Diritto Civile


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 28339 - pubb. 09/12/2022

Il Tribunale di Lecce risolve il problema della nullità del contratto di vendita di immobile frazionato senza preventiva autorizzazione urbanistica

Tribunale Lecce, 08 Novembre 2022. Est. Fiorella.


Contratto di compravendita - Art. 40 Lg 47/1985. Dichiarazione dell’alienante degli estremi dell’atto concessorio - Vicende relative alla legittimità urbanistica della concessione edilizia. Irrilevanza - Nullità dell’atto pubblico di vendita

Garanzia per vizi della cosa - Art. 1491 c.c. - Difformità urbanistica e catastale - Conoscenza del vizio da parte del compratore o facile riconoscibilità

Mancata consegna del certificato di agibilità - Azione di Risoluzione del contratto - Art. 1477 c.c. Termine di prescrizione e decadenza - Decennale - Decorrenza



L’assenza originaria della concessione edilizia per le opere di frazionamento dell’immobile non comporta la nullità del contratto di compravendita. (1) (Francesco Milanese) (riproduzione riservata)



(1) Il compratore di un immobile, a distanza di trent’anni dall’acquisto, aveva convenuto in giudizio il venditore asserendo che, avendo scoperto che l’immobile acquistato era affetto da abusivismo edilizio, perché il venditore aveva scorporato la porzione venduta da un più ampio edificio, senza richiedere il permesso di costruire prescritto all’epoca dei fatti, il contratto doveva essere dichiarato nullo. Il compratore aveva lamentato poi l’assenza del certificato di agibilità e aveva chiesto il risarcimento del danno e la risoluzione del contratto.

La prima questione affrontata dal giudice in sentenza è quella relativa alla nullità del contratto in caso di compravendita di immobile abusivo.

Sul punto la difesa del venditore aveva opposto innanzitutto la prescrizione, assumendo che quantunque l’azione di nullità sia per il nostro ordinamento imprescrittibile (art. 1422 c.c.), essa è paralizzata dalla prescrizione del diritto alla ripetizione conseguente la nullità. La prestazione eseguita in forza di un contratto nullo costituisce un indebito oggettivo. L'azione può essere esercitata nel termine di prescrizione ordinaria, che inizia a decorrere non già dal momento in cui viene accertata con sentenza la nullità del contratto, bensì dal momento in cui è eseguito il pagamento in forza del contratto nullo, in quanto la sentenza di nullità è di mero accertamento e ha un'efficacia retroattiva (Cass. Civ. 7651/2005). Nel caso di specie, dunque, il termine prescrizionale decorreva dalla data del contratto con la conseguenza che l’azione doveva reputarsi prescritta.

Altra questione rilevante è quella relativa all’interpretazione dell’art. 40 c. 2 della L. 47/1985 che prescrive la nullità degli atti traslativi di diritti reali su immobili “se da essi non risultano, per dichiarazione dell'alienante, gli estremi della licenza o della concessione ad edificare o della concessione rilasciata in sanatoria”.

La sentenza offre un interessante spunto interpretativo sul solco del recente intervento della Corte di Cassazione a sezioni unite (Sent. 8230/2019) che ha risolto un lungo dibattito sia dottrinale che giurisprudenziale. La difesa del convenuto aveva ritenuto di aver assolto all’onere di legge, prescrivendo la norma un adempimento formale e non di tipo sostanziale. In altre parole l’aver dichiarato nell’atto di vendita gli estremi della concessione in sanatoria, rendeva valido il contratto, a prescindere dalla validità urbanistica dell’atto concessorio.

Il Tribunale ha ritenuto che l’assenza originaria della concessione edilizia per le opere di frazionamento dell’immobile non comporti la nullità del contratto di compravendita.

Sul punto l’estensore della sentenza ha richiamato la più recente giurisprudenza della Corte di Cassazione (Cass., Sez. Un., 22 marzo 2019 n. 8230, seguita da Cass. 5.9.2019 n. 22168 e Cass. 21.10.2021 n. 29317) che, componendo il precedente contrasto a proposito della portata delle nullità contemplate dagli artt. 17, 18 e 40 della l. 28 febbraio 1985 n. 47 (i primi due ora sostanzialmente trasfusi nell'art. 46, d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380), ha affermato che, in presenza di una dichiarazione degli estremi abitativi, reali e riferibili all'immobile, il contratto è valido, e tanto a prescindere dal profilo della conformità o difformità della costruzione realizzata al titolo in esso menzionato, e ciò per la decisiva ragione che tale profilo esula dal perimetro della nullità poiché non è previsto dalle disposizioni che la comminano, e tenuto conto del principio generale secondo cui le norme che, ponendo limiti all'autonomia privata e divieti alla libera circolazione dei beni, sanciscono la nullità degli atti, debbono ritenersi di stretta interpretazione, sicché esse non possono essere applicate, estensivamente o per analogia, a ipotesi diverse da quelle espressamente previste.



Segnalazione dell’avv. Francesco Milanese


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