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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 6507 - pubb. 01/08/2010.

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Cassazione civile, sez. I, 08 Gennaio 1991, n. 84. Est. Bibolini.

Fallimento ed altre procedure concorsuali - Fallimento - Società e consorzi - Società con soci a responsabilità illimitata - In genere - Società di fatto - Rapporto societario - Prova.


L'esistenza del contratto sociale, anche ai fini della dichiarazione di fallimento del socio illimitatamente responsabile ex art. 147 L. Fall., può risultare, oltre che da prove dirette, pure da manifestazioni esteriori, rivelatrici delle componenti del rapporto societario, fra le quali particolare significatività può riconoscersi ai rapporti di finanziamento e di garanzia, che, se costituiti sistematicamente e con esclusione del diritto di regresso del garante, sostanzialmente si risolvono in uno strumento di apporto di capitale alla società. (massima ufficiale)

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE I

Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati:
Dott. Andrea VELA Presidente
" Pietro PANNELLA Consigliere
" Giancarlo BIBOLINI Rel. "
" Giovanni OLLA "
" Mario R. VIGNALE "
ha pronunciato la seguente

SENTENZA
sul ricorso proposto
da
VANNUCCHI FRANCO RANIERI elett.te dom.to in Roma c-o l'avv. Marucchi Via dei Gracchi 303, rapp.to e difeso dagli avv.ti Enzo Valori e Manillo Franchi giusta delega in atti
Ricorrente
contro
FALL. DOVANTEX s.a.s. e dei soci illimitatamente responsabili Dolfi Delfo, Vannucchi Maria Paolo, Vannucchi Franco Ranieri, in persona del Curatore, Dr. Bruno Grasso, rapp.ta e difesa dall'avv. Mauro Giovannelli, elett.te dom.ta in Roma Via Nizza 45 c-o l'avv. Alberto Di Mauro giusta delega in atti
Controricorrente
avverso la sentenza della Corte di Appello di Firenze del 26.4.1985;
Udita la rel. svolta dal Cons. Dr. Giancarlo Bibolini;
Udito per il controric. l'avv. Giovannelli;
Udito il P.M. Dr. Antonio Martone che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 3-6-1981 il Tribunale di Prato dichiarava il fallimento della s.a.s. Dovantex di Dolfi Delfo e C, nonché dei soci apparenti illimitatamente responsabili Dolfi Delfo e Maria Paola Vannucchi.
Con successiva sentenza del 12-10-1981 lo stesso Tribunale di Prato dichiarava il fallimento di Franco Ranieri Vannucchi, quale socio di fatto della s.a.s. Dovantex.
Il Tribunale, ai fini della sussistenza del rapporto societario coinvolgente Franco Ranieri Vannucchi, evidenziava come situazioni significative:
a) l'immediato rilascio al Vannucchi di un mandato, da parte della figlia accomandataria, nella stessa data della costituzione della società regolare e sulla base di espressa clausola statutaria;
b) la partecipazione agli utili, riscossi a fronte di notule professionali simulate;
c) le garanzie personali prestate con sistematicità alle banche, creditrici della società ed ai fornitori;
d) il fatto che la sua condotta abbia ingenerato nei terzi l'affidamento sulla qualifica di socio di fatto.
Franco Vannucchi proponeva, avverso la sentenza dichiarativa del suo fallimento, opposizione che il Tribunale di Prato, pronunciando nel contraddittorio delle parti costituite (la curatela del fallimento) con sentenza n.. 146 in data 6-4-1983, rigettava per infondatezza.
Il Tribunale, in particolare, riteneva che sussistesse non solo l'apparenza del rapporto societario, ma anche la prova della reale esistenza di detto rapporto, anche sotto il profilo della costituzione del fondo comune, avvalendosi di 14 testimonianze, delle quali era emerso che il Vannucchi gestiva personalmente tutte le operazioni della società, ed assicurava a fornitori e creditori di potere far fronte alla situazione con il proprio patrimonio personale.
Avverso la sentenza del Tribunale di Prato in sede di opposizione, proponeva appello ancora Franco Ranieri Vannucchi. La Corte di Appello di Firenze, con sentenza n.. 389 in data 26-4-1985 rigettava l'impugnazione, rilevando che, al fine della dichiarazione di fallimento di una società occulta, la sussistenza del contratto sociale può risultare, oltre che da prove dirette riguardanti specificamente i requisiti di esso (affectio societatis, fondo comune, partecipazione agli utili ed alle perdite), anche da manifestazioni esteriori che, per sintomaticità e concludenza, evidenzino la società anche nei rapporti interni; situazioni riscontrate nel caso di specie.
Avverso la pronuncia della Corte di Appello di Firenze proponeva ricorso Franco Ranieri Vannucchi deducendo due motivi; si costituiva con controricorso, integrato da memoria, la curatela fallimentare. MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo mezzo il ricorrente deduce un vizio della motivazione della sentenza impugnata ai sensi dell'art. 360 n.. 5 c.p.c., censurando la stessa di intrinseca, profonda ed insanabile contraddittorietà nel sillogismo "su cui la motivazione vorrebbe adagiarsi".
Sul punto il ricorrene fa riferimento alla pronuncia di questa Corte in data 7-3-1984 n.. 1573 (oggetto di richiamo nella sentenza della Corte di merito) che enuncia le diverse situazioni rilevanti per l'affermazione di un rapporto societario di fatto, a seconda che assumano rilievo i rapporti interni alla società, ovvero quelli esterni. Dall'enunciazione che nei rapporti interni è necessaria la dimostrazione della sussistenza delle componenti costitutive del rapporto societario (il fondo comune realizzato con conferimenti, la finalizzazione all'esercizio congiunto di attività economica, l'alea comune dei guadagni e delle perdite, nonché la "affectio societatis"), mentre nei rapporti esterni, per fare sorgere la responsabilità solidale dei soci ex art. 2297 c.c., è sufficiente l'esteriorizzazione del vincolo sociale, da detta enunciazione, si ripete, il ricorrente trae la conclusione che l'apparenza esterna del rapporto societario, rilevante nei rapporti con i terzi, e la sua reale esistenza, rilevante nei rapporti interni, sarebbero due realtà giuridiche distinte, non presupponenti necessariamente l'una l'esistenza dell'altra ed aventi ciascuna distinte esigenze probatorie.
La Corte di merito avrebbe arbitrariamente stravolto detto principio con l'equiparazione e la surrogazione della prova della "sostanza" con quella della "apparenza" del rapporto societario, ritenendo da un lato provata la società apparente e motivando dall'altro come se provata fosse la effettività dell'occulto rapporto societario. Dimostrazione di questo procedimento logico, assertivamente viziato, sarebbe il fatto che la Corte di merito aveva espressamente enunciato di non potere in via diretta dichiarare la simulazione della procura conferita al ricorrente (dissimulante la effettiva attività di gestione societaria) e della liquidazione di compensi professionali (dissimulante la ripartizione di utilità societarie), se non previa dimostrazione del rapporto societario;
deducendo, in seconda fase, la dissimulazione in entrambe le situazioni indicate, non dalla prova della sussistenza delle componenti sociali essenziali, ma dalla mera apparenza del rapporto sociale.
Prima di esaminare direttamente il mezzo di gravame ora sintetizzato, è opportuno chiarire a quale fattispecie corrisponde la situazione oggetto di disamina nei vari gradi e fasi della presente causa; ciò in quanto espressioni qualificative utilizzate, sia nella sentenza della Corte di Firenze, sia negli atti di parte, possono fare equivocare la realtà sulla quale le pronuncie si sono espresse nelle precedenti fasi e gradi.
Ed invero, nella sentenza della Corte di Appello si parla di "società di fatto tra lui (il dott. Franco Ranieri Vannucchi) e la s.a.s. Dovantex" (pag. 2 e 3 della sentenza), concetto che il ricorrente ribadisce parlando di "rapporto societario tra lo steso (ancora il Dott. Vannucchi) e la s.a.s. Dovantex", quasi che la società regolare Dovantex fosse stata parte di un rapporto sociale, altra parte essendo il citato Dott. Vannucchi, ipotizzandosi così una forma societaria di fatto di cui i predetti due soggetti sarebbero stati partecipi.
D'altra parte, ancora la sentenza qualifica il dott. Franco Ranieri Vannucchi come socio occulto della Dovantex, ed il controricorrente parla dello stesso come "socio di fatto illimitatamente responsabile della Dovantex di Dolfi Delfo e C s.a.s.", laddove il rapporto societario di cui si parla non sarebbe instaurato tra il Dott. Vannucchi e la Dovantex, ma tra lo steso e gli altri soci della società regolare "nella Dovantex", situazione cui corrisponde l'ulteriore qualificazione (pag. 1 del ricorso) della dichiarazione di fallimento del Dott. Vannucchi, per estensione a suo carico del fallimento della Dovantex e dei suoi soci apparenti illimitatamente responsabili.
La realtà su cui la pronuncia del Tribunale di Prato si espresse in prima istanza, e sulla quale operarono le sentenze di opposizione e di appello, emerge chiaramente dalla posizione processuale espressa dalla curatela fallimentare con la sua costituzione. L'unica società dichiarata fallita è la s.a.s. Dovantex, società regolare il cui fallimento comportò la sottoposizione a procedura concorsuale dei suoi accomandatari emergenti dall'atto costitutivo, Dolfi Delfo e Maria Paolo Vannucchi. Detto fallimento venne, con successiva pronuncia, esteso al Dott. Franco Ranieri Vannucchi (non risultante socio dall'atto costitutivo), nella sua ritenuta veste di socio effettivo ed illimitatamente responsabile. Lo stesso, quindi, venne qualificato "socio di fatto" di una società regolare, in quanto il suo rapporto con gli altri soci non emergeva dal contratto sociale formalizzato e sottoposto alle forme tipiche di pubblicità delle società regolari; per la stessa ragione lo stesso venne qualificato "socio occulto", anche se, dalle sentenze richiamate, emergerebbe un'esteriorizzazione, nel corso delle vicende della società, di detto rapporto "di fatto" che avrebbe reso palese la qualità di socio, e per di più di socio illimitatamente responsabile, facendo venire meno l'occultamento della posizione soggettiva. L'oggetto del decidere, quindi, emerso dal dibattito tra le parti nelle precedenti fasi e gradi del giudizio, attiene a due situazioni essenziali:
1) si tratta di valutare, in sostanza, se il Dott. Franco Ranieri Vannucchi, pur non risultando dall'atto costitutivo come socio della società regolare s.a.s. DELFO, era in effetti socio della stessa;
2) si tratta, inoltre, di esaminare se, in relazione alla duplice posizione istituzionale dei soci di una società in accomandita semplice (accomandanti ed accomandatari), riflettendosi sulla loro responsabilità nei confronti dei terzi, il predetto Dott. Vannucchi fosse socio illimitatamente responsabile, o no. Per il vero, ne' il dibattito tra le parti, ne' le pronuncie di merito, pur approfondendo il primo punto, hanno evidenziato particolarmente il secondo, e la ragione appare evidente: essendo certo che al Dott. Vannucchi la figlia accomandataria aveva "ab origine" conferito procura generale per la trattazione degli affari della società, e che detta procura egli aveva utilizzato operando nei confronti dei terzi, una volta che fosse dimostrata ai fini specifici la qualità di socio, appariva chiara l'integrazione della situazione del 1 comma dell'art. 2320 c.c., secondo cui all'accomandante è consentito trattare affari in nome della società solo in base a procura speciale, assumendo per contro egli responsabilità illimitata qualora detta trattazione avvenga in base a procura generale. Questa situazione normativa è estensibile anche al socio di fatto, in virtù della disciplina dell'art. 2317 c.c.. In secondo luogo, pur prescindendo dall'utilizzazione della procura speciale, l'apparenza della qualità di socio derivante proprio da atti di gestione sociale (come tali ritenuti dal giudice del merito), consentiva di ritenere integrata, con un'unica perazione logica, sia la qualità di socio di fatto nella s.a.s. DOVANTEX, sia l'illimitata responsabilità nell'ambito della disciplina dell'art. 2317 c.c., estensibile all'ipotesi del socio in posizione irregolare di una società regolare.
Chiarita, così, la natura della figura e delle situazioni di cui si è occupata la Corte di Firenze con la sentenza oggetto di ricorso, occorre esaminare la fondatezza, o no, del riesame critico del provvedimento effettuato dal ricorrente con la sua prima censura, tenendo conto della struttura della motivazione che sorregge la pronuncia della Corte di merito.
La Corte fiorentina, prendendo in esame in primo luogo la procura generale conferita dalla socia accomandataria al dott. Vannucchi, da una parte, e la liquidazione di compensi ad opera della società per prestazioni professionali, dall'altra, non ritenne sussistesse la prova diretta che la prima costituisse uno schermo per consentire al socio occulto di gestire l'impresa sociale, ne' che la seconda dissimulasse la ripartizione di utili; solo un'autonoma acquisizione della prova dell'esistenza del rapporto sociale avrebbe consentito una valutazione di dette situazioni diverse dalla loro apparenza. Da questa prima impostazione, quindi, già è evidente che, secondo l'opinione della Corte, alla dimostrazione del rapporto di società essa addiviene prescindendo dalle due situazioni (procura generale e liquidazione di compensi), volta che l'acquisita prova del rapporto di società avrebbe consentito una idonea valutazione delle due situazioni indicate. Conseguentemente la Corte di merito ha ritenuto sufficiente, per individuare un rapporto societario rilevante ai fini della dichiarazione del fallimento personale del Dott. Franco Ranieri Vannucchi, le altre situazioni esaminate e, cioè:
a) le fideiussioni generali ed illimitate, nel tempo e nell'importo, date dal Dott. Vannucchi con sistematicità a tutte le banche che operavano con la s.a.s. DOVANTEX ed ai fornitori; la Corte ritenne che detti rapporti di garanzia avrebbero potuto avere un'autonoma giustificazione se date a favore dei figli coinvolti nella società; le garanzie, invece, a favore della società regolare della cui compagine erano partecipi anche terze persone, assumevano il significato di una costante opera di sostegno della DOVANTEX, non spiegabile altrimenti che come collaborazione al raggiungimento degli scopi sociali e, quindi, come inequivoca esteriorizzazione del rapporto societario in atto;
b) il fatto che l'attuale ricorrente pagò debiti sociali utilizzando fondi del proprio conto corrente personale;
c) il fatto che il Dott. Vannucchi disponeva illimitatamente di fondi neri della DOVANTEX, depositati in un libretto al portatore;
d) il fatto che la società non aveva neppure un proprio ufficio contabilità, questo essendo costituito dallo stesso studio del Dott. Vannucchi.
Solo a questo punto, ritenuta conseguita la prova del rapporto societario di fatto, la Corte fiorentina ritenne ulteriormente che la procura generale concessa dall'accomandataria fosse stata lo schermo con cui il Vannucchi aveva esercitato l'impresa sociale, e che le notule liquidate costituissero prelievo di utili a monte "di tipo quasi leonino, anche per le loro dimensioni".
Il diagramma logico seguito dalla Corte di merito, ed espresso nei passaggi ora riassunti, sarebbe, secondo la censura in esame, contraddittorio perché frutto di una commistione tra appartenenza del rapporto societario, e prova dell'effettività del rapporto societario limitatamente al soggetto in questione, commistione indebita, in tesi, per le ragioni già riferite.
Già in prima eccezione, la semplice enunciazione della tesi del ricorrente, rapportata allo schema logico della sentenza impugnata, evidenzia l'irrilevanza della censura, in quanto la sua incidenza sarebbe operativa su un settore non essenziale della motivazione. Anche ammettendo, infatti, che in via di ipotesi dai quattro elementi sopra evidenziati da a) a d) la Corte abbia tratto la prova della sola apparenza del rapporto societario di fatto del Dott. Vannucchi nella s.a.s. DOVANTEX, si dovrebbe ritenere che l'asserita indebita commistione tra apparenza societaria e prova dell'effettività del rapporto si sia espressa esclusivamente nelle valutazioni concernenti la citata procura generale ed il pagamento delle notule, come situazioni dissimulate rispettivamente di diretta gestione sociale e di ripartizione degli utili. Peraltro, se è vero che, in base agli stessi precedenti giurisprudenziali dai quali il ricorrente ha tratto le mosse per la sua censura e ad una giurisprudenza risalente di questa Corte (Cass. sent. 7-3-84 n.. 1573; sent. 26-10-1982 n.. 5593;
sent. 6-6-1983 n.. 3829; sent. 7-6-1985 n.. 3398; sent. 5-3-1987 n.. 2311), ai fini dell'assoggettamento a procedura concorsuale è MOTIVI DELLA DECISIONE
sufficiente l'esteriorizzazione del vincolo sociale, indipendentemente dalla prova dell'effettiva sussistenza del rapporto societario (in virtù del principio dell'apparenza), se ciò è vero, si ripete, è evidente che per affermare la fallibilità del Dott. Vannucchi (volta che l'oggetto esclusivo della causa è l'opposizione a dichiarazione di fallimento) era sufficiente l'apparenza del singolo rapporto societario di fatto, dedotto dalle quattro situazioni sopra più volte ricordate, assumendo gli apprezzamenti ulteriori, su cui la censura cadrebbe, il carattere di elementi completivi, e come tali non essenziali, della motivazione. Se non che (e ciò assume rilievo anche per una parte della censura espressa con il II mezzo), non si ritiene fondato nel merito il I motivo, sia perché l'apparenza può assumere anche rilievo di elemento di prova, eventualmente presuntiva, della sostanzialità di un rapporto societario, sia perché seguendo questo indirizzo, la Corte di merito ha ritenuto che, in base alle quattro situazioni di fatto indicate, sussistesse il rapporto societario coinvolgente il Dott. Vannucchi nell'attività sociale della DOVANTEX e nelle relative situazioni di responsabilità. E che questa fosse l'impostazione logica seguita dalla Corte fiorentina, emerge chiaramente dalla citazione espressa della sentenza Cass. 22-12-1982 n.. 7119 (la cui massima è stata in gran parte riprodotta in sentenza), secondo cui la sussistenza del contratto sociale, al fine della dichiarazione di fallimento, può risultare oltre che da prove dirette, specificamente riguardanti i suoi requisiti, pure da manifestazioni esteriori che per la loro sintomaticità e concludenza evidenzino l'esistenza della società anche nei rapporti interni. Lo schema logico della motivazione della Corte di Firenze, quindi, sfugge all'ambito angusto della mera apparenza societaria in cui il ricorrente vorrebbe ricondurla e limitarla, si esprime sul piano della prova presuntiva della effettività del rapporto societario in esame e, in tale ambito che le è proprio, lo schema logico seguito non è affetto dalla contraddittorietà asserita con la censura del ricorrente.
Si ritiene, infatti, che il principio dell'apparenza, sulla cui base la citata giurisprudenza risalente di questa Corte ha ritenuto sufficiente, ai fini del fallimento, la prova dell'esteriorizzazione del rapporto societario, non esclude che, agli stessi fini fallimentari, talora sia necessario dimostrare la sostanzialità del rapporto societario (si pensi al fallimento del socio occulto, per il quale la carenza di apparenza societaria è insita nella figura; si pensi al fallimento del socio accomandante di una accomandita semplice, il quale compia atti di gestione interni, come tali non apparenti e pur tuttavia sufficienti, ex art. 2320 c.c., a fare perdere la limitata responsabilità), talaltra il giudice ritenga opportuno, in base agli elementi probatori acquisiti, orientare l'argomentazione nel senso dell'effettività del rapporto. È ovvio, infatti, che la sufficienza dell'apparenza, non esclude la rilevanza al fine dell'effettività del rapporto. In questo orientamento, la dimostrazione degli elementi costitutivi del rapporto societario può ben essere data mediante tutti i mezzi riconosciuti dall'ordinamento processuale, non esclude le presunzioni semplici (v. Cass. sent. 12-1-1984 n.. 239). Nulla esclude, inoltre, che ai fini della prova presuntiva assumano rilievo elementi di esteriorizzazione del rapporto societario, manifestazioni che, se sotto il profilo dell'affidamento possono essere idonei ad ingenerare nei terzi il ragionevole convincimento dell'esistenza del vincolo sociale, sotto il profilo probatorio possono essere idonei a radicare nel giudice il convincimento, con prova logica, della sussistenza effettiva del rapporto predetto.
In tale senso si è espressa la giurisprudenza di questa Corte (v. sent. 23-12-1982 n.. 7119; sent. 4-8-1988 n.. 4827; sent. 6-10-1988 n.. 5403) secondo cui l'esistenza del contratto sociale, anche ai fini della dichiarazione di fallimento del socio illimitatamente responsabile ex art. 147 R.D. 16 marzo 1942 n.. 267, può risultare oltre che da prove dirette, pure da manifestazioni esteriori rivelatrici delle componenti del rapporto societario nella sua sostanzialità. In questo senso, particolare significatività può riconoscersi ai rapporti di finanziamento e di garanzia i quali, se isolatamente considerati, evidenziano situazioni giuridiche estranee al rapporto sociale; peraltro, se considerati nella loro globalità e sistematicità, eventualmente in unione ad altri elementi rivelatori, possono essere indice di una costante opera di sostegno dell'attività di impresa, qualificabile come collaborazione del socio al raggiungimento degli scopi sociali.
Seguendo questo indirizzo la Corte fiorentina valorizzò, al fine della sintesi logica, sia la sistematicità ed il tipo (si trattava di fideiussioni generali) di fideiussioni a favore di tutte le banche che avevano intrattenuto rapporti con la DOVANTEX, e dei fornitori, indice della collaborazione sociale e mezzo strumentale indiretto per attuare una definitiva attribuzione patrimoniale in favore del debitore garantito (la società), sia la piena disponibilità di fondi della DOVANTEX, indice della comunanza patrimoniale e ulteriormente di una comune attività, sia l'intervento del Dott. Vannucchi per il pagamento di debiti sociali con denaro proprio, indice di affectio societatis (unitamente al fatto che l'organizzazione amministrativa della società coincideva con l'organizzazione dello studio professionale del dott. Vannucchi) se raccordata all'insieme delle quattro situazioni ricordate. Lo schema logico, quindi, seguito dalla Corte di merito è nella sua impostazione perfettamente coerente e, nell'utilizzazione di elementi apparenti quali situazioni base di prova presuntiva del rapporto societario, non è violatrice dei criteri che reggono la prova dell'effettività di un rapporto sociale.
La soluzione data al primo mezzo di ricorso, consente di superare la prima censura di 2 mezzo, con cui il ricorrente chiede di riconsiderare la giurisprudenza di questa Corte già citata, in ordine alla sufficienza dell'apparenza del rapporto societario per la dichiarazione di fallimento del socio illimitatamente responsabile, ritenendo egli che solo i terzi i quali legittimamente abbiano fatto affidamento sull'apparenza del rapporto, siano meritevoli di tutela giuridica, e non la totalità dei creditori della società, come si verifica con la dichiarazione di fallimento.
Poiché, come rilevato, la Corte di merito dichiarò il fallimento sulla base della ritenuta effettività del rapporto societario coinvolgente il Dott. Vannucchi, il presupposto della censura in esame è carente e la censura stessa rimane priva di fondamento. Con il secondo addebito del secondo motivo, il Dott. Vannucchi ritiene non conforme a diritto la rilevanza attribuita nella sentenza impugnata alle fideiussioni prestate, ed alle altre attività poste in essere dal ricorrente, in considerazione del fatto che sia il fideiussore, sia il finanziatore, assumono di norma la posizione di creditore, e non di socio, salva la dimostrazione (per i rapporti di garanzia) della rinuncia al regresso).
Il precedente di questa Corte (Cass. 10-1-80 n.. 189) richiamato dal ricorrente a fondamento della censura e secondo cui il fideiussore, in virtù dell'azione di regresso che gli compete, si pone come terzo creditore nei confronti della società garantita e non può, per ciò stesso, ed in base al solo rapporto di garanzia, essere qualificato socio, esprime un principio basilare. Altrettanto basilare, però, è la considerazione che i rapporti di garanzia (soprattutto nella forma della fideiussione generale, quale è stata standardizzata nell'ambito dei rapporti bancari), qualora siano accompagnati dalla rinuncia al regresso ed espongano il garante al pagamento diretto, possono costituire mezzo di apporto di capitale nella società (quanto meno di capitale di rischio o circolante), e possano, se sistematici, generalizzati ed accomunati ad eventuali altri fattori, essere indici rivelatori di un rapporto societario (v. le sentenze n.. 189-80, 7119-82, 4827-88 e 6-10-1988 già citate). In sostanza, in tanto le situazioni ricordate assumono rilievo quali elementi sintomatici nell'indirizzo indicato, in quanto nell'ambito della prova logica essi denotino un interesse di tale natura nella gestione societaria del tutto in contrasto con il possibile esercizio del regresso e da costituire dimostrazione logica della rinuncia al regresso stesso.
L'affermazione, quindi, della Corte di merito secondo cui i quattro fattori più volte indicati (di cui elementi essenziali erano il rilievo della sistematicità e della generalizzazione nella concessione delle garanzie personali, unitamente alla disponibilità di fondi societari da parte del Dott. Vannucchi) costituivano indici rivelatori del rapporto societario nella sua sussistenza sostanziale, costituiva implicita, ma chiara, individuazione dell'interesse contrastante con la possibilità di regresso del Vannucchi nei confronti della società e, quindi, prova logica della rinuncia all'azione di regresso nei confronti della società. Anche il secondo mezzo di ricorso, a seguito delle osservazioni svolte, non è meritevole di accoglimento.
In virtù della soccombenza, il ricorrente è tenuto a sostenere le spese della presente fase processuale.
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese della presente fase liquidando gli onorari in L. 4.000.000 e le spese in lire 74.300.
Roma 14-11-1980.