Diritto Societario e Registro Imprese


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 6485 - pubb. 01/08/2010

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Cassazione civile, sez. III, 15 Febbraio 2006, n. 3279. Est. Trifone.


Società - Di capitali - Società per azioni - Scioglimento - Liquidazione - Liquidatori - Cancellazione della società - In genere - Società cooperativa - Scioglimento - Liquidazione - Conseguenze in tema di rappresentanza - Estinzione della società - Esclusione - Perdita della legittimazione processuale e sostanziale - Esclusione - Processi pendenti - Interruzione - Esclusione.



Per effetto del richiamo operato dall'art. 2516 cod. civ., si applicano alle società cooperative le norme sulla liquidazione delle società per azioni, tra le quali l'art. 2452 cod. civ., che rende applicabile anche alle società di capitali l'art. 2310 dello stesso codice, a norma del quale la rappresentanza della società, a partire dalla iscrizione della nomina dei liquidatori, spetta, anche in giudizio, agli stessi in via esclusiva, salve eventuali limitazioni risultanti dallo statuto o dall'atto di nomina. Tuttavia la messa in liquidazione di una società cooperativa non determina la sua estinzione nè fa venir meno la sua rappresentanza in giudizio, che è determinata invece soltanto dalla effettiva liquidazione dei rapporti giuridici pendenti, che alla stessa facevano capo, e dalla definizione di tutte le controversie in corso con i terzi. Ne deriva che una società costituita in giudizio non perde la legittimazione processuale e che la rappresentanza sostanziale e processuale della stessa permane, per i rapporti rimasti in sospeso e non definiti, nei medesimi organi che la rappresentavano prima del disposto procedimento di liquidazione, restando esclusa l'interruzione dei processi pendenti. (massima ufficiale)


 


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FIDUCCIA Gaetano - Presidente -
Dott. TRIFONE Francesco - Consigliere -
Dott. FINOCCHIARO Mario - rel. Consigliere -
Dott. CALABRESE Donato - Consigliere -
Dott. TRAVAGLINO Giacomo - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
SCRIMA PAOLO, elettivamente domiciliato in ROMA L.TEVERE FLAMINIO 46 PAL. 4^, presso lo studio dell'avvocato GREZ GIANMARCO, difeso dall'avvocato GIGANTE ENZO, giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
COOPERATIVA IL SESTANTE A R.L., in liquidazione, in persona dei liquidatori Marzulli Giovanni, Bilotta Immacolato Vito, Marinelli Antonio, elettivamente domiciliata in ROMA VIA L MANTEGAZZA 24, presso lo studio dell'avvocato ST GARDIN, difesa dall'avvocato COLARUSSO ROMANO, giusta delega in atti;
- controricorrente -
e sul 2^ ricorso n. 22091/02 proposto da:
D'AMATO ANTONIO, DE VINCENTIS GIOVANNI, MONACO ANTONIO, SEMERARO NICOLA, TAJANI ROBERTO, elettivamente domiciliati in ROMA VIALE GIULIO CESARE 183, presso lo studio dell'avvocato URSULA BENINCAMPI, difesi dall'avvocato MALANDRINO MATTEO, con procura speciale del Dott. Notaio Eugenio Tarsia, 00100 - Roma, del 17/07/02, Rep. 38766;
- ricorrenti -
e contro
COOPERATIVA IL SESTANTE A R.L. IN LIQUIDAZIONE, in persona dei liquidatori Marzulli Giovanni, Bilotta Immacolato Vito, Marinelli Antonio, elettivamente domiciliata in ROMA VIA L. MANTEGAZZA 24, presso lo studio del sig. GARDIN LUIGI, difesa dall'avvocato ROMANO COLARUSSO, giusta delega in atti;
- controricorrente al ricorso incidentale -
avverso la sentenza n. 118/02 della Sezione distaccata di Corte d'Appello di TARANTO, emessa il 13/03/02, depositata il 23/04/02, R.G. 131/00;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/01/06 dal Consigliere Dott. Francesco TRIFONE;
udito l'Avvocato Sebastiano MASTROBUONO (per delega avv. Enzo GIGANTE);
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione innanzi al tribunale di Taranto del 12 dicembre 1996 Scrima Paolo, D'Amato Antonio, De Vincentiis Giovanni, Monaco Antonio, Semeraro Nicola e Tajani Roberto nella qualità di soci della cooperativa Il Sestante a r.l. e con loro soci assegnatari in via provvisoria degli alloggi costruiti dalla cooperativa, convenivano la medesima in giudizio e nei suoi confronti chiedevano la declaratoria di illegittimità dei criteri determinativi dei costi di produzione e di ripartizione dei mutui e della spese di gestione nonché, ex art. 2932 cod. civ., la sentenza costitutiva di assegnazione in proprietà a ciascuno di essi dell'alloggio prenotato.
Gli attori si dichiaravano pronti a versare quanto ancora eventualmente dovuto ed instavano per l'ammissione di consulenza tecnica perché fossero definiti i rispettivi rapporti contabili di dare ed avere.
La cooperativa convenuta contrastava le domande, che l'adito tribunale, in composizione monocratica, rigettava condannando gli attori e gli altri soci volontariamente intervenuti in giudizio alle spese.
La Corte d'appello di Lecce nella sezione distaccata di Taranto, con sentenza deliberata il 13 marzo 2002 e pubblicata il 23 aprile 2002, rigettava il gravame dei soccombenti, che condannava alle spese del grado.
Ai fini che ancora interessano, i giudici dell'appello, in ordine alla domanda di esecuzione specifica dell'obbligo di assegnazione definitiva in proprietà dell'alloggio prenotato dal socio, consideravano ammissibile l'azione costitutiva ex art. 2932 cod. civ. anche con riferimento allo status di socio quando nell'atto costitutivo della società sia previsto l'obbligo della cooperativa edilizia di prestare il suo consenso al trasferimento della proprietà o di altri diritti in favore dei soci.
Ritenevano che del suddetto trasferimento non sussistevano, nella specie, i presupposti previsti dalla legge o dall'atto costitutivo. Rilevavano che, seppure i soci erano prenotatari degli alloggi costruiti dalla cooperativa, mancava la prova sia dell'inadempimento della società, sia dell'avvenuta esecuzione o dell'offerta della controprestazione dovuta da ciascuno di essi.
In particolare, la Corte territoriale evidenziava che proprio le contestazioni mosse dai soci con la conseguente offerta della controprestazione rendeva "inaccoglibile la loro domanda". Per la cassazione della sentenza hanno proposto distinti ricorsi Scrima Paolo, che ha affidato l'impugnazione a tre motivi, nonché D'Amato Antonio, De Vincentiis Giovanni, Monaco Antonio, Semeraro Nicola e Tajani Roberto, che hanno svolto un unico motivo articolato in tre distinti profili.
Ha resistito con controricorso ad entrambi i ricorsi la liquidazione della cooperativa Il Sestante a r.l., che ha anche presentato memorie.

MOTIVI DELLA DECISIONE
I ricorsi, impugnazioni distinte della medesima sentenza, sono riuniti (art. 335 cod. proc. civ.).
Con il primo motivo d'impugnazione Scrima Paolo deduce la nullità della sentenza o del procedimento in quanto la società cooperativa, con verbale dell'assemblea del 22 ottobre 2000, era stata posta in liquidazione ed erano stati nominati i liquidatori, per cui, avendo essa da tale momento perduto ogni capacità giuridica, il giudizio nei suoi confronti doveva essere interrotto ed essere riassunto, salvo che il presidente del collegio dei liquidatori non si fosse, in tale veste, volontariamente costituito.
La censura non può essere accolta, perché la sola messa in liquidazione della società da parte dell'assemblea dei soci non ne cagiona la perdita della capacità giuridica ne' comporta l'interruzione del processo, di cui la società medesima sia parte. È pur vero, secondo il preciso indirizzo di questa Corte (Cass., n. 4455/2003), che per effetto del richiamo operato dall'art. 2516 cod. civ., si applicano alle società cooperative le norme sulla liquidazione delle società per azioni, tra le quali l'art. 2452 cod. civ., che rende applicabile anche alle società di capitali l'art. 2310 c.c., a norma del quale la rappresentanza della società, a partire dalla iscrizione della nomina dei liquidatori, spetta, anche in giudizio, agli stessi in via esclusiva, salve eventuali limitazioni risultanti dallo statuto o dall'atto di nomina. Occorre, tuttavia, aggiungere (allo stesso modo di ciò che accade in caso di cancellazione della società dal registro delle imprese, non accompagnata dalla definizione di tutti i rapporti e le liti pendenti) che alla messa in liquidazione di una società non consegue anche la sua estinzione, che è determinata, invece, soltanto dalla effettiva liquidazione dei rapporti giuridici pendenti, che alla stessa facevano capo, e dalla definizione di tutte le controversie in corso con i terzi.
Ne deriva, siccome questo giudice di legittimità pure ha affermato (Cass., n. 5941/99; Casa., n. 7972/2000; Cass., n. 6078/2001), che una società costituita in giudizio non perde la legittimazione processuale in conseguenza della sopravvenuta messa in liquidazione e che la rappresentanza sostanziale e processuale della stessa permane, per i rapporti rimasti in sospeso e non definiti, nei medesimi organi che la rappresentavano prima del disposto procedimento di liquidazione.
Con il secondo motivo dell'impugnazione Scrima Paolo - deducendo l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia - assume che la Corte territoriale avrebbe dovuto accogliere la sua domanda ex art. 2932 cod. civ., poiché egli non solo aveva adempiuto al suo obbligo di pagare per intero il costo dell'appartamento mediante il versamento delle rate semestrali del mutuo, ma risultava addirittura creditore della cooperativa di L. quindici milioni.
Lamenta che il giudice del merito, in entrambi i gradi del giudizio, non avrebbe verificato che egli aveva compiutamente adempiuto alla sua prestazione.
Aggiunge che, comunque, all'accoglimento della domanda di esecuzione specifica dell'obbligo della cooperativa sarebbe bastata anche la semplice offerta della sua prestazione, che era stata da lui effettuata.
Con l'unico mezzo di doglianza i ricorrenti D'Amato Antonio, De Vincentiis Giovanni, Monaco Antonio, Semeraro Nicola e Tajani Roberto - deducendo la violazione e la falsa applicazione della norma di cui all'art. 2932 cod. civ. in relazione agli art. 1208, 1209, 1214 e 1220 c.c. nonché l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia ed il travisamento dei fatti - assumono che, essendo ammissibile l'azione di esecuzione specifica dell'obbligo della società di trasferire l'immobile al socio assegnatario quando concorrono tutti i presupposti previsti dalla legge e dall'atto costitutivo della società cooperativa, il giudice del merito avrebbe dovuto accogliere la loro domanda, avendo essi formulato l'espressa offerta di versare tutto quanto richiesto dalla cooperativa medesima. Sostengono che la domanda di trasferimento coattivo era stata proposta in via subordinata, per il caso di rigetto della domanda principale di accertamento del costo dell'alloggio, e che la loro offerta possedeva il carattere della serietà e ben poteva essere fatta nel corso del giudizio.
I due motivi, esaminati congiuntamente trattandosi sostanzialmente di censura comune, non possono essere accolti.
La Corte territoriale, che pure ha rilevato come i ricorrenti fossero tutti prenotatari di alloggi costruiti dalla cooperativa, ha considerato che mancava la prova dell'inadempimento della cooperativa e non risultava che i soci prenotatari avessero eseguito la loro prestazione o ne avessero fatto offerta nei modi di legge. Al riguardo il giudice d'appello ha, in particolare, considerato che detta condizione (quella, cioè, dell'offerta nei modi di legge della controprestazione da parte del socio) deve ritenersi indispensabile non solo perché è espressamente prevista dalla norma di cui all'art. 2932 cod. civ., ma anche perché è in linea con la fattispecie a formazione progressiva delineata dalla disciplina in tema di costruzione ed assegnazione di alloggi ai soci in cooperativa.
Ha precisato, infatti, sul punto la Corte salentina che proprio le contestazioni mosse dai soci con la conseguente mancata offerta della loro controprestazione aveva reso non fondata la loro pretesa. Questo giudice di legittimità in indirizzo costante ha già affermato (Cass., n. 7157/2004; Cass., n. 6206/97; Cass., n. 2697/95;
Cass., n. 2120/92) che la domanda di esecuzione specifica, ai sensi dell'art. 2932 cod. civ., può essere proposta anche nei confronti di una società cooperativa che abbia come oggetto sociale la costruzione di alloggi da assegnare ai soci, di fronte al rifiuto della società di prestarsi all'atto traslativo dell'immobile al socio assegnatario.
Ha tuttavia precisato (Cass., n. 752/97) che il suo accoglimento è, però, condizionato al compiersi della fattispecie complessa e progressiva, che prevede, oltre all'assunzione, da parte della società, dell'obbligo a prestare il proprio consenso al trasferimento e l'effettuazione della prenotazione dell'alloggio, la realizzazione, altresì, dei presupposti concreti, previsti dalla legge e dall'atto costitutivo della cooperativa per tale assegnazione, consistenti, oltre che nella individuazione del bene, nella definizione precisa e non contestata del relativo corrispettivo a carico di ciascun socio, così da rendere legittimo, e quindi dovuto, il successivo atto traslativo del diritto di proprietà individuale.
Orbene, nel caso all'esame, il giudice del merito ha ravvisato che l'offerta della controprestazione non era stata effettuata nei modi richiesti, dato che, essendo in corso il giudizio introdotto proprio per definirne la complessiva entità, essa ancora non risultava accertata ne' altrimenti determinabile in base a criteri prestabiliti, per cui, a fronte di una controprestazione non completa, non sussisteva neppure l'inadempimento della cooperativa. La suddetta ratio decidendi, secondo quel che ha evidenziato il P.M. all'udienza, non risulta impugnata, essendosi i ricorrenti limitati, per un verso, ad eccepire che l'offerta della controprestazione può essere effettuata anche in corso di causa, senza tuttavia fornire anche la dimostrazione che quanto ciascuno di essi offriva corrispondesse ai criteri di ripartizione del piano di investimento complessivo; per altro verso a sostenere che, comunque, la controprestazione medesima potesse essere determinata dal giudice di merito.
Di conseguenza, avendo il giudice del merito rigettato la domanda sulla base di due distinte argomentazioni, la seconda delle quali consistita nel fatto che l'offerta non era stata formulata con riferimento a somma corrispondente ad una non contestata ripartizione del piano di investimento complessivo, non risultando che detta ratio decidendi sia stata specificamente censurata, la impugnazione relativa al mancato accoglimento della domanda costitutiva ex art. 2932 cod. civ..
non può essere accolta.
Quando una sentenza contenga, infatti, distinte ed autonome rationes decidendi, ciascuna sufficiente a fondare la decisione, il giudice dell'impugnazione che ritenga fondata una di esse non è tenuto a pronunziarsi anche sulle altre.
Occorre, peraltro, aggiungere - sull'assunto del solo Scrima Paolo, che dichiara di avere addirittura versato somma maggiore del dovuto - che il ricorrente, sul punto, non solo non riferisce di quali elementi ed acquisizioni processuali il giudice del merito avrebbe dovuto tener conto per confermare la sua tesi, onde il motivo non realizza il requisito dell'autosufficienza; ma che, comunque, la censura, per essere ritenuta ammissibile, avrebbe dovuto anche significare che l'avvenuto pagamento era conforme alla controprestazione nella misura reclamata dalla cooperativa. Del resto è lo stesso ricorrente che implicitamente ammette che la controprestazione da lui versata non aveva il carattere della definitività e della compiutezza, laddove in ricorso fa riferimento alla diffida stragiudiziale con cui chiedeva "il trasferimento dell'alloggio alla somma fissata dalla cooperativa salvo conguaglio", senza dire che la proposizione della domanda ex art. 2932 cod. civ. subordinatamente al rigetto della domanda principale di accertamento del costo dell'alloggio costituisce ulteriore conferma della sussistenza di una preesistente offerta secondo legge. Con il terzo mezzo d'impugnazione Scrima Paolo - ancora deducendo l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia - critica l'impugnata sentenza nella parte in cui il giudice del merito ha negato l'ammissione della richiesta consulenza tecnica d'ufficio e denuncia che proprio le assemblee dei soci, cui fa riferimento la sentenza di secondo grado, comportavano necessariamente la nomina di un consulente tecnico. Il motivo non può essere accolto.
A parte il rilievo preliminare ed assorbente della mancata decisività della questione in quanto, secondo quel che innanzi è stato rilevato, l'offerta della controprestazione in tema di azione ex art. 2932 cod. civ. per la sua validità supponeva la non contestazione dell'importo dovuto come corrispettivo, osserva questa Corte che il provvedimento che dispone la consulenza tecnica rientra nel potere discrezionale del giudice del merito ed è incensurabile in sede di legittimità quando il diniego risulti adeguatamente motivato in relazione alla insussistenza di una questione tecnica rilevante per la definizione della causa ovvero con riferimento ad elementi istruttori ed a cognizioni proprie di cui il giudice disponga.
Nel caso di specie la Corte territoriale ha adeguatamente giustificato la mancata ammissione del mezzo istruttorie Ha ritenuto, invero, che la richiesta di consulenza tecnica, oltre che essere generica, aveva finalità essenzialmente esplorative, tendenti ad accertare i criteri di determinazione dei costi di costruzione di ogni singolo appartamento con esibizione da parte della cooperativa della documentazione all'uopo necessaria allo scopo; che la consulenza non poteva avere contenuto surrogatorio di un onere probatorio a carico della parte; che era agli atti di causa il giudizio conclusivo dell'ispettore delegato dal Ministero del Lavoro, secondo cui la gestione della cooperativa era positiva e molte delle contestazioni a riguardo sollevate erano infondate; che la posizione di ciascun socio alla data dell'ultimo bilancio era stata definita dalle relative delibere assembleari non impugnate. I ricorsi, pertanto, sono rigettati.
Sussistono giusti motivi (art. 92 cod. proc. civ.), attesa la natura della controversia, per compensare interamente tra le parti le spese del giudizio di Cassazione.

P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta. Compensa interamente tra le parti le spese del giudizio di Cassazione.
Così deciso in Roma, il 11 gennaio 2006.
Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2006