Diritto della Famiglia e dei Minori


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 11705 - pubb. 01/12/2014

Maternità surrogata: il falso c’è ma è innocuo. Sentenza innovativa del Tribunale di Varese

Tribunale Varese, 08 Ottobre 2014. Est. Sala.


Surrogazione di maternità – Dichiarazioni rese dai genitori circa il loro status e la nascita del minore – Falsità – Sussiste – Punibilità – Esclusione – Falso Innocuo per effetto delle sentenze della CEDU – Sussiste



I genitori di prole, nata attraverso maternità cd. surrogata, i quali non rappresentino alle autorità italiane la loro effettiva condizione, ottengono un'iscrizione anagrafica del tutto difforme dal vero con una condotta che ricade nel fascio applicativo sanzionato dall’art. 495 codice penale. Nella vicenda in esame il falso non si consuma nel momento di formazione dell'atto di nascita (accadimento che segue le norme dello Stato in cui il minore è nato), ma in un momento successivo prodromico all'assegnazione dello status di genitore in conformità all'ordinamento italiano, procedimento amministrativo nel cui svolgimento si inserisce la condotta maliziosamente articolata dai genitori che occultano il ricorso alla maternità surrogata cercando di far apparire la madre o il padre (o entrambi i genitori) quale genitore biologico del minore. Sulla condotta penalmente rilevante sopra descritta incidono, però, le recenti sentenze della Corte EDU(C. EDU, quinta sezione, 26 giugno 2014, Mennesson c. Francia, ric. n. 65192/11, e C. EDU, quinta sezione, 26 giugno 2014, Labassee c. Francia, ric. n. 65941/11, entrambe le sentenze sono definitive): ad oggi il soggetto che ricorre a metodi di fecondazione diversi da quelli consentiti e disciplinati dalla legge nazionale non può vedersi disconoscere sic et simpliciter il proprio rapporto genitoriale, perché ciò costituirebbe una lesione intollerabile all'identità del figlio, ma al contempo non può formalmente dichiarare le circostanze in cui è nato il discendente, perché non è stata introdotta alcuna legislazione in ambito interno destinata a disciplinare simili attestazioni (quanto meno con riferimento alla linea biologica parentale) né tanto meno è stata approntata una regolamentazione utile a definire le modalità di conservazione dei dati concernenti i profili biologi degli ascendenti naturali, così di fatto privando i nati con simili metodi procreativi di ogni possibilità di reperire -seppur a determinate condizioni- informazioni essenziali circa la propria provenienza e origine. Si deve dunque affermare che, nel caso in esame, l’attestazione della qualità di genitore innanzi al pubblico ufficiale rilasciata dagli agenti non comporta alcun nocumento per il bene giuridico tutelato dalla norma penale (veridicità della dichiarazione) in un sistema giuridico come quello attuale  in cui è divenuto sostanzialmente ininfluente -secondo la giurisprudenza della Corte europea dei diritti umani- il metodo di concepimento della prole quale presupposto per il riconoscimento della maternità e paternità, attesa al contempo l’inerzia del legislatore nazionale che non ha previsto, né imposto che le parti interessate si esprimano in merito alle tecniche cui hanno fatto ricorso per la fecondazione al fine di ponderare almeno la posizione del genitore naturale. Ne consegue, inevitabilmente, che è intervenuta una sostanziale elisione dell'antigiuridicità del fatto, che trasmuta da falso punibile a falso innocuo, con tutte le conseguenze che si traggono in dispositivo in punto di assoluzione degli imputati. Per tali motivi, i genitori vanno assolti dal reato loro ascritto perché il fatto non costituisce reato a seguito delle sentenze pronunciate dalla Corte  Europea dei diritti umani nei casi Mennesson c. Francia e Labassee c. Francia. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)


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