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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 8346 - pubb. 16/01/2013.

Opposizione allo stato passivo e incapacità a testimoniare del creditore


Cassazione civile, sez. I, 24 Maggio 2012, n. 8239. Estensore: Ferro M..

Prova civile - Testimoniale - Capacità a testimoniare - Persone aventi interesse nel giudizio - Incapacità a testimoniare ex art. 246 cod. proc. civ. - Presupposti - Interesse che legittima la partecipazione al giudizio - Caratteri - Incapacità del creditore ammesso allo stato passivo a testimoniare nel giudizio di opposizione promosso da altro creditore - Sussistenza in astratto - Esclusione - Verifica in concreto - Necessità - Fondamento.


L'interesse che determina l'incapacità a testimoniare, ai sensi dell'art. 246 cod. proc. civ., è solo l'interesse giuridico, personale, concreto ed attuale, che comporta o una legittimazione principale a proporre l'azione o una legittimazione secondaria a intervenire nel giudizio proposto da altri. Pertanto, attese l'interpretazione restrittiva del divieto di testimoniare, incidente sul diritto di difesa, e la natura dell'opposizione allo stato passivo fallimentare, divenuta giudizio a trattazione singolare con la riforma di cui al d.lgs. n. 169 del 2007, deve escludersi che il creditore ammesso allo stato passivo sia, in quanto tale, incapace di testimoniare nel giudizio di opposizione allo stato passivo promosso da altro creditore, occorrendo viceversa apprezzare in concreto se l'eventuale intervento ex art. 99, comma 8, legge fall., come sostituito dal d.lgs. n. 169 citato, si correli a un interesse giuridico, personale, concreto ed attuale, alla definizione del predetto giudizio.

Segnalazione Avv. Paola Cuzzocrea

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 
SEZIONE PRIMA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PLENTEDA Donato - Presidente -
Dott. RORDORF Renato - Consigliere -
Dott. CECCHERINI Aldo - Consigliere -
Dott. CULTRERA Maria Rosaria - Consigliere -
Dott. FERRO Massimo - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MUNTEAN Simona, rappr. e dif. dagli avv.ti Roccella Armando del foro di Genova e Biagio Bertolone, elett. dom. presso lo studio del secondo in Roma, via Flaminia n. 109, come da procura a margine dell'atto;
- ricorrente -
contro
Fallimento C.l.u.b. 01 s.r.l., in persona del curatore, rappr. e dif. dagli avv. Liconti Francesco del foro di Genova e Mario Contaldi, elett. dom. presso lo studio del secondo in Roma, via P.L. da Palestrina n. 63, come da procura a margine dell'atto;
- controricorrente -
per la cassazione del decreto Trib. Genova n. 21/2009 del giorno 24.9.2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 27 marzo 2012 dal Consigliere relatore dott. Massimo Ferro;
udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale dott. APICE Umberto, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso. IL PROCESSO
La ricorrente impugna per cassazione il decreto 24.9.2009 del Tribunale di Genova che, confermando la pronuncia resa dal giudice delegato del Fallimento Club 01 s.r.l., respinse l'opposizione allo stato passivo, proposta per avversare l'ammissione parziale del richiesto credito di lavoro, ritenuto non dovuto per l'intera domanda originaria in ragione degli eccepiti acconti versati alla lavoratrice istante e della mancata prova del lavoro straordinario. In sede di opposizione, l'attuale ricorrente prospettò tali somme siccome riferibili a crediti diversi maturati verso lo stesso datore ma in periodo non regolarizzato (anteriore a quello per il quale era stata ammessa: luglio 2008-gennaio 2009) e addusse a testi altri creditori ammessi al medesimo stato passivo e, come tali e su questa pregiudiziale questione, ritenuti nel decreto impugnato incapaci a testimoniare, con rigetto della correlata istanza istruttoria e reiezione dell'opposizione;
il ricorso, affidato a due motivi e resistito con controricorso della curatela (che depositò memoria ex art. 378 cod. proc. civ.), fu oggetto di una prima trattazione camerale all'udienza del 27.9.2010, fissata ex art. 380-bis cod. proc. civ., cui segui, con ordinanza 21.12.2010, n. 25908, la rimessione del suo esame alla pubblica udienza, previa acquisizione di ulteriore memoria ex art. 378 cod. proc. civ. da parte del controricorrente.
I FATTI RILEVANTI DELLA CAUSA E LE RAGIONI DELLA DECISIONE Con il primo motivo si deduce falsa applicazione dell'art. 246 cod. proc. civ. e della L. Fall., art. 99, commi 4 e 5 ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, contestando la ritenuta incapacità testimoniale dei creditori indicati nel ricorso in opposizione L. Fall., ex art. 99 e sulla sola base dell'avvenuta loro ammissione al passivo, legittimante un interesse alla partecipazione al giudizio;
essi infatti, titolari di diritti autonomi, non erano intervenuti nel giudizio relativo alla ricorrente, benché opponenti, e per ragioni proprie, al medesimo stato passivo.
Con il secondo motivo - al di là della sintesi riepilogativa identica a quella riprodotta per il primo - si deduce omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non avendo il ricorrente chiesto l'accertamento, in sede fallimentare, della natura subordinata del rapporto lavorativo pregresso non regolarizzato, bensì solo eccepito il titolo degli acconti percepiti dalla controparte fallita e a tale scopo dedotto le prove per testi.
La contro ricorrente curatela avversa la domanda - dopo aver richiamato le eccezioni di inammissibilità già sollevate in sede di costituzione nel giudizio di opposizione, da un lato, per la novità della questione del pretesto rapporto di lavoro pregresso e non regolarizzato, prima mai dedotta e contrastante con l'imputazione contabile degli acconti agli atti della società fallita, la cui attività era iniziata proprio da epoca coeva all'assunzione della lavoratrice e, dall'altro, per la genericità delle prove del lavoro straordinario, indicate in un monte ore (44 alla settimana oltre l'orario normale) non credibile - chiedendo confermarsi la decisione, per la condivisa inammissibilità dei testi ex art. 246 cod. proc. civ. quale ritenuta dal tribunale.
La questione sottoposta all'esame della Corte concerne la portata, nel giudizio di opposizione allo stato passivo, del limite, configurato dall'art. 246 cod. proc. civ. in termini di incapacità, alla qualità di teste ove riferita a persone - come altri creditori concorrenti - aventi nella causa un interesse che potrebbe legittimarne la partecipazione al giudizio. Nella specie, tale incapacità è stata positivamente ritenuta dal tribunale in capo a creditori del fallito, già istanti ed ammessi al passivo, mentre la ricorrente avversa tale conclusione anche sul presupposto che una tale partecipazione, in fatto, non vi sia stata ed anzi si siano consumate le rispettive facoltà L. Fall., ex art. 99. Per tali ragioni i motivi possono essere trattati unitariamente, ritenendosene la fondatela del primo e l'assorbimento del secondo. 1. L'incapacità a testimoniare, regolata dall'art. 246 cod. proc. civ. e sopravvissuta al vaglio di costituzionalità (così da ultimo Corte cost. 8 maggio 2009, n. 143 e prima Corte cost. 28 marzo 1997, n. 75) rispetto a finitime delimitazioni legali delle prove testimoniali (espunte, quanto all'art. 247 cod. proc. civ., sul divieto del coniuge e parimenti da Corte cost. 23.7.1974, n. 248 e, quanto all'art. 248 cod. proc. civ., sull'analogo divieto dell'audizione dei minori, da Corte cost. 11.6.1975, n. 139) richiede un interesse giuridico, personale, concreto ed attuale, che comporta o una legittimazione principale a proporre l'azione, ovvero una legittimazione secondaria ad intervenire in un giudizio già proposto da altri cointeressati (Cass. 2618/1999; cfr. altresì Cass. pen. 8.11.2011, n. 4531), attuabile con intervento adesivo dipendente, senza che possa distinguersi tra legittimazione attiva o passiva e tra intervento volontario o su istanza di parte (Cass., 10382/2002). Essa è stata riferita a colui così ritenuto in "un determinato giudico perché titolare di un interesse che potrebbe legittimarlo a partecipare al giudizio medesimo" e, che "non riacquista la suddetta capacità per l'intervento di un fatto estintivo del diritto che egli potrebbe far valere, giacché l'incapacità a testimoniare deve essere valutata prescindendo da vicende che costituiscono un "posterius" rispetto alla configurabilità dell'interesse a partecipare al giudico che la determina (Cass. 16499/2011;
13585/2004). La ratio di tale cautela, ove configura in astratto l'interesse alla partecipazione ad un giudizio, con programmatica irrilevanza delle cause sopraggiunte ed idonee ad incidere in concreto sull'esercizio dello stesso, ben può estendersi, nel giudizio di opposizione allo stato passivo, altresì al soggetto in grado di intervenirvi anche quando, ai sensi della L. Fall., art. 99, comma 8, sia spirato il termine per tale opportunità, come affermato per la fattispecie.
2. Va tuttavia valutato se il creditore già a sua volta ammesso allo stato passivo del medesimo fallimento (e nella vicenda opponente in proprio) versi in una situazione di incapacità a testimoniare apprezzabile, già ex ante e dunque in via generale, quale conseguenza della possibile legittimazione formale ad essere parte del processo, cioè per quell'interesse che giustificherebbe il possibile intervento in causa del teste (e dunque la sua possibilità di giovarsi, secondo la disciplina sostanziale, degli effetti immediati della decisione: così Corte cost. 24 febbraio 1995, n. 62). La risposta è negativa, tenuto conto che una valutazione tendenzialmente restrittiva del divieto in parola (conseguente alla sua incidenza, ove riconosciuto il dedotto interesse alla partecipazione al giudizio, sul più generale ambito del diritto di difesa, coordinabile con l'accesso a tutti i mezzi di prova del catalogo codicistico e ricordato il generale dovere pubblicistico di testimonianza) e la natura dell'opposizione allo stato passivo (divenuto giudizio a programmatica trattazione singolare e non per cause omologhe riunite, com'era in precedenza rispetto alla novella del D.Lgs. n. 169 del 2007), inducono a considerare l'inesistenza del citato interesse giuridico, personale, concreto ed attuale quale di per sè e sempre rinvenibile nella condizione del menzionato creditore. Il procedimento in funzione del quale operare il descritto scrutinio ha invero per oggetto la contestazione della non ammissione al passivo di un altro credito ed in tale veste il creditore ammesso potrebbe in effetti, intervenendo, sostenere le ragioni del creditore opponente (dunque in adesione ad esso, ed è questa la prospettiva implicita della decisione reiettiva impugnata) ovvero analogamente atteggiarsi rispetto alla costituzione del curatore resistente. E peraltro, al di là del più ampio spettro delle azioni proponibili L. Fall., ex art. 98, comma 1, (impugnazione e revocazione dei crediti ammessi), non può dirsi esperibile in via autonoma, da un creditore ammesso, una domanda di opposizione allo stato passivo che abbia riguardo alla mancata ammissione, in tutto o in parte, del credito di un altro insinuato, mentre solo la posizione di interessato, di cui alla L. Fall., art. 99, comma 8, consentirebbe al predetto creditore ammesso di far valere, con questo strumento, una domanda di sostegno o contrasto al petitum della citata azione. 3. Va tuttavia sottolineato che la disciplina riconfigurata dopo il D.Lgs. n. 169 del 2007 ha profondamente innovato la stessa partecipazione dei creditori ai giudizi impugnatori conseguenti al deposito dello stato passivo: oltre a non replicarne la struttura organizzativa prima improntata, almeno in linea teorica, per la preferenza ad un modello di simultaneus processus, essa è pervenuta con nettezza a separare le facoltà di censura che ciascun creditore ammesso può esplicare, nell'ambito della revocazione e della impugnazione dei crediti ammessi, ai sensi della L. Fall., art. 98, dall'intervento nel giudizio di opposizione allo stato passivo, la quale sia promossa da altro creditore. Tale ultima prerogativa è ora riassunta dalla L. Fall., art. 99, comma 8, con riguardo a qualunque interessato, dizione da un lato più ampia di quella prima evocante proprio i creditori e dall'altro più selettiva altresì per questi ultimi, anch'essi dovendo infatti riferire ad una specifica esponenzialità dell'interesse alla tutela di un bene specifico la propria condizione di legittimati a partecipare a quel processo. Già per questa ragione, dunque, nemmeno può predicarsi che la mera qualità di credito ammesso possa fungere, in quanto tale e secondo un metodo che declini la norma di divieto della testimonianza per categorie, da implicita e indefettibile esponenzialità di un interesse proprio di una parte (ancorché potenziale) del giudizio di opposizione allo stato passivo.
4. Pur con il vincolo a non potere peraltro determinare, con l'intervento, un'estensione dei limiti oggettivi del giudizio di opposizione allo stato passivo, la potenziale partecipazione ad esso di simile creditore - nella disciplina concorsuale vigente - poggia allora su di un interesse che non può essere di mero fatto, richiedendosi invece una condizione di interesse alla causa (a contraddirvi ex art. 100 cod. proc. civ.: Cass. 10382/2002) alla base dell'inattendibilità legale della testimonianza ex art. 246 cod. proc. civ. (Cass. 7763/2010). Il che esclude la rilevanza decisiva, come nella specie e per sè sola, del comune asserito rapporto di lavoro che, per diversità di giudizio, rende inapplicabili le rationes decidendi rinvenibili nella più ammissiva giurisprudenza sulla testimonianza in tale materia (Cass. 11034/2006). L'oggetto del giudizio deciso non è infatti il solo accertamento del singolo rapporto di lavoro, mentre la conseguente pretesa patrimoniale verso il fallito invero diviene premessa e condizione di fatto per una ulteriore qualificazione come pretesa a natura concorsuale, dunque opponibile alla massa dei creditori, del credito di lavoro individuale, da dimostrare nella sua esistenza ed altresì per i suoi profili di efficace configurabilità nei termini del diritto, che si sottopone a verifica incrociata L. Fall., ex artt. 93 e 99, di partecipare al concorso. A sua volta partecipare come interventore al giudizio di opposizione allo stato passivo promosso da altro creditore (o anche, in tesi, ai giudizi di impugnazione o revocazione dei crediti ammessi, esperiti da ulteriori legittimati e tutti regolati per l'ipotesi dal comune L. Fall., art. 99, comma 8), implica, per il creditore concorrente (e non rileva se a sua volta ulteriormente impugnante quanto alla propria pretesa concorsuale eventualmente non del tutto riconosciuta), dover estrinsecare - in adesione alle altrui posizioni processuali - un interesse qualificato che si aggiunga alla menzionata condizione di mero interessato di riflesso alla decisione in quanto creditore concorsuale. Invero dalla sorte decisoria del giudizio di opposizione allo stato passivo altrui, deriva comunque per ciascun creditore già ammesso un effetto di semplificazione o intensificazione concorsuale che non può però predicarsi nei termini diretti e giuridicamente attuali e concreti, per l'incidenza programmatica anche sul suo diritto soggettivo di partecipazione al concorso, ne' compromettendolo (per la parte ammessa), ne' integrando un accertamento replicabile con qualche forza di giudicato o anche solo di condizionamento (per la parte non ammessa e tuttora oggetto di opposizione ovvero non richiesta e dunque ancora da accertare). In ogni caso, il riscontro di detto interesse, appartenente ad un apprezzamento riservato al giudice del merito, nella specie non è stato adeguatamente espresso e dunque non può predicarsene l'insuscettibilità di ulteriore sindacato di legittimità sotto il profilo motivazionale (Cass. 1188/2007), in quanto la decisione impugnata ha fatto cattivo uso del precetto di cui all'art. 246 cod. proc. civ., anteponendo la regola giuridica ivi dettata (l'incapacità) ad una diversa misura di valutazione, di competenza dell'attività istruttoria, relativa prima al riscontro in concreto del citato interesse qualificante e non ostativo e poi alla attendibilità dei testi. Il che determina il parziale assorbimento del secondo motivo, spettando invero al giudice del merito apprezzare, sulla base delle regole selettive di formazione del materiale istruttorio del giudizio di opposizione, l'ambito della testimonianza sollecitata.
5. Il ricorso va dunque accolto, con cassazione del decreto e, nel conseguente giudizio di rinvio, il tribunale dovrà attenersi al principio per cui i creditori già ammessi allo stato passivo non versano, in quanto tali, nella situazione di incapacità legale a testimoniare, ai sensi dell'art. 246 cod. proc. civ., nel giudizio - promosso da altro creditore - di opposizione allo stato passivo del medesimo fallimento, dovendo essere apprezzato, nel caso concreto, se l'eventuale intervento di essi L. Fall., ex art. 99, comma 8, si correli ad un interesse giuridico, personale, concreto ed attuale alla definizione del predetto giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e rinvia al Tribunale di Genova, in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 27 marzo 2012.
Depositato in Cancelleria il 24 maggio 2012