Civile
Il Caso.it, Sez. Articoli e Saggi - Data pubblicazione 03/02/2025 Scarica PDF
Obbligo dei pubblici ufficiali di chiedere la trascrizione degli atti da loro ricevuti o autenticati
Bruno Rosario Briante, Conservatore dei Registri Immobiliari di FirenzeAtti di destinazione per fini meritevoli di tutela: la trascrizione non è obbligatoria.
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 29824 dell’11 novembre 2024 afferma un importante principio di diritto concernente l’esistenza o meno di un obbligo del cancelliere, ex art. 2671 c.c., di chiedere la trascrizione degli atti di destinazione per fini meritevoli di tutela, disciplinati dall’art. 2645-ter c.c., conclusi dai coniugi in sede di separazione consensuale.
La decisione che si illustra, seppur resa con specifico riferimento alla questione avanti indicata, consente di trarre utili indicazioni di carattere generale sull’esistenza e sui limiti dell’obbligo del cancelliere di chiedere la trascrizione degli atti negoziali conclusi in sede giudiziale, nonché sugli analoghi obblighi gravanti sui pubblici ufficiali che ricevono atti pubblici o autenticano scritture private documentanti atti soggetti a trascrizione.
Sommario: 1. Il principio di diritto; 2. La vicenda; 3. Gli atti di destinazione a fini meritevoli di tutela: aspetti pubblicitari; 4. L’obbligo dei pubblici ufficiali di chiedere la trascrizione degli atti da loro ricevuti o autenticati; 5. La decisione della Corte di Cassazione.
1. Il principio di diritto
“Qualora il vincolo di destinazione sui beni di cui all’art. 2645-ter cod. civ. sia imposto in sede di accordi per la separazione coniugale e di esso non venga curata la trascrizione che rende l’atto opponibile ai terzi, nessuna responsabilità è configurabile a carico del cancelliere che autentica l’atto di separazione, posto che la norma citata prevede che la trascrizione sia una facoltà dipendente dalla richiesta della parte di procedervi e non un obbligo del pubblico ufficiale che riceve l’atto.”
È il principio di diritto affermato dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 29824 dell’11 novembre 2024, che ha escluso l’esistenza di un obbligo del cancelliere di chiedere la trascrizione dei vincoli di destinazione per fini meritevoli di tutela, disciplinati dall’art. 2645-ter c.c.,imposti a beni immobili in sede di accordi per la separazione coniugale.
Tuttavia, come può facilmente arguirsi dalla formulazione del principio, la Suprema Corte non ha escluso l’esistenza di un obbligo generale del cancelliere, ex art. 2671 c.c., di chiedere la trascrizione degli atti negoziali conclusi in sede giudiziale e documentati da verbali da lui formati, fondandosi invece il decisum sul rilievo che l’art. 2645-ter c.c. non prevede come obbligatoria la trascrizione degli atti di destinazione.
Ai fini di un’adeguata comprensione della decisione priva di precedenti specifici e che assume grande rilievo pratico, anche in considerazione delle possibili conseguenze in termini di obblighi di risarcimento dei danni conseguenti alla mancata trascrizione, si ricostruiscono di seguito la vicenda che ha portato alla pronuncia e il quadro normativo in cui la stessa si inserisce.
2. La vicenda
In sede di accordi di separazione consensuale due coniugi hanno concordato, quale contributo al mantenimento della figlia, il trasferimento dalla moglie al marito di un bene immobile e l’imposizione a tale bene di un vincolo di destinazione ex art. 2645-ter c.c.
Detti accordi erano documentati da verbale di udienza redatto dal cancelliere ed erano stati omologati dal Tribunale di Bologna.
Il trasferimento è stato trascritto, ma non è stata data pubblicità nei registri immobiliari al vincolo di destinazione e ciò ha consentito ai creditori del marito di iscrivere una pluralità di ipoteche ed un pignoramento immobiliare sull’immobile a lui trasferito a titolo di contributo al mantenimento della figlia.
I coniugi e la figlia hanno convenuto, davanti al Tribunale di Bologna, il Ministero della Giustizia, e hanno chiesto che fosse condannato al risarcimento dei danni da loro subiti a seguito dell’asserito inadempimento, da parte del cancelliere del medesimo Tribunale, dell’obbligo di trascrizione del vincolo destinazione imposto, ai sensi dell’art. 2645-ter c.c., all’immobile trasferito in sede di separazione consensuale.
Il Ministero convenuto ha chiesto il rigetto della domanda negando l’esistenza di un tale obbligo.
Il Tribunale ha respinto la domanda in quanto pur ritenendo corretto ipotizzare che il cancelliere non trascrivendo il vincolo avesse violato gli obblighi di diligenza a lui facenti carico, ha escluso che ciò consentisse l’accoglimento della richiesta di risarcimento danni perchè la natura gratuita del vincolo di destinazione che i coniugi avevano creato non avrebbe impedito ai creditori del marito di agire in revocatoria nei suoi confronti.
Entrambe le parti hanno impugnato la decisione; in particolare il Ministero ha proposto un appello incidentale al fine di sentire escludere la sussistenza dell’obbligo di trascrizione a carico del cancelliere, obbligo riconosciuto invece esistente dal Tribunale.
La Corte d’appello di Bologna, in parziale riforma della decisione del Tribunale, ha dichiarato insussistente l’obbligo del cancelliere di trascrivere il vincolo di destinazione, confermando quindi, sia pur per altra ragione, il rigetto della domanda di risarcimento danni.
Il Giudice di secondo grado ha innanzi tutto ribadito, sulla scia di un’ormai pacifico indirizzo giurisprudenziale, che il verbale di separazione consensuale ha natura di atto pubblico ai sensi dell’art. 2699 c.c. e costituisce, dopo l’omologazione che lo rende efficace, titolo per la trascrizione ai sensi dell’art. 2657 c.c.
Ha tuttavia aggiunto che: “la circostanza per cui un certo atto può essere trascritto non significa porre a carico del cancelliere un conseguente obbligo di trascrizione. L’obbligo di trascrizione deriva dall’art. 2671 cod. civ., la cui interpretazione estensiva invalsa all’interno del Tribunale di Bologna aveva contribuito a creare una prassi per cui il cancelliere aveva il dovere di trascrivere i trasferimenti immobiliari; e tuttavia nessun obbligo di trascrizione poteva essere riconosciuto, a carico del cancelliere, in relazione al vincolo di destinazione di cui all’art. 2645-ter citato. Detta norma, del resto, utilizza l’espressione “possono essere trascritti” anziché quella “devono essere trascritti”; e l’individuazione di una facoltà, e non di un obbligo, fa sì che l’onere della trascrizione sia a carico del beneficiario, al fine di rendere il vincolo opponibile ai terzi.”.
Avverso la sentenza d’appello hanno proposto ricorso per cassazione, con unico atto affidato ad un solo motivo, i coniugi e la figlia.
Il Ministero della Giustizia non ha svolto attività difensiva in sede di legittimità.
3. Gli atti di destinazione a fini meritevoli di tutela: aspetti pubblicitari
L’art. 39-novies del D.L. 30 dicembre 2005, n. 273, aggiunto dalla legge di conversione 23 febbraio 2006, n. 51, ha inserito nel codice civile, dopo l’art. 2645-bis, l’art. 2645-ter, avente ad oggetto la trascrizione di atti di destinazione per la realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o persone fisiche.
L’art. 2645-ter c.c. dispone che “Gli atti in forma pubblica con cui beni immobili o beni mobili iscritti in pubblici registri sono destinati, per un periodo non superiore a novanta anni o per la durata della vita della persona fisica beneficiaria, alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o persone fisiche ai sensi dell'articolo 1322, secondo comma, possono essere trascritti al fine di rendere opponibile ai terzi il vincolo di destinazione; per la realizzazione di tali interessi può agire, oltre al conferente, qualsiasi interessato anche durante la vita del conferente stesso. I beni conferiti e i loro frutti possono essere impiegati solo per la realizzazione del fine di destinazione e possono costituire oggetto di esecuzione, salvo quanto previsto dall'articolo 2915, primo comma, solo per debiti contratti per tale scopo”.
La norma consente dunque di trascrivere, quando formati per atto pubblico e al fine di realizzare interessi meritevoli di tutela, gli atti costitutivi di vincoli di destinazione su beni immobili o su beni mobili iscritti in pubblici registri, vincoli che attribuiscono ai beni che ne sono oggetto la connotazione di “patrimonio separato” rispetto ai restanti beni del soggetto che ne è titolare.
La trascrizione dell’atto, secondo la lettera della norma, rende opponibile il vincolo ai terzi; si tratterebbe quindi non di una forma di pubblicità costitutiva, ma dichiarativa e, tuttavia, non può non rilevarsi che sembra potersi dubitare del fatto che un vincolo esista se, in difetto di trascrizione, il titolare dei beni può disporne in modo efficace anche in violazione degli scopi di destinazione e se i suoi creditori possono aggredire i beni vincolati anche per debiti contratti per scopi estranei a quelli di destinazione. E, infatti, non è mancato in dottrina chi ha sostenuto la natura costitutiva della trascrizione degli atti di destinazione.
Nonostante sia previsto espressamente che il vincolo è opponibile ai terzi solo se trascritto, la norma non dispone, come fa invece generalmente, che gli atti in questione devono essere trascritti, ma afferma che “possono essere trascritti”, consentendo di ritenere che possa trattarsi di una trascrizione facoltativa.
Tuttavia, altre letture della norma sono possibili.
Come evidenziato dalla circolare n. 5 del 7 agosto 2006, dell’Agenzia del Territorio ([1]), “La possibilità di trascrivere gli atti di destinazione in parola è espressamente prevista dall’art. 2645-ter c.c. e limitata agli atti di destinazione redatti in forma pubblica (“Gli atti in forma pubblica…possono essere trascritti al fine di rendere opponibile ai terzi il vincolo di destinazione…”).
La richiamata disposizione, in sostanza, ha introdotto, per gli atti di cui trattasi, un regime di facoltatività della trascrizione, ancorato al requisito minimo di forma normativamente stabilito (nella specie l’“atto in forma pubblica”). In relazione a tale ultimo aspetto, quindi, detta previsione normativa porterebbe ad escludere, in deroga a quanto previsto dall’art. 2657 c.c., la trascrivibilità di atti di destinazione redatti con la forma della scrittura privata autenticata o accertata giudizialmente.”.
In sostanza secondo la circolare, la trascrizione sarebbe facoltativa nel senso che le parti potrebbero sottrarsi all’obbligo della trascrizione costituendo il vincolo per scrittura privata, sarebbe invece obbligatoria se il vincolo è costituito per atto pubblico.
Inoltre, chi sostiene la natura costitutiva della trascrizione in argomento ne afferma in coerenza anche l’obbligatorietà, perché secondo tale ricostruzione è solo con l’esecuzione della formalità pubblicitaria che il vincolo viene ad esistenza.
Il vincolo di destinazione può essere costituito “per un periodo non superiore a novanta anni o per la durata della vita della persona fisica beneficiaria”.
La citata circolare n. 5 del 7 agosto 2006 ha anche fornito indicazioni per la redazione delle note di trascrizione ([2]) degli atti di destinazione tenendo conto delle loro peculiarità e precisamente ha previsto che:
- il codice atto da indicare nella Sezione A è il “161 Destinazione per fini meritevoli di tutela (art. 2645-ter c.c.)” ([3]);
- nella Sezione C “va utilizzata la sola parte “contro”, con l’indicazione degli estremi anagrafici o dei dati identificativi del “conferente” (o del conferitario, se il vincolo è imposto dal conferente contestualmente al trasferimento del bene vincolato, n.d.r.), nonché della quota del diritto reale oggetto dell’atto di destinazione”;
- nella Sezione D “… oltre agli aspetti contenutistici essenziali dell’atto di destinazione (a mero titolo esemplificativo: durata del vincolo, eventuali regole inerenti all’amministrazione e gestione dei beni oggetto di vincolo, cause e modalità di scioglimento del vincolo medesimo), vanno indicati, analiticamente, i beneficiari degli atti medesimi con i relativi estremi anagrafici, o con tutti i dati identificativi (se trattasi di soggetti impersonali o di enti specificamente determinati), ovvero con i criteri di individuazione (se trattasi di soggetti solo determinabili, riguardando una categoria di persone).”.
Il documento di prassi ha avuto altresì cura di precisare che al decorso del termine di durata previsto in sede di costituzione (durata pari al massimo a novanta anni o alla vita della persona fisica beneficiaria) consegue l’automatica cessazione degli effetti giuridici del vincolo e che nonostante l’art. 2645-ter c.c. non abbia disposto l’esecuzione di alcuna forma di pubblicità al riguardo, “al fine di realizzare una esaustiva informazione della vicenda estintiva dei vincoli in esame sui registri immobiliari, appare opportuno ipotizzare l’eseguibilità di una formalità di annotazione a margine della trascrizione dell’atto di destinazione costitutivo del vincolo medesimo, da qualificare come annotazione di “inefficacia”.
La predetta annotazione, che determina l’inefficacia della formalità principale (nel caso di specie trascrizione dell’atto di destinazione), sembra infatti preferibile rispetto alla formalità di annotazione di cancellazione che comporterebbe, invece, l’estinzione giuridica della formalità principale. Da ciò consegue che nei certificati ipotecari dovrà essere ricompresa non soltanto la formalità di annotazione di inefficacia, ma anche la formalità principale (trascrizione dell’atto di destinazione); e tale circostanza, considerata la peculiarità dei vincoli in questione, assume senza dubbio positivo rilievo, consentendo, sul piano pratico, la possibilità di garantire la conoscibilità permanente delle fasi evolutive del periodo vincolativo.”.
4. L’obbligo dei pubblici ufficiali di chiedere la trascrizione degli atti da loro ricevuti o autenticati
L’art. 2657 c.c. dispone che “La trascrizione non si può eseguire se non in forza di sentenza di atto pubblico o di scrittura privata con sottoscrizione autenticata o accertata giudizialmente.”.
Il successivo art. 2671 c.c., rubricato “Obbligo dei pubblici ufficiali”, dispone che “Il notaio o altro pubblico ufficiale che ha ricevuto o autenticato l'atto soggetto a trascrizione ha l'obbligo di curare che questa venga eseguita nel più breve tempo possibile, ed è tenuto al risarcimento dei danni in caso di ritardo, salva l'applicazione delle pene pecuniarie previste dalle leggi speciali, se lascia trascorrere trenta giorni dalla data dell'atto ricevuto o autenticato.”.
Dalle norme avanti riportate emerge chiaramente che nel sistema della trascrizione il codice civile attribuisce un ruolo fondamentale ai pubblici ufficiali che:
- devono ricevere gli atti pubblici ([4]) e autenticare le scritture private ([5]) contenenti gli atti soggetti a trascrizione, al fine di garantire la certezza delle informazioni rese pubbliche; e
- hanno l’obbligo di curare che la trascrizione degli atti da loro ricevuti o autenticati venga eseguita nel più breve tempo possibile al fine di tutelare le parti e di garantire la completezza e quindi l’affidabilità delle risultanze dei registri immobiliari.
La sanzione civile prevista a carico del pubblico ufficiale che omette o ritarda di curare la trascrizione dei suoi atti è il risarcimento dei danni causati dall’omissione o dal ritardo.
L’art. 2671 c.c. fa inoltre “salva l'applicazione delle pene pecuniarie previste dalle leggi speciali, se lascia trascorrere trenta giorni dalla data dell'atto ricevuto o autenticato”.
La disciplina fiscale cui rinvia la norma da ultimo citata è contenuta nel Testo unico delle disposizioni concernenti le imposte ipotecaria e catastale, allegato al D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 347, che all’art. 6 individua i termini entro i quali i pubblici ufficiali (tra cui sono espressamente inclusi notai e cancellieri) devono chiedere la trascrizione degli atti da loro formati e all’art. 9 prevede le sanzioni da irrogare a tali pubblici ufficiali in caso di omessa o ritardata trascrizione.
Giova, inoltre, ricordare che gli atti pubblici e le scritture private autenticate devono essere sempre registrate ([6]) e che le formalità pubblicitarie possono essere chieste solo dopo la registrazione; l’art. 2669 c.c. fa eccezione a tale regola, consentendo di chiedere la trascrizione prima della registrazione, solo per gli atti pubblici e le sentenze, in quanto i controlli cui sono soggetti i pubblici ufficiali che formano tali atti assicurano che l’imposta di registro sarà certamente pagata.
Disciplina civilistica e disciplina fiscale formano dunque, come emerge da quanto avanti esposto, un sistema che mira a tutelare molteplici interessi privati (quelli delle parti e dei terzi che consultano i registri immobiliari) e pubblici (interesse generale “alla sicurezza dei traffici giuridici”, allo “aggiornamento della banca dati ipotecaria”, al suo “utilizzo per finalità tributarie”, etc. (cfr. Cass. n. 37969 del 2021)), tutti grande rilevanza.
I compiti che l’ordinamento giuridico demanda ai pubblici ufficiali sono quindi i seguenti:
- ricevere gli atti pubblici e autenticare le scritture private contenenti atti soggetti a trascrizione (art. 2657 c.c.);
- curarne la registrazione (art. 10 del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (c.d. Testo unico dell’imposta di registro)) ([7]);
- rilasciarne le copie necessarie per la trascrizione, dovendo di regola il pubblico ufficiale conservare l’originale dell’atto (art. 2658 c.c.);
- curarne la trascrizione nel più breve tempo possibile (art. 2671 c.c.).
E in tale sistema che si inquadra e si comprende il principio enunciato dalla Sezione Unite con la sentenza 29 luglio 2021, n. 21761: "sono valide le clausole dell'accordo di divorzio a domanda congiunta, o di separazione consensuale, che riconoscano ad uno o ad entrambi i coniugi la proprietà esclusiva di beni mobili o immobili, o di altri diritti reali, ovvero ne operino il trasferimento a favore di uno di essi, o dei figli, al fine di assicurarne il mantenimento; il suddetto accordo di divorzio o di separazione, in quanto inserito nel verbale d'udienza, redatto da un ausiliario del giudice e destinato a far fede di ciò che in esso è attestato, assume forma di atto pubblico ai sensi e per gli effetti dell'art. 2699 c.c. e, ove implichi il trasferimento di diritti reali immobiliari, costituisce, dopo la sentenza di divorzio resa ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 4, comma 16, che, in relazione alle pattuizioni aventi ad oggetto le condizioni inerenti alla prole e ai rapporti economici, ha valore di pronuncia dichiarativa, ovvero dopo l'omologazione che lo rende efficace, valido titolo per la trascrizione a norma dell'art. 2657 c.c.; la validità dei trasferimenti immobiliari presuppone l'attestazione, da parte del cancelliere, che le parti abbiano prodotto gli atti e rese le dichiarazioni di cui alla L. n. 52 del 1985, art. 29, comma 1-bis; non produce nullità del trasferimento, il mancato compimento, da parte dell'ausiliario, dell'ulteriore verifica circa l'intestatario catastale dei beni trasferiti e la sua conformità con le risultanze dei registri immobiliari".
Le Sezioni Unite assegnano al cancelliere quale pubblico ufficiale che forma il verbale d’udienza, cioè l’atto pubblico che documenta il trasferimento o la costituzione di un diritto reale su un bene immobile, anche il compito di attestare che le parti abbiano prodotto gli atti e rese le dichiarazioni sulla conformità catastale dell’immobile, come previsto dall’art. 29, comma 1-bis, del 27 febbraio 1985, n. 52 ([8]). Ciò in quanto tale norma attribuisce al pubblico ufficiale rogante o autenticante il compito di verificare, a pena di nullità dell’atto, che le parti abbiano prodotto gli atti e reso le dichiarazioni previste dalla norma stessa, escludendo quindi che tale attività possa essere espletata dalle parti.
Seppur affermato in relazione ai trasferimenti o alle costituzioni di diritti reali concordati in sede di separazione o divorzio, deve ritenersi che il principio avanti riportato, con i dovuti adattamenti, trovi applicazione in tutti i casi in cui in sede giudiziale si formi un atto soggetto a trascrizione, essendo detto principio espressione delle regole in materia di negoziazione immobiliare e di trascrizione avanti esposte.
5. La decisione della Corte di Cassazione
I coniugi e la figlia con l’unico motivo di ricorso per cassazione hanno lamentato la violazione e la falsa applicazione degli artt. 2645-ter e 2671 c.c., in relazione all’esistenza di un obbligo di trascrizione in capo al cancelliere.
I ricorrenti hanno in particolare ritenuto erronea l’interpretazione resa dalla Corte d’appello e sostenuto che “la trascrizione di cui all’art. 2645-ter cit. dovrebbe ritenersi un obbligo esclusivo del pubblico ufficiale che riceve l’atto (nella specie, il cancelliere). La lettura fornita dalla sentenza impugnata sarebbe, secondo i ricorrenti, in contrasto con l’opposta tesi dottrinale, poiché si fonda su di un’interpretazione meramente letterale del dato normativo. D’altra parte, la norma in questione identifica una fattispecie complessa, nella quale la trascrizione del vincolo di destinazione sarebbe elemento necessario per la costituzione del vincolo stesso.”.
La Corte di Cassazione ha innanzi tutto ricostruito la disciplina dei vincoli di destinazione dettata dall’art. 2645-ter c.c., ricordato che trattasi di norma “che appare ispirata, nei limiti di compatibilità, alla figura del trust” e rispondente ad una logica già nota anche al nostro ordinamento come comprovato dal fatto che il diritto interno consente di creare patrimoni separati: esempio emblematico al riguardo è l’istituto del fondo patrimoniale, che permette di rendere opponibile ai terzi, tramite specifiche norme, la destinazione di taluni beni al soddisfacimento dei bisogni della famiglia.
Ha poi affermato che “Il vincolo di destinazione di cui all’art. 2645-ter cit. può essere impresso non soltanto con un apposito contratto, ma anche in sede di accordi di separazione personale tra coniugi, dal momento che il verbale di separazione è titolo idoneo alla trascrizione, ai sensi dell’art. 2657 cod. civ., qualora contenga clausole che riconoscano ad uno o ad entrambi i coniugi la proprietà esclusiva di beni, mobili o immobili, o la titolarità di altri diritti reali, ovvero ne operino il trasferimento a favore di uno di essi o dei figli al fine di assicurarne il mantenimento (Sezioni Unite, sentenza 29 luglio 2021, n. 21761); e ciò consegue al fatto che quel verbale assume la natura di atto pubblico (art. 2699 cod. civ.).”.
Con specifico riferimento alla questione sulla quale era chiamata a pronunciarsi e cioè se in caso di mancata trascrizione del vincolo di destinazione ex art. 2645-ter c.c. da parte del cancelliere sia ipotizzabile una responsabilità risarcitoria, la Corte, rilevato preliminarmente che sul tema non risultano decisioni precedenti, ha ritenuto di doverla risolvere in senso negativo.
Secondo la Corte un primo motivo che porta ad escludere la responsabilità del cancelliere è il rilievo che mentre la separazione pur essendo una vicenda privatistica ha un’evidente rilevanza pubblica, la stessa rilevanza pubblica non ha la decisione dei coniugi di imprimere un vincolo di destinazione su beni immobili, per cui la scelta di trascrivere detto vincolo concretizza una loro scelta discrezione che si inquadra in una vicenda “prettamente privatistica”.
Il motivo decisivo che consente di escludere la responsabilità risarcitoria è stato comunque individuato dai giudici di legittimità nella “affermazione della Corte d’appello – giuridicamente ineccepibile – secondo cui la formulazione testuale della norma e l’evidente diversità tra questa e l’art. 2671 cod. civ. portano decisamente ad escludere la possibilità di ritenere il cancelliere responsabile per l’omessa trascrizione. È indubbio che egli assuma in sede di redazione del verbale di separazione coniugale, come si è detto, la qualità di pubblico ufficiale; ma è altrettanto indubbio che, là dove la legge ha posto a carico dei pubblici ufficiali un obbligo di trascrizione, l’ha espressamente previsto. L’art. 2671 cit., infatti, dispone che il notaio o altro pubblico ufficiale «che ha ricevuto o autenticato l’atto soggetto a trascrizione ha l’obbligo di curare che questa venga eseguita nel più breve tempo possibile, ed è tenuto al risarcimento dei danni in caso di ritardo»; mentre l’art. 2645-ter cit. stabilisce, con una formula chiaramente diversa, che gli atti ivi indicati possono essere trascritti al fine di rendere opponibile ai terzi il vincolo di destinazione. La diversità del verbo utilizzato – nell’un caso identificativo di un obbligo e nell’altro di una semplice facoltà, evidentemente rimessa alla valutazione delle parti private, che debbono chiederlo (nel caso di atto notarile, al notaio) – toglie ogni dubbio circa l’infondatezza della domanda, non potendo ipotizzarsi che il legislatore si sia espresso in modo improprio.”.
La Corte ha infine aggiunto che “è appena il caso di osservare che nessun valore può essere attribuito alla prassi esistente presso il Tribunale di Bologna – stando a quanto riferisce la Corte d’appello nell’impugnata sentenza – di imporre a carico del cancelliere l’obbligo di curare la trascrizione anche nel caso qui in esame.”.
Per tali motivi il ricorso è stato rigettato ed è stato enunciato il seguente principio di diritto:
«Qualora il vincolo di destinazione sui beni di cui all’art. 2645-ter cod. civ. sia imposto in sede di accordi per la separazione coniugale e di esso non venga curata la trascrizione che rende l’atto opponibile ai terzi, nessuna responsabilità è configurabile a carico del cancelliere che autentica l’atto di separazione, posto che la norma citata prevede che la trascrizione sia una facoltà dipendente dalla richiesta della parte di procedervi e non un obbligo del pubblico ufficiale che riceve l’atto».
L’affermazione, fatta dall’ordinanza, della non esistenza per il pubblico ufficiale, che ha ricevuto l’atto pubblico con cui si impone un vincolo di destinazione a un bene immobile, di un obbligo di trascrizione di detto atto è basata esclusivamente sulla lettera della legge. La decisione non ha però avuto cura di argomentare l’esclusione delle altre possibili letture della norma, quale ad esempio quella proposta dalla circolare n. 5 del 2006 dell’Agenzia del Territorio, avanti ricordata, secondo la quale la trascrizione di detti vincoli sarebbe facoltativa solo ove costituiti per scrittura privata e obbligatoria ove costituiti per atto pubblico. Inoltre, la circostanza che presso il Tribunale di Bologna sembrerebbe esistere una prassi che considera obbligatoria la trascrizione degli atti di destinazione, potrebbe essere sintomatica del fatto che nella pratica l’obbligo, negato dalla Suprema Corte, si consideri esistente per legge o quantomeno quale espressione della diligenza che deve caratterizzare l’opera del pubblico ufficiale che forma l’atto pubblico. Trattandosi della prima pronuncia sulla questione sarà pertanto interessante verificare se la stessa sarà confermata da ulteriori eventuali decisioni.
La decisione in commento può invece ritenersi in linea con il sistema della trascrizione quando afferma che è indubbio che il cancelliere assume in sede di redazione del verbale di separazione coniugale la qualità di pubblico ufficiale e che, come tale, è conseguentemente obbligato, ex art. 2671 c.c., a richiedere la trascrizione degli atti per i quali la legge preveda come obbligatoria tale formalità.
Tale affermazione deve evidentemente ritenersi valevole per tutti i verbali di udienza, anche redatti in procedimenti diversi da quelli di separazione o divorzio, che documentano accordi negoziali soggetti a trascrizione.
Dovendosi escludere, per ovvie ragioni, che gli obblighi di richiedere la registrazione e la trascrizione (con la conseguente responsabilità sia civile che fiscale in caso di omissione o di ritardo nell’esecuzione della formalità) degli atti negoziali documentati dal verbale di udienza, nonché quello di attestare che le parti abbiano prodotto gli atti e rese le dichiarazioni di cui alla L. n. 52 del 1985, art. 29, comma 1-bis, possano gravare sul giudice, sembra conclusione obbligata quella di ritenere che ogni volta che in sede giudiziale, anche in procedimenti diversi da quelli di separazione e divorzio, si formino atti soggetti a trascrizione il verbale d’udienza debba essere redatto dal cancelliere.
([1]) Circolare emanata dopo aver acquisito sull’argomento il parere del Ministero della Giustizia (nota DAG Prot. n. 79177 del 24/7/2006) e a questo conforme.
([2]) Le note di trascrizione, da redigersi secondo appositi modelli informatizzati approvati dal Ministero della Giustizia e dall’Agenzia delle Entrate, sono composte da quattro Sezioni: 1. Sezione A: - Generalità (in questa sezione vanno indicati i dati identificativi del titolo; la tipologia di atto che si trascrive, tipologia da individuarsi con un apposito codice (ad es. 112 Compravendita, 133 Donazione, etc.); i dati di richiede la trascrizione); 2. Sezione B: - Immobili; 3. Sezione C: - Soggetti; 4. Sezione D: - Ulteriori informazioni (ove è possibile riportare in un campo di testo “Altri aspetti che si ritiene utile indicare ai fini della pubblicità immobiliare”).
([3]) La tabella dei codici degli atti soggetti a trascrizione attualmente utilizzata è quella adottata con Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate dell’11 luglio 2024, prot. n. 292682.
([4]) Art. 2699 c.c.: “L'atto pubblico è il documento redatto, con le richieste formalità, da un notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede nel luogo dove l'atto è formato.”.
([5]) Art. 2703 c.c.: “Si ha per riconosciuta la sottoscrizione autenticata dal notaio o da altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato.”.
([6]) L’art. 11 della Tariffa Parte I – Atti soggetti a registrazione in termine fisso, allegata al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (c.d. Testo unico dell’imposta di registro), dispone che gli atti pubblici e scritture private autenticate devono essere registrate anche quanto non aventi per oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale; in pratica gli atti pubblici e le scritture private autenticate devono sempre essere registrate.
L’obbligo di richiedere la registrazione degli atti pubblici e delle scritture private autenticate grava sui pubblici ufficiali che li hanno formati secondo quanto previsto dall’art. 10 del citato D.P.R. n. 131 del 1986.
([7]) Gli atti dei procedimenti di separazione e divorzio sono esenti da ogni tributo ex art. 19 della legge n. 74 del 6 marzo 1987, per tali atti quindi l’adempimento della registrazione, che ha natura solo fiscale, perde di rilevanza.
([8]) Il testo del comma 1-bis. dell’art. 29 della l. n. 52 del 1985 è il seguente: “Gli atti pubblici e le scritture private autenticate tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali su fabbricati già esistenti, ad esclusione dei diritti reali di garanzia, devono contenere, per le unità immobiliari urbane, a pena di nullità, oltre all'identificazione catastale, il riferimento alle planimetrie depositate in catasto e la dichiarazione, resa in atti dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale. La predetta dichiarazione può essere sostituita da un'attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale. Prima della stipula dei predetti atti il notaio individua gli intestatari catastali e verifica la loro conformità con le risultanze dei registri immobiliari.”.
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