Diritto Bancario e Finanziario


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 25322 - pubb. 22/05/2021

Decreto liquidità: i principi che dovrebbero regolare l’erogazione del finanziamento

Tribunale Brindisi, 29 Aprile 2021. Est. Natali.


Credito – Decreto liquidità – Principi – Comportamento della Banca



Secondo un’interpretazione di tipo teleologico, sono conformi alla ratio dell’intervento legislativo emergenziale di cui al Decreto Liquidità, i seguenti principi, non consacrati formalmente in una norma emergenziale, ma desumibili, appunto, dalla finalità delle suddette regole, nonché dal microsistema normativo in cui le stesse sono inserite:

- l’impossibilità per la banca, nell’ipotesi di rigetto, di prescindere da un’analitica esposizione delle ragioni ostative alla concessione del finanziamento al fine di consentire all’utente del sistema bancario così come all’eventuale autorità di controllo amministrativa o al Giudice, investito dal connesso contenzioso, un sindacato effettivo della scelta operata dalla banca;

- l’estrema rapidità della definizione della pratica e dell’erogazione del credito, per l’ipotesi di accoglimento dell’istanza;

- l’esclusione del beneficio solo quando constino circostanze oggettivamente indicative dell’inaffidabilità economica dell’istante.
 
L’istituto di credito non può ricorrere a motivazioni apodittiche o apparenti o generiche così come a dinieghi pretestuosi e per converso la necessità di ancorare il rifiuto a elementi certi, individuati compiutamente e che siano effettivamente sintomatici dell’oggettiva incapacità del soggetto istante di procedere alla restituzione dell’importo ricevuto.

La banca non può ricorrere a istruttorie defatiganti, non contenute temporalmente, connotate dall’acquisizione di informazioni non strettamente connesse alla valutazione del merito creditizio. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)


 


L’istante lamenta la mancata concessione nei suoi confronti  del c.d. Prestito di emergenza, previsto dal cd. Decreto Liquidità, da parte della Banca Popolare Pugliese.

Evidenzia la resistente come la legislazione emergenziale non abbia previsto un diritto al finanziamento  scevro da qualsiasi controllo né escluderebbe il dovere delle banche di operare una valutazione del merito creditizio dei beneficiari del mutuo.

Tale principio deve essere condiviso.

A tal riguardo, la Banca d’Italia nelle Raccomandazioni agli intermediari del 10 aprile 2020 (allegate alla memoria di costituzione di parte resistente) fa espresso riferimento alla valutazione degli ulteriori elementi informativi disponibili sul profilo di rischio dei richiedenti i finanziamenti, sia in sede di concessione del finanziamento, sia nella fase di monitoraggio dello stesso.

E’ indubbio che la Banca ha, in base al D.L., il compito di concedere finanziamenti ai soggetti, a ciò legittimati, in tempi ristretti, compatibilmente, con le esigenze di liquidità, emerse o aggravate in maniera apprezzabile dalla crisi economica ingenerata, oltre che dalla situazione pandemica, anche dalle (doverose) misure normative di rango primario e secondario.

Nondimeno, il circuito bancario ha anche il compito di tutelare lo Stato evitando che le garanzie da esso prestate siano destinate ad estinguere prestiti non onorati in tutto o il parte.

D’altronde,  il cd. Decreto Liquidità non ha in alcun modo derogato alla legislazione sulla obbligatoria valutazione del merito creditizio che si ricava:

dal principio della “sana e prudente gestione” di cui all’ 5 TUB, declinato dalla giurisprudenza nella necessità di svolgere “… una corretta erogazione del credito,

nel rispetto non soltanto delle ragioni dell’utenza, ma di quelle delle altre imprese inserite nel sistema, con privilegio per le comunicazioni e le informazioni reciproche” (Ex multis: Cass. n. 343/1993; Cass. n. 5562/1999);

dal quadro normativo europeo delineato dal Regolamento (UE) n. 575/2013 e Direttiva 2013/36/UE, che, oltre a vietare alle banche di detenere crediti complessivamente troppo rischiosi (limite imposto dai c.d. “requisiti patrimoniali”), stabilisce dei criteri predittivi in grado di valutare il merito creditizio del cliente (c.d. rating).

La predetta disciplina generale è integrata dalla normativa secondaria di dettaglio derivante dall’Autorità Bancaria Europea (ABE), dalla Banca Centrale Europea (BCE) e dalla Banca d’Italia. Ne sono un esempio le “Disposizioni di vigilanza della Banca d’Italia” che, onde evitare eccessiva “personalizzazione” nell’erogazione del credito, impongono alle banche, tra le altre cose, di adottare Regolamenti interni per la standardizzazione delle procedure di valutazione del merito creditizio (è possibile, pertanto, che non tutte le banche adottino gli stessi criteri valutativi, seppur nei limiti dei principi generali stabiliti dalla normativa generale e secondaria).

Dunque, deve ritenersi permanere il dovere, da parte del sistema bancario, di valutare il merito creditizio in quanto non  è stata introdotta alcuna deroga da parte del Legislatore circa tale obbligo (se non con riferimento alle operazioni di microcredito ex art. 111 TUB, ma soltanto per le nuove PMI che non abbiano bilanci precedenti che consentano suddetta valutazione).

Diversamente ciò che è stato derogato dai Decreti Cura Italia e Liquidità sono le condizioni di accesso alla garanzia pubblica. Difatti, a differenza del sistema previgente che prevedeva controlli molto rigidi per accedere alla garanzia pubblica offerta dal Fondo “PMI”, i Decreti Curaitalia e Liquidità hanno stabilito un accesso “semplificato”, eliminando la necessità del modello di valutazione per il rischio di inadempimento.

A ciò si aggiunga che, per i finanziamenti non superiori a €. 30.000 di cui all’art. 13, lett. m, l’accesso alla garanzia viene oltretutto concesso senza attendere l’esito definitivo dell’istruttoria da parte del fondo.

Ciò premesso, ritiene questo Giudice che, secondo un’interpretazione di tipo teleologico, siano conformi alla ratio dell’intervento legislativo emergenziale i seguenti principi, non consacrati formalmente in una norma emergenziale, ma desumibili, appunto, dalla finalità delle suddette regole, nonché dal microsistema normativo in cui le stesse sono inserite:

l’impossibilità per la banca, nell’ipotesi di rigetto, di prescindere da un’analitica esposizione delle ragioni ostative alla concessione del finanziamento al fine di consentire all’utente del sistema bancario così come all’eventuale autorità di controllo amministrativa o al Giudice, investito dal connesso contenzioso, un sindacato effettivo della scelta operata dalla banca;

la estrema rapidità della definizione della pratica e dell’erogazione del credito, per l’ipotesi di accoglimento dell’istanza;

l’esclusione del beneficio solo quando constino circostanze oggettivamente indicative dell’inaffidabilità economica dell’istante.

Corollario del principio sub 1) e’ l’impossibilità di ricorrere a motivazioni apodittiche o apparenti o generiche cosi come a dinieghi pretestuosi e per converso la necessità di ancorare il rifiuto a elementi certi, individuati compiutamente e che siano effettivamente sintomatici dell’oggettiva incapacità del soggetto istante di procedere alla restituzione dell’importo ricevuto.

Per contro, dal principio sub 2) discende l’impossibilità per la banca del ricorso a istruttorie defatiganti, non contenute temporalmente, connotate dall’acquisizione di informazioni non strettamente connesse alla valutazione del merito creditizio. 

Nel caso di specie, il sig. Zullo con pec del 23.04.2020 ha provveduto ad inoltrare  alla Banca Popolare Pugliese richiesta del cd. Prestito di emergenza.

Banca Popolare Pugliese, tuttavia, con pec del 30.06.2020 ha inviato Delibera con cui negava l’erogazione del prestito sostenendo quanto segue “dalla analisi istruttoria non abbiamo riscontrato la completa presenza dei requisiti previsti dalla normativa di cui al DL Liquidità e al merito creditizio”.

Trattasi di una motivazione affetta da eccessiva genericità, e, in ogni caso, inidonea a consentire un sindacato in relazione all’effettiva esistenza di condizioni ostative al riconoscimento dell’emolumento.

Ciò premesso, deve ritenersi che nel caso di specie venga in rilievo l’esercizio di una discrezionalità di tipo tecnico, poiché fondata su criteri e valutazioni di carattere tecnico scientifico e come tali idonee a consentire un sindacato di tipo intrinseco e, per quanto si tratti di un’opinio non unanime, di tipo forte  e sostitutivo o. comunque, orientativo e conformativo dell’agire dell’ente creditizio.

A tale soluzione può approdarsi o configurando gli istituti di credito, quali soggetti privati incaricati di un munus pubblicum, ovvero dell’esercizio del credito per finalità ritenute meritevoli da parte dell’ordinamento oppure facendo applicazione del generale principio di buona fede oggettiva ex art. 1375-1175  c.c.. quale criterio conformativo dell’agere privatistico. In relazione a tale principio, ne e’ indiscussa la sua operatività quale regola normativa vincolante in sede interpretativa, di esecuzione del contratto, così come nel corso del procedimento formativo del contratto.

Peraltro, la generalità del principio deve indurre a ritenere che sia possibile sindacare, secondo il parametro della buona fede, anche il rifiuto della concessione di un finanziamento e, quindi, della contrazione di un vincolo contrattuale.

Orbene, giova ricordare che la lettera m) dell’articolo 13 del D.L. n. 23/2020 prevede “sono ammissibili alla garanzia del fondo, con copertura  al  100  percento  sia  in  garanzia  diretta  che  in riassicurazione,  i   nuovi   finanziamenti   concessi   da   banche, intermediari finanziari di  cui  all'articolo  106  del  Testo  Unico bancario di cui al decreto legislativo 1° settembre  1993  n.  385  e dagli altri soggetti abilitati alla concessione di credito (…)” e dunque prevede la prestazione della garanzia da parte del Fondo di garanzia per le PMI al 100% per la l’erogazione di finanziamenti fino a 25.000,00 euro in favore di piccole e medie imprese e di persone fisiche esercenti attività di impresa, arti o professioni la cui attività d’impresa sia stata danneggiata dall’emergenza COVID-19, purché tali finanziamenti prevedano:

l’inizio del rimborso del capitale non prima di 24 mesi dall’erogazione;

abbiano una durata fino a 72 mesi;

un importo non superiore al 25% dell’ammontare dei ricavi del soggetto beneficiario, come risultante dall’ultimo bilancio depositato o dall’ultima dichiarazione fiscale presentata alla data della domanda di garanzia ovvero, per i soggetti beneficiari costituiti dopo il 1° gennaio 2019, da altra idonea documentazione, anche mediante autocertificazione ai sensi dell’articolo 47 del DPR del 28 dicembre 2000 n. 445.

Per la determinazione dell’importo massimo concedibile lo stesso non può superare, alternativamente:

il doppio della spesa salariale annua del beneficiario (compresi gli oneri sociali e il costo del personale che lavora nel sito dell’impresa ma che figura formalmente nel libro paga dei subcontraenti) per il 2019 o per l’ultimo anno disponibile. Nel caso di imprese costituite a partire dal 1º gennaio 2019, l’importo massimo del prestito non può superare i costi salariali annui previsti per i primi due anni di attività;

il 25 per cento del fatturato totale del beneficiario nel 2019.

Come risulta dall'ultima Dichiarazione Fiscale (in atti) i ricavi dell’attività del sig. Zullo sono stati pari a €47.029,00 pertanto,  in ossequio ai principi stabiliti dal provvedimento,  la sua richiesta era pari ad € 11.757,00.

La redditività per il periodo passato, nonché la circostanza che in atti non constino circostanze, sintomatiche dell’incapienza o dell’insolvenza del soggetto o della sua mera inaffidabilità economica, avrebbero dovuto indurre la banca resistente ad una valutazione in termini di positività.

In considerazione del comportamento processuale delle parti, nonché della novità delle questioni interpretative, si ritiene equo compensare le spese del giudizio, per un terzo.

 

PQM

revocando in parte qua il provvedimento assunto inaudita altera parte, ordina alla banca resistente la rivalutazione del merito della pratica alla luce dei criteri procedurali e sostanziali enucleati in parte motiva;

compensando per un terzo le spese di giudizio, condannando l’opposta al pagamento delle spese, in favore di parte attrice,  liquidate in residui euro 1000,00, oltre Iva e Cap come per legge.