Diritto Civile


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 5300 - pubb. 13/06/2011

Responsabilità della P.A. per custodia di beni demaniali e concorso di colpa del danneggiato

Tribunale Piacenza, 26 Maggio 2011. Est. Morlini.


Responsabilità per cose in custodia - Responsabilità della P.A. - Beni demaniali - Natura oggettiva - Caso fortuito - Profilo causale dell'evento riconducibile ad un elemento esterno alla cosa - Oggettiva imprevedibilità.

Responsabilità per cose in custodia - Responsabilità della P.A. - Beni demaniali - Impossibilità di esercitare la custodia - Figure sintomatiche.

Responsabilità per cose in custodia - Responsabilità della P.A. - Impossibilità in concreto della effettiva custodia - Responsabilità di carattere generale per fatto illecito - Configurabilità.

Responsabilità per cose in custodia - Responsabilità della P.A. - Comportamento colposo del soggetto danneggiato - Uso del bene demaniale senza la normale diligenza - Interruzione del nesso eziologi tra cause e danno.



La responsabilità ex art. 2051 c.c. per i danni cagionati da cose in custodia, anche nell’ipotesi di beni demaniali in effettiva custodia della P.A., ha carattere oggettivo, e, perché tale responsabilità possa configurarsi in concreto, è sufficiente che sussista il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno arrecato, senza che rilevi al riguardo la condotta del custode e l’osservanza o meno di un obbligo di vigilanza, per cui tale tipo di responsabilità è escluso solo dal caso fortuito, fattore che attiene non già ad un comportamento del responsabile bensì al profilo causale dell’evento, riconducibile non alla cosa ma ad un elemento esterno, recante i caratteri dell’oggettiva imprevedibilità ed inevitabilità e che può essere costituito anche dal fatto del terzo o dello stesso danneggiante. (Gianluigi Morlini) (riproduzione riservata)

La presunzione di responsabilità per danni da cose in custodia di cui all’art. 2051 c.c., non si applica agli enti pubblici per danni subiti dagli utenti di beni demaniali ogni qual volta sul bene demaniale, per le sue caratteristiche, non sia possibile esercitare la custodia, intesa quale potere di fatto sulla stessa: l’estensione del bene demaniale e l’utilizzazione generale e diretta dello stesso da parte di terzi, sono solo figure sintomatiche dell’impossibilità della custodia da parte della P.A., da valutare comunque in concreto ad opera del giudice; mentre elementi sintomatici della possibilità di custodia del bene sono invece il posizionamento della strada nel perimetro urbano, nonché la qualificazione di autostrada, per natura destinata alla percorrenza veloce in condizioni di sicurezza. (Gianluigi Morlini) (riproduzione riservata)

Ove non sia applicabile la disciplina della responsabilità ex art. 2051 c.c., per l’impossibilità in concreto dell’effettiva custodia del bene demaniale, l’ente pubblico risponde dei danni da detti beni, subiti dall’utente, secondo la regola generale dettata dall’art. 2043 c.c., che non prevede alcuna limitazione della responsabilità dell’amministrazione per comportamento colposo alle sole ipotesi di insidia o trabocchetto; in questo caso graverà sul danneggiato l’onere della prova dell’anomalia del bene demaniale della strada, fatto di per sé idoneo in linea di principio a configurare il comportamento colposo della P.A., sulla quale ricade invece l’onere della prova dei fatti impeditivi della propria responsabilità, quali ad esempio la possibilità in cui l’utente si sia trovato di percepire o prevedere con l’ordinaria diligenza la suddetta anomalia. (Gianluigi Morlini) (riproduzione riservata)

Tanto in ipotesi di responsabilità oggettiva della P.A. ex art. 2051 c.c., quanto in ipotesi di responsabilità della stessa ex art. 2043 c.c., il comportamento colposo del soggetto danneggiato nell’uso di bene demaniale, che sussiste anche quando egli abbia usato il bene demaniale senza la normale diligenza o con affidamento soggettivo anomalo, esclude la responsabilità dell’amministrazione se tale comportamento è idoneo ad interrompere il nesso eziologico tra la causa del danno e il danno stesso, integrando altrimenti un concorso di colpa ai sensi dell’art. 1227 comma 1 c.c., con conseguente diminuzione della responsabilità del danneggiante in proporzione all’incidenza causale del comportamento del danneggiato. In ogni caso, il principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato postulato dall’art. 112 c.p.c., non osta a che il Giudice renda una pronuncia in base ad una norma giuridica diversa da quella invocata dall’istante, id est l’art. 2051 c.c. in luogo dell’art. 2043 c.c., laddove la pronuncia si fondi su fatti ritualmente allegati e provati, essendovi solo il divieto di attribuire alla parte un bene della vita diversa da quello richiesto. (Gianluigi Morlini) (riproduzione riservata)


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