Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 19554 - pubb. 24/04/2018

Conflitto tra privilegio generale e privilegio speciale

Cassazione civile, sez. I, 24 Luglio 1989, n. 3486. Est. Bibolini.


Responsabilità patrimoniale - Cause di prelazione - Privilegi - Diritto della navigazione - Sull'aeromobile, sulla nave e sul volo - In genere - Credito di lavoro del personale di volo - Privilegio speciale sulla "flotta" - Privilegio generale sui mobili - Concorso - Soddisfazione del credito - Criteri applicabili

Responsabilità patrimoniale - Cause di prelazione - Ipoteca - Aeromobile (su) - Costituzione del diritto - Estensione alle pertinenze - Parti di ricambio - Beni di magazzino e materiali di rotazione - Esclusione



Qualora un credito fruisca contemporaneamente di privilegio mobiliare speciale e di privilegio mobiliare generale, deve escludersi che tale credito possa trovare proporzionale collocazione sul provento dei beni oggetto del privilegio speciale e su quello delle residue attività mobiliari, atteso che le regole sul concorso, fissate dagli artt. 2777 e segg. cod. civ., impongono un'unicità di graduatoria, senza distinzione a seconda che più privilegi spettino a creditori diversi od allo stesso creditore. Pertanto, nel caso del credito di lavoro del personale di volo di una compagnia di navigazione aerea, il quale gode tanto del privilegio speciale sulla "flotta", di cui all'art. 1023 cod. nav., quanto del privilegio generale sui mobili, di cui all'art. 2751 bis cod. civ., si deve ritenere che il credito medesimo debba trovare soddisfazione prioritaria su detta "flotta", con preferenza rispetto alla prelazione spettante al creditore ipotecario (art. 1036 cod. nav.), e poi, in ipotesi di incapienza, sugli altri beni mobili. (massima ufficiale)

L'art. 1029 cod. nav., il quale estende l'oggetto dell'ipoteca di aeromobile alle pertinenze, identifica queste in termini non difformi dall'art. 817 cod. civ., sicché, al fine della sussistenza del vincolo pertinenziale, richiede un rapporto di strumentalità e complementarietà funzionale, di carattere attuale, non meramente potenziale o futuro. Pertanto, non possono essere incluse in detta ipoteca parti di ricambio e separabili, ovvero, in genere, beni di magazzino e materiali di rotazione, ove siano solo genericamente destinati agli aerei della "flotta", non vincolati da specifica destinazione al singolo aereo. (massima ufficiale)


 


Cassazione civile, Sez. I, 24-07-1989, n. 3486. Pres. Bologna. Rel. Bidolini.


Svolgimento del processo

In data 5 marzo 1985 il Commissario dell'Amministrazione Straordinaria della S.p.A. AEROLINEE ITAVIA depositava nella Cancelleria del Tribunale di Roma il primo piano di riparto parziale. Nel piano era previsto il pagamento a tutto il personale dipendente (compreso il personale di volo) del 60% delle indennità di anzianità qualificate come crediti di massa, a norma dell'art. 4 della Legge 2-10-81 n° 544, come modificata dall'art. 2 della Legge 8-6-84 n° 212, crediti da collocarsi integralmente sul ricavo di beni mobili diversi da quelli costituenti la "flotta". Il Commissario faceva, peraltro, espressa riserva di detrarre, nei successivi riparti, dal provento della "flotta" i crediti del personale navigante che aveva risolto il rapporto di lavoro dopo l'inizio della procedura, in quanto fruenti del privilegio speciale dell'art. 1023 n° 2 Cod. Nav. avente prelazione, in base all'art. 1036 n° Cod. Nav., sulle ipoteche vantate dallo I.M.I. e dallo I.C.C.R.I., nonché i crediti del personale di volo che aveva interrotto il rapporto di lavoro prima dell'inizio della procedura, anch'essi fruenti del predetto privilegio speciale qualora l'opposizione ex art. 100 L.F., proposta dallo I.M.I. ed in corso, fosse rigettata.

Lo ISTITUTO DI CREDITO DELLE CASSE DI RISPARMIO ITALIANE e lo ISTITUTO MOBILIARE ITALIANO, che vantavano crediti garantiti da ipoteca su aeromobili della ITAVIA, proponevano opposizione allo stato di riparto, lamentando;

A) di non essere stati messi in grado di verificare i dati della liquidazione dell'attivo e delle spese sostenute e da sostenere, perché il Commissario non aveva depositato né il rendiconto, né il bilancio, né la documentazione relativa;

B) che erroneamente era stata riconosciuta la prededucibilità della indennità di fine rapporto dovuta agli ex dipendenti ai sensi della Legge 8 giugno 1984 n° 212, atteso che detta norma era inapplicabile al caso di specie per il principio della irretroattività della legge, dettato dall'art. 11 delle Disp. Prel.;

C) che i crediti del personale di volo, assistiti dal privilegio speciale previsto dall'art. 1023, n° 2, Cod. Nav. e dal privilegio generale disciplinato dall'art. 2751 bis, n° 1, Cod. Civ., erano destinati ad essere collocati per intero, in virtù dell'indicata riserva del Commissario, sul ricavato della vendita degli aeromobili, mentre avrebbero dovuto essere soddisfatti proporzionalmente sulle sottomasse comprendenti, rispettivamente, gli aeromobili e tutti gli altri beni mobili;

D) che erroneamente era stato escluso, dalla massa concernente la flotta, l'attivo realizzato con la vendita dei motori, delle parti di ricambio e del materiale di rotazione, poiché anche a tali beni si estendeva l'ipoteca vantata per i crediti dei due Istituti.

In base a dette premesse gli opponenti chiedevano: 1°) che fosse disposta la produzione, da parte del Commissario dell'Amministrazione Straordinaria, del rendiconto relativo alla liquidazione dell'attivo ed alle spese sostenute e da sostenere con la relativa documentazione e, conseguentemente, che fossero "escluse le spese non giustificate e non documentate"; 2°) che fosse accertata e dichiarata la non riconoscibilità della prededucibilità delle indennità di fine rapporto agli ex dipendenti della ITAVIA;

3°) che fosse accertata e dichiarata la collocazione proporzionale dei crediti del personale di volo fruenti del duplice privilegio (generale ex art. 2751 bis n° 1 Cod. Civ. e speciale ex 1023 n° 2 Cod. Nav.), sulle distinte masse formate dal Commissario rispettivamente con il provento della liquidazione della flotta e della liquidazione degli altri beni mobili;

4°) che l'attivo realizzato e da realizzare con la vendita delle parti di ricambio, dei materiali di rotazione e dei motori fosse escluso dalle attività concernenti i "mobili diversi" e compreso, invece, in quello relativo alla "flotta".

Al piano di riparto si opponeva anche il sig. Filippo Neri; il Commissario chiedeva il rigetto di tutte le opposizioni e la dichiarazione di esecutività del riparto parziale.

Il Tribunale di Roma, con sentenza n° 1968 del 14 febbraio 1986, respingeva l'opposizione del sig. Filippo Neri, ritenendo, tra l'altro, l'ammissibilità dei riparti parziali (oltre agli acconti, cui peraltro il Commissario espressamente non aveva inteso fare ricorso) nella procedura di Amministrazione Straordinaria, in applicazione del richiamato art. 212 L.F.; dichiarava, inoltre, inammissibile l'opposizione dei due Istituti, rilevando in particolare la carenza di interesse degli opponenti in ordine alla dedotta prededucibilità della indennità di fine rapporto degli ex dipendenti, volta che il riparto parziale aveva avuto collocazione integrale sul provento dei beni mobili diversi dalla flotta, beni mobili sui quali, comunque, i dipendenti fruivano del privilegio generale prioritario dell'art. 2751 bis c.c.. Il Neri non proponeva impugnazione né si costituiva nel successivo grado di giudizio promosso dai due Istituti indicati; il Commissario dell'Amministrazione Straordinaria della ITAVIA si costituiva chiedendo il rigetto dell'appello.

La Corte di Appello di Roma, con sentenza n° 3686 del 9 dicembre 1987 confermava la pronuncia del Tribunale.

In ordine al motivo con il quale gli appellanti avevano censurato la sentenza del Tribunale per avere escluso che il Commissario dell'Amministrazione Straordinaria fosse tenuto a depositare, prima di ogni ripartizione dell'attivo, il rendiconto della gestione o comunque a mettere a disposizione dei creditori le relazioni e la documentazione dell'attività svolta, in applicazione analogica dell'art. 213 Legge Fall., la Corte di Merito, correggendo la motivazione della sentenza del primo giudice, dichiarava che la domanda degli Istituti era meritevole di rigetto per carenza di interesse, volta che essi non avevano proposto domanda di merito eziologicamente collegata al difetto di attività denunziata e non essendo consentito utilizzare lo strumento giurisdizionale predisposto dall'art. 213 Legge Fall. a fini meramente esplorativi.

In ordine al motivo con il quale gli Istituti avevano censurato la Sentenza del Tribunale per avere dichiarato la loro carenza di interesse a contestare il riconoscimento della prededucibilità dei crediti per indennità di anzianità di quei dipendenti il cui rapporto era cessato prima del Decreto Ministeriale del 31 Luglio 1981, con il quale la ITAVIA era stata ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria, la Corte di Merito rilevava che i crediti dei dipendenti ammessi con prelazione al passivo della procedura perché assistiti da privilegio generale mobiliare previsto dall'art. 2751 bis n° 1 c.c., erano stati collocati al primo posto nel piano di riparto e che, qualora detta collocazione fosse stata considerata erronea per la non operatività dell'art. 2 della Legge n° 212 del 1984, in ogni caso essi avrebbero dovuto essere collocati al secondo posto (dopo i prededucibili) e soddisfatti con priorità rispetto ai crediti dei due Istituti, onde la carenza di interesse degli stessi alla modifica del piano di riparto.

In ordine al motivo con cui gli Istituti avevano censurato la sentenza del Tribunale per avere escluso che i crediti del personale di volo, assistiti dal privilegio speciale previsto dall'art. 1023 n° 2 Cod. Nav., dovevano essere collocati proporzionalmente sia sul ricavato della vendita degli aeromobili, sia su quello della vendita degli altri beni mobili, la Corte rilevò che, quando la legge ritiene un credito tanto meritevole di tutela da accordargli sia un privilegio speciale sia uno generale, non si verifica un "concorso tra cause di prelazione", attesa la diversità dei beni vincolati, e perciò l'esercizio simultaneo dei due privilegi non comporta il contemperamento delle garanzie mediante pagamenti proporzionali all'ammontare del ricavo della vendita del bene gravato dal privilegio speciale ed alla entità del realizzo dei restanti beni mobili, poiché la protezione del credito, che si effettua su due piani diversi senza interferenze reciproche, assicura il soddisfacimento delle ragioni creditorie dapprima con il prezzo dello specifico bene vincolato e poi, per la parte non soddisfatta, con l'attivo assoggettato alla garanzia generale.

In ordine, infine, al motivo con il quale gli istituti avevano censurato la sentenza del Tribunale nella parte in cui aveva escluso che i beni di ricambio, i materiali di rotazione ed i motori concorressero alla formazione dell'attivo costituito dalla flotta, sul rilievo che essi non costituivano oggetto dell'ipoteca in quanto non potevano essere ritenuti pertinenze degli aerei, la Corte di Merito rilevava che gli appellanti avevano omesso di indicare e di provare, come era loro onere, le relazioni esistenti tra i singoli materiali e ciascun aeromobile e che in ogni caso mancava la prova dell'attualità della destinazione dei primi a servizio dei secondi, non essendo sufficiente la dimostrazione di una destinazione soltanto eventuale o potenziale.

Contro la sentenza della Corte di Appello di Roma ricorre per Cassazione lo ISTITUTO MOBILIARE ITALIANO, il quale deduce tre motivi di censura, integrati da successiva memoria. Con controricorso lo I.C.C.R.I. dichiara di aderire al ricorso proposto dallo I.M.I., rilevando la fondatezza delle censure con esso formulate. Al ricorso resiste con controricorso, integrato da memoria, il Commissario della Amministrazione Straordinaria della S.p.A. AEROLINEE ITAVIA.


Motivi della decisione

Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 100 e 112 c.p.c., dell'art. 213 del R.D. 16 marzo 1942 n° 267 nonché dell'art. 24 della Costituzione. Deduce il ricorrente che la Corte di Merito ha ritenuto la sua carenza di interesse a richiedere il deposito del rendiconto di gestione da parte del Commissario, sul presupposto della mancanza di una domanda di merito cui la richiesta fosse collegata, presupposto erroneo volta che, fin dall'inizio della causa la domanda di merito esisteva, essendosi precisato che la richiesta era diretta ad "escludere le spese non giustificate non debitamente documentate".

Né, a detta del ricorrente, quella domanda potrebbe qualificarsi generica, perché, proprio per la mancanza del rendiconto o di equivalente documentazione, i creditori non erano in grado di dare specifiche indicazioni sulle eventuali spese eccedenti.

Rileva, ancora, lo I.M.I. che in tema di amministrazione straordinaria deve applicarsi in via analogica l'art. 213 Legge Fall. e, quindi, ritenersi il Commissario tenuto a prestare il rendiconto ed a mettere a disposizione dei creditori tutta la documentazione relativa, anche quando proceda a riparti parziali o, in via subordinata, a mettere a disposizione dei creditori quanto meno le relazioni semestrali redatte ai sensi dell'art. 205 Legge Fall. sulla situazione patrimoniale dell'impresa e sull'andamento della gestione, con il rapporto del Comitato di sorveglianza che accompagna dette relazioni. Opinando diversamente, si avrebbe, secondo la tesi svolta dal ricorrente, violazione dell'art. 24 della Costituzione.

Tanto premesso in ordine alla prima questione sottoposta al giudizio di questa Corte, occorre in primo luogo rilevare che la Corte di Appello di Roma, nella sentenza oggetto di ricorso, non si è limitata a rilevare l'inesistenza di una qualsiasi domanda di merito da parte dell'appellante, ma la mancata proposizione di una domanda di merito inquadrabile nei limiti e nelle funzioni del giudizio di opposizione al progetto di riparto, e ricollegabile alla disciplina dell'art. 213 Legge Fall.; in virtù della ritenuta carenza di una domanda di merito di tale tipo, è stata pronunciata la mancanza di interesse degli appellanti.

La Corte di merito, infatti, ha articolato la motivazione, sul punto oggetto del primo motivo di ricorso per Cassazione, in più argomentazioni tra di loro coordinate e così riassumibili:

a) è stato ritenuto (v. pag. 10 della sentenza) che il procedimento di opposizione al progetto di riparto parziale, in base alla disciplina dell'art. 213 Legge Fall., "é predisposto per consentire, mediante la sentenza che definisce il giudizio, la modifica del progetto di riparto (quando i rilievi dei creditori concernono i criteri adottati per la graduazione dei crediti ovvero errori materiali o omissioni), oppure la sua eliminazione per nullità (quando le censure attengono alla inosservanza delle disposizioni che regolano la liquidazione e la ripartizione dell'attivo)";

b) la Corte di merito ha ancora precisato (v. pag. 11) che l'opposizione al progetto di riparto parziale non ha la finalità di permettere l'accertamento della regolarità della gestione, per cui gli appellanti, chiedendo la produzione di documenti nel processo, al fine di supplire al difetto del loro deposito, avevano travalicato l'ambito del giudizio di opposizione;

c) ha rilevato, inoltre, che proponendosi l'opposizione con procedimento civile, le parti debbono sottostare ai principi propri del processo di cognizione la cui disciplina non tollera richieste istruttorie, o l'introduzione di questioni, che a causa della mancanza della domanda di merito non siano strumentali al conseguimento di un risultato utile e giuridicamente apprezzabile (v. pag. 10);

d) ha precisato, infine, che gli appellanti non avevano fatto valere violazioni di regole dettate dalla legge per la distribuzione delle somme ricavate dalla liquidazione dell'attivo né avevano chiesto l'accertamento e la declaratoria della nullità del piano di riparto parziale, come effetto delle richieste formulate (v. pagg. 10-12).

e) Solo in conseguenza di detti rilievi, la Corte aveva ritenuta la mancanza di una domanda di merito e l'inammissibilità delle istanze istruttorie.

Dai rilievi fatti, emerge innanzi tutto che la Corte di merito non ha omesso di esaminare, per dimenticanza (come invece asserito dal ricorrente), la richiesta qualificata dallo I.M.I. come "domanda di merito" ed attinente alla esclusione dal progetto di riparto delle spese non giustificate o non documentate, ma ha semplicemente qualificato detta domanda (che è riportata integralmente a pag. 6 della sentenza, nell'esposizione in fatto) come non inerente al tipo di giudizio instaurato e non correlabile alla richiesta di rendiconto, ovvero di produzione di atti equivalenti.

Non può, quindi, assumersi la violazione dell'art. 112 c.p.c. sotto il profilo dell'omessa pronuncia, volta che la situazione dedotta è stata esaminata, ancorché qualificata in maniera diversa da quella voluta dalla parte, nell'ambito del potere che la giudice di merito compete.

Né può sostenersi l'erroneità della sentenza impugnata sotto il profilo della pronunciata mancanza di interesse, in quanto proprio la richiesta qualificata dal ricorrente come "domanda di merito", in virtù della sua rilevata estraneità ai limiti di una decisione attinente all'opposizione al piano di riparto parziale, denota la carenza di interesse oggetto della sentenza della Corte di Appello di Roma.

Se, in linea generale, l'interesse ad agire si può intendere come interesse ad ottenere il provvedimento richiesto al giudice, ci si deve domandare a quale interesse giuridicamente tutelabile potesse corrispondere la richiesta esclusione dal progetto di riparto parziale di spese non giustificate o non documentate, correlata alla domanda diretta ad ottenere il deposito del rendiconto o di altra equivalente documentazione.

Volta che il ricorrente attuale non configurò il deposito del rendiconto quale fase necessaria nello schema procedimentale del progetto di riparto parziale e necessario presupposto per il deposito dello stesso piano di riparto, e ciò in quanto non ha espresso alcuna domanda atta ad invalidare il progetto di riparto in quanto tale, deve ritenersi che l'unica finalità perseguita dagli istituti appellanti nel richiedere il deposito del rendiconto, corrispondesse all'ipotesi della esposizione nel progetto di spese eccedenti. Contro l'esposizione di spese eccessive rispetto al reale, quindi, l'attuale ricorrente chiedeva una tutela attraverso il possibile esame del rendiconto e la eventuale riduzione delle spese stesse.

Peraltro, una riduzione delle spese, ha come unico risultato, in un riparto parziale, quello di rendere disponibile una maggiore entità di liquidità, entità di cui non è stata chiesta alcuna distribuzione nel riparto parziale, neppure come domanda subordinata, per cui quand'anche l'eccedenza di spese ipotetica si fosse accertata, in nulla sarebbe variato il riparto parziale.

Né può ritenersi che l'eventuale esposizione, nel piano, di spese no documentate o non giustificate sia idonea a diminuire la disponibilità di liquidità per gli altri creditori i quali, pur non partecipando al piano di riparto in atto, vedrebbero menomata la copertura per le loro aspettative future. Un'ipotesi di tale genere sarebbe prospettabile sul piano dell'interesse ad agire (e salva ogni questione sulla fondatezza) qualora la domanda di merito dell'attuale ricorrente avesse riguardato una situazione del tutto opposta a quella addotta; avesse riguardato, vale a dire, la messa in riparto di somme eccedenti la disponibilità, per erroneo calcolo di spese in difetto. Richiedendosi, invece, l'eliminazione dal riparto di spese eccedenti per mancanza di giustificazione e di prova, si pone in rilievo che la somma destinata al riparto parziale attuale è comunque disponibile per quel fine, senza alcun pregiudizio per altri.

D'altronde non può neppure fondatamente sostenersi che il pregiudizio futuro derivante dal riparto parziale attuale che evidenzi spese eccessive, derivi dal principio di definitività del riparto parziale. La definitività, infatti, la preclusione alla modificazione di un riparto parziale non opposto o per il quale la procedura di opposizione si sia esaurita, concerne la parte dispositiva del provvedimento, attinente l'attribuzione di somme e le situazioni ad essa collegate da un vincolo logico necessario che ne facciano il presupposto essenziale dell'atto di disposizione di liquidità patrimoniale. In tale senso, non può non ritenersi che l'eventuale esposizione di spese eccedenti, le quali lascino comunque impregiudicata la liquidità disponibile per il riparto parziale, non costituisce necessario presupposto dell'atto dispositivo, per cui anche la definitività del piano non si estende a detta situazione che potrà, sempre e comunque, in base al tenore letterale dell'art. 231 Legge Fall., essere fatta valere in sede di esame del bilancio finale e del conto di gestione costituenti presupposti, questa volta necessari, del riparto finale.

Anche sotto gli indicati profili, quindi, la carenza di interesse ritenuta dalla Corte di Merito no è suscettiva di rilievo in questa fase, carenza di interesse che si riflette anche sulla prospettata questione di legittimità costituzionale, delineandone l'irrilevanza.

Con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione del principio generale della "par condicio creditorum" di cui all'art. 51 e segg. e 111 R.D. 16 marzo 1942 n° 267, nonché dell'art. 112 c.p.c.; dell'art. 1036 Cod. Nav. e dell'art. 2782 c.c.; omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisivi.

Denuncia, in particolare, il ricorrente come erroneo il principio affermato dalla Corte di Merito secondo cui il soddisfacimento del credito assistito da più privilegi deve avvenire con il ricavato della vendita del bene su cui grava il privilegio considerato "più forte", in primo luogo per l'estraneità di detto principio al nostro ordinamento ed in secondo luogo perché la sua applicazione porterebbe ad una sostanziale vanificazione della posizione giuridica dei creditori che vantano ipoteche sui beni gravati dal privilegio prioritario, i quali, non potendosi soddisfare su detti beni, dovrebbero concorrere sugli altri beni a parità di condizioni con i creditori chirografari. Deduce, inoltre, il ricorrente che la Corte ha attribuito un contenuto diverso alla tesi da lui sostenuta in appello, avendo ritenuto che vi fosse un conflitto tra creditori muniti di doppio grado di privilegio e quelli fruenti di ipoteca ed avendo quindi risolto il problema in base alla disciplina dell'art. 1036 cod. nav. secondo cui l'ipoteca prende grado dopo i privilegi indicati dall'art. 1023 cod. nav., mentre il conflitto era quello tra creditori ipotecari e creditori muniti di privilegio generale di cui all'art. 2751 bis n° 1 c.c. ed in generale i creditori aventi prelazione sull'altra sottomassa. Il ricorrente richiama, ancora, in subordine, ove non fosse ritenuta applicabile la seconda parte dell'art. 1036 cod. nav., che stabilisce la prevalenza dell'ipoteca su ogni altro privilegio generale e speciale, l'applicabilità dell'art. 2082 c.c. che prevede il concorso, in proporzione del rispettivo importo, di crediti ugualmente privilegiati, dal quale si può dedurre un principio utilizzabile per risolvere il conflitto tra le due categorie di creditori che seguono nelle due distinte sottomasse (nella specie rispettivamente il ricavato dalla liquidazione della flotta e delle altra cose mobili) i creditori muniti di doppio privilegio. Ancora in subordine il ricorrente invoca l'art. 111 Legge Fall. ed il principio della par condicio creditorum che suffragherebbero la tesi fatta valere fin dall'introduzione del giudizio, mirante a collocare i crediti muniti di doppio grado di privilegio proporzionalmente sulle due masse dell'attivo, con conseguente proporzionale ripartizione del sacrificio sugli altri creditori (creditori muniti di ipoteca sugli aeromobili e creditori muniti di privilegio generale sui mobili) che seguono i primi due nelle sottomasse.

Il problema fondamentale posposto con il mezzo in esame ed oggetto del dibattito tra le parti, attiene alla collocazione, in un concorso satisfattivo su una massa attiva mobiliare liquidata, di un credito che fruisca contemporaneamente di privilegio mobiliare generale (nella specie art. 2751 bis n° 1 c.c.) e di un privilegio mobiliare speciale (nella specie art. 1023 n° 2 Cod. Nav.), in presenza di crediti fruenti di ipoteca mobiliare sugli stessi beni oggetto di privilegio speciale (i componenti della flotta). Si tratta, in particolare di valutare se il credito con due privilegi di tale tipo debba trovare proporzionale collocazione sul provento dalla liquidazione della "flotta" ed inoltre su una sottomassa costituita dagli altri beni mobili, secondo la tesi dello I.M.I. sostenuta adesivamente dallo I.C.C.R.I., in asserita applicazione analogica dell'art. 2082 c.c. e del principio generale della par condicio creditorum, ovvero se il credito debba trovare soddisfazione prioritaria sui beni oggetto della prelazione speciale e, solo in via gradata nel caso di ulteriore incapienza, sul provento di altri beni mobili, secondo la decisione della Corte di Appello di Roma.

Il controricorrente Commissario trova fondamento alla soluzione del Tribunale nella disciplina dell'art. 2911 c.c., secondo cui il creditore fruente di privilegio speciale (tra l'altro), deve necessariamente sottoporre ad esecuzione anche il bene gravato, disposizione che trova il suo risvolto processuale, con riguardo peraltro al creditore ipotecario, nell'art. 558 c.p.c..

I motivi che sorreggono il mezzo di ricorso in esame, peraltro, sembrano trarre spunto da un presupposto che non trova riscontro nel nostro ordinamento e che anzi, dalla disciplina relativa al concorso dei titoli di prelazione sul patrimonio mobiliare del debitore, è decisamente escluso. Ed invero, lo I.M.I. sembra fondare la tesi sostenuta sul presupposto che i creditori rispettivamente muniti di privilegio speciale e generale partecipino alla fase satisfattiva delle rispettive ragioni sui beni del debitore, in due diverse graduatorie aventi ad oggetto due diverse sottomasse attive, costituite rispettivamente dai beni mobili gravati da prelazioni speciali e dai residui beni mobili. Solo nell'alternativa tra due distinte graduatorie nelle quali concorrerebbero rispettivamente i privilegi mobiliari speciali e generali, infatti, si imporrebbe la ricerca di un criterio generale cui fare ricorso nel caso in cui un credito, munito di due prelazioni di diverso tipo, debba partecipare ad entrambe le graduatorie. Solo nell'ambito della impostazione ora ipotizzata, si spiega il frequente richiamo del ricorrente alle due diverse sottomasse che delineerebbero il concorso dei creditori privilegiati mobiliari, rispettivamente speciali e generali.

Lo stesso presupposto della duplicità delle graduatorie aventi ad oggetto distinte masse mobiliari è contrario alla disciplina del nostro ordinamento in materia. Sia, infatti, i crediti muniti di privilegio generale mobiliare, sia quelli fruenti di privilegio speciale concorrono sul patrimonio mobiliare del debitore in un'unica graduatoria, secondo la collocazione ed il grado dalla legge espressamente previsti. Basti richiamare il dettato dell'art. 2746 c.c., secondo cui il privilegio generale si esercita su tutti i beni mobili del debitore (e quindi all'occorrenza anche su quelli gravati da privilegi speciali di grado successivo), mentre quello speciale si esercita su beni mobili determinati, basta richiamare detta norma, si ripete, per rendersi conto che, al fine della collocazione nella graduatoria, il privilegio speciale è soltanto una situazione di prelazione ad estensione oggettiva più limitata rispetto al generale (a parte il diritto di seguito e la diversa incidenza della prelazione sugli interessi che sono caratterizzazioni non rilevanti ai fini della graduatoria concorsuale), pur collocabile nell'unico concorso, tanto che la situazione generale può estendersi anche ai proventi della liquidazione dei beni oggetto della situazione speciale. E' sufficiente, inoltre, richiamare la disciplina degli artt. 2777 e 2778 c.c. per rendersi conto che il legislatore inserisce in un'unica graduatoria privilegi speciali e generali, a ciascuno dei quali viene dato un grado di collocazione, grado che no sempre è prioritario per i privilegi speciali rispetto a quelli generali. I privilegi, infatti, previsti dall'art. 2751 bis c.c., che sono tutti generali, precedono tutti quelli speciali collocati nell'art. 2778 ed anche i creditori ipotecari su autoveicoli che (art. 2779) nella graduatoria dell'art. 2778 sono collocati dopo quelli indicati al n. 10.

L'unicità di graduatoria, quindi, porta alla conseguenza che un privilegio generale prioritario, se non trovi soddisfazione su altri beni mobili, estende la sua collocazione satisfattiva sui beni gravati da privilegi speciali successivi, potendoli lasciare in tutto o in parte incapienti.

La suddivisione della massa attiva in sottomasse, una delle quali costituita dai beni oggetto delle prelazioni speciali, può ben costituire una modalità tecnica atta ad evidenziare fin a quale punto un privilegio generale prioritario trovi soddisfazione su altri beni, lasciando capienti i privilegi speciali, ovvero fino a qual livello consenta la soddisfazione sui beni oggetto di privilegio speciale. E' necessario precisare, però, che alla modalità tecnica della suddivisione dell'attivo in sottomasse non corrispondono separate graduatorie dei crediti privilegiati, a seconda del tipo di privilegio.

Inoltre l'attribuzione della qualifica privilegiata derivante dalla legge in virtù della causa del credito (art. 2745 c.c.) e con disposizione speciale rispetto al generale principio della "par condicio creditorum" (art. 2741 c.c.), non si limita alla generica collocazione prioritaria, nel concorso, rispetto ai creditori chirografari, ma necessariamente si estende alla graduazione di ogni privilegio rispetto agli altri nella collocazione del concorso. Ciò emerge non solo dai già richiamati artt. 2777, 2778 e 2779 c.c., ma soprattutto dalle norme di chiusura dell'art. 2783 (secondo il quale, quando dalla legge non risulta un grado di preferenza, il credito prende grado dopo ogni altro privilegio speciale previsto dal codice), dall'art. 2777, 3° comma c.c. (secondo cui i privilegi che le leggi speciali dichiarano preferiti ad ogni altro, sono sempre posposti alle spese di giustizia ed ai privilegi generali previsti dall'art. 2751 bis c.c.), dell'art. 2750, 2° co., (che estende ai privilegi previsti da leggi speciali la normativa del codice) e dell'art. 2750, 1° co., secondo cui i privilegi speciali sulle navi e gli aeromobili ... ecc., sono regolati dal Codice della Navigazione.

Conseguentemente, il principio di specialità che regola con completezza i privilegi generali e speciali, in un'unica classificazione graduale, non consentendo applicazioni analogiche, non consente neppure che per trovare la collocazione specifica di ogni privilegio speciale o generale si ricorra ad altro criterio, che non sia l'espressa previsione normativa caratterizzata, con le richiamate norme di chiusura, da completezza di disciplina.

L'interpretazione della disciplina non muta quando si tratti di collocare, nell'unico concorso sull'unico patrimonio mobiliare del debitore, anziché più privilegi spettanti a più creditori, più privilegi (nella specie quello generale dell'art. 2751 bis c.c. e speciale ex art. 1023 n° 2 Cod. Nav.) costituenti attributo di un'unica situazione giuridica. Il principio di specialità che regge il riconoscimento ed il grado di ciascun privilegio, non consente l'adozione di altra disciplina che non sia la collocazione a ciascun privilegio riconosciuto dalla legge.

Viola, quindi, la disciplina concernente la collocazione graduale dei privilegi, richiamare, nel caso di specie, l'art. 2782 c.c. che concerne specificamente il concorso di più privilegiate facciano capo ad un unico soggetto e costituiscano qualificazione di un unico credito, non fa perdere loro il grado che, per ciascuno di essi, la legge prevede. Viola ancora il principio di specialità, oltre che la disciplina dell'unicità della graduatoria, ritenere di richiamare il principio della "par condicio creditorum" per sostenere la collocazione proporzionale del credito fruente di privilegio generale e speciale di grado diverso, nelle sottomasse attive costituite rispettivamente dai beni gravati da privilegio speciale e da privilegio generale.

Per altro verso, non si ritiene neppure necessario, per sostenere la prioritaria collocazione del privilegio speciale rispetto al generale (tesi svolta in memoria dalla controricorrente procedura), ricorrere alla disciplina dell'art. 2911 c.c. e dell'art. 558 c.p.c..

Basti richiamare il dettato dell'ultimo comma dell'art. 2777 c.c., laddove si disciplina la priorità dei privilegi generali previsti dall'art. 2751 bis rispetto a qualsiasi altro privilegio (e quindi anche speciale) che le legge speciali dichiarano preferiti ad ogni altro, per rendersi conto che è ben possibile la sussistenza di un privilegio generale di grado anteriore rispetto al privilegio speciale; per rendersi conto, di conseguenza, che in linea astratta un privilegio generale può essere prioritario rispetto ad uno speciale, quand'anche entrambi accedano ad un unico credito. Vero è, per contro, che, nell'ipotesi di due privilegi accedenti ad un unico credito, la priorità del privilegio generale rispetto allo speciale non ha alcun significato e rende del tutto inutile ed inoperante la prelazione speciale stessa.

Ed invero, il riconoscimento del privilegio ha la funzione, in considerazione della causa del credito, di aumentare le possibilità satisfattive della situazione giuridica; il doppio privilegio, ovviamente, seguendo la stessa linea in tanto ha una funzione, in quanto sia volto a migliorare ulteriormente, rispetto ad unica causa di prelazione, le probabilità di capienza del credito.

Quando, peraltro, nell'ipotesi in esame, la prelazione generale preceda in graduatoria quella speciale, non possono che verificarsi due situazioni: o il credito trova soddisfazione dal privilegio generale, ed in tal caso di fatto il privilegio speciale è stato inutilmente attribuito, ovvero il privilegio generale non trova capienza integrale ed allora, in virtù dell'unicità della graduatoria sul patrimonio mobiliare del debitore, ciò significa che anche il bene oggetto del privilegio speciale è già stato assorbito per dare parziale soddisfazione a quello generale, per cui, in un caso e nell'altro, la previsione del privilegio speciale successivo a quello generale è sempre del tutto inutile. Diversamente, la priorità del privilegio speciale rispetto a quello generale, consente a i creditori, in caso di incapienza sul singolo bene oggetto del privilegio speciale, di utilizzare la ulteriore collocazione sulla generalità dei beni mobili in base al privilegio generale. Quanto asserito, peraltro, costituisce una semplice constatazione di fatto derivante dalla tecnica operativa dei vari tipi di privilegio, senza che possa costituire un principio di diritto applicabile al di fuori ed al di sopra della graduatoria dalla legge prevista.

Tanto premesso in base ai criteri applicabili in presenza id un unico credito che fruisca di una duplicità di privilegi, si tratta di valutare quale sia, nel caso di specie, la graduatoria tra il privilegio generale dell'art. 2751 bis c.c. e quello speciale dell'art. 1923 n° 2 Cod. Nav.

Vengono in considerazione due norme che sembrano tra di loro il contrasto: l'art. 2777, 2° co. c.c., in base al quale il privilegio generale dell'art. 2751 bis n° 1 c.c. precede qualsiasi altro privilegio generale o speciale previsto da norme speciali, e l'art. 1036 Cod. Nav., secondo cui il privilegio speciale dell'art. 1023 dello stesso codice (il n° 2, per quanto qui interessi), precede sia l'ipoteca sugli aeromobili, sia ogni altro privilegio generale e speciale e, quindi, anche quello dell'art. 2751 bis, n° 1, c.c. L'apparente conflitto si risolve in base ala disciplina dell'art. 2750, 1° comma, c.c., che quale norma speciale prevale sulla disciplina generale in materia di privilegi ed in base alla quale i privilegi sull'aeromobile (per quanto qui interessi) sono regolati dal codice della navigazione.

E' operativo, di conseguenza, nella specie l'art. 1036 Cod. Nav. ed in base ad esso sulla "flotta" debbono trovare collocazione prioritaria i crediti fruenti di privilegio speciale ex art. 1023 n° 2 Cod. Nav., quindi i crediti fruenti di ipoteca sugli aeromobili ed infine, su un eventuale residuo derivante dalla liquidazione della flotta unitamente al provento di qualsiasi altro bene mobile, debbono trovare collocazione i crediti fruenti del privilegio generale dell'art. 2751 bis, n° 1 c.c., ancorché si tratti, in tutto o in parte, degli stessi crediti che già abbiano goduto del privilegio speciale prioritario.

In base alle svolte osservazioni, ritiene la Corte di dovere rigettare il secondo motivo di ricorso.

Con il terzo mezzo lo Istituto Mobiliare Italiano lamenta la violazione e la falsa applicazione degli artt. 862 e 1029 cod. nav., nonché l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisivi.

Il ricorrente, sostanzialmente, denuncia l'erroneità dei criteri giuridici e logici adottati dalla Corte di Merito per escludere che le parti di ricambio, i materiali di rotazione ed i motori a magazzino, costituiscano pertinente degli aeromobili.

In particolare, viene rilevata una contraddizione nell'iter logico seguito dalla Corte di Appello di Roma nel fatto che la sentenza, dopo avere imputato agli allora appellanti di essersi astenuti dall'indicare e provare, come era loro onere, la relazione esistente tra la pertinenza e l'aeromobile, e dopo avere rilevato che la carenza probatoria sarebbe di per sé sufficiente a precludere l'accertamento del vincolo pertinenziale dedotto, prendeva atto che le parti avevano considerato pacifico che il materiale custodito nei magazzini della ITAVIA si trovava in qualche relazione con i vari aeromobili ipotecati, per cui l'affermazione della asserita carenza probatoria finiva per restare un "obiter dictum".

Sostiene, in secondo luogo, il ricorrente che la Corte di Appello di Roma, assumendo la necessità della attualità del vincolo pertinenziale, che no può consistere in un potenziale e futuro collegamento tra beni ed inoltre che ei beni, cui la vertenza si riferisce, avevano l'attitudine a diventare parti integranti degli aerei al momento della loro installazione in luogo di parti guaste, per cui sarebbero diventate parte integrante dell'aeromobile solo al momento della loro installazione, aveva finito per adottare un concetto di rapporto pertinenziale, cui estendere la prelazione ipotecaria, del tutto in contrasto con la disciplina dell'art. 1029 cod. nav. che, accogliendo il principio opposto a quello della sentenza impugnata, ha considerato oggetto della prelazione ipotecaria sull'aeromobile beni separabili, anche se separati.

Tanto premesso, la Corte rileva che, in base all'art. 1029 cod. nav., sono possibile oggetto di ipoteca, oltre all'aeromobile, due categorie di beni: le pertinenze dell'aeromobile e le parti separabili, anche se separate, e tra esse, a norma dell'art. 862, ult. comma cod. nav., i motori.

In particolare per le pertinenze, l'art. 862, 1° comma, cod. nav., dopo un'elencazione esemplificativa, qualifica la categoria con definizione identica a quella dell'art. 817 c.c., per cui può ritenersi che, negli elementi oggettivi individuanti, la nozione del codice civile non differisca da quella del codice della navigazione.

Assume, quindi, rilievo, ai fini della qualificazione pertinenziale, non un rapporto di connessione materiale, ma un rapporto economico giuridico di strumentalità e di complementarietà funzionale (Cass. 14-3-1975 n° 974). Inoltre, l'aggregazione di più cose, qualificata al rapporto pertinenziale mediante la durevole destinazione di una cosa al servizio o all'ornamento di altra, in tanto è individuabile, in quanto detta destinazione non sia meramente potenziale e futura, ma attuale. L'eventualità puramente potenziale della destinazione, infatti, non è logicamente compatibile con la stabilità della destinazione, caratteristica della durevolezza del vincolo, che nella legge individua il rapporto pertinenziale.

L'attualità della destinazione funzionale, in cui si concretizza la pertinenza, infine, si caratterizza necessariamente per l'individuazione e la determinazione sia del bene principale, sia dal bene qualificato dal vincolo di subordinazione pertinenziale. La necessità che il rapporto, sotto il profilo oggettivo intercorra tra beni determinati, si evidenzia particolarmente nell'ipoteca di aeromobile, in quanto ciascun aeromobile, come bene mobile registrato, deve essere singolarmente individuato nella pubblicità ipotecaria (art. 1032, 1° comma in relazione all'art. 569, 2° comma cod. nav.).

Non esiste la "flotta" quale possibile oggetto di ipoteca, se non come somma delle ipoteche iscritte sugli aeromobili costituenti la flotta. Conseguentemente non è ipotizzabile neppure, come possibile oggetto di ipoteca, un'aggregazione indistinta di beni a magazzino (parti di ricambio e materiale di rotazione) genericamente destinata agli aerei della flotta, finché non si individuino, sotto il profilo della attuale destinazione funzionale, le singole parti di ricambio con riferimento ai singoli aeromobili, oggetto principale del vincolo ipotecario.

Ad analoghe conclusioni si deve pervenire per le parti separabili, soprattutto quando siano separate. La singolare determinatezza nella pubblicità ipotecaria del bene principale, richiede altresì, sul piano probatorio, la determinazione delle componenti separabili dal singolo aereo, perché ad esse la prelazione ipotecaria possa estendersi.

Sotto i profili indicati non si individuano, nella sentenza oggetto di ricorso, i vizi di diritto e di motivazione denunciati con il terzo mezzo dallo I.M.I.

Non vi è, infatti, incongruenza logica nella contrapposizione tra necessità di determinatezza sia del bene principale, sia di quelli accessori o pertinenze, oggetto di relazione ipotecaria, da una parte, ed il generico rilievo, dall'altra, che i beni del magazzino ricambi e del materiale di rotazione erano in linea generale destinati alla flotta. Anzi, la destinazione generica evidenzia la mancanza di determinatezza dei singoli aerei cui le singole pertinenze o beni separati erano destinati; individua la mancanza della singolarità del vincolo funzionale, in virtù del quale la prelazione ipotecaria possa estendersi dal singolo aeromobile (oggetto di ipoteca) a pertinenze o parti separate.

Analoghe considerazioni debbono svolgersi per quanto attiene ai tre motori separati reperiti. Gli aeromobili posti in liquidazione erano sette di tre diversi tipi. Non conoscendosi di quale singolo aeromobile ciascun motore costituisse parte separata, non è neppure possibile conoscere quale vincolo ipotecario, incidente su un singolo aereo, coinvolga nella conseguente prelazione un singolo o più motori.

Né può fondatamente sostenersi che la sentenza della Corte di Merito, abbia adottato un concetto di pertinenza più restrittivo di quello disciplinato dall'art. 1039 cod. nav. citato. Ed invero, il fatto che in linea concettuale la destinazione pertinenziale non richieda necessariamente una connessione materiale, ma solo l'attualità di un rapporto di strumentalità e complementarietà funzionale, non esclude che in linea di fatto, per situazioni tecniche particolari, in determinate situazioni contingenti, solo la connessione materiale possa individuare la durevole destinazione funzionale.

D'altronde, il punto nodale, ed autonomamente sufficiente della motivazione della sentenza della Corte di Merito, è centrato sulla carenza della prova, di cui era onerato lo I.M.I., della determinazione dei singoli beni principali ai quali rapportare, per vincolo pertinenziale o per destinazione funzionale malgrado la momentanea separazione, singole parti di ricambio, materiale di rotazione, motori. Sotto tale profilo l'assenza della determinazione specifica dei beni deve essere affermata, in coerenza con la pronuncia della Corte di Merito, pronuncia che, pertanto, non è suscettiva di rilievi nell'ambito del terzo mezzo di ricorso.

Al rigetto sia del ricorso principale, sia di quello adesivo dello I.C.C.R.I., consegue per i ricorrenti l'obbligo della rifusione delle spese della presente fase in favore della Amministrazione Straordinaria della ITAVIA.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso dello I.M.I. e quello adesivo dello I.C.C.R.I.; condanna lo I.M.I. e lo I.C.C.R.I. in solido alle spese della presente fase in favore della Amministrazione Straordinaria della ITAVIA, oltre agli onorari liquidati in L. 5.000.000.

Roma li 29 marzo 1989.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 24 LUGLIO 1989.