Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 8661 - pubb. 18/03/2013

Dichiarazione di fallimento di società già costituita in Italia che, dopo il manifestarsi della crisi, abbia trasferito all'estero la sede legale

Cassazione Sez. Un. Civili, 11 Marzo 2013, n. 5945. Est. Rordorf.


Regolamento Europeo n. 1346/2000 - Giurisdizione con riguardo all'istanza di fallimento presentata nei confronti di società di capitali, già costituita in Italia che, dopo il manifestarsi della crisi dell'impresa, abbia trasferito all'estero la sede legale.



La Corte di giustizia dell'Unione Europea, pur ribadendo che, nel caso di trasferimento della sede statutaria di una società debitrice prima della proposizione di una domanda di apertura di una procedura d'insolvenza, si presume che il centro degli interessi principali di tale società si trovi presso la nuova sede statutaria della medesima, ha con chiarezza indicato che, per individuare il centro degli interessi principali di una società debitrice, l'art. 3, n. 1, seconda frase, del citato regolamento n. 1346/2000 dev'essere interpretato nel senso che tale centro degli interessi - da intendere con riferimento al diritto dell'Unione - s'individua privilegiando il luogo dell'amministrazione principale della società, come determinabile sulla base di elementi oggettivi e riconoscibili dai terzi. Pertanto, qualora gli organi direttivi e di controllo di una società si trovino presso la sua sede statutaria ed in quel luogo le decisioni di gestione di tale società siano assunte in maniera riconoscibile dai terzi, la presunzione introdotta dalla menzionata disposizione del regolamento non è superabile; ma, viceversa, laddove il luogo dell'amministrazione principale della società non si trovi presso la sua sede statutaria, la presenza di valori sociali nonché l'esistenza di attività di gestione degli stessi in uno stato membro diverso da quello della sede statutaria di tale società possono essere considerate elementi sufficienti a superare detta presunzione, a condizione che una valutazione globale di tutti gli elementi rilevanti consenta di stabilire che, sempre in maniera riconoscibile dai terzi, il centro effettivo di direzione e di controllo della società stessa, nonché della gestione dei suoi interessi, è situato in tale altro stato membro. In questa logica l'esistenza di una situazione reale, diversa da quella che si ritiene corrispondere alla collocazione ufficiale della sede statutaria, può anche consistere nel fatto che la società non svolge alcuna attività sul territorio dello stato membro in cui è formalmente collocata la sua sede sociale (si veda, in argomento, Corte giustizia Comunità Europee 2 maggio 2006, n. 341/04). Ne consegue che spetta al giudice italiano la giurisdizione con riguardo all'istanza di fallimento presentata nei confronti di società di capitali, già costituita in Italia che, dopo il manifestarsi della crisi dell'impresa, abbia trasferito all'estero la sede legale, nel caso in cui i soci, chi impersona l'organo amministrativo ovvero chi ha maggiormente operato per la società, siano cittadini italiani senza collegamenti significativi con lo stato straniero: circostanze che, unitamente alla difficoltà di notificare l'istanza di fallimento nel luogo indicato come sede legale, lasciano chiaramente intendere come la delibera di trasferimento fosse preordinata allo scopo di sottrarre la società dal rischio di una prossima probabile dichiarazione di fallimento (Cass., sez. un., 20 luglio 2011, n. 15880; ed in termini sostanzialmente analoghi, con riferimento ad un fittizio trasferimento della sede sociale in uno stato extracomunitario, Cass., sez. un., 3 ottobre 2011, n. 20144). La presunzione di coincidenza del centro degli interessi principali con il luogo della sede statutaria, stabilita dall'art. 3, par. 1, del citato regolamento n. 1346/2000 del 29 maggio 2000, deve infatti considerarsi vinta allorché nella nuova sede non sia effettivamente esercitata attività economica, né sia stato spostato presso di essa il centro dell'attività direttiva, amministrativa e organizzativa dell'impresa (Cass., sez. un., 18 maggio 2009, n. 11398). (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)


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