Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 27885 - pubb. 20/09/2022

Crisi da sovraindebitamento e ammissibilità di una tutela inibitoria atipica in favore del debitore

Tribunale Brindisi, 05 Agosto 2022. Est. Natali.


Sovraindebitamento - Tutela inibitoria atipica del debitore



L’ammissibilità di una tutela inibitoria atipica e, quindi, della sospensione delle procedure esecutive, al di fuori delle ipotesi tipiche, si fonda sul principio di effettività della tutela giurisdizionale che ha fondamento normativo costituzionale ex art. 24, 111 Cost., nonché comunitario e convenzionale ex artt. 6, 13 Cedu e 47 CDFUE; in particolare, l’art. 13 della CEDU sancendo il diritto ad un ricorso effettivo a favore di ogni persona i cui diritti e libertà fondamentali siano stati violati.

Il principio di effettività - il cui piano di operatività non e’ solo quello esegetico in relazione a norme già esistenti, venendo a svolgere anche una funzione c.d. “normopoietica” in quanto strumento cui l’interprete ricorre per enucleare nuovi rimedi insiti nel sistema di tutela multilivello - assume un rilievo primario nel sistema processuale sia nazionale sia sovranazionale, rappresentando non solo un vincolo destinato  a conformare le scelte del legislatore, nel modulare gli strumenti di tutela a presidio della sfera giuridica dei singoli, ma anche uno dei parametri cui deve attenersi il Giudice, nella ricostruzione della portata precettiva delle norme, al fine di consentire la massimazione del risultato di tutela, conseguibile da chi lo abbia investito di una determinata controversia.

Alla stregua del principio di effettività della tutela che deve conformare l’esegesi delle norme processuali e di quello solidaristico ex art. 2 Cost. - del quale si riconosce, oramai, la valenza immediatamente precettiva e la sua applicabilità anche nei rapporti di diritto comune, fra privati - deve, ritenersi che accanto al potere di sospensione tipico ne esista anche uno atipico; potere esercitabile, però, al fine di assicurare un adeguato contemperamento degli interessi in gioco, al ricorrere di precisi presupposti (che devono individuarsi alla stregua come si vedrà infra dei principi, anche sovranazionali, di ragionevolezza e proporzionalità).

La ratio di utilità sociale, sottesa alla norma sulla soluzione della crisi da sovraindebitamento, impone di fornirne un’interpretazione costituzionalmente orientata al rispetto del principio in esame di cui, peraltro, e’ evidente la connessione con quel (distinto) principio personalistico che informa l’intero impianto costituzionale; costituendo la Persona, quale valore la cui tutela prescinde dallo status di cittadino, l’architrave della architettura costituzionale, sottratto alla disponibilità del legislatore ordinario, così come della stessa maggioranza di governo.

Non e’ revocabile in dubbio che la disciplina della crisi da sovraindebitamento si alimenti proprio di quel solidarismo sociale di cui autorevole Dottrina individua due distinte anime: non solo quella correttiva, essendo la buona fede uno strumento che interviene per porre rimedio ad una patologia contrattuale, ma anche proattiva come strumento di conformazione del contratto che viene piegato a al perseguimento delle finalità dell’utilita’ sociale.

Quanto alle modalità e ai presupposti per l’esercizio di tale potere di inibitoria atipico – perché non espressamente previsto da alcuna norma ma sistematicamente fondato – deve farsi applicazione dei generali principi di ragionevolezza e proporzionalità che, già insiti nel nostro sistema giuridico indigeno, specie, a livello costituzionale, hanno conosciuto straordinaria vitalità negli ordinamenti sovranazionali di cui alla CEDU, nonché unionale, assurgendo al rango di principi generali.

Il principio di ragionevolezza nasce correlato a quello di uguaglianza sostanziale, non considerandosi ragionevole la diversificazione di disciplina in relazione a fattispecie omogenee, cosi come l’assoggettamento al medesimo regime di situazioni eterogenee, ma successivamente,  si e’ affrancato da quello di uguaglianza, guadagnando un autonomo spazio operativo, nell’ambito del giudizio di costituzionalità delle leggi ordinarie.

L’immanenza della ragionevolezza al sistema CEDU discende, invece, dallo stesso tenore dell’art. 6 Cedu che si esprime in termini di ragionevole durata del processo, da intendersi come sostenibilità dei tempi del processo, avuto riguardo alle esigenze di tutela dei consociati.

La ragionevolezza, come fonte della decisione, non può essere accostata all’equità, quale giustizia del caso di specie, quale fonte per la individuazione di una regola del decidere diversa da quella che discenderebbe dall’applicazione dello ius strictum1; la stessa non opponendosi al diritto positivo o scritto, ma operando, quale regola della fattispecie, solo in assenza dello stesso (o, quale parametro esegetico, consente alla norma di stretto diritto di divenire adeguata rispetto alla fattispecie concreta).

La vocazione regolatoria del principio di ragionevolezza e’ agevolata dalla sua natura di clausola generale, destinata a essere integrata, nel suo contenuto precettivo, dall’interprete e ciò anche sulla base delle mutevoli esigenze di tutela, palesate dal corpo sociale e implicando essenzialmente una valutazione comparativa degli interessi in gioco ai fini della ricerca di un equo bilanciamento degli stessi, mutevole a secondo del contesto sociale e valoriale. La proporzionalità - che è uno dei principi fondamentali previsti dalla CEDU e rinviene la propria genesi proprio nella costruzione del sistema di tutela dei diritti fondamentali dell’Uomo -  deve intendersi quale congruità “tra il mezzo ed il fine” e costituisce un limite all’attività di ricostruzione del significato precettivo delle disposizioni normative, cosi come alla stessa elaborazione di una regola, in sede pretoria, come nell’ipotesi di applicazione concreta del generale principio di ragionevolezza. Essa opera sotto il triplice piano dell’idoneità, della necessarietà e della adeguatezza.
11. Con riguardo alla concessione di una tutela inibitoria atipica, per definizione, sprovvisto di apposita regolamentazione, la individuazione dei presupposti applicativi per il suddetto potere di sospensione atipica e’ agevolata dalla stessa essenza cautelare del potere, connotato da particolare fluidità nell’individuazione dei suoi contenuti, cosi come di suoi stessi presupposti applicativi. Ciò, nella logica di una peculiare deformalizzazione dello stesso, strumentale a consentirne l’adeguatezza al fine di tutela.

In applicazione dei principi di ragionevolezza e proporzionalità, si deve ritenere che al Giudice delegato debbano essere forniti elementi chiarificatori in relazione alla depositanda proposta di piano, idonei a consentire una valutazione prognostica di conformità della stessa alle prescrizioni di ammissibilità, con conseguente necessità di accordare all’istante un lasso di tempo -breve ma ragionevole - al fine di consentire la eventuale prospettazione di tali elementi di valutazione, eventualmente corroborati da una prima valutazione ad opera dell’Occ circa il contenuto della redigenda proposta. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)




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