortamento – che costituisce parte integrante del contratto –, le modalità della sua determinazione, se non contrastanti con la restante disciplina contrattuale, non possono rilevare sul piano dell’invalidità del contratto, né assumono rilevanza giuridica considerazioni basate semplicemente sulla convenienza di un piano di ammortamento basato sull’uno o sull’altro criterio.

Venendo ora al punto focale delle contestazioni relative al piano di ammortamento, si deve osservare sul piano generale che quando si fa riferimento a concetti tratti dalla matematica finanziaria è necessario che degli stessi sia esplicitato il riferimento giuridico e che sia individuabile un risultato giuridicamente rilevante conseguente alla loro applicazione. In difetto tale riferimento si risolve nell’impropria invocazione dell’autorità, su una questione eminentemente giuridica, di conclusioni che si assumono scientificamente fondate in un altro ambito del sapere.

Nello specifico l’approccio all'anatocismo bancario proposto da parte attrice trascura il dato normativo, che si riferisce esclusivamente alla produzione di interessi sugli interessi scaduti (art. 1283 c.c.: “gli interessi scaduti possono produrre interessi solo ...” art. 120 comma 2 T.U.B.: “gli interessi debitori maturati ... non possono produrre interessi ulteriori”).

E’ evidente infatti, poiché l’anatocismo viene fondato solo sulla formula matematica adottata per il calcolo delle singole rate, che in ogni caso manca il suo presupposto essenziale, un pregresso debito per interessi sul quale si possa ipotizzare la produzione di ulteriori interessi. La contestazione in effetti si risolve nella mera affermazione della maggiore gravosità del piano di ammortamento determinata dal fatto che gli interessi sono esigibili via via che maturano nel corso dell’ammortamento del mutuo e non al momento della sua estinzione, e dal fatto che la banca non è obbligata a far credito al mutuatario anche del loro importo ma al contrario può fare propria, dal momento in cui il mutuatario è obbligato a corrisponderli, la naturale fecondità del corrispondente importo monetario, che le è reso disponibile per altri impieghi.

Tale fenomeno però non ha nulla a che vedere con l’anatocismo ma costituisce una conseguenza naturale delle modalità determinate in contratto per l’adempimento dell’obbligazione del mutuatario, non sussistendo alcun divieto di prevedere l’esigibilità immediata degli interessi maturati nel corso dell’ammortamento, come si desume anche dalle disposizioni del codice civile che dettano una disciplina specifica dell’obbligazione di pagamento degli interessi (art. 1820, art. 2948 n. 4).

In conclusione, restano valide le ragioni, già esposte, sulla cui base si deve escludere che l’ammortamento alla francese implichi l’indeterminatezza del tasso di interesse, l’applicazione di un tasso superiore a quello dichiarato nel contrario, la violazione del divieto di anatocismo.

Sull’usura oggettiva e soggettiva (punto 2 dell’atto di citazione).

Il contratto prevede un tasso corrispettivo nominale del 6,79%, a fronte di un tasso soglia vigente pro tempore pari pacificamente al 9,09%, ed un tasso di mora variabile su base EURIBOR.

La contestazione in esame fa riferimento in modo specifico al tasso effettivo di mora ed all’incidenza della penale di estinzione anticipata.

Come è noto la giurisprudenza di legittimità (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 350 del 09/01/2013, Cass Sez. 3, Sentenza n. 5324 del 04/04/2003, Cass.  Sez. 1, Sentenza n. 5286 del 22/04/2000, Cass. Sez. 1, Sentenza n 14899 del 17/11/2000, C. Cost. 29/02) ha costantemente affermato che il tasso moratorio non è sottratto al divieto di usura. Sul punto la Suprema Corte è nuovamente intervenuta con la recente sentenza Sez. 3, n. 27442 del 30/10/2018, alla cui motivazione si rinvia, riesaminando dalle fondamenta la questione e confutando sulla base dell’interpretazione letterale, sistematica, funzionale, storica il diverso orientamento di alcuni giudici di merito richiamato da parte convenuta.

Invece si deve escludere che il tasso effettivo, da confrontare al tasso soglia, possa essere determinato per sommatoria del tasso corrispettivo e del tasso di mora. La sentenza n. 350/13, impropriamente richiamata al riguardo, non contiene alcuna affermazione in tal senso, avendo invece semplicemente affermato, nel solco della costante linea giurisprudenziale sopra richiamata, che sono soggetti al tasso soglia anche gli interessi moratori (risultanti nel caso sottoposto all’esame della corte dal tasso corrispettivo più la maggiorazione per la mora); la più recente e maggioritaria giurisprudenza di merito ha a più riprese affermato l’assurdità logica e giuridica della sommatoria, in base al semplice rilievo che gli interessi moratori non sono destinati ad essere applicati congiuntamente agli interessi corrispettivi ma si sostituiscono a questi.

Né si può richiamare, a giustificazione della sommatoria, la clausola contrattuale, comune nei contratti di mutuo, che prevede nell’ipotesi di ritardato pagamento l’applicazione del tasso moratorio sull’intero importo delle rate scadute, quindi sia sulla quota capitale sia sulla quota interessi, poiché tale meccanismo propriamente non comporta alcuna sommatoria di tassi in quanto la base di calcolo, alla quale si applica il solo interesse moratorio, rimane cristallizzata nell’importo della singola rata. Si tratta in effetti di una ipotesi di anatocismo, espressamente legittimata dall’art. 3 della Delibera CICR del 9 febbraio 2000, applicabile ai finanziamenti con piano di rimborso rateale stipulati successivamente al 1° luglio 2000.

Si deve pure escludere che il cumulo di interessi corrispettivi e moratori relativi a fasi diverse dell’operatività di tale meccanismo possa rilevare ai fini della determinazione del TEG contrattuale, attraverso la somma degli interessi – qui si tratta della somma degli importi addebitati a tale titolo nel loro valore assoluto e non della somma dei tassi – e la riparametrazione in termini percentuali dell’importo così ottenuto al capitale. Infatti anatocismo ed usura fenomeni distinti ed autonomamente disciplinati, tant’è che la rilevazione dei tassi medi non ricomprende interessi anatocistici, Sicché l’incremento del TEG in virtù dell’effetto anatocistico – in ogni caso meramente eventuale essendo subordinato al verificarsi di un ritardo nell’adempimento – determinerebbe una asimmetria fra il criterio di determinazione del tasso soglia ed il criterio di rilevazione del TEG, che come rilevato dalla recente Cass. S.U. n. 16303 del 20 giugno 2018 “contrasterebbe palesemente con il sistema dell'usura presunta come delineato dalla legge n. 108 del 1996, la quale definisce alla stessa maniera (usando le medesime parole: «commissioni», «remunerazioni a qualsiasi titolo», «spese, escluse quelle per imposte e tasse») sia - all'art. 644, comma quarto, cod. pen. - gli elementi da considerare per la determinazione del tasso in concreto applicato, sia - all'art. 2, comma 1, legge n. 108, cui rinvia l'art. 644, terzo comma, primo periodo, cod. pen. – gli elementi da prendere in considerazione nella rilevazione trimestrale, con appositi decreti ministeriali, del TEGM e, conseguentemente, per la determinazione del tasso soglia con cui va confrontato il tasso applicato in concreto; con ciò indicando con chiarezza che gli elementi rilevanti sia agli uni che agli altri effetti sono gli stessi.”

La commissione prevista per l'estinzione anticipata non può rientrare nel calcolo del tasso soglia corrispondendo a un diritto potestativo, esercitato a discrezione del mutuatario, che prescinde da un inadempimento: l'atto di recesso non costituisce, né presuppone, un inadempimento del recedente il quale esercita un suo diritto. Tale voce di costo non costituisce né un interesse né una penale e quindi non rientra fra i costi collegati alla concessione del credito, ma costituisce piuttosto una multa penitenziale ex art. 1373 c.c., ovvero la remunerazione che il mutuatario si impegna a riconoscere a favore dell'istituto di credito per l'esercizio del potere di recesso.

Si deve comunque escludere che ai fini della verifica dell’usurarietà del tasso debbano essere vadano calcolate le remunerazioni, le commissioni e le spese meramente potenziali, perché non dovute per effetto della mera conclusione del contratto, ma subordinate al verificarsi di eventi futuri concretamente non verificatisi, come si verifica, in particolare, nel caso in cui il contratto preveda una penale di estinzione anticipata che potrebbe risultare usuraria se applicata a breve distanza dalla concessione del credito, ma il cliente non sia receduto.

Con riferimento alla dedotta “usura soggettiva” (art. 644 comma 3 c.p.), si registra un difetto di sufficiente allegazione, poiché l’integrazione della fattispecie richiede che gli interessi “avuto riguardo alle concrete modalità del fatto e al tasso medio praticato per operazioni similari, risult[ino] comunque sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità, ovvero all'opera di mediazione, quando chi li ha dati o promessi si trova in condizioni di difficoltà economica o finanziaria” (art. 644 c.p.). Si richiede quindi, oltre alla verifica del valore del tasso di interesse, la allegazione e la prova dello stato di difficoltà economico finanziaria, e poi dello stato soggettivo di approfittamento da parte della banca. Ma sullo stato di difficoltà economico finanziaria parte attrice si è limitata a dar conto della pregressa esposizione debitoria del sig. XXX nei confronti di altri intermediari, senza operare alcun riferimento né allo stato di sofferenza di tali crediti né alle sue condizioni patrimoniali oltre che reddituali.

Sull’usura sopravvenuta (punto 3 dell’atto di citazione).

La contestazione, così come formulata, riproduce le argomentazioni già svolte da parte attrice in merito all’incidenza dell’applicazione dell’interesse di mora sull’interesse effettivo, nell’ipotesi di ritardo nel pagamento delle rate. Valgono pertanto le considerazioni svolte sopra, cui si deve soltanto aggiungere che la questione del superamento del tasso soglia per effetto della mera applicazione, nel corso dell’esecuzione del contratto, delle condizioni economiche originariamente indicate nel contratto, non pare riconducibile al tema della c.d. usura sopravvenuta, che si riferisce propriamente al superamento del tasso soglia determinato dalla variazione del parametro di riferimento, ed alla quale si riferisce Cass. Sez. U , Sentenza n. 24675 del 19/10/2017, invocata da parte convenuta.

Presupposizione, eccessiva onerosità, inesigibilità (punto 5 dell’atto di citazione).

Il sig. XXX, dirigente del XXX, premesso che il finanziamento è stato concesso a seguito della verifica dell’adeguatezza dei suoi redditi, sostiene che successivamente alla conclusione del contratto ne sia venuta meno una quota consistente, quella riferibile alla sua partecipazione ad incarichi di collaudo di opere pubbliche, per effetto della   Deliberazione                XXX, della Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, che ha precluso l’affidamento ai dirigenti pubblici di tali incarichi.

Sulla base di tale premessa di fatto invoca l’applicazione in suo favore, gradatamente, degli istituti della presupposizione, della eccessiva onerosità sopravvenuta, dell’inesigibilità della prestazione.

Ma rispetto a tutte e tre tali ipotesi risulta decisivo in senso contrario il rilievo che la variazione delle condizioni reddituali del mutuatario non è un fattore esterno al contratto, ma è ricompresa nell’economia del rapporto, nel senso che entrambe le parti si assumono il rischio relativo all’andamento futuro dei redditi del mutuatario, precisamente quest’ultimo della difficoltà od impossibilità di adempiere, il mutuante della difficoltà o impossibilità di realizzare il proprio credito, e quindi rientra nella comune alea contrattuale.

* * * * *

Non sono stati dedotti specificamente e tempestivamente elementi ulteriori sulla cui base si possa valutare il dedotto carattere usurario del mutuo o comunque la nullità della clausola determinativa del tasso di interesse; l’onere sul punto gravava su parte attrice ed è rimasto inadempiuto. Infatti la rilevabilità d’ufficio delle clausole che prevedono un tasso d'interesse usurario presuppone pur sempre la tempestiva allegazione degli elementi di fatto da cui la nullità deriverebbe, dovendo la pronuncia di nullità basarsi sul medesimo quadro di riferimento concretamente delineato dalle allegazioni delle parti, e non su fatti nuovi, implicanti un diverso tema di indagine e di decisione (Sez. 1, Sentenza n. 350 del 09/01/2013, Sez. 2, Sentenza n. 13846 del 13/06/2007); tale allegazione deve essere tempestiva, ovvero deve avvenire al massimo entro il termine ultimo entro il quale nel processo di primo grado si determina definitivamente il thema decidendum (Sez.  3, Sentenza n.   14581 del 22/06/2007) e deve essere corredata dalla specifica deduzione del fatto, che è riservata alla parte, non potendo il giudice procedere autonomamente alla ricerca, sia pure nell’ambito dei documenti prodotti in atti, delle ragioni che potrebbero fondare la domanda o l’eccezione, pur rilevabile d’ufficio (Sez. 3, Sentenza n. 22342 del 24/10/2007).

Alla genericità ed al difetto di prova della domanda non può supplire la richiesta di consulenza tecnica d’ufficio che come è noto non può essere utilizzata al fine di esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assume, e deve essere negata qualora la parte tenda con essa a supplire alla deficienza delle proprie allegazioni o offerte di prova, ovvero a compiere una indagine esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provati. In particolare si deve ritenere che la parte che deduce la violazione del divieto di usura, dunque l’applicazione di tassi superiori a quelli previsti dalla Legge 108/1996, abbia l’onere di dedurre in modo specifico l'avvenuto superamento dello specifico tasso soglia rilevante, che  si desume dai decreti ministeriali e dalle rilevazioni della Banca di Italia, perché la verifica deve essere condotta nei limiti della contestazione sollevata dalla parte, che deve essere fondata su criteri corretti in diritto e deve essere specifica, quanto all’allegazione del fatto, non essendo stata reputata sufficiente a fondare la richiesta di CTU contabile la mera indicazione numerica dei tassi che si assumono applicati dalla banca e del tasso soglia applicabile (Cass. 6 Sezione, ordinanza n 2311 del 30.01.18). La contestazione dunque non può essere generica o fondata su criteri errati in diritto e in mancanza non può essere ammessa alcuna consulenza tecnica.

Pertanto, le domande di parte attrice devono essere rigettate, ad eccezione della domanda di cui al punto d4 delle conclusioni, che deve essere dichiarata inammissibile. Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.


P.  Q.  M.

il Giudice unico, definitivamente pronunciando, dichiara inammissibile la domanda di cui al punto d4 delle conclusioni di parte attrice; rigetta le altre domande di parte attrice;

condanna parte attrice a rifondere alla convenuta XXXX ed al terzo chiamato XXX le spese di lite, che liquida per ciascuna delle parti vittoriose in euro 6000,00 oltre IVA, CPA, rimborso spese generali.

Roma, 18.09.19

IL GIUDICE

Dott. Vittorio Carlomagno


 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO di ROMA

OTTAVA SEZIONE CIVILE

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Antonella Zanchetta ha pronunciato ex art. 281 sexies c.p.c. la seguente

SENTENZA

Nella causa civile di I Grado iscritta al r.g. XXX promossa da:

XXXX

ATTORI

Contro

BANCA XXX

CONVENUTA


CONCLUSIONI

Le parti hanno concluso come da fogli allegati al verbale d’udienza.


Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione

XXX hanno citato in giudizio la banca XXX al fine di ottenere la condanna alla restituzione della somma di € 34.481,60 oltre interessi e rivalutazione monetaria dalla domanda al saldo indebitamente percepita a titolo di interessi anatocistici ultra legali e superamento tasso soglia, relativo al contratto di mutuo n. XXX del 03.10.2001; l’accertamento della compensazione ex art. 1241 cc tra quanto corrisposto in eccesso ovvero con quella maggiore o minore risultante anche in via equitativa; la  declaratoria di nullità, annullabilità ed inefficacia delle clausole contenute nel contratto relative all’indeterminatezza del tasso contrattuale convenuto ai sensi della L. 154/92 in violazione degli artt. 1346 e 1284 dell’art. 117 TUB e per veder condannare la convenuta alla restituzione della somma di € 9.031,91 come ricalcolata nel rapporto di finanziamento in virtù della sostituzione del saggio di interesse convenzionale con il tasso legale ex art. 1284 CC o con il tasso ex art. 117 TUB; l’accertamento della natura del piano di ammortamento applicato al contratto e dichiarare quale sia il piano di ammortamento legittimo da applicare al caso de quo e conseguentemente condannare la convenuta al rispetto del piano di ammortamento come definito; l’applicazione del tasso di interessi nel piano di ammortamento e per l’effetto, del combinato disposto di cui agli artt. 1346 e 1284 CC operare la sostituzione automatica del tasso ultralegale applicato e per l’effetto condannare la parte convenuta alla restituzione della somma di € 10.584,05; con la condanna della parte convenuta alla restituzione delle somme percepite a titolo di interessi ultralegali, oltre alle spese, competenze ed altri oneri applicati al contratto di mutuo e procedere alla sostituzione automatica delle clausole di interesse pattuito con il tasso minimo e con il tasso massimo sia per le operazioni attive che per quelle passive dei BOT; ha chiesto accertarsi che il proprio debito residuo ammonti ad € 25.625,87 sul quale ricalcolare gli interessi; in ipotesi di risoluzione del contratto di mutuo, fondiario n. 0693119 condannare la parte convenuta alla restituzione di tutte le somme sino ad oggi indebitamente riscosse; l’accertamento della sussistenza dei requisiti di cui all’art. 2033 CC delle somme corrisposte per la ripetizione di indebito in quanto corrisposte in esecuzione del contratto nullo e per l’importo di € 43.542,09, oltre ulteriori e diverse spese, oltre al risarcimento del danno nella misura di € 10.000,00 in quanto conseguenza immediata e diretta delle condotte illegittime poste in essere dalla società convenuta.

Regolarmente citata, la parte convenuta non è comparsa.

Concessi i termini di cui all’art. 183 co. VI CPC, la causa di natura documentale, è stata rinviata per la discussione orale e provvedimento ex art. 281 sexies CPC all’udienza dell’11.09.2018.

Letti gli atti e i documenti di causa:

ritenuto che la CTU si è mostrata esaustiva e priva di vizi logici ed argomentativi e rilevato che:

1) Dalle conclusioni della CTU è apparso inequivocabilmente la violazione degli obblighi informativi previsti e posti a carico dell’Istituto bancario attinenti in relazione alla fissazione del ‘tasso variabile’ contrattualmente convenuto, omettendo l’indicazione se il divisore dell’indice Euribor 6 mesi sarà 360 o 365 né quello quotidiano su cui verrà pubblicato il tasso non specificando se il piano di ammortamento utilizzato per il calcolo delle rate sarà un piano d’ammortamento alla francese o all’italiana, né il tipo di regime finanziario che verrà applicato al piano di ammortamento ‘se si fa riferimento ad un regime finanziario di capitalizzazione semplice o composta’ (pag. 9 della relazione del CTU);

2) Risulta essere omessa l’indicazione del valore dell’indice Euribor ‘6m’ conseguendone l’impossibilità della rilevazione nel contratto del divisore – 360 365 – preso in considerazione per il calcolo delle rate future né della specificazione se l’anno è 360 o 365 o i giorni del mese – 30 – 31, conseguendone l’impossibilità della verificazione dell’esattezza dell’applicazione del tasso da parte dell’Istituto ‘in occasione della revisione periodica della rata’ con conseguente indeterminatezza delle clausole contrattuali;

3) Del pari è omessa l’indicazione del tasso effettivo da parte della banca e dall’esito delle conclusioni della CTU è emersa, altresì la circostanza per cui l’Istituto bancario avrebbe applicato un tasso pari al 5,011% annuo, peggiorativo rispetto a quello indicato contrattualmente; operando la sostituzione del tasso legale, gli interessi dovuti in restituzione dalla parte mutuataria ammontano ad € 21.553,02 e che la somma da stornare alla parte attrice è pari ad € 7.645,04 come da piano di ammortamento allegato e lo stesso iter logico va applicato al caso sostituto del BOT;

4) Con riferimento al piano d’ammortamento la CTU ha verificato che dall’analisi delle disposizioni contrattuali nessun piano d’ammortamento è stato concordato tra le odierne parti processuali e che lo stesso non risulta essere stato indicato nel contratto, conseguendone l’omessa informazione a scapito del cliente, rassegnando le conclusioni in merito ad ogni punto dell’atto introduttivo;

5) Ciò premesso e considerato, la domanda deve essere accolta con riferimento alle conclusioni rassegnate nelle note conclusive e conseguentemente condannarsi la parte convenuta al pagamento della somma complessiva di € 34.481,60 oltre interessi e rivalutazione in quanto indebitamente percetti sulla scorta di un contratto che deve considerarsi affetto da nullità;

6) Tuttavia, non è stato possibile riscontrare dalla lettura della documentazione allegata dalla parte attrice – la sola che si è costituita in giudizio – procedere alla verifica dell’eventuale risoluzione del contratto di mutuo, oggetto di causa, pertinendo la documentazione messa a disposizione unicamente al contratto di mutuo ed ad alcune disposizioni di pagamento avvenute in favore della parte convenuta;

7) La lettura del contratto di mutuo consente agevolmente di verificare l’omissione dell’indicazione degli elementi essenziali del contratto di mutuo, con la conseguenza che risulta dimostrata la violazione dell’obbligo di cui all’art. 117 TUB, specificamente posti a carico della parte convenuta, che consente l’accoglimento della domanda in merito alla restituzione delle somme indebitamente percepite, mentre, a contrario, non ha fondamento la domanda configurata ai sensi degli artt. 2033 CC, in quanto quest’ultima ha natura residuale, esperibile solo nel caso in cui il soggetto leso non ha altra azione di natura contrattuale di riferimento;

8) Con riferimento alla richiesta di compensazione, la stessa non può essere accolta difettandone gli elementi costitutivi a sostegno;

9) Ne consegue che va accolta la domanda in via principale ed in virtù del principio di assorbimento dei diversi punti in cui la domanda è stata articolata dall’attrice va disposta la condanna dell’Istituto convenuto alla restituzione delle somme percepite a titolo di interessi illegittimi superiori al tasso soglia, e di quella somma di € 20.817,40, indicata dal CTU, indebitamente percetta dal medesimo convenuto a titolo di interesse contrattualmente convenuto;

10) Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come dispositivo, tenuto conto del valore della domanda e della media complessità delle questioni giuridiche trattate;

11) Spese di CTU definitivamente a carico delle parti nella misura della metà ciascuna.


PQM

Il tribunale, definitivamente pronunciando sulla domanda, respinta ogni diversa ed ulteriore, così provvede:

1) Accoglie la domanda in parte qua e per l’effetto condanna la convenuta, Banca XXX alla restituzione della complessiva somma di € 45.299,00, oltre interessi legali dalla data della domanda al saldo;

2) Condanna la Banca a rimborsare agli attori le spese di lite che si liquidano in € 700,00 per spese ed € 4.000,00 per competenze professionali, oltre Iva, cpa e spese generali come per legge.

3) Spese di CTU a carico delle parti nella misura di metà ciascuna.

Roma, 29.05.2019

Il Giudice

Dott. Antonella Zanchetta


 


TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO

Sezione SESTA CIVILE

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Claudio Antonio Tranquillo ha pronunciato ex art, 281 sexies c.p.c. la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 36294/2018 promossa da:

XXX

ATTORE

contro

XXX

CONVENUTO

CONCLUSIONI

Per XXX

Piaccia all’Ill.mo Tribunale adito, contrariis reiectis:

- nel merito, in via principale: accertare e dichiarare, per le ragioni tutte meglio esposte in narrativa e nella Relazione del 23.3.2018, che il contratto di Mutuo presenta - ex artt. 1815 c.c., 644 c.p., L. n. 108/96 e L. 24. 2001 - usura “ab origine”, in quanto il TAEG/ISC attualizzato alla stipula deborda il tasso soglia usura (TSUJ vigente nel trimestre di stipula e durante l’esecuzione del rapporto contrattuale e, per l’effetto, (i) condannare XXX, in persona del legale rappresentante pro-tempore, al pagamento/restituzione a favore di XXX, ai sensi e per gli effetti degli artt. 1815 e 2033 c.c., degli interessi corrispettivi e di mora versati sino alla emissione della sentenza e pari al 23.3.2018 ad euro 188.124,37, o nella diversa misura ritenuta di giustizia, e (ii) disporre che il contratto di Mutuo residuo sia ammortizzato a titolo gratuito, sia in linea di interessi di mora, che di interessi corrispettivi;

- in via subordinata: accertare e dichiarare, per le ragioni tutte meglio espresse in narrativa e nella Relazione del 23.3.2018, l’indeterminatezza e/o indeterminabilità, e/o difformità, rispetto alle previsioni del Mutuo, ex artt. 1283. 1284.^418- 1419 c.c. e art. 117, commi 4-7, T.U.B., dell’algoritmo di ammortamento adottato da XXX a causa di numerosi elementi di incongruità (indeterminatezza del piano di ammortamento e del tasso effettivo, calcolo del tasso di interesse in regime semplice e della rata in regime composto; illegittima e non pattuita amplificazione del TAN effettivo per via della promiscua utilizzazione di regimi di interessi distinti; incompatibile indicazione tra TAN contrattuale e importo della rata costante; mancata esplicitazione del days count convention sia in ingresso al mutuo che nel caso di ricalcolo della rata causa estinzioni parziali; mancata indicazione della metodologia di calcolo della rata, in corrispondenza di estinzioni parziali del mutuo) e, conseguentemente, disporre il ricalcolo del piano di finanziamento (i) in applicazione del disposto di cui all’art. 117, commi 4-7, TUB, mediante ricalcolo ai tassi minimo BOT per i 12 mesi precedenti le singole scadenze la conclusione del contratto e, per l’effetto, condannare XXX, in persona del legale rappresentante pro-tempore, al pagamento ex art. 2033 c.c., della somma di euro 137.662,40, o nella diversa somma ritenuta di giustizia, oltre interessi e rivalutazione monetaria, (ii) ovvero al tasso legale t.p.t. vigente, ai sensi e per gli effetti degli artt. 1283, 1284, 1418, 1419 c.c., e, per l’effetto condannare XXX, in persona del legale rappresentante pro-tempore, al pagamento ex art. 2033 c.c., della somma di euro somma ritenuta di giustizia, oltre interessi e rivalutazione monetaria. Il tutto rivalutato ai sensi e per gli effetti dell’art. 1224 c.c., secondo il procedimento di cui alla Cass. civ., SS.UU, n. 19499/2008;

- in ogni caso; accertare e dichiarare la lesione dei principi costituzionali della libertà di autodeterminazione e della libertà della persona eziologicamente connessi alla perpetrata usura contrattuale ab origine, nonché la violazione della buona fede contrattuale nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, per avere XXX richiesto il pagamento di oneri ed interessi estremamente superiori a quelle imperativamente ammesse dalla normativa bancaria e, comunque, pattuiti nel contratto di Mutuo in oggetto, per aver la Banca posto in essere una condotta usuraria ab origine, ed aver causato al Mutuante un danno morale e/o alla vita di relazione e/o una marcata perdita di chance e, conseguentemente, condannar^^B^^H|^^B in persona del legale rappresentante pro-tempore, al risarcimento del danno non patrimoniale subito da XXX pari ad euro 376.248,74, nel caso in cui venga riconosciuto il reato di usura ab origine, di cui alla L. 108/96 smi, ovvero nella misura di euro 234.026,08, nel caso venga riconosciuta l’illegittima applicazione di interessi non pattuiti e/o di indeterminatezza del tasso (TAN e TAEG'ISC) del piano di ammortamento, di cui agli artt. 1283,1284 c.c. e 117, commi 4-7, T.U.B.

Con vittoria di spese, competenze, ed onorari di lite.

- in via istruttoria, in riforma dell’ordinanza del 1.3.2019 e/o tramite emissione di nuovo provvedimento:

Si chiede ammettersi CTU tecnico contabile affinché risponda ai quesiti di seguito indicati, previo attento esame di tutta la documentazione prodotta, nonché dei calcoli e dei modelli matematici adottati nella relazione tecnica analitico-matematica (cfr doc. 2), in cui si fa rinvio ed applicazione anche di norme tecniche e direttive europee recepite in Italia.

Nei quesiti di seguito indicati, si chiede al Consulente di procedere a verifiche analitiche, utilizzando gli stessi modelli e gli stessi dati che la Banca convenuta ha pattuito ed ha utilizzato concretamente, durante l'ammortamento:

1. Il CTU ricostruisca, tenuto conto delle somme addebitate e dei documenti in atti, le partite contabili relative al contratto di finanziamento per cui è causa, individuando le condizioni applicate per quanto riguarda il tasso d’interesse effettivo (TAE) e lo confronti con il T.A.N indicato in contratto. Verifichi il regime di interesse (semplice o composto) adottato per il calcolo del tasso periodale e lo confronti con il regime di interesse (semplice o composto) adottato dalla banca per determinare la rata ed il piano di rimborso secondo l'ammortamento pattuito in contratto (alla francese). Nel caso di discordanza tra il regime di calcolo del tasso periodale ed il regime di interesse adottato per il calcolo della rata del piano di rimborso, il CTU ricostruisca il corretto piano di ammortamento secondo il pattuito algoritmo di ammortamento alla francese con medesimo regime di interesse (semplice/semplice oppure composto/composto) e lo confronti, in termini di onerosità, con quello adottato dalla banca.

2. Il CTU ricostruisca, tenuto conto delle somme addebitate e dei documenti in atti, l’effettivo days conni convention adottato concretamente dalla banca per ammortizzare il capitale mutuato e lo confronti con quello indicato dall’intermediario nel contratto di mutuo esaminato. Il CTU indichi, altresì, il days count convention adottato dalla banca per calcolare il nuovo importo della rata in corrispondenza delle estinzioni anticipate parziali del capitale, come da piano di ammortamento in atti, e lo confronti con quello indicato dall’intermediario nel contratto di mutuo esaminato.

3. IL CTU calcoli, tenuto conto delle somme addebitate e dei documenti in atti, l’Indicatore Sintetico di Costo (ISC o TAEG) del finanziamento esaminato attualizzato alla stipula contrattuale, includendo tutte le spese e gli oneri pattuiti in contratto ossia gli interessi corrispettivi e di preammortamento, le spese di assicurazione, spese di erogazione ed istruttoria, spese ipotecarie, commissioni per estinzione anticipata, interessi di mora, oneri ricorrenti di incasso rata e di tenuta del c/c indicato in contratto, fatta eccezione per imposte e tasse (art. 644 cp; L. 108/96 s.m.i.), accertando preliminarmente se vi è discordanza tra il TAEG/ISC indicato in contratto e quello effettivamente determinato dal CTU. Il CTU determini, altresì, il TEG del rapporto analizzato secondo il modello matematico e le istruzioni per le rilevazioni del TEGM ai fini della legge sull’usura, indicate dalla Banca d’Italia e applicabili ratione temporis. Nel determinare il TEG, il CTU segua attentamente le istruzioni della Banca d’Italia in riferimento alla categoria di credito corrispondente al rapporto bancario de quo, nello specifico, proceda alla valutazione del TEG secondo le ipotesi esemplificative indicate nelle ridette istruzioni al variare dei parametri (non prevedibili alla stipula) del modello matematico suggerito dalla Banca d’Italia;

4. Nel caso di discordanza dell’ISC (o TAEG) calcolato dal CTU rispetto a quello pattuito in contratto come da precedente quesito sub 3) oppure nel caso di incongruenza nei regimi finanziari (interesse periodale e calcolo rata) adottati dalla banca di cui al quesito sub 1) oppure nel caso di indeterminato days count convention di cui al quesito sub 2), il consulente determini il ricalcolo dell’intero finanziamento con conteggio delle posizioni debitorie e creditorie sostituendo al TAN indicato in contratto, il tasso sostitutivo minimo BOT di cui all’ex art. 117 comma 7 T.U.B., vigente nei 12 mesi precedenti il pagamento di ciascuna rata e rivalutando l’importo così ottenuto, ai sensi dell’ex art. 1224 c.c. come da procedura di cui alla Cass. SS.UU. 19499/2008;

5. Nel caso il TEG alla stipula calcolato dal CTU al quesito sub 3) in una qualunque delle ipotesi esemplificative indicate nelle istruzioni della Banca d’Italia, superi il valore del Tasso Soglia Usura vigente nel trimestre di stipula contrattuale, il consulente determini il ricalcolo dell’intero finanziamento con conteggio delle posizioni debitorie e creditorie senza applicazione di interessi corrispettivi e di mora, ex art. 1815 c.c. rivalutando l’importo così ottenuto, ai sensi dell’ex art. 1224 c.c. come da procedura di cui alla Cass. SS.UU. 19499/2008.

All’esito della CTU, si chiede ammettersi la prova per testimoni sui seguenti capitoli:

1) Vero che negli ultimi anni l’Avv. XXX ha avuto crescenti difficoltà nel l’ottemperare ai pagamenti delle rate del mutuo, relativo al suo studio professionale, e che per tale ragione lei ha effettuato con sempre maggiore frequenza versamenti sul suo conto professionale (si rammostri il documento n. 22);

2) Vero che la mancanza di liquidità, determinata dagli esborsi effettuati per il pagamento delle rate del mutuo, ha determinato la decisione dell’Avvocato XXX di affittare a terzi l’immobile di via Lovanio, conservandone solo un limitato uso ai fini della corrispondenza e delle riunioni;

3) Vero che la situazione di ‘ospite’ occasionale nel proprio studio di proprietà è stata ed è fonte di disagio, imbarazzo e frustrazione, che in modo ricorrente l’avvocato XXX ha manifestato;

4) Vero che la decisione dell’avv. XXX di vendere l’immobile di via Lovanio, n. 16 è stata determinata dalle difficoltà finanziarie patite a causa della onerosità del mutuo ed è fonte di avvilimento e demoralizzazione;

5) Vero che l’avv. XXX le ha manifestato il proprio disagio, malessere e mortificazione per dover indirizzare a suo marito richieste di supporto economico per la sua attività professionale

…….

Voglia l'Illustrissimo Tribunale, contraris rejectis, così giudicare:

IN VIA PRINCIPALE:

a) respingere tutte le domande formulate dal XXX in quanto inammissibili ed infondate, in fatto e in diritto, per le ragioni esposte in atti, assolvendo XXX da ogni avversaria pretesa;

b) per l’effetto confermare la legittimità del contratto di mutuo fondiario e dichiarare che XXX nulla deve a XXX ad alcun titolo o ragione.

IN OGNI CASO:

- con vittoria di spese e competenze di causa, oltre rimborso forfetario ed accessori come per legge.


Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione

Plurime doglianze dell’odierna attrice XXX in relazione al contratto di mutuo ipotecario stipulato il 28.11.2008 con XXX odierna convenuta.

1. Si allega innanzitutto il carattere usurario del contratto, sia con riguardo agli interessi corrispettivi sia valutando l’impatto della mora pattuita rapportata al capitale residuo (pag. 4), con riguardo al t.a.e.g. / i.s.c.

Va premesso che svolgendo parte attrice un inciso relativo al superamento in corso di rapporto del tasso soglia (pag. 23) potrebbe astrattamente venire in rilievo il tema dell’usura sopravvenuta. Vale allora a inibire ogni questione sul punto la sentenza di Cass. S.u. n. 24675/2017, in base alla quale nei contratti di mutuo, allorché il tasso degli interessi concordato tra mutuante e mutuatario superi, nel corso dello svolgimento del rapporto, la soglia dell’usura, come determinata in base alle disposizioni della legge n. 108 del 1996, non si verifica la nullità o l’inefficacia della clausola contrattuale di determinazione del tasso degli interessi stipulata anteriormente all’entrata in vigore della predetta legge o della clausola stipulata successivamente per un tasso non eccedente tale soglia quale risultante al momento della stipula, né la pretesa del mutuante, di riscuotere gli interessi secondo il tasso validamente concordato, può essere qualificata, per il solo fatto del sopraggiunto superamento di detta soglia, contraria al dovere di buona fede nell’esecuzione del contratto.

Si osserva inoltre che il t.e.g., ossia la sola voce rilevante ai fini della disciplina dell’usura, è solo analoga e non identica al t.a.e.g., tenuto conto che in quest’ultimo si ricomprendono anche voci quali imposte e tasse.

Ciò posto (e impregiudicato il problema della rilevanza del tasso di mora e/o dei relativi interessi ai fini della disciplina dell’usura, sul quale infra), si osserva che l’atto di citazione evidenzia un t.a.e.g. effettivo (e alcun t.e.g.) pari al più al 6,88545% (cfr. infra, pt. 2). Il tasso soglia dei mutui ipotecari a tasso fisso per il quarto trimestre del 2008 era del 9,45%.

2. Osserva poi l’attrice che il calcolo del t.a.e.g./i.s.c. (“perfettamente sovrapponibile analiticamente al modello di calcolo del TEG”: pag. 11 citazione) effettivo condurrebbe a un tasso del 6,88545% (considerando interessi corrispettivi, nonché tutti gli oneri/spese/commissioni pattuiti contrattualmente) ovvero del 5,28145% (considerando solamente interessi corrispettivi, interessi di pre-ammortamento, spese di istruttoria, spese assicurative) a fronte di un tasso contrattuale del 5,2% (pag. 16 citazione), con conseguente necessità di applicare l’art. 117 c. 7 d. lgs. n. 385/1993.

Ciò posto, il tasso d’interesse di cui all’art. 5 del contratto è l’i.s.c., non il t.a.e.g. La relativa disciplina non si rinviene pertanto, a differenza del t.a.e.g., nella normativa primaria, ma solo nelle disposizioni in materia di trasparenza della Banca d’Italia. Trattandosi di indice previsto solo da una disciplina regolamentare e tecnica dettata a fini di trasparenza, in difetto di una precisa norma di legge un’eventuale difformità tra i.s.c. dichiarato e praticato non può comportare l’applicazione del tasso sostitutivo ex art. 117 c. 7 d. lgs. cit. (che Part. 125 bis d. Igs. cit. prevede solo per il caso di mancanza di nullità, non anche per il caso di difformità), ma solo il risarcimento del danno. Tale danno non deriva dall’inadempimento di un obbligo di prestazione, posto che l’i.s.c. (al pari del t.a.e.g.) è un tasso previsto a soli fini di trasparenza e non per la validità del contratto sotto il profilo del ricorrere dei suoi elementi essenziali. Consegue che il danno deriva al più dalla lesione di uno specifico affidamento, e si sostanzia dimostrando di avere perso occasioni di contrarre a prezzi più convenienti per avere confidato nell’effettività dell’i.s.c. in esame. Nulla di tutto questo nel caso di specie.

Nel merito dei calcoli svolti, peraltro, emergono perplessità già solo per via del fatto che sono indicati due possibili t.e.g.; ciò in quanto la normativa di riferimento al momento della stipula del contratto (28.11.2008) era integrata dal d.m. tesoro 8.7.1992 e dal d.m. economia del 6.5.2000, i quali analiticamente prevedono le voci incluse ed escluse dal t.e.g.[24]. Ora, in questo contesto, non si comprende la giustificazione dell’inclusione nel calcolo delle commissioni di svincolo ipoteca e di estinzione anticipata. Parte attrice ha incluso nel calcolo le seguenti voci: spese di istruttoria, quota di preammortamento, quota svincolo Ipoteca, quota incasso rata, commissione di estinzione anticipata (pag. 162 perizia). Consegue che al più un dubbio può sorgere in relazione al secondo dei due t.a.e.g. calcolati. Vale però la pena osservare che in prima battuta si è di fronte a una perizia di parte di carattere eccentrico, e non solo per la mole (pari a 182 pagine), quanto piuttosto per l’assunzione di considerazioni non condivisibili (quali l’inclusione di voci non previste nel calcolo del t.a.e.g.; XXX).

Inoltre, vale la considerazione già svolta in punto di danno derivante da indicazione di i.s.c. errato: considerato che non sono state svolte specifiche allegazioni sul punto del danno da lesione dell’affidamento, una c.t.u. si paleserebbe del tutto inutile.

3. Circa l’ammortamento, si allega che la banca per ottenere maggiori allegazioni ha messo a punto un piano di ammortamento progressivo in regime finanziario promiscuo (cfr. pag. 5), concetto non adamantino e chiarito nel senso che sarebbero incluse operazioni in regime di interesse semplice con operazioni in regime di interesse composto.

Si allega altresì che il regime di ammortamento alla francese non permetterebbe di individuare univocamente il piano di rimborso.

Anche in questo caso sia consentito rilevare come l’atto di citazione sembri riportare concetti non del tutto chiari, del resto presenti nella consulenza di parte: che però, non essendo elaborato giuridico, può permettersi di non adottare la terminologia giuridica.

Ciò premesso, in perizia si evidenziano una serie di presunte criticità, in primis il calcolo del tasso di interesse in regime semplice e della rata in regime composto. Vero il punto (per pervenire a calcolare la rata costante, si adottano metodologie di calcolo proprie del regime dell’interesse composto), lo stesso è irrilevante. Stabilito nell’accordo delle parti l’ammontare della rata (i.e. uno degli elementi accidentali del contratto, inerente alle modalità del rimborso), le modalità del relativo calcolo non si riverberano da un punto di vista giuridico sulla validità del piano di ammortamento, né vengono in rilievo argomentazioni relative alla convenienza di un piano basato su una rata di tale ammontare.

Il consulente di parte attrice elabora varie ipotesi di ammortamento, sul presupposto che sia possibile individuare con rigore almeno cinque distinti piani per effetto di una rata costante di diverso ammontare, ma in senso contrario, quand’anche non esista una formula per determinare univocamente la rata fissa del piano di ammortamento alla francese, si osserva che una volta determinata la rata, si ripete, ogni questione sul come si sia pervenuti al relativo ammontare non ha più interesse giuridico (salva l’ipotesi alquanto improbabile che una delle parti sia un esperto di matematica finanziaria, che postuli che ai fini del calcolo della rata si applichi una certa procedura: ma in questo caso, si guarderà bene dal firmare il contratto se ritiene che la rata del piano di ammortamento sia frutto di un errore esiziale).

Secondo il consulente di parte attrice (p. 18 perizia) “La banca per ottenere maggiori remunerazioni (come appare evidente dalla maggiore onerosità del piano di rimborso adottato dalla banca rispetto agli altri ricostruibili dal medesimo contratto) ha messo a punto un piano di ammortamento alla francese in regime finanziario promiscuo che include, cioè, operazioni in regime di interesse semplice con operazioni in regime di interesse composto, per garantire la scindibilità delle leggi finanziarie e verificare così la condizione di chiusura relativa al capitale da rimborsare nel tempo pattuito e con il frazionamento infra-annuale concordato. Ovviamente, tale promiscuità di regime non è assolutamente consentita in matematica finanziaria in quanto pacificamente errata ovvero non consente di ottenere, in concreto, il valore della rata prefissato ed il TAN concordato. Ad ogni modo, tale "anomalia” andrebbe quanto meno resa chiara in sede contrattuale”. Ora, la maggiore onerosità di un piano di ammortamento rispetto a un’altra tipologia dì piano non è certo ragione di invalidità del primo. Inoltre, si è già messa in luce l’erroneità del presupposto in base al quale non si potrebbe calcolare la rata adottando una formula propria de! regime dell’interesse composto; si allega che non sarebbe consentita in regime di matematica finanziaria, eppure il calcolo non viene contestato in quanto intrinsecamente viziato (nel senso: il consulente di parte attrice non nega che, calcoli alla mano, pervenire a quel determinato valore della rata sia impossibile; si allega per il vero che il metodo in esame “non consente di ottenere, in concreto, il valore della rata prefissato ed il TAN concordato”.

In sintesi, il consulente di parte attrice osserva che l’ammortamento adottato dalla banca nasconde un illecito anatocismo; ma occorre premettere che la doglianza secondo la quale tale modalità di ammortamento nasconderebbe inevitabilmente una prassi anatocistica non pattuita e illegittima, in quanto contrastante con il dettato di cui all’art. 1283 c.c. nasce da un equivoco nella scomposizione della struttura dei contratti di mutuo con ammortamento alla francese, in quanto tale sistema matematico di formazione delle rate risulta in verità predisposto in modo che in relazione a ciascuna rata la quota di interessi ivi inserita sia calcolata non sull’intero importo mutuato, bensì di volta in volta con riferimento alla quota capitale via via decrescente per effetto del pagamento delle rate precedenti, escludendosi in tal modo che, nelle pieghe della scomposizione in rate dell’importo da restituire, gli interessi di fatto vadano determinati almeno in parte su se stessi, producendo l’effetto anatocistico contestato. In nessun punto dell’atto di citazione, del resto, si evidenzia 1) una prima produzione di interessi tale da fondare un credito del concedente, e 2) una successiva produzione di interessi sui primi; il che vuol dire che in realtà si è di fronte a interessi di eguale natura e calcolati in modo unitario, e non alcuni già dovuti in prima battuta a titolo corrispettivo e i secondi parimenti dovuti allo stesso titolo e calcolati sui primi. Le parti, in sintesi, convengono un finanziamento, una restituzione rateale, e che parte della rata sarà imputata al capitale, e altra parte all’interesse; le rate successive alla prima vedranno la quota imputabile a interesse calcolata sul capitale iniziale meno la quota capitale già versata con la prima rata, e così via fino alla scadenza.

Come si sia giunti a questa determinazione (in particolare: a prescindere dal fatto che al calcolo del della rata fissa complessivamente intesa - ossia capitale più interesse - si sia pervenuti applicando in sede di calcolo la formula dello sconto composto) non determina violazione dell’art. 1283 c.c., qualora in sede applicativa il tasso d’interessi sia applicato alla sola quota capitale (e all’intero capitale, nella prima rata). Non vi è quindi spazio alcuno per l’esecrato anatocismo, bensì per l’applicazione delle condizioni contrattuali.

Pertanto, la doglianza di parte attrice sul punto è del tutto infondata.

4. Si allega l’indeterminatezza della clausola concernente gli interessi moratori, posto che non si capirebbe come calcolare l’interesse corrispettivo e di mora, né il c.d. day count convention (in base alla nota a piè di pagina 8 della citazione: metodologia di calcolo dell’interesse maturando ad ogni mensilità).

Occorre anzitutto notare che nel momento in cui si riportano in citazione concetti verosimilmente tratti dalla matematica finanziaria, si può senz’altro procedere riportando il loro nome (nel caso di specie: day count convention); ma non si può fare a meno di renderne l’ubi consistam in termini giuridici: se non del concetto, quantomeno delle criticità contrattuali che il concetto matematico serve a disvelare.

Non pare un caso allora che sul punto tutto si riduca a una generica contestazione dell’impossibilità di calcolare gli interessi, le loro modalità di calcolo e in base a una traduzione letterale il criterio di calcolo dei giorni (e non quindi l’ampio e indeterminato concetto evocato in nota a pag. 8 e riportato supra). Ciò premesso, gli interessi di mora in base alla clausola 5 si producono dal giorno della scadenza della rata e fino al momento del pagamento. Il criterio è quello allora dei giorni effettivi. A pag. 94 della perizia di parte attrice si contesta implicitamente l’assunto, ma in senso contrario va osservato che almeno in prima battuta un regime di calcolo in cui si ponga al denominatore l’anno commerciale postulerebbe per coerenza un calcolo dei giorni di ritardo su un calendario commerciale anziché civile. Inoltre, si deve ritenere che una deroga al criterio dei giorni effettivi, proprio perché in contrasto con un dato di fatto (ogni tasso, in quanto rapportato su base annua deve calcolarsi, se si tiene conto dei giorni, a 365 giorni: tale essendo la durata dell’anno), deve essere espressamente disposta.

Il punto resta tuttavia impregiudicato per l’assorbente considerazione che non solo non è stato allegata l’intervenuta produzione di interessi di mora, ma che neppure in sede di conclusioni si chiede la nullità della relativa clausola.

5. In aggiunta si lamenta un danno non patrimoniale per lesione del diritto ex art. 41 Cost. in base alla quale l’iniziativa economica privata è libera. Al di là dell’esistenza di un diritto in esame, e del suo ricorrere nel caso di specie, l’infondatezza delle precedenti doglianze priva di rilievo l’esame di tale domanda.

Spese pari a € 11.000,00 oltre accessori, avuto riguardo al valore della domanda di ripetizione di parte attrice e alla modestia della fase istruttoria.

Oltre al compenso, sono altresì dovute le spese generali (come previste per legge) e il contributo c.p.a., ma non anche l’iva.

Quando la parte vittoriosa è un soggetto passivo d’imposta, essa ha diritto alla detrazione della stessa e per questo motivo la parte soccombente non deve essere tenuta alla rifusione dell’importo corrispondente. L’art. 18 del d.P.R. n. 633/1972 dispone infatti che il soggetto che effettua la cessione di beni o prestazione di servizi imponibile deve addebitare la relativa imposta, a titolo di rivalsa, al cessionario o al committente; sostanzialmente, quindi, il difensore della parte vittoriosa deve emettere la parcella al proprio cliente e solo questi potrà portare in detrazione l’iva calcolata sull’onorario, provvedendo poi alla detrazione di tale importo, qualora sia, appunto, un soggetto passivo d’imposta; se, pertanto, detta parte si vedesse a sua volta rifuse le spese legali, comprensive di iva., di fatto finirebbe con arricchirsi indebitamente dell’importo equivalente all’imposta, dal momento che per essa tale aggravio non ha costituito un costo, avendolo “recuperato” attraverso la detrazione.


P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa domanda o eccezione respinta

RESPINGE

Le domande di XXX e la

CONDANNA

Al pagamento in favore di XXX di € 11.000,00 oltre spese generali e c.p.a.

Sentenza resa ex art. 281 sexies c.p.c., pubblicata mediante lettura alle parti presenti ed allegazione al verbale.

Milano, 26 marzo 2019

Il Giudice

dott. Claudio Antonio Tranquillo



[1] A cura di R. Marcelli, A. Valente.

[2] Cfr. Tribunale Rovigo n. 352/2019; Tribunale Torino, E. Astuni 30/5/19, commentato in R. Marcelli, Ammortamento alla francese: i contratti di ‘adesione’ e i presidi posti dall’art. 1283 c.c. e dal nuovo art. 120 TUB, 2° comma. Le vischiosità addotte dalla giurisprudenza. Sentenza del Tribunale di Torino, 30 maggio 2019, in www.ilcaso.it.

[3] Si è osservato in dottrina che il divieto di anatocismo stabilito dall’art. 1283 c.c. si riferisce alle modalità di calcolo degli interessi e non all’entità dei medesimi, potendo il mutuante ottenere lo stesso risultato variando il tasso di interesse. La criticità dell’anatocismo nei finanziamenti si risolve in un mero problema di trasparenza pattizia: per un finanziamento decennale con rimborso in unica soluzione di capitale ed interessi, prevedere un TAN del 10% in regime composto o un TAN del 15,94% in regime semplice conduce al medesimo risultato economico, ma solo quest’ultimo costituisce l’effettivo prezzo, espressione economica del costo in ragione d’anno al quale va incontro il mutuatario. Già nel ’92 A. Nigro riconduceva l’anatocismo all’interno della tematica della trasparenza in ‘La legge sulla trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari: note introduttive, in Dir. Banc., 1992, I, p. 421. Si è osservato altresì: ‘Da un punto di vista economico l’anatocismo non si presenta come un moltiplicatore di valori ma come espressione di valori già dati. La formula ‘(1+i/n)n-1’in cui i è il tasso dell’interesse da capitalizzare nell’anno ed n il numero delle capitalizzazioni infrannuali, consente di convertire qualunque interesse capitalizzato a scadenze infrannuali nel suo equivalente annuale (e viceversa) senza che il tasso effettivo così ricavato, subisca nel tempo alcuna modificazione. Altra formula consente di calcolare l’interesse semplice equivalente all’interesse nominale soggetto a capitalizzazione periodica in un tempo determinato. Ne deriva che, considerato in astratto, l’anatocismo non incide in alcun modo sull’entità della prestazione ma sulla forma della sua espressione. Da qui un’apparente incoerenza poiché, investendo il profilo dell’espressione dell’interesse e non quello della sua misura, l’anatocismo (e il suo divieto) avrebbe dovuto essere considerato, non per il suo possibile carattere usurario ma per le sue ripercussioni sulla volontà negoziale. (...) Proprio per effetto dei più alti tassi praticati dal ‘credito usurario’ e dei maggiori livelli di mascheramento che possono prodursi unicamente agendo sulle variabili ora indicate, che si trova costretto a far ricorso all’usurario più facilmente si trova esposto ai suoi raggiri. In questi contesti il divieto di anatocismo, intervenendo sul piano dell’espressione, costituisce una difesa avanzata contro gli eccessi che possono interessare il piano della misura. Per contro nei rapporti commerciali, e segnatamente in quelli fra banchieri, la padronanza dei meccanismi contabili e il modesto livello dei tassi pattuiti, rendendo perfettamente conoscibili i tassi effettivi ed assai esigua la distanza fra questi e quelli nominali, rende le clausole anatocistiche sostanzialmente innocue; conclusione ancor più valida nelle epoche – di bassi tassi di interesse e con tempi di capitalizzazione tendenzialmente inferiori a quelli odierni – in cui gli usi si sono prodotti’. (G. Di Benedetto, Anatocismo e costo della disponibilità nei vecchi contratti e nei sistemi di pagamento elettronici. Tre domande sui futuri contratti di conto corrente, Diritto della banca e dei mercati finanziari, 2000).

[4] Cfr. R. Marcelli, ‘Ammortamento alla francese: il regime composto e l’anatocismo. L’egemonia della finanza sull’economia reale’, settembre 2019, in www.assoctu.it                    

[5] Cfr. R. Marcelli, A. G. Pastore A. Valente, ‘Ammortamento alla francese. Il regime composto e l’anatocismo: il genus finanziario e la species giuridica’, in pubblicazione su I contratti, 2019.

[6] Risulta del tutto fuorviante ritenere che uno dei principi regolanti la costruzione dei piani di ammortamento sia che, con il pagamento della rata, debbano essere riconosciuti tutti gli interessi maturati nel periodo cui la rata si riferisce. Questa condizione è impiegata dagli intermediari, ma non trova alcuna rispondenza nella matematica finanziaria, per la quale un piano di ammortamento risponde ad una definizione assai più generale. C.E. Bonferroni riporta: ‘l’operazione di ammortamento interviene fra un prestatore e un debitore (mutuante e mutuatario) e consiste nei pagamenti che il secondo versa al primo allo scopo di ammortare (estinguere, rimborsare) il debito, tenendo conto degli interessi convenuti’. E, Volpe di Pignano precisa: ‘il rimborso di un prestito indiviso (ossia con unico creditore mutuante) può essere pattuito in linea capitale a rimborso unico ossia in unica soluzione ad una prefissata scadenza, ovvero a rimborso graduale attraverso uno scaglionamento nel tempo del pagamento del debito, previamente decomposto in parti, dette quote capitale (o quote d’ammortamento). Affinché si abbia un effettivo ammortamento progressivo del debito, occorre la decrescenza nel tempo dei debiti residui (=debito iniziale meno quote capitale rimborsate) che comporta la non negatività delle quote capitale’. Per E. Levi ‘Il rimborso di un prestito viene spesso chiamato ammortamento; più propriamente si dovrebbe parlare di ammortamento solo nel caso di rimborso rateale, che, per maggior chiarezza, può chiamarsi allora ammortamento graduale’.

Si perviene a conclusioni fuorvianti se si fissano vincoli che limitano i principi generali che presiedono i piani di ammortamento, così come impiegati nell’uso corrente. Non è infrequente rilevare in dottrina riferimenti non rispondenti compiutamente ai principi e definizioni da lungo tempo adottati nella pratica operativa; ad esempio, riporta M. Silvestri, G. Tedesco (‘Mutuo a tasso fisso e rimborso graduale secondo il sistema francese con rate costanti’, in Giur. Merito 2009, 82): ‘In primo luogo vanno ricordati i principi fondamentali che regolano la costruzione dei piani di ammortamento, cioè: 1) Ciascuna rata costante è costituita da una quota interessi e da una quota capitale, ... 2) La somma delle quote capitale contenute nelle rate deve ammontare all’importo originario del prestito. 3) Con il pagamento della rata vanno riconosciuti tutti gli interessi maturati nel periodo cui la rata si riferisce. 4) In ciascuna rata la quota capitale è la differenza fra il totale della rata e la quota interessi del periodo’. Premessa questa definizione dell’ammortamento a rata costante, che non trova più rispondenza nell’impiego usuale dei termini contrattuali, si perviene a considerare un’unica metodologia di costruzione del piano, pervenendo in tal modo ad una conclusione riduttiva e difforme dalle risultanze che discendono dalla matematica finanziaria, sostenendo di conseguenza: ‘A un attento esame, una volta raggiunto l’accordo sulla somma mutuata, sul tasso, sulla durata del prestito e sul rimborso mediante un numero predefinito di rate costanti, neanche la misura della rata costituisce oggetto di una violazione in senso tecnico, perché la rata discende matematicamente da quegli elementi contrattuali: il rimborso di quel prestito, accordato a quel determinato tasso, rimborsabile con quel determinato numero di rate costanti può avvenire solo mediante il pagamento di rate costanti di quel determinato importo’. Tale conclusione rispecchia la riduttiva definizione di ammortamento da cui è partita, pervenendo altresì, all’erroneo concetto che nella circostanza dell’ammortamento alla francese ricorre l’impiego del regime semplice. La conclusione viene ripresa e gli autori espressamente richiamati in una recente decisione dell’ABF di Milano (N. 24693 del 22/11/18). Il piano di ammortamento a rata costante, nella modalità usualmente impiegato dagli intermediari, si fonda sulla legge del regime composto: questo aspetto rimane ‘inconfutabilmente’ sancito in ogni testo di matematica finanziaria, dal Bonferroni al De Finetti, dall’Insolera al Levi, per arrivare ai più moderni, Varoli, Trovato, Morriconi, Fersini ed Olivieri.

[9] Questo aspetto viene rilevato e considerato in un’altra sentenza del Tribunale di Roma (Cfr. Allegato 3) nella quale il giudice, nel rilevare l’omissione di elementi essenziali del contratto di mutuo a tasso variabile, ha ravvisato la violazione dell’obbligo di cui all’art. 117 TUB. ‘dalle conclusioni del CTU è apparso inequivocabilmente la violazione degli obblighi informativi previsti e posti a carico dell’Istituto bancario (…) non specificando se il piano di ammortamento utilizzato per il calcolo delle rate sarà un piano alla francese o all’italiana né il tipo di regime finanziario che verrà applicato al piano di ammortamento ‘se si fa riferimento ad un regime finanziario di capitalizzazione semplice o composta’ (Tribunale Roma, G: A. Zanchetta, n. 2019/2019).

[10] La Direttiva sul credito al consumo 2008/48/CE e l’art. 117 TUB dispongono, tra gli elementi previsti in contratto, ‘il tasso debitore, le condizioni che ne disciplinano l’applicazione, .....’. Tra queste ultime non sembra si possa ‘tacere’ il regime di capitalizzazione composta, né tanto meno il criterio di calcolo degli interessi che l’intermediario presumerebbe intese nella dizione ‘alla francese’.

[11] Dato il vincolo della rata predeterminata calcolata in regime composto, con l’anticipato pagamento degli interessi maturati, si viene conseguentemente a comprimere, di una misura corrispondente alla quota anticipata e maggiorata, la quota complementare di capitale, determinando un  roll over dei rimborsi che, reiterato ad ogni scadenza: i) da un lato viene a modificare l’obbligazione principale, conseguendo un finanziamento sostanzialmente diverso e maggiore di quello del regime semplice ed anche di quello risultante nell’alternativo criterio di calcolo degli interessi capitalizzati e corrisposti unitamente alla quota di capitale in scadenza; ii) dall’altro, incrementando il valore medio del finanziamento si amplifica, con esso, anche la produzione di interessi primari, sino a farli coincidere matematicamente con il valore complessivo del monte interessi, primari e secondari, propedeuticamente determinato in regime composto nel valore della rata.

[12] Come si evidenzia nell’Allegato 1, adottando criteri di anticipazione intermedi a quelli richiamati, il prezzo del finanziamento decresce e parallelamente cresce l’obbligazione principale, lasciando invariata l’obbligazione accessoria. Per l’effetto del menzionato roll over dei rimborsi, l’incremento indotto nell’obbligazione principale bilancia la maggiorazione degli interessi sino a renderla, in termini proporzionali, coerente con il TAN espressivo anche del prezzo ex art. 1284 c.c. (Cfr. R. Marcelli A.G. Pastore, A. Valente, ‘TAN, TAE TAEG nei finanziamenti a rimborso in unica soluzione e nei finanziamenti a rimborso graduale’, in pubblicazione In Banca, Borsa e Titoli di Credito).

[13] Cfr. R. Marcelli, Ammortamento alla francese e all’italiana: le conclusioni della giurisprudenza risultano confutate dalla matematica, in ilcaso.it, 2019.

[14] Nel regime composto l’impiego del TAN come tasso esprimente la misura relativa del prezzo del finanziamento viene a perdere ogni significato, in quanto ad un medesimo TAN ed un medesimo valore assoluto del prezzo espresso dall’obbligazione accessoria, in funzione dell’intensità del roll over dei rimborsi, corrispondono diverse misure percentuali ex art. 1284 c.c. (comprese fra l’11,0% e il 10,0% nell’esempio riportato nell’Alleg. 1). Ciò mette in luce una criticità dai risvolti giuridici dirimenti: nel regime composto, per la medesima obbligazione accessoria, il prezzo espresso dal tasso del finanziamento viene a dipendere dal criterio di imputazione degli interessi prescelto, contraddicendo il principio stesso dell’art. 1284 c.c. in funzione del quale il tasso deve essere scevro delle modalità di pagamento che ne inficerebbero la natura proporzionale. Risulta assodato che il riferimento al ‘saggio di interesse .... in ragione d’anno’ dell’art. 1284 c.c. prescinde dai tempi della corresponsione degli interessi ed è riferito esclusivamente alla proporzionalità al capitale finanziato e al godimento dello stesso, che caratterizza sul piano economico il concetto di prezzo, richiamando d’appresso il regime semplice d’interessi: come ripetutamente ribadito dalla Cassazione, ‘le implicazioni economiche delle modalità temporali dell’adempimento sono estranee al contenuto dell’obbligazione’. In questo senso va inteso il tasso annuo nominale (TAN) ordinariamente riportato nei contratti di finanziamento. 

D’altra parte, come per ogni finanziamento di tipo Bullet, il monte interessi, corrispondente all’anticipazione nel pagamento degli interessi, risponde alla misura del prezzo nella misura in cui riproduce il medesimo monte interessi proporzionale del regime semplice.La Cassazione ha avuto modo di precisare che affinché ‘una convenzione relativa agli interessi sia validamente stipulata ai sensi dell’art. 1284, 3° comma, c.c., che è norma imperativa, la stessa deve avere un contenuto assolutamente univoco e contenere la puntuale specificazione del tasso di interesse’. L’ammortamento alla francese – nei termini contrattuali usualmente impiegati dagli intermediari - non risulta pertanto rispondere ai principi fissati dall’art. 1284 c.c. in quanto il tasso indicato in contratto non individua univocamente il prezzo espresso dall’obbligazione accessoria. Il TAN, impiegato in regime semplice esprime un prezzo dell’obbligazione accessoria inferiore. Il medesimo TAN, impiegato in regime composto, dà luogo a prezzi diversi: solo con il criterio di imputazione degli interessi calcolati sul debito residuo coincide con la misura percentuale del prezzo indicata in contratto, ma l’obbligazione accessoria conserva il valore esponenziale del regime composto. La coerenza con il tasso dell’art. 1284 c.c. è conseguita attraverso il roll over dei rimborsi, incrementando l’obbligazione principale che, per la categoria di ammortamenti in parola rimane una variabile dipendente non esplicitamente convenuta in contratto nei valori in essere alle distinte scadenze.

[15]  ‘ ... la soluzione consistente nel pagare, alla scadenza di ciascuna rata, tutti gli interessi maturati sul capitale in essere, pur configurandosi nella sostanza in contrasto con il criterio di proporzionalità ex art. 821 c.c., non determina, almeno formalmente, produzione di interessi su interessi scaduti (ciò che, ai sensi del tenore testuale dell’art. 1283 c.c., integra anatocismo), pur comportando comunque i medesimi effetti economici di tale ultima operazione. In realtà, attraverso tale meccanismo, già nel momento genetico del vincolo negoziale (quindi già all’atto della stipulazione del contratto) vengono pattuite due obbligazioni a carico dell’accipiens, quella relativa al debito principale per sorte capitale e quella, accessoria, inerente al monte interessi, che in ragione dell’adozione del regime di capitalizzazione composta, risulta già comprendere gli effetti anatocistici, consistenti nella maggiorazione apportata al valore della rata rispetto a quello che essa avrebbe avuto in base al monte interessi che si sarebbe presentato applicando il regime semplice. In tal modo, la pattuizione anatocistica rimane intrinsecamente contenuta - per quanto non esplicitata (e quindi celata) nel testo contrattuale, frequentemente privo di menzione di sorta anche del regime finanziario utilizzato (ciò che rappresenta palese indice rivelatore dell’asimmetria informativa tra le parti del rapporto, innegabilmente contrastante con i principi di correttezza, buona fede e trasparenza che l’operatore bancario è tenuto ad osservare)  - e quindi, in buona sostanza, assorbita nel valore stesso della rata di ammortamento. Sul piano matematico-finanziario, il complessivo monte interessi previsto nella totalità delle rate include quindi (già ab origine, fin dal momento della conclusione dell’accordo negoziale) la maggiorazione anatocistica, per l’appunto in ragione del regime finanziario adottato’ (Tribunale Massa, D. Provenzano, 13 novembre 2018, in assoctu).

[16] In un’altra recente sentenza del Tribunale di Milano (G.: C.A. Tranquillo, n. 2332 del 26/3/19; Cfr. Allegato 4), pur riconoscendo l’impiego del regime composto nella determinazione della rata, si reputa, in termini alquanto sbrigativi, irrilevante la circostanza. ‘Vero il punto (per pervenire a calcolare la rata costante, si adottano metodologie di calcolo proprie del regime dell’interesse composto), lo stesso è irrilevante. Stabilito nell’accordo delle parti l’ammontare della rata (i.e. uno degli elementi accidentali del contratto, inerente alle modalità di rimborso), le modalità del relativo calcolo non si riverberano da un punto di vista giuridico sulla validità del piano di ammortamento, né vengono in rilievo argomentazioni relative alla convenienza di un piano basato su una rata di tale ammontare. (…) quand’anche non esista una formula per determinare univocamente la rata fissa del piano di ammortamento alla francese, si osserva che una volta determinata la rata, si ripete, ogni questione sul come si sia pervenuti al relativo ammontare non ha più interesse giuridico’. Si perviene pertanto a concludere: ‘Le parti, in sintesi’ convengono un finanziamento, una restituzione rateale, e che parte della rata sarà imputata al capitale, e altra parte all’interesse; le rate successive alla prima vedranno la quota imputabile a interesse calcolata sul capitale iniziale meno la quota capitale già versata con la prima rata, e così via fino alla scadenza. Come si sia giunti a questa determinazione (in particolare: a prescindere dal fatto che al calcolo della rata fissa complessivamente intesa – ossia capitale ed interesse – si sia pervenuti applicando in sede di calcolo la formula dello sconto composto) non determina violazione dell’art. 1283 c.c., qualora in sede applicativa il tasso d’interessi sia applicato alla sola quota capitale (e all’intero capitale, nella prima rata). Non vi è quindi spazio alcuno per l’esecrato anatocismo, bensì per l’applicazione delle condizioni contrattuali.’ Lascia alquanto stupiti il rifiuto di voler considerare e valutare i riflessi che sul piano giuridico si riversano dall’impiego del regime composto nella determinazione del valore della rata e dalle modalità di definizione dell’accordo pattizio. Viene di fatto ritenuto irrilevante che: i) nel regime semplice, al prezzo indicato in contratto, la rata sarebbe risultata inferiore e l’estinzione del finanziamento più rapido; ii) non sia raccolto alcun assenso sull’impiego del regime composto impiegato per determinare il valore della rata; iii) parimenti non sia raccolto alcun assenso sull’imputazione degli interessi che, a differenza di quanto stabilito dall’art. 1194 c.c., consenta il pagamento degli stessi riferito anche al capitale che ancora non diviene liquido ed esigibile; iv) gli interessi della generica rata - riferiti funzionalmente e più correttamente alle variabili indipendenti definite in contratto (finanziamento originario, rata e TAN), anziché alla variabile dipendente (debito residuo) risultante anch’essa dalle menzionate variabili indipendenti – rivelano un rapporto diretto e proporzionale agli interessi pregressi, oltre che alle menzionate variabili indipendenti; v) il vincolo della rata costante, con l’anticipato pagamento degli interessi maturati, determina un roll over dei rimborsi, con effetti in tema di lievitazione degli interessi e di indicazione del prezzo ex art. 1284 c.c., del tutto identici al roll over dei finanziamenti, ritenuti dalla dottrina e giurisprudenza elusivi del divieto di anatocismo. Una maggiore considerazione ed attenzione alle criticità dianzi menzionate avrebbero potuto suggerire il ricorso ad un consulente tecnico per discriminare compiutamente ciò che resta un concetto tecnico che si arresta nell’ambito scientifico-finanziario, da ciò che invece riflette aspetti che travalicano nell’ambito del diritto.

[17] Cfr.: R. Marcelli, A.G. Pastore, A. Valente, ‘L’ammortamento alla francese. Il regime composto e l’anatocismo: la verità celata’, in Il Risparmio, N. 1/19

[18] L’imputazione degli interessi viene per correntezza calcolata sul debito residuo ma entrambi queste variabili sono dipendenti dalle variabili indipendenti, tra cui l’obbligazione accessoria. Il vincolo ulteriore della costanza della rata indirizza significativamente la relazione di dipendenza, creando il menzionato ‘riverbero’ degli interessi pregressi su quelli successivi: infatti, gli interessi della rata k-esima, come anche il debito residuo, più analiticamente, vengono ad esprimere, oltre che una dipendenza diretta dalle variabili indipendenti fissate in contratto, anche una dipendenza mediata dagli interessi primari pregressi.

           

Ammortamento alla francese, interessi rata k-esima:

[...]


La relazione evidenzia che sia il debito residuo, sia gli interessi della rata k-esima, risultano funzione diretta e proporzionale agli interessi pregressi: la loro determinazione è la combinazione di un duplice effetto, per un verso direttamente proporzionale agli interessi pregressi e per l’altro verso inversamente proporzionale all’intero aggregato dell’obbligazione accessoria: il secondo, con il decorso delle scadenze, prevale sul primo e la risultante degli interessi imputati nella rata tende a flettere.

Non è priva di riflessi giuridici la circostanza che, sul piano dell’intercambiabilità consentita dal regime composto, l’imputazione degli interessi nella rata possa, per il medesimo importo, essere espressa in funzione del debito residuo, ma più correttamente riferita alle variabili indipendenti riportate in contratto, rivela il legame diretto e proporzionale agli interessi pregressi. Nella relazione matematica sopra riportata gli interessi della rata k-esima non appaiono più primari, in quanto vengono a dipendere dagli interessi corrisposti nelle precedenti rate; d’altra parte lo stesso debito residuo della prima formula viene a dipendere dagli interessi pregressi. La natura secondaria degli interessi, che emerge dalla relazione sopra indicata, è strettamente funzionale al regime composto che presiede il piano di ammortamento, che descrive appunto una proiezione temporale esponenziale, e non proporzionale: in altro dire, gli interessi si ‘compongono’ – a prescindere che nell’imputazione siano pagati o meno – descrivendo nel tempo il monte interessi esponenziale del regime composto.

La menzionata dipendenza dall’obbligazione accessoria, sia nel suo valore unitario, sia nelle quote partitamente corrisposte alle distinte scadenze, non si riscontra nell’ammortamento all’italiana, nel quale gli interessi della rata k-esima sono più semplicemente funzione esclusiva dell’obbligazione principale.

Ammortamento all’italiana, interessi rata k-esima:      

[...]


[19] Anche con riferimento a tale onere figurativo si riscontra in talune sentenze un uso improprio dell’art. 1194 c.c.  La caratteristica del cd. piano di ammortamento alla francese non è quella di operare un’illecita capitalizzazione composta degli interessi, ma soltanto quella della diversa costruzione delle rate costanti, la cui quota di interessi e quella del capitale variano al solo fine di privilegiare nel tempo la restituzione degli interessi al capitale. Gli interessi convenzionali sono, quindi, calcolati sulla quota capitale ancora dovuta e per il periodo di riferimento della rata, senza capitalizzare in tutto o in parte gli interessi corrisposti nelle rate precedenti. Né si può sostenere che si sia in presenza di un interesse composto per il solo fatto che il metodo di ammortamento alla francese determina inizialmente un maggior onere di interessi rispetto al piano di ammortamento all’italiana che, invece, si fonda su rate e capitale costante. Il piano di ammortamento alla francese, conformemente all’art. 1194 c.c., prevede un criterio di restituzione del debito che privilegia, sotto il profilo cronologico, l’imputazione ad interessi rispetto quella al capitale’ (Trib. Roma, T. Martucci, n. 9811 del 10 maggio 2019).

Rimane inequivocabile l’impiego del regime composto nell’ammortamento alla francese adottato dagli intermediari. Se il giudice avesse chiesto al consulente di fare il confronto con il regime semplice, la differenza sarebbe emersa in tutta evidenza e con essa l’equivalenza intertemporale con interessi composti tra il finanziamento concesso e i graduali rimborsi del capitale. Il confronto con l’ammortamento all’italiana, se effettuato considerando le alternative ipotesi di imputazione degli interessi, avrebbe mostrato l’effettiva causa dei maggiori interessi riscontrabili nell’ammortamento alla francese, che manifestano in tutta evidenza la produzione di interessi su interessi nell’equivalente piano nel quale sono calcolati sulla quota capitale in scadenza, anziché sul debito residuo. Anche il riferimento all’art. 1194 c.c. appare non propriamente corretto visto che, in assenza di una diversa e legittima convenzione, l’operatività del criterio di imputazione legale dell’art. 1194 c.c. viene dalla giurisprudenza circoscritta alla contemporanea sussistenza dei requisiti di liquidità ed esigibilità, sia del capitale che degli interessi (Cass. n. 6022/2013, n. 10941/16), che si ravvisano, per i piani di ammortamento, per la quota capitale in scadenza, non per il debito residuo.

[20] Il contrasto si ravvisa anche per il periodo precedente l’introduzione del nuovo disposto dell’art. 120 TUB. L’art. 6 della Delibera CICR 9 febbraio ’00, prima dei mutamenti introdotti dal legislatore nell’art. 120 TUB, prevedeva che le clausole relative alla capitalizzazione degli interessi non avessero effetto se non fossero specificatamente approvate. Ma prima ancora di essere specificatamente approvate, quale che fosse la periodicità e il regime adottato, dovevano essere specificatamente riportate nel testo del contratto, attraverso modalità compiutamente acquisibili alla consapevolezza del prenditore.

[21] La Cassazione n. 9653/01 precisa come il debito per interessi ‘pur concretandosi nel pagamento di una somma di denaro, non si configura però come una obbligazione pecuniaria qualsiasi, ma presenta connotati specifici, sia per il carattere di accessorietà rispetto all’obbligazione relativa al capitale, sia per la funzione (genericamente remuneratoria) che gli interessi rivestono, sia per la disciplina prevista dalla legge proprio in relazione agli interessi scaduti’. Pur postulandone l’autonomia (che però non può portare a considerare irrilevante il momento genetico), ‘essa non è idonea a trasformare la causa (funzione) dell’obbligazione medesima fino a rendere il debito per gli interessi scaduti una obbligazione pecuniaria come tutte le altre. Invero gli interessi scaduti, se equiparati in toto ad una qualsiasi obbligazione pecuniaria (credito liquido ed esigibile di una somma di denaro), sarebbero stati automaticamente produttivi d’interessi di pieno diritto, ai sensi dell’art. 1282 c.c. Tale effetto, invece, è escluso dal successivo art. 1283 (dettato a tutela del debitore ed applicabile per ogni specie d’interessi, quindi anche per gli interessi moratori), alla stregua del quale, in mancanza di usi contrari, gli interessi scaduti possono produrre interessi solo dalgiorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza, e sempre che si tratti di interessi dovuti almeno per sei mesi (c.d. anatocismo o interessi composti)’. Né si può trascurare la genesi storica dell’art. 1283 c.c. ‘Nella disciplina dell’istituto si registra l’evoluzione da un originario divieto assoluto dell’anatocismo, essenzialmente legato al divieto ecclesiastico di usura - della quale l’anatocismo era appunto considerato «uno degli espedienti più raffinati ed efficaci» - ad un progressivo e sempre più ampio riconoscimento da parte delle legislazioni contemporanee, le quali, pur prendendo atto della innegabile funzione economica rivestita dagli interessi - nonché della impossibilità di distinguere, dal punto di vista economico, la producibilità di interessi da parte del capitale monetario dalla produzione di interessi sugli interessi già maturati - ne hanno comunque subordinato l’operatività al ricorrere di una serie di presupposti e limiti alquanto rigorosi. In questa ottica, l’art. 1283 Codice civile – collegandosi strettamente al successivo art. 1284, che disciplina la forma scritta per gli interessi ultralegali - si propone di contemperare le esigenze del debitore con quelle del creditore, stabilendo che gli interessi sugli interessi sono dovuti soltanto a seguito di domanda giudiziale, o - per ciò che più interessa in questa sede - a seguito di apposito contratto, concluso dopo la scadenza degli interessi principali, sempre che gli interessi semplici siano dovuti da almeno sei mesi’. (V. Pandolfini, Divieto di anatocismo e contratto di mutuo bancario, I Contratti, n.6/2003).

[22] Cfr. R. Marcelli, L’ammortamento alla francese: nella rata si annida l’anatocismo, in ilcaso.it 2019.

[23]L’attuale impostazione contrattuale, che investe in generale buona parte dei finanziamenti, solleva pregnanti problematicità che, come menzionato, interessano il duplice fronte, liceità e trasparenza. Reiterando modelli pattizi ormai obsoleti e superati, si continua a perpetrare un’opacità ed un’elusione di fondamentali presidi, posti a protezione dell’operatore al dettaglio, imprenditori e consumatori che per lo più, nell’asimmetria contrattuale ed informativa, rimangono ignari degli abusi subiti. ‘In definitiva, in Italia l’operatività delle banche finisce (a tutt’oggi) per utilizzare modelli contrattuali identici o quasi; alquanto prossimi, in ogni caso. Le imprese del settore finiscono per fare proprie e ricalcare – o riprendere – la modulistica contrattuale (: l’insieme di clausole standard, se si vuole) che viene costruita dall’Associazione di categoria. Nei fatti si ha, per conseguenza, una uniformità sostanziale dei testi contrattuali correnti sul mercato. (...) La sensazione è che le novità prodotte da singole imprese, come novità indipendenti (non “mediate”) dall’ABI, vadano tendenzialmente ancora oltre il segno di quell’”ipertutela” che tradizionalmente connota le NUB; comunque, la qualità di trasparenza della normativa di predisposizione non è migliorata’. (A.A. Dolmetta, Trasparenza dei prodotti bancari, Regole, Zanichelli, 2013).

[24] Nel calcolo del TAEG sono incluse le seguenti spese:

1. Il rimborso del capitale e il pagamento degli interessi;

2. Le spese di istruttoria e apertura della pratica di credito;

3. Le spese di riscossione dei rimborsi e di incasso delle rate, se stabilite dal creditore;

4. Le spese per le assicurazioni o garanzie, imposte dal creditore, intese ad assicurargli il rimborso totale o parziale del credito in caso di morte, invalidità, infermità o disoccupazione del consumatore;

5. Il costo dell’attività di mediazione svolta da un terzo, se necessaria per l’ottenimento del credito;

6. Le altre spese contemplate nel contratto, fatto salvo quanto previsto nel comma seguente.

Sono escluse:

1. Le somme che il consumatore deve pagare per l’inadempimento di un qualsiasi obbligo contrattuale, inclusi gli interessi di mora;

2. Le spese, diverse dal prezzo di acquisto, a carico del consumatore indipendentemente dal fatto che si tratti di un acquisto in contanti o a credito;

3. Le spese di trasferimento fondi e di tenuta di un conto destinato a ricevere gli importi dovuti dal consumatore, purché questi disponga di una ragionevole libertà di scelta e le spese non siano anormalmente elevate;

4. Le quote di iscrizione ad enti collettivi, derivanti da accordi distinti dal contratto di credito, anche se incidenti sulle condizioni di esso;

5. Le spese per le assicurazioni o garanzie diverse da quelle incluse.


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