Diritto e Procedura Civile


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 5569 - pubb. 20/06/2011

Procedimento sommario, presupposti, natura dell’istruttoria e speditezza; eccezione di illegittimità costituzionale e abuso del diritto

Tribunale Piacenza, 27 Maggio 2011. Est. Coderoni.


Procedimento sommario di cognizione ex art. 702bis c.p.c. – Natura sommaria della causa – Nozione e criteri di distinzione – Complessità o difficoltà delle questioni giuridiche – Esclusione – Valutazione esclusivamente in base all’attività istruttoria da espletare – Necessità di attenersi alle istanze probatorie svolte dalle parti.

Procedimento sommario di cognizione ex art. 702bis c.p.c. – Natura di giudizio a cognizione piena ma ad istruttoria semplificata – Conseguenze sulla piena operatività del principio dell’onere probatorio a carico del ricorrente – Attenuazione di tale onere – Esclusione – Illegittimità costituzionale per violazione dell’art. 111 Cost. – Manifesta infondatezza.

Questione di legittimità costituzionale di una norma – Oggetto – Contenuto intrinseco della norma o sua interpretazione – Eccezione relativa all’utilizzo concreto della norma – Inammissibilità.



L’elemento decisivo su cui valutare la percorribilità o meno del rito sommario è l’attività istruttoria che deve essere svolta e non invece l’oggetto della domanda o la tipologia della controversia. La valutazione delle prove da assumere andrà fatta, da un lato, verificando, tra le prove proposte o formulate dalle parti, quali siano in concreto quelle rilevanti ed ammissibili nella causa (altrimenti potrebbero aversi facili strumentalizzazioni da parte di chi ha interesse ad allungare i tempi, mediante l’artificiosa indicazione di numerosissimi mezzi di prova) e, per converso, il giudice sarà vincolato proprio alle richieste istruttorie formulate (o, quanto meno, indicate) dalle parti, non potendone disporre d’ufficio (se non nei limiti dei poteri officiosi a lui concessi dalla legge, cfr. artt. 257 e 281ter c.p.c.), in applicazione del principio di disponibilità delle prove ex art. 115 c.p.c.. Può ben affermarsi che la distinzione tra cause assoggettabili o meno al rito sommario è non già quella tra cause facili e cause difficili in base all’oggetto della domanda ed alle questioni da trattare e decidere, bensì tra cause che richiedono un’attività istruttoria articolata e complessa e cause che richiedono un’istruzione breve e semplice (o, addirittura, non richiedono affatto attività istruttoria), da individuarsi esclusivamente in base al thema probandum proposto dalle parti. (Mario Coderoni) (riproduzione riservata)

Il procedimento sommario è a cognizione piena, ma ad istruttoria semplificata, come si evince sia dal fatto che il provvedimento finale è idoneo ad acquistare efficacia di giudicato ex art. 2909 c.c. (v. art. 702quater c.p.c.), sia dal fatto che le prove che il giudice deve assumere sono non già quelle “indispensabili” ai fini dell’oggetto della causa (come previsto dall’art. 669sexies c.p.c. in materia di procedimento cautelare uniforme) bensì quelle “rilevanti” ai fini del decidere (art. 702ter, 5° comma, c.p.c.); in pratica, nel rito di cui agli artt. 702bis e ss. c.p.c. la sommarietà non va intesa come superficialità o riduzione al minimo delle prove, bensì come omissione di formalità e di formule sacramentali e, quindi, di semplificazione e snellimento delle procedure. Conseguenza di questa concezione è che, nel rito sommario opera con pienezza e senza alcuna limitazione il principio dell’onere probatorio ex art. 2697 c.c. e quindi, l’unico vantaggio che può ottenere l’attore rispetto al procedimento ordinario è quello di una maggiore speditezza della trattazione, ma non già un suo esonero dall’assolvimento di tale onere (oltre che di quello preventivo di allegazione). È quindi manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 702bis c.p.c. per contrasto con l’art. 111 Cost. perché consentirebbe al ricorrente di sottrarsi all’assolvimento dell’onere probatorio delle sue pretese, anche utilizzando tale strumento processuale in combinato disposto con l’istituto della consulenza tecnica preventiva. (Mario Coderoni) (riproduzione riservata)

L’illegittimità costituzionale di una norma può derivare soltanto dalla intrinseca contrarietà del suo contenuto precettivo rispetto alle norme o ai principi costituzionali, o, al più, dalla sua interpretazione (laddove sia cristallizzata nella giurisprudenza in modo tale da costituire “diritto vivente”), ma non già dall’utilizzo concreto (in ipotesi distorto) che una parte ne faccia, poiché questo è un elemento estrinseco alla regola legislativa che non può certo inficiarne la legittimità sostanziale. La nozione di abuso del diritto implica infatti il concetto di un uso “deviato” di strumenti di per sé leciti ed una simile situazione non può perciò trovare rimedio invalidando o espungendo dall’ordinamento la norma che è stata strumentalizzata a fini illeciti, ma deve essere risolta sanzionando il comportamento scorretto. (Fattispecie in tema di questione di illegittimità costituzionale sollevata in relazione al combinato disposto degli artt. 696bis e 702bis c.p.c. per come utilizzati in concreto dal ricorrente e costituenti, secondo la difesa convenuta, abuso dello strumento processuale). (Mario Coderoni) (riproduzione riservata)


Massimario, art. 702bis c.p.c.


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