Diritto Societario e Registro Imprese


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 6866 - pubb. 01/08/2010

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Cassazione civile, sez. I, 11 Aprile 2002, n. 5141. Est. Plenteda.


Procedimento civile - Legittimazione - Ad Causam - Conferimento di azienda in società - Disciplina ex art. 2948 cod. civ., relativa a trasformazione di società - Applicabilità - Esclusione - Effetti - Liberazione dell'alienante dai debiti inerenti all'esercizio dell'azienda ceduta - Configurabilità - Esclusione - Limiti - Legittimazione dello stesso a contestarne l'esistenza - Sussistenza - Concorrenza della legittimazione dell'acquirente - Condizioni - Fattispecie.



In caso di conferimento di un'azienda individuale ad una società si verifica un fenomeno traslativo non soggetto alla disciplina dell'art. 2498 Cod. Civ. (concernente esclusivamente il caso di trasformazione di società da un tipo in un altro, con conseguente passaggio ipso iure dalla prima alla seconda di diritti ed obblighi), in virtù del quale, se l'alienante non è liberato dai debiti inerenti all'esercizio dell'azienda ceduta, anteriori al trasferimento - salvo che non risulti il consenso dei creditori - , permane la sua legittimazione a contestarne l'esistenza, con la quale concorre quella dell'acquirente solo ove si tratti di debiti aziendali che risultino dal libri contabili obbligatori. (Nella specie, alla stregua del principio di cui in massima, la S.C. ha confermato, sia pure correggendone la motivazione nel senso di escludere la legittimazione attiva della ricorrente, la decisione pretorile che aveva rigettato nel merito la opposizione ad ordinanza ingiunzione prefettizia emessa nei confronti di una ditta individuale, poi conferita alla opponente società a responsabilità limitata, la quale aveva dedotto la ritenuta successione "in universum ius" alla ditta in essa conferita, dolendosi della mancata notificazione nei propri confronti della ordinanza). (massima ufficiale)


 


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ANGELO GRIECO - Presidente -
Dott. DONATO PLENTEDA - rel. Consigliere -
Dott. WALTER CELENTANO - Consigliere -
Dott. SALVATORE SALVAGO - Consigliere -
Dott. ANIELLO NAPPI - Consigliere -
ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A
sul ricorso proposto da:
DITTA PIOMBINI BRUNO Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA GRAMSCI 28, presso l'avvocato FRANCHI MANILIO, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato VENERI MASSIMO, giusta procura a margine del ricorso;
- ricorrenti -
contro
PREFETTO DELLA PROVINCIA DI VERONA;
- intimato -
avverso la sentenza n. 362/98 del Pretore di VERONA, 2081 depositata il 07/07/98;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/10/2001 dal Consigliere Dott. Donato PLENTEDA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Dario CAFIERO che ha concluso per il rigetto del ricorso. Svolgimento del processo
Il Pretore di Verona con sentenza 26.6.1998 rigettò la opposizione proposta il 28.6.1996 dalla società Piombini Bruno s.r.l., in persona del suo legale rappresentante Piombini Roberto, avverso la ordinanza ingiunzione 6.5.1996 del Prefetto di Verona, che aveva irrogato alla ditta Piombini Bruno di Corsini Mara la sanzione amministrativa di L. 300.000 oltre a L. 8.000 per spese di notifica, per la violazione dell'art. 103 9^ comma vecchio cod. della strada. Aveva dedotto la opponente la illegittimità della ordinanza, perché emessa nei confronti della ditta suindicata, non più esistente; che il verbale di contestazione era nullo, perché la violazione non era stata contestata immediatamente, ne' erano state indicate le ragioni che lo avevano impedito; che nulla era la contestazione, in quanto fondata su rilevazioni di un apparecchio "Autovelox"...; che alla notifica del verbale aveva provveduto un agente diverso da chi aveva sottoscritto la relata di notifica; che la ordinanza ingiunzione non risultava sottoscritta ed era priva di motivazione anche per quanto attiene al quantum della sanzione; che infine illegittima era la pretesa di pagamento di L. 8.000 per le spese di accertamento e notifica.
Il Pretore ha ritenuto legittima la irrogazione alla ditta individuale perché all'epoca proprietaria del veicolo e perché era stata essa stessa a svolgere le difese dinanzi al prefetto;
irrilevante la mancata immediata contestazione, essendosi provveduto alla notifica del verbale; corretto l'accertamento a mezzo di "autovelox", perché omologato e perché nessuna prova era stata fornita di eventuali difetti di funzionamento; infondato il vizio della notifica, in quanto vi aveva provveduto lo stesso verbalizzante, come quello in ordine alla firma e alla motivazione della ordinanza, risultando l'atto firmato dal vice prefetto ed essendo la sua motivazione desumibile per relationem dal verbale di accertamento, cui si era riportata, mentre per la misura della sanzione era risultata superflua, essendo stata irrogata la misura minima.
Infine per le spese, ha considerato congrua la cifra di L. 8.000 "tenuto conto delle notifiche eseguite e degli accertamenti effettuati".
Ha proposto ricorso per cassazione la società Piombini Bruno con quattro motivi; non ha presentato difese il prefetto di Verona. Motivi della decisione
Con il primo motivo la ricorrente denunzia la violazione dell'art. 204 cod. della strada, lamentando che fosse decorso il termine di 60 giorni prima della emissione della ordinanza di ingiunzione, che era intervenuta a cinque anni di distanza, dacché erano stati inviati al prefetto gli scritti difensivi. Con il secondo motivo la società Piombini deduce la violazione degli artt. 145 c.p.c. e 28 L. 689/1981 e denunzia la illegittimità della decisione impugnata per non avere considerato che, una volta succeduta alla ditta individuale, la società aveva avuto titolo alla notificazione degli atti, per cui, essendo decorso il termine di cinque anni, il diritto alla riscossione delle somme si era prescritto.
Con il terzo motivo la ricorrente denunzia la violazione degli artt. 11 e 23 L. 689/1981, lamentando che il pretore avesse confermato la sanzione di L. 308.000, sull'assunto che corrispondesse al minimo, tanto che non meritava di alcuna motivazione il provvedimento a riguardo; al contrario la misura minima era di L. 208.000, così come riportato nel verbale di contestazione. Con il 4^, infine, deduce che, in violazione dell'art. 3 L. 241/1990, era stata giudicata congrua la somma di L. 8.000 per le spese di notifica e di accertamento, che in realtà ammontano a L. 7.900, senza alcuna giustificazione per tale differenza. Il ricorso è privo di fondamento e va respinto.
Con la opposizione proposta dinanzi al Pretore di Verona la società Piombini Bruno, s.r.l., contestò la ordinanza di ingiunzione che il prefetto aveva emesso nei confronti della ditta Piombini Bruno di Corsini Mara, assumendo di esserle succeduta in universum ius, in quanto essa opponente derivava da quella ditta, che si era trasformata in società di capitali. Da tale premessa ha desunto la propria legittimazione e su di essa ha fondato la doglianza in ordine alla mancata notificazione nei propri confronti della ordinanza di ingiunzione e degli atti che la avevano preceduta, sino a prospettare la prescrizione del diritto ad esigere le somme dovute per la infrazione stradale di cui si tratta.
Al di là della novità della deduzione relativa alla
prescrizione, mai prima eccepita, e a prescindere dalla ammissibilità e fondatezza degli altri motivi di gravame, il ricorso non è meritevole di accoglimento perché proposto da soggetto privo della legitimatio ad causam, che, costituendo una condizione dell'azione, attinente alla affermata titolarità del potere di promuovere il giudizio con riguardo allo specifico rapporto sostanziale dedotto in lite, in tanto sussiste e consente di ritenere regolare e valida la costituzione del contraddittorio tra i giusti soggetti del rapporto e legittima la trattazione della causa, in quanto la situazione prospettata dall'attore corrisponda astrattamente alla titolarità dell'azione che esso intende esercitare (Cass. 5542/1997). E vi è carenza di legittimazione attiva, ogniqualvolta sia fatto valere in nome proprio un diritto altrui, al di fuori dei casi di sostituzione processuale espressamente previsti dalla legge.
E siffatto difetto, proprio in quanto attiene alla regolare costituzione del contraddittorio, è rilevabile di ufficio, in ogni stato e grado del procedimento, salvo il formarsi del giudicato interno, che non è ipotizzabile se la questione non sia stata sollevata dalle parti e il giudice, con implicita statuizione positiva sulla stessa, si sia limitato a decidere nel merito, restando in tal caso la formazione del giudicato sulla pregiudiziale impedita dalla impugnativa del capo della sentenza relativamente al merito (Cass. 4650/1999; 6720/1996).
Tanto premesso, indubbia appare la carenza di legittimazione attiva alla opposizione proposta dalla società ricorrente avverso la ordinanza di ingiunzione, a fronte della pacifica circostanza, assunta nella stessa narrativa del ricorso, che il verbale di contestazione dei vigili urbani di Bussolengo fu elevato nei confronti della ditta Piombini Bruno di Corsini Mara; che fu tale ditta a presentare gli scritti difensivi al Prefetto di Verona; che fu a suo carico ingiunto dal prefetto di pagare la somma corrispondente alla sanzione e alle spese; che ad essa fu notificata la ordinanza.
Nè giova, in senso contrario, l'affermazione che la società ricorrente abbia acquistato la legitimatio ad causam e persino la titolarità del rapporto controverso, in quanto subentrata alla ditta individuale per effetto della intervenuta "trasformazione" nella società di capitali, tale istituto non essendo configurabile in ipotesi siffatte, in cui si è verosimilmente realizzato un conferimento di azienda individuale in una società; evento che integra un fenomeno traslativo non soggetto alla disciplina dell'art. 2498 c.c., il quale concerne esclusivamente il caso di trasformazione di società da un tipo in un altro, con conseguente passaggio ipso iure dalla prima alla seconda di diritti ed obblighi. E se nel supposto trasferimento aziendale l'alienante non è liberato dai debiti inerenti all'esercizio dell'azienda ceduta, anteriori al trasferimento (art. 2560 c.c.), salvo che non risulti il consenso dei creditori, permane la sua legittimazione a contestarne la esistenza, con la quale concorre quella dell'acquirente solo se si tratti di debiti aziendali e se risultino dai libri contabili obbligatori.
L'affermazione della ricorrente "che la trasformazione della società comporta l'assunzione delle obbligazioni già maturate in capo alla precedente", nel momento in cui fa leva sull'istituto della trasformazione societaria, che essa stessa nega in punto di diritto, allorché la fonda su una inammissibile derivazione di una società di capitali da una ditta individuale, è, dunque, doppiamente erronea, sia sotto il profilo della ipotizzata trasformazione, sia sotto quello del trasferimento aziendale, che, quand'anche si fosse verificato, non avrebbe privato il conferente della legitimatio ad causam.
Ne consegue che la opposizione avrebbe dovuto essere respinta, per difetto della condizione dell'azione di cui si tratta; sicché la sentenza impugnata, che l'ha rigettata nel merito, valutando corretta la contestazione della infrazione, in quanto all'epoca dei fatti era la ditta Piombini Bruno ad essere proprietaria del veicolo, va confermata, sia pure attraverso la correzione della motivazione. Nulla va disposto con riguardo alle spese, in mancanza di difese dell'intimato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 10 ottobre 2001.
Depositato in Cancelleria il 11 aprile 2002