Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 28467 - pubb. 24/12/2022

Misure protettive nella composizione negoziata: salvaguardia del valore dell’impresa mediante implementazione di moduli privatistici incanalati in procedimenti di controllo giudiziale

Tribunale Brindisi, 25 Luglio 2022. Pres. Palazzo. Est. Natali.


Composizione negoziata - Misure protettive - Ratio - Salvaguardia del valore dell’impresa - Commistione fra schemi privatistici e pubblicistici - Controllo giudiziale - Principio di neutralità delle forme giuridiche



L’introduzione di uno strumento così favorevole per l’impresa, quale e’ quello rappresentato dalle misure protettive di cui al decreto-legge n. 118/2021, appare il frutto di una rinnovata consapevolezza della dignità costituzionale del valore impresa ex art. 41 Cost e della sua rilevanza anche in termini sistemici, ovvero di tutela del tessuto economico e dei già precari livelli occupazionali di alcune aree del Paese.


Sotto il versante comunitario, nella stessa direzione delle scelte valoriali della Costituzione che - sancendone la libertà, pone quale unico limite dello svolgimento dell’attività di impresa la necessità che non si svolga in contrasto con l’utilità sociale - deve richiamarsi la disciplina unionale in materia di tutela delle piccole cosi come delle medie imprese che rappresentano la parte prevalente del nostro tessuto economico.


Tale ratio del Codice della crisi, di salvaguardia del valore impresa, deve necessariamente conformare l’esegesi della novella, a fine di garantirne una doverosa interpretazione costituzionalmente e comunitariamente conforme.


La finalità delle misure protettive e’ proprio quella di preservare con mezzi fin’ora sconosciuti, all’ordinamento settoriale, il valore-impresa, privilegiando moduli procedimentali che appaiono fondati su una commistione fra schemi privatistici e pubblicistici, mediante l’introduzione in ambito fallimentare di moduli consensuali o negoziali; ciò, a riprova della superata dicotomia fra diritto pubblico e privato, propria di una concezione autoritativa dei rapporti sociali e che sia l’avvento della Costituzione (coi principi personalistico e solidaristico), sia le sollecitazioni e le categorie di pensiero eurounitarie hanno contributo a superare.


A livello di scelte di disciplina, nel caso del Codice della crisi, in un ambito pubblicistico, qual e’ quello delle procedure volte alla liquidazione del patrimonio dell’impresa o al sostegno alla prosecuzione dell’attività stessa, si implementano moduli tipicamente privatistici, che vanno ad aggiungersi a quelli già normati come gli accordi di ristrutturazione, incanalandoli in procedimenti di controllo giudiziale come le misure protettive che preludono ad una (ri)negoziazione delle esposizioni debitorie accentrata con il ceto creditorio.


Se e’ ragionevole affermare che la disciplina tradizionalmente pubblica si arricchisce di strumenti e schemi privatistici, non sarebbe peregrino sostenere l’esistenza di un percorso di segno inverso ovvero che si e’ voluto estendere l’intervento pubblico ad un momento, quello della rinegoziazione e, quindi, della contrattazione, tipicamente privatistico, in ogni caso, essendo indubbia la commistione di elementi eterogenei e piegati a finalità diverse o nuove rispetto a quelle cui sono normalmente preordinati.


Viene inverato quel principio di neutralità delle forme giuridiche che nega che gli strumenti giuridici abbiano finalità rigide e precostituite, ammettendone la rivitalizzazione per il perseguimento di fini nuovi, specie, nella logica di un’interpretazione di tipo evolutivo e attenta al mutamento delle esigenze di tutela rivendicate dal corpo sociale. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)



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