Diritto Fallimentare


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 749 - pubb. 01/01/2007

Revocatoria fallimentare e cessione d'azienda bancaria

Tribunale Genova, 04 Novembre 2002. Est. Castiglione.


Revocatoria fallimentare e cessione di azienda bancaria - Art. 58 T.U. l. bancaria - Natura costitutiva della sentenza di revoca - Inesistenza del debito al momento della cessione - Responsabilità della banca cessionaria - Insussistenza.



 


 


omissis

CONCLUSIONI DELLE PARTI

PER L’ATTORE: “Dichiarare inefficaci nei confronti del Fallimento ai sensi dell’art. 67 L.F. le rimesse aventi natura solutoria effettuate sui conti correnti della società nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento a favore del Banco di Napoli; condannare la Banca convenuta a restituire al fallimento l’importo percepito nella misura da accertarsi in corso di causa, comunque non inferiore a £ 795.496.263, oltre interessi e rivalutazione monetaria fino all’effettiva restituzione; condannare la Banca convenuta alla rifusione delle spese di causa”.

PER LA CONVENUTA: “ Respingere la domanda attrice, in quanto la Banca convenuta non è legittimata passivamente rispetto all’azione revocatoria proposta dalla curatela; in via subordinata respingere la domanda attrice, perchè indeterminata, infondata e non provata; in via di ulteriore subordine condannare il Banco di Napoli a tenere indenne e manlevare la banca Bipop-Carire da ogni somma eventuale che quest’ultima fosse condannata a versare al fallimento; con vittoria delle spese di lite”.

PER IL TERZO CHIAMATO: “In via preliminare dichiarare il difetto di legittimazione passiva della convenuta principale e conseguentemente respingere la domanda proposta dalla Curatela nei confronti della stessa, con conseguente venir meno della chiamata in garanzia del Banco di Napoli; in via subordinata dichiarare la nullità di citazione; in via ancora più subordinata dichiarare l’inammissibilità, l’improponibilità e l’infondatezza della domanda proposta dal Fallimento contro la convenuta principale e conseguentemente, anche sotto questo profilo, assolvere la conchiudente dalla domanda di manleva proposta dalla convenuta stessa; in via ulteriormente subordinata respingere anche la chiamata in garanzia dell’esponente. Vinte le spese e gli onorari di causa”.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato alla Banca Popolare di Brescia in data 27/06/2000 il fallimento della VE.CAM. SIRIO S.r.l., in persona del suo curatore, munito della prescritta autorizzazione abilitativa chiedeva al Tribunale di dichiarare l’inefficacia ai sensi dell’art. 67 co.2 L.F. dei pagamenti effettuati dalla società a favore del Banco di Napoli – nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento – corrispondenti all’importo – non inferiore a £ 795.496.263 – delle rimesse aventi carattere solutorio affluite sul conto corrente della società: siccome la Banca Popolare di Brescia era subentrata nell’esercizio della filiale – presso la quale esisteva il conto corrente in questione – che faceva parte del ramo d’azienda cedutole dal Banco di Napoli con atto a rogito not. Sabatino Santangelo di Napoli in data 21/10/96, chiedeva la condanna della Banca cessionaria alla restituzione dei pagamenti soggetti a revocatoria. Questa, costituendosi in giudizio, eccepiva il proprio difetto di legittimazione passiva, siccome i pagamenti che il fallimento intendeva assoggettare all’esercizio dell’azione revocatoria erano stati effettuati a favore del Banco di Napoli; sempre in via pregiudiziale contestava le genericità – ed indeterminatezza – della domanda attrice, che non indicava con precisione le rimesse revocabili; nel merito contestava la mancanza delle condizioni per l’esercizio dell’azione revocatoria: intanto – ed in ogni caso – si opponeva all’accoglimento della domanda attrice.

Per cautela chiedeva il differimento dell’udienza di prima comparizione delle parti per chiamare in causa il Banco di Napoli per manleva e garanzia. Quest’ultimo, costituendosi a sua volta in giudizio, dichiarava di aderire alle eccezioni della convenuta principale: intanto chiedeva al Tribunale di dichiarare il difetto di legittimazione passiva della BIPOP–CARIRE; in subordine dichiarare la nullità della citazione; nel merito respingere perché infondata – e comunque prescritta – la domanda attrice.

In via ulteriormente subordinata chiedeva anche il rigetto della domanda di manleva proposta con la chiamata in garanzia del terzo.

Costituito il contraddittorio delle parti, il Giudice, ritenuto necessario decidere la questione preliminare, attinente alla legittimazione passiva della convenuta, prima di istruire la causa nel merito, invitava i procuratori delle parti a precisare le conclusioni e tratteneva la causa in decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

L’eccezione è fondata sul fatto che i pagamenti, che costituiscono l’oggetto e la materia dell’azione revocatoria, sono stati effettuati dalla società VE.CAM. SIRIO a favore del Banco di Napoli, che ne ha tratto vantaggio, acquisendo il risultato utile delle rimesse. Inoltre l’azione postula la sussistenza dell’elemento psicologico, vale a dire la conoscenza dello stato di insolvenza del debitore, che deve essere accertato - e verificato - a carico di chi subisce l’esercizio dell’azione: intanto non pare ammissibile che gli effetti della revocatoria debbano ricadere su di soggetto diverso da quello nei cui confronti si verificano –e devono essere accertati- i presupposti dell’azione, che sono gli stessi fatti costitutivi della domanda attrice, sui quali si fonda la legittimazione passiva del convenuto. D’altra parte il contratto di conto corrente era già chiuso – ed il rapporto era estinto – all’epoca del subentro della Banca cessionaria: intanto s’era consolidato – sulla base del saldo di chiusura del conto – il credito – verso la società fallita – per il quale la Banca cessionaria s’è insinuata nel passivo del fallimento. La difesa del fallimento – per superare l’eccezione della convenuta – richiama l’art. 58 del T.U. delle leggi in materia bancaria e creditizia, a mente del quale in caso di cessione di rapporti giuridici tra banche, quando avviene la sostituzione di un banca ad un’altra nell’esercizio di una sede o di una filiale per effetto della cessione di un’azienda bancaria o di un ramo di azienda, la banca cessionaria risponde in vai esclusiva di tutti i debiti inerenti all’azienda ceduta, derivanti dai rapporti intercorsi con le sedi e filiali, non distinguendo – la legge – tra rapporti in corso e rapporti già chiusi. Pertanto in questa fattispecie – qualificata – di cessione di azienda tra soggetti bancari la legislazione speciale, che deroga alla disciplina di diritto comune contenuta nel Codice Civile, attribuisce alla banca cessionaria una legittimazione passiva esclusiva ed indifferenziata per tutti i debiti, anche risalenti a rapporti pregressi e ad atti compiuti prima della cessione. Secondo la difesa attrice la previsione e la ratio della legge speciale – che risponde alla necessità di assicurare la certezza e la stabilità dei rapporti bancari – fonda l’obbligazione della cessionaria – nascente dall’accoglimento della domanda revocatoria – di restituire i pagamenti fatti alla sua dante causa. Come replica giustamente la difesa della convenuta, l’argomento giuridico – addotto dall’attore a sostegno della sua domanda – non è conferente alla fattispecie. Invero – secondo l’interpretazione pià accreditata della legge bancaria – non tutti i debiti imputabili alla banca ceduta sono accollati a quella subentrante, ma solo quelli inerenti all’esercizio di sedi o filiali, oggetto della sostituzione, esistenti al momento della cessione e dotati dei requisiti della certezza e liquidità: lo si desume dalla previsione dell’art. 58 T.U. cit., il quale prevede che, - appunto – in caso di cessione di rapporti giuridici tra banche “i creditori ceduti” hanno facoltà, entro tre mesi dall’adempimento delle forme di pubblicità previste dalla legge, di esigere dal cedente o dal cessionario l’adempimento delle obbligazioni oggetto della cessione. Trascorso il termine di tre mesi, il cessionario ne risponde in via esclusiva. Diversamente il debito, relativo alla restituzione dei pagamenti assoggettati alla revocatoria fallimentare, non esiste ancora – e a maggior ragione non è ancora certo, nè liquido nè esigibile – quanto vengono in essere i presupposti per l’esercizio dell’azione a seguito dell’apertura del fallimento: quale azione – come è noto – ha natura costitutiva: per cui il debito – restitutorio – nasce soltanto dall’accoglimento della domanda, che fa venir meno – dalla data della domanda stessa – l’efficacia dei pagamenti assoggettati all’esercizio dell’azione revocatoria. Ne consegue che la massa non vanta alcun diritto di credito prima della dichiarazione di fallimento – ovvero al momento della dichiarazione dello stesso – indipendentemente dalla domanda giudiziale, ma è titolare soltanto di un diritto protestativo a promuovere l’azione revocatoria, dal cui accoglimento deriva la modifica della situazione giuridica preesistente. E’ evidente che il meccanismo in esame esula dalla previsione e dalla ratio stessa della normativa che regola la cessione dei rapporti giuridici tra banche: pertanto può affermarsi che la responsabilità per le azioni revocatorie non è compresa nel coacervo di crediti e debiti che costituisce oggetto della cessione di azienda bancaria: perciò la banca cessionaria difetta di legittimazione passiva per le azioni revocatorie relative a rimesse revocabili prevenute alla banca credente. Non è rilevante – per la decisione della questione in esame – l’acquisizione del contratto col quale è avvenuta – ed è stata regolata tra le parti – la cessione del ramo aziendale dal Banco di Napoli alla Banca Popolare di Brescia. Infatti il fallimento è terzo rispetto ai rapporti intercorsi tra le parti del contratto: intanto le condizioni per l’esercizio dell’azione revocatoria, che risponde all’interesse della massa, sono previste inderogabilmente dalla legge fallimentare e devono essere accertate in base alla legge stessa, rispetto alla quale sono indifferenti i rapporti e le pattuizioni particolari intercorse tra banca cedente e banca cessionaria. Mentre accoglie l’eccezione – intanto respinge la domanda attrice – liquida a favore della convenuta le spese di causa in applicazione del principio di soccombenza. Dichiara non luogo a pronunciare sulla domanda di manleva, proposta dalla convenuta principale contro la terza chiamata, subordinatamente all’accoglimento della domanda attrice. Compensa le spese di causa tra la convenuta e la terza chiamata, non ravvisando nemmeno valide ragioni per porle a carico dell’attore, che non ha proposto alcuna domanda diretta nei confronti del terzo.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando nella causa promossa da:

FALLIMENTO VE.CAM. SIRIO S.r.l.                                                          - attore -

c o n t r o

BIPOP-CARIRE S.p.a.                                                                     - convenuta -

e

BANCO DI NAPOLI S.p.a.                                                            - terzo chiamato -

così decide:

1.    Accoglie l’eccezione della convenuta: intanto dichiara il suo difetto di legittimazione passiva e respinge la domanda attrice;

2.    Condanna il Fallimento a rimborsare alla convenuta le spese di causa, che liquida in complessivi € 2.600,00 (di cui € 300,00 per esborsi, €.800,00 per diritti, € 1.500,00 per onorari), oltre rimborso spese generali, I.V.A. e C.P.A.;

3.    Dichiara non luogo a provvedere sulla domanda in manleva proposta dalla convenuta contro il terzo chiamato;

4.    Dichiara interamente compensate le spese di causa tra la convenuta ed il terzo chiamato.