Diritto Societario e Registro Imprese


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 6832 - pubb. 01/08/2010

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Cassazione civile, sez. I, 16 Maggio 2007, n. 11311. Est. Schirò.


Edilizia popolare ed economica - Cooperative edilizie - In genere - Statuto - Richiamo a disposizioni del testo unico n. 1165 del 1938 - Rilevanza e significato - Derogabilità delle disposizioni richiamate ad opera di altre clausole dello statuto - Sussistenza - Fattispecie.

Società - Di capitali - Società cooperative - Capitale sociale - Partecipazione dei soci - Morte del socio - Continuazione con gli eredi del rapporto sociale - Previsione dell'atto costitutivo subordinante tale continuazione al discrezionale e insindacabile giudizio degli organi sociali - Legittimità.



Allorché lo statuto di una cooperativa edilizia operi un richiamo alle disposizioni della legislazione speciale (nella specie, al r.d. 28 aprile 1938, n. 1165, recante il testo unico delle disposizioni sull'edilizia popolare ed economica), tale richiamo non può che riguardare soltanto le norme di legge a cui lo statuto fa espresso riferimento, ma non anche quelle che non sono esplicitamente richiamate; inoltre, le disposizioni normative statutariamente richiamate devono ritenersi recepite nel regolamento contrattuale non in forza della loro efficacia imperativa inderogabile - efficacia imperativa subordinata all'effettiva utilizzazione da parte della cooperativa del contributo statale - ma in conseguenza dell'espressione di un atto di autonomia negoziale delle parti, il quale attribuisce alle disposizioni richiamate natura ed efficacia contrattuale, come tale derogabile da altre clausole statutarie che, in ipotesi, disciplinino determinate fattispecie in modo difforme dalle disposizioni di legge richiamate nel corpo dello statuto. (Enunciando il principio di cui in massima, la Corte ha confermato la sentenza di merito, la quale aveva ritenuto che la clausola statutaria riconoscente al consiglio di amministrazione della cooperativa il potere di ammettere o meno nella compagine sociale, secondo un giudizio discrezionale, gli eredi del socio defunto, prevaleva, quale disposizione statutaria di carattere speciale, sulle disposizioni del testo unico n. 1165 del 1938). (massima ufficiale)

L'art. 2528 cod. civ. - nel testo anteriore alla riforma del diritto societario introdotta con il d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6 - prevede come regola ordinaria, nelle società cooperative, l'intrasmissibilità "mortis causa" della posizione del socio e lo scioglimento del rapporto sociale rispetto al socio defunto, essendone consentita la continuazione con gli eredi solo se ciò sia previsto dall'atto costitutivo, il quale pertanto, costituendo la fonte esclusiva della possibilità per l'erede di succedere nel rapporto sociale, può legittimamente prevedere che quella continuazione sia rimessa al discrezionale e insindacabile giudizio degli organi sociali, ancorché l'erede possieda i requisiti previsti dallo statuto per l'ammissione alla società. (massima ufficiale)


 


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE MUSIS Rosario - Presidente -
Dott. PLENTEDA Donato - Consigliere -
Dott. SALMÈ Giuseppe - Consigliere -
Dott. RORDORF Renato - Consigliere -
Dott. SCHIRÒ Stefano - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso n. 26809/03 proposto da:
NICOTRA GIUSEPPE, elettivamente domiciliato in Roma, via Oslavia 30, presso gli avvocati Dente Alberto e Angelo Rosati, che lo rappresentano e difendono per procura in atti;
- ricorrente -
contro
SOCIETÀ COOPERATIVA EDILIZIA GLOSSA ETNEA AZZURRA a r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore;
- intimata -
e
sul ricorso n. 30578/03 proposto da:
SOCIETÀ COOPERATIVA EDILIZIA GLOSSA ETNEA AZZURRA a r.l. in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via Fedro 52, presso l'avv. Riccio Enzo, che la rappresenta e difende per procura in atti;
- controricorrente ricorrente incidentale -
contro
NICOTRA GIUSEPPE;
- intimato -
avverso la sentenza della Corte di appello di Roma 1884/03 in data 15 aprile 2003;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16 gennaio 2007 dal relatore, Cons. Dott. Stefano Schirò;
uditi, per Nicotra Giuseppe, l'avv. Alberto Dente e, per la Società cooperativa edilizia Glossa Etnea Azzurra, l'avv. Enzo Riccio;
udito il P.M., in persona del sostituto procuratore generale, Dott. APICE Umberto, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con sentenza del 31 marzo 2001 il Tribunale di Roma respingeva la domanda di Giuseppe Nicotra diretta a subentrare, quale erede del socio Leonardo Nicotra, nella Società cooperativa edilizia Glossa Etnea Azzurra. A fondamento della decisione il Tribunale rilevava che, qualora si fosse voluto dare prevalenza alla disciplina contenuta nella legislazione speciale, l'attore non aveva provato di possedere i requisiti, previsti dal R.D. 28 aprile 1938, n. 1165, art. 31, per ottenere l'assegnazione dell'alloggio sociale e che invece, se si fosse applicata la disciplina del codice civile e tenuto conto della normale intrasmissibilità della qualità di socio agli eredi in base all'art. 2528 c.c., doveva essere considerata legittima la clausola statutaria, che subordinava il subentro dell'erede nella posizione del socio defunto alla valutazione discrezionale e insindacabile del consiglio di amministrazione. 2. Avverso tale sentenza proponeva appello il Nicotra, deducendo che:
2.a. per effetto del richiamo contenuto nello statuto sociale, nella specie erano applicabili le disposizioni di cui al citato R.D. 28 aprile 1938, n. 1165, e del D.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2, con conseguente illegittimità della clausola di gradimento prevista dall'art. 8 dello stesso statuto;
2.b. egli era in possesso dei requisiti per ottenere l'assegnazione dell'alloggio, come dimostrato dai documenti depositati nel giudizio di appello;
2.c. era erronea l'affermazione del giudice di primo grado, circa la mancata contestazione della morosità del de cuius posta a base della delibera del consiglio di amministrazione della cooperativa;
2.d. il suo ingresso nella cooperativa doveva configurarsi come un diritto soggettivo.
Si costituiva la cooperativa appellata, che eccepiva l'inammissibilità dell'impugnazione della delibera del consiglio di amministrazione, in quanto, non essendo stata detta delibera impugnata espressamente nella parte in cui non consentiva il subentro dell'erede a causa della morosità del socio defunto, non sussisteva l'interesse all'azione. Nel merito l'appellata chiedeva il rigetto del gravame.
3. Con sentenza n. 1884/03 del 15 aprile 2003 la Corte di appello di Roma, ritenuta preliminarmente l'impugnabilità della delibera del consiglio di amministrazione, in quanto lesiva del diritto patrimoniale dell'erede al subentro nella posizione del socio defunto, respingeva l'appello, affermando che:
3.a. la cooperativa appellata, non avendo fruito del finanziamento da parte dello Stato, non era soggetta alla normativa speciale di cui al R.D. 28 aprile 1938, n. 1165, essendo irrilevante il rinvio a tale normativa effettuato dalle clausole statutarie, ma soggiaceva alla disciplina generale delle cooperative dettata dal codice civile;
3.b. sul punto nessun giudicato si era formato, in quanto la sentenza del Tribunale di Roma n. 5479 del 17 aprile 1991, passata in giudicato, aveva espressamente affermato che la cooperativa in questione non aveva usufruito del contributo statale, anche se aveva ritenuto poi di applicare la disciplina speciale in virtù del rinvio contenuto nell'atto costitutivo, con la conseguenza che l'applicazione di detta normativa speciale era basata "sull'autonomia privata e non derivava da disposizione legislativa";
3.c. non poteva trovare accoglimento la censura dell'appellante, secondo cui, il richiamo operato dallo statuto all'applicazione della normativa speciale e quindi alla facoltà dell'erede di subentrare nella posizione del socio defunto in base a tale normativa, imponeva di disattendere la clausola statutaria che riconosceva al consiglio di amministrazione della cooperativa il potere di ammettere o meno gli eredi del socio defunto, secondo un giudizio altamente discrezionale; se infatti il rinvio alla normativa speciale derivava dalla volontà negoziale delle parti, doveva ammettersi la possibilità dell'autonomia privata di derogare a tale rinvio con riferimento a determinate fattispecie, con la conseguenza che l'art. 8 dello statuto sociale, che prevedeva la clausola di gradimento, trovava piena applicazione, dovendosi ritenere che in tema di morte del socio le parti avevano inteso prevedere una diversa disciplina;
3.d. quanto alla morosità del socio defunto, non poteva dubitarsi, difformemente da quanto rilevato dai primi giudici, che l'attore, sin dall'atto introduttivo del giudizio, avesse inteso impugnare la delibera del consiglio di amministrazione nella sua interezza, anche con riferimento al diniego di subentro a causa della morosità del socio defunto;
3.e. la delibera impugnata, nella parte in cui faceva riferimento a tale morosità, era pretestuosa non essendo stato indicati l'importo dovuto e la relativa causale ed essendosi posta in insanabile contrasto con il giudicato formatosi tra le parti per effetto della sentenza della Corte di appello di Roma n. 3023 del 1991 - che aveva annullato la delibera di esclusione del socio Leonardo Nicotra per morosità - non avendo la cooperativa adempiuto all'onere di specificare quale ulteriore inadempimento, successivo ai fatti coperti dal giudicato, si contestava al socio defunto;
3.f. la clausola statutaria che consentiva al consiglio di amministrazione di ammettere o negare il subingresso dell'erede del socio defunto era legittima, "considerato che nelle cooperative di diritto comune il legislatore ha previsto in via normale (art. 2528 c.c.) che gli eredi del socio hanno solo diritto alla liquidazione della quota ..., consentendo all'autonomia privata di derogare a tale disciplina" e tenuto conto che nelle società cooperative la partecipazione del socio ha carattere personale e non è prevista la circolazione delle quote, come desumibile dall'art. 2523 c.c., che prevede l'autorizzazione della cooperativa per la cessione delle quote medesime;
3.g. era pienamente legittima, di conseguenza, anche la delibera del consiglio di amministrazione, con la quale, in conformità al disposto dell'art. 8, dello statuto, si era negato il subingresso nella cooperativa dell'erede del socio defunto.
4. Per la cassazione di tale sentenza ricorre il Nicotra, sulla base di un solo articolato motivo, illustrato con memoria. La Società cooperativa edilizia Glossa Etnea Azzurra resiste con controricorso, ricorso incidentale condizionato, sulla base di tre motivi, e memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Preliminarmente deve disporsi la riunione dei ricorsi, proposti contro la medesima sentenza (art. 335 c.p.c.).
2. Con unico motivo Giuseppe Nicotra - denunciando violazione e falsa applicazione del R.D. 28 aprile 1938, n. 1165, della L. 1 marzo 1952, n. 113, e del D.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2, (in relazione agli artt. 1322, 1339, 1343, 1362, 1363, 1374, 1418 c.c., art. 1419 c.c., comma 2, artt. 2517, 2518, 2528, 2697 c.c., e art. 116 c.p.c.), nonché violazione e falsa applicazione dell'art. 2909 c.c., e art. 324 c.p.c., error in iudicando in jus e omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia - censura la sentenza impugnata, deducendo che:
2.1. lo statuto sociale della Cooperativa edilizia Glossa Etnea Azzurra - avente ad oggetto la realizzazione agevolata di alloggi per i propri soci - prevede espressamente, all'art. 3, che il sodalizio sia disciplinato dalle norme, inderogabili perché di ordine pubblico, di cui al R.D. 28 aprile 1938, n. 1165, e dal D.P.R. n. 2 del 1959; di conseguenza deve ritenersi che detto statuto contenga anche, secondo il principio della cosiddetta "integrazione" del contratto, tutte le disposizioni che costituiscono il corpo delle summenzionate leggi speciali, come se queste fossero espressione della volontà delle parti e fonti essenziali del regolamento del contratto sociale, in particolare per quanto riguarda l'automatico subentro in tutti i diritti del socio prenotatario, ma successivamente defunto, dei figli che posseggano i requisiti per l'assegnazione dell'alloggio;
2.2. del tutto irrilevante è pertanto, al fine del decidere, la distinzione operata dal giudice di appello e fondata sulla ricorrenza o meno per la cooperativa edilizia del contributo erariale, in quanto il "regime economico esterno del sodalizio non può prevaricare e distorcere la univoca volontà interna dei soci, tanto meno in una materia = quella dei requisiti del socio cooperatore = ritenuta di ordine pubblico";
2.3. è altresì evidente il primo macroscopico vizio logico della sentenza impugnata, la quale ha negato alla cooperativa l'applicabilità della normativa speciale sul rilievo che la cooperativa stessa non ha conseguito sovvenzioni da parte dello Stato e che, proprio a ragione di ciò, nessuna rilevanza ha il rinvio operato dalle clausole statutarie a detta normativa speciale; tale argomentazione dei giudici di appello, infatti, contrasta sia con le norme sull'interpretazione degli atti di autonomia privata, che con il giudicato formatosi fra le medesime parti per effetto della sentenza del Tribunale di Roma n. 5479/91 (passata in giudicato perché confermata in appello con sentenza n. 2739/93 e dalla Corte di cassazione con sentenza n. 752/97), la quale ha stabilito che la Cooperativa Glossa Etnea Azzurra, pur non avendo usufruito di contributo erariale "... è soggetta alle disposizioni del R.D. 28 aprile 1938, n. 1165,... per quanto concerne l'assegnazione in proprietà individuale dei soci delle unità abitative costruite (art. 3 dello Statuto)";
2.4. contraddicendo la sua precedente affermazione che il rinvio alla normativa speciale, contenuto nell'art. 3 dello statuto sociale, non aveva rilievo alcuno, la Corte territoriale ha poi, invece, sostenuto che la clausola e il rinvio dalla stessa operato sono validi ed efficaci in quanto espressioni dell'autonomia privata, precisando, ancora con grave vizio logico, che le parti del contratto sociale avrebbero tuttavia inteso disciplinare diversamente l'ipotesi dell'ingresso o meno nel sodalizio dell'erede del socio defunto, prevedendo a tale riguardo, con altra clausola statutaria (art. 8) che opererebbe sullo stesso piano di quella di rinvio alla normativa speciale, di rimettere ogni decisione al gradimento del consiglio di amministrazione, senza tener conto che, una volta effettuato il richiamo alla normativa speciale, la cui applicazione è insuscettibile di deroga (in base a quanto disposto dagli artt. 1343 e 1418 c.c.), non può poi sancirsene l'inefficacia, l'annullamento o la deroga ad opera di altra clausola difforme rispetto al precetto normativo, così da non pervenire agli effetti derivanti dall'applicazione delle disposizioni inderogabili della legge speciale, ma a inammissibili effetti totalmente diversi;
2.5. la Corte di merito, oltre ad aver omesso ogni valutazione sulla prova documentale offerta per dimostrare l'idoneità dell'erede del socio defunto a far parte della cooperativa, ha, con illogico ragionamento, ritenuto legittimo il non gradimento immotivatamente espresso dal consiglio di amministrazione, pur avendo riconosciuto come pretestuosa l'affermazione di morosità in capo al socio defunto contenuta nella delibera impugnata;
2.6. in particolare, deve ritenersi illegittima la clausola statutaria che rimetta al mero gradimento degli amministratori l'ingresso nella cooperativa dell'erede del socio defunto, in considerazione del rapporto di scambio intercorrente tra socio defunto prenotatario dell'alloggio e cooperativa - rapporto che comporta la rilevanza nella specie della ratio ispiratrice del R.D. n. 1165 del 1938, richiamato dallo statuto della cooperativa, in punto di continuazione del rapporto con gli eredi del socio defunto - e tenuto conto che la delibera, del tutto immotivata, con la quale il consiglio di amministrazione della società non ha autorizzato l'ammissione come socio del Nicotra, si configura non come atto discrezionale, ma come espressione di malevolo arbitrio degli amministratori, in contrasto con le regole generali di correttezza e di buona fede.
3. Con il primo motivo di ricorso incidentale, condizionato all'accoglimento del ricorso del Nicotra, la Cooperativa edilizia Glossa Etnea Azzurra - denunciando violazione dell'art. 342 c.p.c., comma 1, e art. 329 c.p.c., comma 2, - censura la sentenza di appello per non avere la Corte territoriale dichiarato l'inammissibilità del motivo di appello riguardante l'affermato giudicato esterno derivante dalla sentenza del Tribunale di Roma n. 5479/91, in quanto con il motivo di appello la questione su tale giudicato era stata riproposta senza censurare in alcun modo, con specifiche argomentazioni, la motivazione dei primi giudici, che avevano negato l'efficacia di giudicato esterno di detta sentenza perché relativa a giudizio avente "causa petendi e petitum diversi". Si sarebbe di conseguenza formato sul punto un giudicato interno sulla statuizione del giudice di primo grado, con conseguente inammissibilità del ricorso per cassazione, con il quale si fa valere l'affermato giudicato esterno. 4. Con il secondo motivo di ricorso incidentale condizionato la cooperativa denuncia ancora violazione dell'art. 329 c.p.c., comma 2, nonché vizio di omessa motivazione, per non avere la Corte di merito rilevato il giudicato interno formatosi sulla decisione di primo grado di validità della clausola di gradimento contenuta nell'art. 8 dello statuto, non avendo l'appellante minimamente impugnato detta pronuncia, con conseguente inammissibilità del ricorso per cassazione nella parte in cui si contesta la validità di detta clausola.
5. Con il terzo motivo di ricorso incidentale si denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 163 c.p.c., comma 3, n. 4, nonché insufficiente e illogica motivazione circa un punto decisivo della controversia. Deduce la cooperativa ricorrente che la Corte di appello ha erroneamente ritenuto che nell'atto introduttivo del giudizio di primo grado il Nicotra avesse inteso impugnare la delibera del consiglio di amministrazione anche sotto il profilo dell'affermata morosità del socio defunto, mentre in realtà la nullità della delibera consiliare era stata richiesta come diretta conseguenza della pretesa nullità della clausola di gradimento contenuta nell'art. 8 dello statuto.
6. Il ricorso del Nicotra è infondato.
6.1. Come esattamente sostenuto dalla Corte di appello di Roma nella sentenza impugnata, una cooperativa edilizia è soggetta alla speciale disciplina di cui al R.D. n. 1165 del 1938, solo se è sovvenzionata dallo Stato, nel senso che abbia in concreto conseguito il contributo dello Stato, restando irrilevante la semplice previsione statutaria della possibilità del ricorso al finanziamento pubblico (Cass. S.U. 1996/9973; 1999/37; 2000/1054). I giudici di appello, avendo accertato che nella specie nessuna prova è stata fornita in ordine alla concreta utilizzazione da parte della Cooperativa Glossa Etnea Azzurra di un contributo statale (circostanza non contestata dal ricorrente), hanno fatto esatta applicazione del principio di cui sopra, escludendo la diretta applicabilità alla menzionata cooperativa della disciplina stabilita dal Testo unico di cui al R.D. n. 1165 del 1938 - come invece sostenuto dall'appellante - con statuizione che si sottrae alla censura del ricorrente, secondo il quale, in contrasto con il richiamato orientamento giurisprudenziale, del tutto irrilevante sarebbe, ai fini del decidere, la distinzione fondata sulla ricorrenza o meno per la cooperativa del presupposto del concreto utilizzo del contributo erariale.
6.2. Non può essere condivisa neppure la tesi del Nicotra, secondo la quale, contenendo lo statuto della Cooperativa Glossa Etnea Azzurra numerosi richiami alla disciplina dettata dalle norme contenute nel menzionato Testo unico, detta disciplina - di natura inderogabile, perché di ordine pubblico - troverebbe diretta applicazione nella fattispecie, in quanto lo statuto sociale verrebbe a contenere, in base al principio dell'integrazione del contratto ed agli artt. 1339, 1374 c.c. e art. 1419 c.c., comma 2, tutte le disposizioni che costituiscono il "corpo" della disciplina speciale. 6.2.1. Osserva, in primo luogo, il collegio che il riferimento compiuto dal ricorrente alle clausole statutarie che conterrebbero il richiamo della disciplina fissata dal R.D. n. 1165 del 1938, è incompleto, in quanto i vari articoli dello statuto vengono menzionati genericamente, o in modo tale che dal loro contenuto vengono riportate, estrapolate dal corpo complessivo di ciascuna disposizione, solo le espressioni lessicali scelte dal ricorrente medesimo e da lui ritenute idonee a suffragare il proprio assunto, in violazione del principio di specificità ed autosufficienza del ricorso, in forza del quale nell'interpretazione del contratto - riservata al giudice del merito, le cui valutazioni sono censurabili in sede di legittimità solo per violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale o per vizi di motivazione - al fine di far valere i suddetti vizi, il ricorrente per cassazione deve riportare il testo integrale della regolamentazione pattizia del rapporto nella sua originaria formulazione, o della parte in contestazione (Cass. 2005/8296), non essendo consentito alla Corte di legittimità, per i limiti propri della funzione ad essa attribuita, di procedere alla ricerca ed all'esame del contenuto dei fascicoli di parte al di fuori dell'ipotesi di denuncia di "error in procedendo" (Cass. 2005/4063). 6.2.2. Inoltre, nel caso di specie, caratterizzato dall'asserito richiamo statutario a specifiche disposizioni normative contenute nella legislazione speciale dettata dal R.D. n. 1165 del 1938, non trova applicazione, diversamente da quanto affermato dal ricorrente, il principio della cosiddetta "eterointegrazione del contratto", prevista dall'art. 1374 c.c., la quale opera esclusivamente in relazione a quegli effetti del contratto in ordine ai quali le parti non abbiano espresso la loro volontà, o l'abbiano espressa in modo lacunoso ed ambiguo, e va quindi esclusa quando, secondo l'insindacabile apprezzamento del giudice del merito, le parti abbiano compiutamente ed univocamente regolato gli effetti del contratto e del contenuto delle loro prestazioni (Cass. 2002/8577;
1994/5862; 1983/1884). Non sono neppure applicabili i principi posti dall'art. 1339 c.c., (inserzione automatica di clausole) o dall'art. 1419 c.c., comma 2, (sostituzione di diritto di clausole contrattuali mille con norme imperative) - patimenti invocati dal Nicotra - ricorrendo, nella fattispecie in esame, un'ipotesi di integrazione del contenuto del contratto in via negoziale, attraverso il volontario richiamo di disposizioni di legge, e non di sostituzione di diritto con una normativa legale, in forza di espressa disposizione legislativa, di clausole contrattuali difformi da norme imperative di legge (Cass. 2005/6170; 2004/8247; 2000/8794;
1998/11264; 1992/13459; 1981/3783; 1965/1464).
6.2.3. Infatti, nella fattispecie in esame, secondo quanto risulta dalla sentenza impugnata e in base anche a quanto dedotto dal ricorrente, è lo stesso statuto che, in alcune sue clausole, opera un richiamo alle disposizioni della legislazione speciale, con la conseguenza che tale richiamo non può che riguardare soltanto le norme di legge a cui lo statuto fa espresso riferimento, ma non anche quelle che non sono esplicitamente richiamate, ed inoltre che le disposizioni normative statutariamente richiamate devono ritenersi recepite nel regolamento contrattuale non in forza della loro efficacia imperativa inderogabile - efficacia imperativa subordinata sempre all'effettiva utilizzazione da parte della cooperativa del contributo statale (Cass. 7671/1986) - ma in conseguenza dell'espressione di un atto di autonomia negoziale delle parti, che ha attribuito alle disposizioni richiamate natura ed efficacia contrattuale, come tale derogabile da altre clausole statutarie che, in ipotesi, disciplinino determinate fattispecie in modo difforme dalle disposizioni di legge richiamate nel corpo dello statuto. Correttamente pertanto la Corte territoriale, con argomentazione logico-giuridico conforme ai principi in precedenza enunciati e immune dai vizi di contraddittorietà dedotti dal ricorrente, ha affermato che una volta che si ammetta che il rinvio alla normativa speciale sia avvenuto per effetto della volontà negoziale delle parti, deve necessariamente ammettersi la possibilità dell'autonomia privata di derogarvi in determinate ipotesi e, in particolare, che la clausola statutaria che riconosce al consiglio di amministrazione della cooperativa il potere di ammettere o meno nella compagine sociale, secondo un giudizio altamente discrezionale, gli eredi del socio defunto prevale, quale disposizione statutaria di carattere speciale, sulle disposizioni del R.D. n. 1165 del 1938, richiamate dallo statuto della cooperativa in forza del medesimo potere negoziale delle parti, dovendosi ritenere che in punto di subentro degli eredi nella posizione del socio defunto le parti abbiano optato per una disciplina diversa da quella prevista dalla normativa speciale, subordinando l'ammissione dell'erede del socio al gradimento dell'organo amministrativo.
6.3. Vanamente il ricorrente richiama il giudicato esterno che si sarebbe formato per effetto della sentenza del Tribunale di Roma in data 17 aprile 1981, n. 5479, che ha affermato che la Cooperativa Glossa Etnea Azzurra, pur non avendo usufruito di un contributo erariale, "è soggetta alle disposizioni del R.D. 28 aprile 1938, n. 1165, per quanto concerne l'assegnazione in proprietà individuale dei soci delle unità abitative costruite (art. 3 dello Statuto)". 6.3.1. Infatti, come risulta dall'esame diretto della sentenza richiamata - consentito al collegio, essendo stato dedotta l'omessa rilevazione di un giudicato esterno (Cass. S.U. 2001/10977; Cass. 2006/1099; 2005/19136) - i Tribunale di Roma, dopo aver affermato che la cooperativa in questione non usufruisce di contributo erariale, ha precisato che la stessa, secondo quanto "risulta dall'atto costitutivo e dallo statuto" e in particolare in base all'art. 3 dello statuto medesimo, è soggetta alle disposizione del R.D. n. 1165 del 1938, "per quanto concerne l'assegnazione in proprietà individuale ai soci delle unità abitative costruite", limitando espressamente la sua statuizione alla rilevazione del richiamo della normativa speciale solo per quanto concerne la disciplina dell'assegnazione degli alloggi - ma non anche la regolamentazione del subentro degli eredi al socio defunto - e alla constatazione che detto (limitato) richiamo è conseguenza di una specifica previsione statutaria e non effetto di diretta applicazione della normativa speciale, diretta applicazione anzi esplicitamente esclusa dall'accertamento che la cooperativa in questione non usufruisce di contributo erariale.
Pertanto, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, sul punto del diretto assoggettamento della Cooperativa Glossa Etnea Azzurra alla normativa speciale, di carattere inderogabile, di cui al R.D. n. 1165 del 1938, in generale, e a quella relativa al subentro dell'erede al socio defunto, in particolare, nessun giudicato si è formato per effetto della richiamata sentenza del Tribunale di Roma. 6.4. Infondata è anche la censura svolta dal Nicotra in ordine alla legittimità (ritenuta dalla Corte di appello) della clausola di gradimento contenuta nello statuto della Cooperativa Glossa Etnea Azzurra, che consente al consiglio di amministrazione dell'ente di ammettere o negare discrezionalmente, senza obbligo di motivazione, l'ingresso nella società dell'erede del socio defunto. 6.4.1. Preliminarmente osserva il collegio che la tesi sostenuta dal ricorrente nella memoria depositata ex art. 378 c.p.c. - secondo la quale lo statuto sociale ancor oggi in vigore e applicabile alla fattispecie in esame è quello originario del 1965, nel quale non si menzione del necessario gradimento degli amministratori della cooperativa al subentro degli eredi del socio - costituisce nuova e inammissibile censura su questione non rilevabile d'ufficio, tardivamente proposta solo in memoria (Cass. S.U. 2006/11097; Cass. 2005/28855) e fondata sulla deduzione di una circostanza di fatto, che non risulta dedotta nel corso del giudizio di merito instaurato anzi sul presupposto, a cui hanno fatto riferimento sia lo stesso Nicotra che i giudici di merito, dell'esistenza e dell'applicabilità di detta clausola di gradimento e che pertanto non può essere presa in esame per la prima volta in sede di giudizio di legittimità (Cass. 2005/28480; 2005/14599; 2005/14590; 2005/14741). 6.4.2. Nel merito, deve osservarsi che l'art. 2528 c.c., nel testo anteriore alla riforma del diritto societario introdotta con D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, e applicabile alla fattispecie ratione temporis, prevede come regola ordinaria, nelle società cooperative, l'intrasmissibilità mortis causa della posizione del socio e lo scioglimento del rapporto sociale rispetto al socio defunto, essendone consentita la continuazione con gli eredi solo se ciò sia previsto dall'atto costitutivo, il quale pertanto, costituendo la fonte esclusiva della possibilità per l'erede di succedere nel rapporto sociale, può legittimamente prevedere che quella continuazione sia rimessa al discrezionale e insindacabile giudizio degli organi sociali, ancorché l'erede possieda i requisiti previsti dallo statuto per l'ammissione alla società (Cass. 1983/3769). 6.4.3. Diversamente che nelle società di capitali, la clausola di mero gradimento eventualmente prevista dallo statuto, e in forza della quale gli amministratori hanno il potere di negare il placet al trasferimento delle quote sociali senza alcun obbligo di motivazione, non si pone in contrasto con i principi regolatori della società cooperativa, caratterizzata dal carattere personale della partecipazione del socio e dalla limitata circolazione delle quote, le quali, in base all'art. 2523 c.c., nel testo applicabile alla fattispecie, sono trasferibili con effetto verso la società solo con l'autorizzazione degli amministratori. In detta norma, non solo è assente qualsiasi previsione di un eventuale obbligo di motivazione gravante sugli amministratori chiamati a concedere o negare l'autorizzazione, ma è addirittura prevista la possibilità d'introdurre nell'atto costitutivo un divieto generale ed assoluto di trasferimento delle partecipazioni sociali, restando così dimostrato che "il potenziale conflitto tra l'interesse del socio a disporre liberamente della propria partecipazione sociale e quello della società a selezionare le persone dei soci sia stato risolto dal legislatore con una netta scelta in favore di questo secondo interesse" (Cass. 1996/9445, in motivazione), al fine di impedire che alla cooperativa siano imposti mutamenti non graditi delle persone dei soci (Cass. 1995/6865).
6.4.4. Diversamente da quanto affermato dal ricorrente, non assume rilievo la circostanza che "la peculiarità del rapporto di scambio mutualistico presuppone nel socio il possesso di determinati requisiti soggettivi", che, nel caso di specie, sarebbero stati oggetto di idonea documentazione in giudizio e di cui tuttavia la Corte di appello non avrebbe tenuto conto.
Invero la società cooperativa, pur caratterizzata dallo specifico scopo mutualistico perseguito nello svolgimento dell'attività d'impresa attraverso rapporti di scambio intercorrenti con i soci, ha pur sempre una struttura a base contrattuale (art. 2518 c.c.), "che vincola i soci all'osservanza dei doveri sociali e li rende titolari dei relativi diritti, ma non attribuisce di regola situazioni giuridiche soggettive a terzi estranei al sodalizio, i quali perciò non possono invocare il patto sociale per fondare su questo diritti a proprio favore. Pertanto l'aspirante socio, in quanto ancora estraneo alla società, non può vantare di regola un diritto soggettivo ad essere ammesso nella società e gli amministratori non sono obbligati ad accogliere la sua domanda (art. 2525 c.c.), quando anche egli sia in possesso di tutti i requisiti soggettivi stabiliti dalla legge o dall'atto costitutivo" (Cass. 1997/4259, in motivazione). 7. Le considerazioni che precedono comportano il rigetto del ricorso del Nicotra, restando assorbito il ricorso incidentale condizionato della Cooperativa Glossa Etnea Azzurra.
8. Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi.
Rigetta il ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale condizionato. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in Euro 2.500,00 (duemilacinquecento/00), di cui Euro 2.400,00
(duemilaquattrocento/00) per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 16 gennaio 2007.
Depositato in Cancelleria il 16 maggio 2007