Diritto e Procedura Civile


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 665 - pubb. 01/07/2007

Anatocismo: tutela dei consumatori e inibitoria alle banche

Tribunale Mantova, 15 Settembre 2004. Est. Simonetti.


Azione collettiva dei consumatori – Inibitoria del rifiuto alla restituzione di interessi anatocistici – Fondatezza – Ordine di ricalcalo degli interessi e di storno delle somme indebitamente trattenute – Legittimazione attiva dell’associazione dei consumatori ed utenti – Insussistenza – Pubblicazione dell’estratto della sentenza sui quotidiani – Ammissibilità.

Artt. 1, 2, 3 L. 30 luglio 1998 n. 281



E’ da ritenere illegittimo, a’ sensi della l. 281/98 il rifiuto della banca al riconoscimento del diritto della propria clientela di consumatori alla restituzione delle somme indebitamente percepite in base alla clausola che prevede il calcolo anatocistico trimestrale degli interessi debitori dall'inizio di ogni rapporto bancario fino alla data del 22 aprile 2000.
Il contenuto della domanda inibitoria proposta ex art. 3 l. 281/98 consiste nell'inibire per il futuro alla banca di rifiutarsi di restituire le somme che le venissero richieste dai suoi clienti consumatori quale indebito pagamento di interessi anatocistici trimestrali non dovuti e versati in applicazione di clausole contrattuali illegittime per violazione dell'art. 1283 c.c. Tale domanda, riconducibile alle azioni di cui all'art. 3 l. 281/98, è ammissibile in quanto ha ad oggetto l'inibitoria di un comportamento a contenuto negativo consistente nel rifiuto (che non è mera inerzia) di restituire gli indebiti percepiti.
Non è ammissibile la domanda con la quale l’associazione di consumatori chiede di «ordinare alla banca convenuta di procedere al ricalcolo degli interessi debitori con conseguente storno e/o rimborso delle maggiori somme che risulteranno addebitate e/o percepite per effetto degli interessi anatocistici calcolati dall'inizio del rapporto alla data del 22 aprile 2000, nei limiti della prescrizione decennale e nei confronti di tutti i clienti». L’associazione non è, infatti, legittimata a tale domanda in quanto essa attiene al diritto concreto - personale e non collettivo - al rimborso da parte di ciascun consumatore cliente della banca. Va infatti puntualizzato che le azioni cui sono legittimate le associazioni di consumatori ed utenti ex l. 281/98 non si qualificano come class action, essendo, invece, azioni a tutela di un interesse diffuso riconducibile ad una determinata categoria di consumatori e utenti di cui si può far carico e portavoce, sempre a livello collettivo, l'associazione.

E’ da accogliere, ex art. 3, 1° comma, l. 281/98, la domanda proposta dalle associazioni di consumatori e utenti avente ad oggetto la pubblicazione per estratto della sentenza di inibitoria sui quotidiani.


 


omissis

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 19 dicembre 2001 il Codacons ha convenuto in giudizio la Banca popolare di Milano s.c.a.r.l. per l'udienza del giorno 1° marzo 2002, differita ex art. 168 bis, 5° comma, c.p.c. al giorno 6 marzo 2002, proponendo azione ex art. 3 I. 281/98.

L'associazione attrice ha, in primo luogo, dedotto di essere associazione di tutela dei diritti dei cittadini, componente del consiglio nazionale dei consumatori ed utenti istituito ex l. 281/98 e, per ciò, di essere legittimata ad agire a tutela dell'ambiente e dei diritti fondamentali riconosciuti ai consumatori dell'ordinamento comunitario elencati nell'art. 1 l. 281/98; inoltre ha affermato:

- che l'art. 1283 c.c. è la fonte normativa della regola generale del divieto di anatocismo nel nostro ordinamento;

- che le banche per decenni, e in via generale dal 1952 su iniziativa dell'Abi, hanno effettuato la capitalizzazione trimestrale degli interessi nella sola ipotesi in cui questi fossero dovuti dal cliente e mai quando erano dovuti dalla banca, il tutto in violazione della regola generale stabilita dall'art. 1283 c.c. e a loro esclusivo vantaggio;

- che le banche avevano fondato il loro comportamento, confortate anche da pronunce giurisprudenziali (Cass. 4920/87, Foro it., 1988, I, 2352, e 12675/98, id., Rep. 1998, voce Interessi, n. 6), sulla ritenuta natura normativa dell'uso nei contratti bancari del calcolo anatocistico degli interessi, uso normativo contemplato dall'art. 1283 c.c. come fonte di una deroga consentita al divieto generale di anatocismo;

- che la qualificazione dell'uso di anatocismo nei contratti bancari, contrario al divieto di cui all'art. 1283 c.c. applicato dalle banche era cambiato in seguito ad un mutato orientamento della corte di legittimità che con le sentenze nn. 2374 e 3096 del mese di marzo 1999 (id., 1999, I, 1153), e n. 12507 del mese di novembre 1999 (id., 2000, I, 451), ha ritenuto non normativo ma convenzionale detto uso formatosi dopo l'entrata in vigore del codice civile e, quindi, illegittima, per contrarietà all'art. 1283 c.c., la capitalizzazione degli interessi (passivi, l'unica praticata dalle banche);

- che il governo con il d.leg. 342/99 era intervenuto in forza della legge delega 128/98 e aveva con l'art. 25 d.leg. 342/99 disposto la modifica dell'art. 120 testo unico bancario affidando al Cicr il compito di stabilire con apposita delibera modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi nelle operazioni bancarie purché venisse assicurata alla clientela la stessa periodicità nel conteggio degli interessi debitori e creditori e stabilendo una sanatoria per la capitalizzazione trimestrale degli interessi a vantaggio delle banche sino alla data di entrata in vigore della predetta delibera Cicr (entrata in vigore il 22 aprile 2000, delibera 9 febbraio 2000);

- che la Corte costituzionale con la sentenza n. 425 in data 17 ottobre 2000 (ibid., 3045), ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 25, 3° comma, d.leg. 342/99 per violazione dell'art. 76 Cost. (eccesso di delega) con ciò restituendo agli utenti delle banche il diritto di pretendere il rimborso delle somme pagate indebitamente sino al 22 aprile 2000 sulla base delle illegittime clausole contrattuali anatocistiche inserite nei contratti bancari stipulati anteriormente al d.leg. 342/99;

- che nonostante tale quadro normativo e giurisprudenziale le banche hanno continuato a resistere alle richieste dei consumatori di restituzione delle somme percepite negli anni a titolo di anatocismo;

- che anche l'istituto convenuto, sollecitato dai propri clienti e dall'associazione attrice anche con formale diffida ex art. 3, 5° comma, l. 281/98 al rispetto delle norme vigenti, ha negato ai consumatori utenti il diritto alla restituzione delle somme indebitamente percepite a titolo di calcolo anatocistico degli interessi passivi inviando lettere con risposte di diniego immotivate o con motivazioni assolutamente destituite di fondamento giuridico.

Tutto ciò premesso il Codacons ha chiesto ex art. 3 l. 281/98 "di inibire alla banca convenuta la prosecuzione del comportamento illecito e lesivo dei diritti dei consumatori e per l'effetto dichiarare illegittimo il rifiuto dell'istituto di credito al riconoscimento del diritto della propria clientela alla restituzione delle somme indebitamente percepite in base alla clausola contrattuale della capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori, dall'inizio del rapporto alla data del 22 aprile 2000; di ordinare alla banca convenuta di procedere al ricalcolo degli interessi debitori con conseguente storno e/o rimborso delle maggiori somme che risulteranno addebitate e/o percepite per effetto degli interessi anatocistici calcolati dall'inizio del rapporto alladata del 22 aprile 2000 nei limiti della prescrizione decennale e nei confronti di tutti i clienti; di ordinare la pubblicazione del presente provvedimento a cura e spese della convenuta, sui quotidiani Corriere della Sera e la Repubblica, con avviso di dimensioni non inferiori a cm venti x cm venti, con indicazione degli estremi della controversia, dell'organo giudicante, delle parti e del contenuto dell'attività lesiva; di condannare l'istituto di credito convenuto al risarcimento del danno punitivo rimettendo la liquidazione all'equo apprezzamento del giudice. Spese giudiziarie rifuse.

Si è costituita in giudizio con comparsa depositata in cancelleria l'8 febbraio 2002 Banca popolare di Milano s.c.a.r.l. (di seguito, per brevità, Bpm) la quale ha contestato le domande dell'associazione attrice e in particolare ha:

- eccepito l'inammissibilità della domanda del Codacons di condanna al risarcimento del danno punitivo sotto il duplice profilo che si tratta di domanda di condanna alla quale Codacons non è legittimato perché l'azione non rientra tra quelle previste dall'art. 3 l. 281/98, norma di stretta interpretazione in considerazione del suo carattere eccezionale rispetto al generale principio di cui all'art. 81 c.p.c. e che si tratta di domanda infondata nel merito non prevedendo il nostro ordinamento giuridico la categoria del danno punitivo che è escluso dall'art. 1223 c.c. che limita il danno risarcibile a quello che sia «conseguenza immediata e diretta» di un fatto dannoso (ex art. 2056 esteso alla fattispecie dell'illecito extracontrattuale);

- dedotto l'infondatezza nel merito della domanda di Codacons sostenendo, in primo luogo, la legittimità del calcolo anatocistico degli interessi debitori nei rapporti bancari fino al mese di aprile 2000 e ciò' sulla base della ritenuta natura normativa e non contrattuale dell'uso bancario; in secondo luogo ha affermato la legittimità del comportamento attuale della banca, censurato da Codacons e oggetto dell'inibitoria richiesta, consistente nel resistere alle domande dei clienti di restituzione delle somme versate in passato a titolo di anatocismo, assumendo che tale resistenza rientra nell'ambito del diritto costituzionale di di-fesa ex art. 24 Cost.

Sulla base di tali difese la convenuta ha concluso per il rigetto delle domande proposte.

All'udienza ex art. 183 c.p.c. è comparsa personalmente la banca convenuta il cui procuratore speciale ha dichiarato che: «per il periodo di cui è causa la banca, secondo l'uso, ha applicato la capitalizzazione trimestrale per i propri interessi attivi e quella annuale per quelli passivi, anche sulla base dei contratti di conto corrente stipulati con i clienti. Peraltro, non escludo che molti clienti hanno concluso con la banca accordi diversi in ordine alle modalità della capitalizzazione o anche in ordine al tasso di interesse. Si tratta comunque di casi eccezionali». La causa è stata trattata con lo scambio di memorie ex art. 183, 5° comma, c.p.c. senza che con esse le parti abbiano modificato o precisato le domande e le eccezioni dedotte negli atti di costituzione. Alla successiva udienza ex art. 184 c.p.c. concordemente le parti hanno chiesto di fissarsi udienza di precisazione delle conclusioni. La causa tra l'udienza ex art. 184 e quella di precisazione delle conclusioni è stata assegnata al giudice scrivente in conseguenza del trasferimento ad altra sezione del Tribunale di Milano del giudice originariamente assegnatario. All'udienza di precisazione delle conclusioni le parti hanno concluso come in epigrafe riportato e in particolare il difensore di Bpm ha dichiarato espressamente di non accettare il contraddittorio su eventuali domande nuove o diversamente formulate di controparte. Decorsi i termini ex art. 190 c.p.c., lette le comparse conclusionali e le memorie di replica, la causa passa ora in decisione.

Motivi della decisione

L'azione è proponibile ex art. 3, 5° comma, 1. 281/98.

Preliminarmente si rileva che il Codacons - Coordinamento delle associazioni per la difesa dell'ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori ha agito, come dedotto in atto di citazione, a tutela dei consumatori e degli utenti del servizio bancario offerto, nello specifico, da Bpm; esso pertanto è legittimato unicamente, non deducendo diritti propri bensì, come nel caso di specie, la tutela di posizioni giuridiche diffuse di una categoria di persone, alle azioni ex art. 3, 1° comma, I. 281/98 per la tutela non di tutti i clienti della banca ma unicamente dei consumatori e degli utenti, categoria nella quale, per definizione dell'art. 2 1. 281/98, s'intendono ricomprese «le persone fisiche che acquistino o utilizzino beni o servizi per scopi non riferibili all'attività imprenditoriale e professionale svolta». Ciò detto le domande proposte da Codacons, nella parte in cui si riferiscono genericamente alla clientela, sono ammissibili limitatamente alla clientela di Bpm costituita da persone fisiche e con esclusione di quei rapporti bancari (anche delle persone fisiche) strumentali e connessi allo svolgimento dell'attività imprenditoriale e professionale del cliente della banca.

In secondo luogo costituiscono oggetto del presente giudizio le domande formulate dall'attore in atto di citazione e confermate all'udienza di precisazione delle conclusioni e non quelle, nuove, proposte per la prima volta all'udienza di precisazione delle conclusioni sulle quali, per altro, la banca convenuta ha espressamente dichiarato in udienza di non accettare il contraddittorio.

Sono domande nuove, inammissibili dunque perché introdotte nel giudizio tardivamente, oltre il limite massimo delle preclusioni di cui all'art. 183 c.p.c., la domanda di «ordinare alla convenuta, entro trenta giorni dal deposito del provvedimento, l'invio di una comunicazione scritta a tutti i propri clienti, contenente gli estremi della presente azione collettiva e l'informazione circa la disponibilità dell'istituto a restituire le somme indebitamente pretese con il calcolo anatocistico trimestrale»; la domanda di «condannare la convenuta al risarcimento dei danni derivanti dalla lesione degli interessi collettivi dei consumatori ed utenti a favore dell'associazione Codacons, quale ente esponenziale e rappresentativo, di euro centomila o in quella diversa somma che sarà ritenuta di giustizia». Per completezza si rileva che la difesa di Codacons con la memoria ex art. 183, 5° comma, c.p.c., depositata nel termine che le è stato concesso su sua richiesta, non ha svolto alcuna domanda nuova rispetto a quelle proposte con l'atto di citazione.

Venendo ora ad esaminare, nel merito, le prime due domande ammissibili, in relazione alla loro tempestività, proposte da Codacons con cui ha chiesto di «1) inibire alla banca convenuta la prosecuzione del comportamento illecito e lesivo dei diritti dei consumatori e per l'effetto 2) dichiarare illegittimo il rifiuto dell'istituto di credito al riconoscimento del diritto della propria clientela alla restituzione delle somme indebitamente percepite in base alla clausola contrattuale della capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori dall'inizio del rapporto alla data del 22 aprile 2000» si rileva che il comportamento della banca al quale si oppone Codacons consiste nel non accogliere le pretese della clientela dei consumatori alla restituzione delle somme versate alla banca a titolo di calcolo anatocistico degli interessi debitori (per i clienti) nell'ambito dello svolgimento dei contratti bancari in essere fino all'aprile 2000. Codacons nell'atto di citazione denuncia il fatto che le banche, tra cui Bpm, hanno, alle numerose lettere inviate dai consumatori clienti, con cui essi hanno chiesto il rimborso delle somme pagate sulla base delle illegittime clausole anatocistiche, omesso di dare riscontro, oppure hanno risposto negando immotivatamente o con motivazioni assolutamente destituite di fondamento giuridico, contestando il diritto al rimborso vantato dai consumatori. In relazione a ciò Codacons chiede 1) di accertare l'illegittimità del rifiuto e 2) di inibire alla banca la prosecuzione di tale comportamento «oppositivo».

Identificate in questi termini, con riferimento al loro oggetto, le prime due azioni proposte, va affermata la legittimazione ad agire di Codacons considerando l'obiettiva esistenza di un interesse collettivo degli utenti del servizio bancario alla qualità del servizio medesimo, ad un'adeguata informazione sul contenuto di tale servizio, alla equità nei rapporti contrattuali - equità che sussiste e va preservata anche con riferimento a quei rapporti esauriti o il cui contenuto si è modificato ma i cui effetti perdurano nel tempo presente - interessi che la l. 281/98 riconosce come diritti dei consumatori e degli utenti la cui tutela, con le azioni ex art. 3, è affidata anche alle associazioni dei consuma-tori tra cui Codacons (in senso conforme, Trib. Torino 17 dicembre 2002, id., Rep. 2003, voce Consumatori e utenti, n. 29). L'attrice ha dimostrato in fatto il comportamento della banca convenuta, per altro da quest'ultima non contestato ma difeso come legittimo, producendo una copia di tale corrispondenza nella quale Bpm ha dichiarato di ritenere «legittimo sostenere che la normativa attualmente in vigore non vieti le clausole anatocistiche qualora vi sia un'espressa pattuizione in proposito tra le parti, così come previsto dall'art. 1283 c.c. che rinvia agli usi esistenti, e dagli art. 1823, 1825 e 1831 c.c. che lasciano alla determinazione delle parti la regolamentazione della materia ed è sulla base dei suesposti motivi che abbiamo respinto le richieste di ricalcolo degli interessi avanzate da nostri clienti».

La prima domanda, di accertamento dell'illegittimità del rifiuto della banca al riconoscimento del diritto della clientela dei consumatori alla restituzione delle somme indebitamente percepite in base alla clausola contrattuale della capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori dall'inizio dei rapporti bancari fino alla data del 22 aprile 2000, data di entrata in vigore della delibera Cicr del 9 febbraio 2000, è fondata essendo nulle le clausole di capitalizzazione degli interessi bancari passivi, inserite nei contratti bancari stipulati prima del 22 aprile 2000, per contrarietà alla norma imperativa prevista dall'art. 1283 c.c. Sul punto dell'illegittimità dell'anatocismo e della nullità delle clausole che lo prevedono inserite nei contratti bancari, non essendo fondate su un uso normativo formatosi prima dell'entrata in vigore dell'art. 1283 c.c., come invece sostiene la banca, ma su un uso negoziale formatosi dopo l'entrata in vigore del codice civile, ritiene questo giudice di non dover aggiungere altro aderendo da tempo con propria giurisprudenza (Trib. Milano 4 luglio 2002, ibid., voce Contratti bancari, n. 88; 27 novembre 2003; 23 marzo 2004), all'orientamento, consolidato, della corte di legittimità di cui alle sentenze 2374/99, cit., e 12507/99, cit. (tra le ultime, Cass. 20 febbraio 2003, n. 2593, id., 2003, I, 1774). Dunque la disciplina dell'anatocismo, dopo l'entrata in vigore del codice civile del 1942 è dettata dalle disposizioni positive contenute nell'art. 1283 c.c. e dagli usi normativi contrari (presupposti già esistenti) dal detto articolo richiamati; l'art. 1283 c.c. non prevede la possibilità di patti contrari anteriori alla scadenza degli interessi. In base alla disposizione dell'art. 1283 c.c. una pattuizione relativa all'anatocismo, posta in essere successivamente all'entrata in vigore del codice civile, che non fosse conforme alla disciplina positiva dettata dall'art. 1283 c.c. o agli usi normativi già esistenti è nulla perché contraria al divieto contenuto nella medesima legge. Gli usi bancari dedotti dalla banca non sono normativi, non si sono formati prima del 1942 e, quindi, le clausole contrattuali contenute nei contratti bancari che contemplano l'anatocismo degli interessi sono illegittime perché contrarie all'art. 1283 c.c. Le somme acquisite dalla banca presso i clienti consumatori a titolo di interessi anatocistici sono state pertanto indebitamente percepite in violazione dell'art. 1283 c.c., con la conseguenza che è illegittimo il rifiuto della banca alla loro restituzione sussistendo il diritto dei clienti consumatori alla ripetizione di quanto indebitamente pagato. L'attrice ha limitato la sua domanda alla dichiarazione di illegittimità del calcolo anatocistico degli interessi debitori trimestrali mentre la banca convenuta ha sostenuto, in subordine, la legittimità dell'anatocismo semestrale. L'eccezione è infondata in quanto la contrarietà della clausola dei contratti bancari alla norma imperativa di cui all'art. 1283 c.c. involge l'intero contenuto della stessa dovendosi ritenere nulla in generale la pattuizione dell'anatocismo e quindi di ogni tipo di capitalizzazione (trimestrale, semestrale, annuale) degli interessi (attivi e passivi) (App. Milano 1142/03). Per altro la declaratoria di illegittimità, essendo il giudice vincolato (art. 112 c.p.c.) ai limiti della domanda proposta (accertamento dell'illegittimità dell'anatocismo trimestrale degli interessi passivi), non può che avere ad oggetto la capitalizzazione trimestrale.

Dunque, in accoglimento della prima domanda proposta da Codacons, si dichiara illegittimo il rifiuto della Banca popolare di Milano s.c.a.r.l. al riconoscimento del diritto della propria clientela di consumatori alla restituzione delle somme indebitamente percepite in base alla clausola contrattuale dei contratti bancari, illegittima per violazione dell'art. 1283 c.c., che prevede il calcolo anatocistico trimestrale degli interessi debitori, dall'inizio di ogni rapporto bancario fino alla data del 22 aprile 2000.

Codacons ha chiesto quindi, accertata l'illegittimità del rifiuto della banca alla restituzione delle somme percette a titolo di interessi anatocistici, di inibire alla stessa la prosecuzione del comportamento illecito e lesivo dei diritti dei consumatori. In atto di citazione, la difesa di Codacons illustra l'azione e dichiara che nel sistema legislativo della l. 281/98 s'inquadra «la presente azione giudiziaria volta quindi a far accertare l'illegittimità della condotta della banca, qui citata, e ad ottenere il ristoro delle somme dovute ai singoli clienti della stessa, quale unica e imprescindibile misura idonea a rimuovere le conseguenze dannose del fatto illecito della convenuta». Il contenuto della domanda inibitoria proposta ex art. 3 l. 281/98 è dunque quello d'inibire alla banca, in futuro, di rifiutarsi di restituire le somme che le venissero richieste dai suoi clienti consumatori quale indebito pagamento di interessi anatocistici trimestrali non dovuti e versati in applicazione di clausole contrattuali illegittime per violazione dell'art. 1283 c.c. Questa domanda è riconducibile alle azioni di cui all'art. 3 1. 281/98, è ammissibile avendo ad oggetto l'inibitoria di un comportamento a contenuto negativo della banca consistente nel rifiuto (che non è mera inerzia) di restituire gli indebiti percepiti. Si tratta di pronuncia inibitoria a che la banca continui a opporre rifiuto alle domande di restituzione degli indebiti percepiti provenienti dai suoi clienti consumatori. Né vale obiettare che con tale pronuncia il Codacons otterrebbe un'azione di condanna al pagamento di somme indebitamente percepite alla quale non sarebbe legittimato attivo perché, da un lato, va ricordato che secondo la dottrina dominante le azioni inibitorie sarebbero riconducibili alla categoria dell'azione di condanna e, dall'altro, che la presente pronuncia non costituendo titolo esecutivo secondo la definizione legislativa di cui all'art. 474 c.p.c. («l'esecuzione forzata non può avere luogo che in virtù di un titolo esecutivo per un diritto certo, liquido ed esigibile») è insuscettibile di fondare alcuna azione esecutiva da parte dei consumatori o del medesimo Codacons; s'inserisce pertanto nella categoria delle azioni di cui all'art. 3 l. 281/98 cui è legittimato Codacons. Con la presente inibitoria non si inibisce alla banca di manifestare il suo pensiero sul contenuto dell'art. 1283 c.c. inviando lettere ai clienti, né si comprime il suo diritto di difesa costituzionalmente garantito dall'art. 24 Cost. perché la banca pur continuando a difendersi giudizialmente e stragiudizialmente sulla questione dell'anatocismo non potrà più. in seguito alla presente inibitoria, rifiutarsi di restituire le somme indebitamente percepite a titolo di interessi anatocistici. Va condivisa la tesi della banca secondo cui il suo comportamento di opposizione esplicita alle pretese dei clienti costituisce legittimo diritto di difesa, ma il diritto di difesa ha ora esaurito la sua funzione e deve arrestarsi di fronte all'accertamento giudiziario dell'infondatezza nel merito del diritto o della posizione oggetto della difesa. Quindi per effetto della presente decisione verso la collettività dei suoi clienti consumatori Bpm non potrà più opporre rifiuto, sostenendo l'infondatezza del diritto al rimborso per la legittimità delle clausole anatocistiche dei suoi contratti (salva ogni difesa in relazione alle singole posizioni dei clienti, es. eccezione di prescrizione), alle richieste di restituzione delle somme indebitamente percepite a tale titolo.

La terza domanda proposta da Codacons consiste nell'«ordinare alla banca convenuta di procedere al ricalcolo degli interessi debitori con conseguente storno e/o rimborso delle maggiori somme che risulteranno addebitate e/o percepite per effetto degli interessi anatocistici calcolati dall'inizio del rapporto alla data del 22 aprile 2000, nei limiti della prescrizione decennale e nei confronti di tutti i clienti». Codacons non è legittimato alla domanda in quanto essa attiene al diritto concreto al rimborso da parte di ciascun consumatore cliente della banca, diritto personale di ogni singolo utente. Va infatti puntualizzato che le azioni cui sono legittimate le associazioni di consumatori e degli utenti ex l. 281/98 non si qualificano come class action, sono, invece, azioni a tutela di un interesse diffuso riconducibile ad una determinata categoria di consumatori e utenti di cui si può far carico e portavoce, sempre a livello collettivo, l'associazione.

La domanda inoltre non è accoglibile, perché è genericamente formulata; non è consentita la condanna della banca al ricalcolo degli interessi debitori relativi a tutti i rapporti bancari che ha intrattenuto (esauriti o ancora in corso, circostanza questa che influisce anche con il decorso del termine decennale della prescrizione) con clienti consumatori fino al 22 aprile 2000 senza che vi sia una specifica domanda di restituzione avanzata da ogni singolo cliente titolare del diritto.

Inoltre Codacons ha chiesto la condanna di Bpm al risarcimento del danno punitivo la cui liquidazione ha rimesso all'equo apprezzamento del giudice. La domanda è inammissibile per carenza di legittimazione attiva di Codacons non essendo azione riconducibile ad alcuna di quelle tipizzate dall'art. 3, 1° comma, l. 281/98. Per completezza si rileva la sua infondatezza nel merito: Codacons assume che il danno punitivo «consiste in una sanzione ulteriore rispetto al risarcimento per il pregiudizio effettivamente subito e persegue molteplici finalità» tra cui «la punizione del soggetto autore dell'illecito, unitamente a quello della deterrenza e della prevenzione». Nel nostro ordinamento giuridico allo stato (pur conoscendo l'esistenza di un orientamento di dottrina che attribuisce, in alcune ipotesi di danno non patrimoniale, al risarcimento anche una componente sanzionatoria con funzione di deterrente) non sussiste alcun riferimento positivo fondante la categoria del danno punitivo. Il danno, anche non patrimoniale, che dà luogo al risarcimento consiste nella conseguenza immediata e diretta dell'inadempimento, del ritardo (art. 1223 c.c.) o del fatto illecito (art. 2043, 1223, 2056 c.c.); il risarcimento ha dunque la finalità di compensare il pregiudizio arrecato attraverso la restaurazione, anche per equivalente, della situazione del soggetto leso antecedente all'illecito.

Infine è da accogliere l'ultima domanda avente ad oggetto la richiesta di pubblicazione per estratto della presente sentenza sui quotidiani, indicati in atto di citazione, Corriere della Sera e la Repubblica. La richiesta di pubblicazione della sentenza su dei quotidiani è espressamente prevista dall'art. 3, 1° comma, l. 281/98 come richiesta cui sono legittimate le associazioni di consumatori e degli utenti. La domanda è fondata in quanto nel caso di specie la pubblicazione della decisione, portando ad una più diffusa conoscenza, tra i clienti consumatori della banca, dell'accertamento dell'illegittimità del rifiuto al riconoscimento dei diritti al rimborso delle somme indebitamente percepite a titolo di calcolo anatocistico trimestrale degli interessi debitori maturati sui rapporti contrattuali bancari, dell'inibitoria alla prosecuzione di tale comportamento e quindi all'obbligazione della banca alla restituzione degli indebiti è idonea a correggere ed eliminare gli effetti delle violazioni accertate poste in essere da Bpm (Trib. Torino cit.). Va pertanto ordinata, a cura e spese della convenuta, la pubblicazione per una sola volta sulle pagine nazionali dei due quotidiani sopra indicati, entro trenta giorni dalla pubblicazione della sentenza, di un estratto della stessa contenente l'indicazione dell'autorità giudiziaria, delle parti e del dispositivo.