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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 6385 - pubb. 01/08/2010.

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Cassazione civile, sez. I, 19 Dicembre 2008. Est. Panzani.

Società - Di persone fisiche - Società in nome collettivo - Scioglimento - In genere - Estinzione del precedente soggetto e nascita di un nuovo soggetto giuridico - Esclusione - Mera modifica del'oggetto sociale - Continuità degli effetti degli atti compiuti - Sussistenza - Fattispecie.


La messa in liquidazione di una società non determina un mutamento della personalità giuridica della stessa, nè tantomeno la sostituzione di un soggetto di diritto ad un altro, ma semplicemente la modifica dell'oggetto sociale, che, per effetto della liquidazione, è ora diretto alla liquidazione dell'attivo ed alla sua ripartizione tra i soci, previa soddisfazione dei creditori sociali; pertanto, vi è continuità tra la società prima e dopo la messa in liquidazione, sì che gli atti compiuti prima di essa continuano a produrre effetti e ad essere giuridicamente vincolanti nei confronti della società. (Sulla base dell'enunciato principio, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito, la quale - ritenendo esistente un nuovo soggetto giuridico in virtù della messa in liquidazione di una s.n.c. - aveva dichiarato cessata la materia del contendere in ordine all'impugnazione di una delibera assembleare di utilizzo del finanziamento del socio dissenziente a copertura delle perdite e di una delibera di aumento del capitale, nonchè in ordine alla domanda del socio di revoca dell'amministratore e di risarcimento del danno dal medesimo cagionato). (massima ufficiale)

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PLENTEDA Donato - Presidente -
Dott. NAPPI Aniello - Consigliere -
Dott. RAGONESI Vittorio - Consigliere -
Dott. PANZANI Luciano - rel. Consigliere -
Dott. TAVASSI Marina Anna - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
TERMINI Michele, elettivamente domiciliato in Roma, via Piave 52, presso l'avv. Carcione Renato, rappresentato e difeso dall'avv. Di Benedetto Maurizio del foro di Agrigento, giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
TERMINI Giuseppe, elettivamente domiciliato in Roma, viale delle Milizie 22, presso l'avv. Turco Igor, rappresentato e difeso dall'avv. Di Miceli Salvatore del foro di Agrigento, giusta delega in atti;
- controricorrente ricorrente incidentale -
avverso la sentenza della Corte d'appello di Palermo n. 173/2003 del 24 febbraio 2003;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12/11/08 dal Relatore Cons. Dott. Panzani Luciano;
Udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Pivetti Marco, che ha concluso per il rigetto del primo motivo del ricorso principale, l'accoglimento del secondo, il rigetto del ricorso incidentale.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Termini Michele, titolare del 45,50% delle quote della G.D.A. Grande Distribuzione Alimentare di Termini Michele & C. s.n.c. conveniva in giudizio la società, in persona dell'amministratore unico Termini Giuseppe, titolare della restante parte del capitale sociale, e quest'ultimo personalmente. Impugnava la Delib. 19 marzo 1997, dell'assemblea ordinaria dei soci, convocata per l'approvazione del bilancio al 31.12.1996 presentante una perdita pari a L. 933.898.023, che aveva deliberato a maggioranza la copertura delle perdite, nel suo espresso dissenso, attingendo ai finanziamenti in conto mutuo dei soci in proporzione alle rispettive quote e, per la differenza, mediante diminuzione del capitale sociale. Deduceva che la delibera era illegittima perché adottata a maggioranza anziché all'unanimità e per essere state utilizzate per la copertura delle perdite somme di cui la società poteva disporre soltanto per la propria attività. Domandava inoltre la revoca giudiziale dell'amministratore Termini Giuseppe, deducando che questi aveva posto in essere ulteriori atti illegittimi (mancata presentazione del bilancio per gli anni 1991 e 1992; mancata convocazione dei soci a mezzo raccomandata e con preavviso di almeno cinque giorni, come previsto dallo statuto, relativamente alle Delib. 24 febbraio 1989, e Delib. 9 marzo 1989, si che a tali assemblee non avevano partecipato i soci rappresentanti l'intero capitale sociale, così come all'assemblea del 14.3.1994 e del 17.3.1995; approvazione a maggioranza e non all'unanimità dei bilanci 1995 e 1996). Con separato atto di citazione il Termini Michele impugnava anche la Delib. 10 aprile 1997, con cui l'assemblea straordinaria della società aveva deliberato a maggioranza l'integrazione del capitale sociale sino a L. 500 milioni, in violazione dell'art. 16 dello statuto sociale e in conseguenza della precedente Delib. illegittima 19 marzo 1997. Si costituivano in giudizio la società ed il Termini Giuseppe, contestando la fondatezza delle domande e proponendo riconvenzionale con cui chiedevano l'esclusione da socio del Termini Michele per gravi inadempienze da cui sarebbe conseguita la cessazione dell'affectio societatis.
Riuniti i giudizi, il Tribunale di Agrigento annullava le delibere impugnate, revocando il Termini Giuseppe dalla carica di amministratore unico. Rigettava inoltre la domanda riconvenzionale. La Corte di appello di Palermo con sentenza 24.2.2003 dichiarava cessata la materia del contendere relativamente alle domande di impugnazione delle delibere assembleari e di revoca dell'amministratore unico. La società era stata infatti posta in liquidazione con nomina di un liquidatore esterno alla società stessa, sì che la tematica relativa all'impugnativa delle delibere risultava superata, perché qualsiasi pronuncia relativa a tale oggetto non avrebbe potuto avere effetto nei confronti della società in liquidazione, trattandosi di un nuovo soggetto giuridico. Del pari una pronuncia in ordine alla revoca dell'amministratore unico sarebbe stata priva di effetto, in ragione dell'avvenuta nomina del liquidatore.
La Corte d'appello riteneva invece di dover pronunciare sulla domanda riconvenzionale riproposta dal Termini Giuseppe con appello incidentale, ma riteneva nel merito che tale domanda fosse infondata perché i comportamenti posti in essere dal Termini Michele (intimazione di sfratto per morosità nei confronti della società, mancata prestazione del consenso all'approvazione di un bilancio, richiesta di restituzione delle somme mutuate, di messa in liquidazione della società, di revoca dell'amministratore) costituivano legittimo esercizio di diritti connessi alla qualità rispettivamente di locatore e di socio.
Avverso la sentenza ricorre per cassazione il Termini Michele articolando due motivi di ricorso. Resiste con controricorso il Termini Giuseppe, che ha anche proposto ricorso incidentale con unico motivo, cui ha replicato il Termini Michele con controricorso. La società intimata, in persona del liquidatore, non ha svolto attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo il ricorrente principale deduce violazione dei principi in tema di legittimazione ad agire e dell'art. 2278 c.c., nonché difetto e contraddittorietà di motivazione. Lamenta che la Corte d'appello non abbia pronunciato sull'eccezione di inammissibilità dell'appello per difetto di legittimazione attiva del Termini Giuseppe, in ragione del fatto che egli era ormai cessato dalla carica di amministratore della s.n.c. G.D.A. per effetto della nomina del liquidatore giudiziale della società. Con il secondo motivo il ricorrente deduce ancora violazione dell'art. 112 c.p.c., in relazione ai principi che regolano la pronuncia della cessazione della materia del contendere ed agli artt. 2278 e 2310 c.c., nonché difetto e contraddittorietà di motivazione. Nel dichiarare la cessazione della materia del contendere sulle domande proposte dal Termini Michele in ragione dell'avvenuta nomina di un liquidatore giudiziale della s.n.c. la Corte d'appello non avrebbe considerato che l'attore aveva impugnato le delibere di approvazione del rendiconto presentato dal Termini Giuseppe alla data del 31.12.1996 e di aumento del capitale. Per entrambe, nonostante la messa in liquidazione della società, sussisteva un interesse del ricorrente ad una pronuncia nel merito, quantomeno in relazione ai rapporti interni con il socio amministratore, dell'illegittimità del cui operato chiedeva l'accertamento giudiziale, anche in relazione alla propria responsabilità sussidiaria verso i terzi in qualità di socio della s.n.c. E ciò anche in considerazione del fatto che con la prima delibera si era stabilito di utilizzare per il ripianamento delle perdite le somme erogate dai soci in conto mutuo senza interessi.
La Corte d'appello aveva poi errato nel ritenere che qualsiasi pronuncia fosse stata adottata nei confronti dell'impugnazione delle delibere, non avrebbe avuto effetto nei confronti della s.n.c. in liquidazione, trattandosi di un nuovo soggetto di diritto, perché tale affermazione non corrispondeva a verità, posto che la liquidazione di una società non comporta mutamento della soggettività giuridica della stessa.
2. Con l'unico motivo del ricorso incidentale il Termini Giuseppe deduce violazione dell'art. 2286 c.c., richiamato dall'art. 2293 c.c., in tema di esclusione del socio, nonché difetto e contraddittorietà della motivazione.
Nell'affermare che tutti i comportamenti posti in essere dal Termini Michele nell'intimare lo sfratto alla G.D.A. e nell'avvalersi dei poteri spettanti al socio non potevano configurare causa di esclusione dalla società la Corte d'appello non avrebbe considerato che in realtà tali comportamenti costituivano gravi inadempienze e dovevano far ritenere cessata l'affectio societatis, rappresentando espressione di grave ostilità sia verso la società sia verso l'altro socio.
3. Va anzitutto disposta la riunione dei ricorsi ex art. 335 c.p.c.. Il primo motivo del ricorso principale non è fondato. Come risulta dalla sentenza impugnata la s.n.c. G.D.A. per cui è causa è stata posta in liquidazione successivamente al giudizio di primo grado e prima della notificazione dell'atto di appello da parte del Termini Giuseppe, con la nomina di un liquidatore esterno alla società.
Occorre considerare che la società di persone, anche se sprovvista di personalità giuridica, costituisce un distinto centro di interessi e di imputazione di situazioni sostanziali e processuali, dotato di una propria autonoma capacità processuale, sicché legittimato ad agire in giudizio per gli interessi della società e per far valere diritti, ovvero per contestare eventuali obblighi ascritti alla stessa, è esclusivamente il soggetto che, rivesta la qualità di legale rappresentante (Cass. 13.12, 2006, n. 26744; Cass. 2.3.2006, n. 4652). Tale principio vale evidentemente anche in tema di legittimazione passiva. Sennonché nel caso di specie il Termini Giuseppe è stato convenuto in giudizio sia nella qualità di amministratore unico della s.n.c. sia in proprio. Il ricorrente ha proposto domande dirette nei suoi confronti, chiedendo da un lato l'accertamento della sua responsabilità per le delibere illegittime che si assumeva essere state assunte e dall'altro la sua revoca dall'incarico di amministratore. Ed il Tribunale ha accolto, almeno in parte, tali domande revocando il Termini dal predetto incarico. Sussisteva pertanto la legittimazione di quest'ultimo all'impugnazione della sentenza in quanto direttamente incidente sulla sua posizione soggettiva.
4. Il secondo motivo del ricorso principale è invece fondato. La Corte d'appello ha ritenuto cessata la materia del contendere relativamente alle domande spiegate dal Termini Michele di impugnazione delle due delibere assembleari in base al rilievo che la società era stata messa in liquidazione ed era stato nominato liquidatore un soggetto esterno alla società, nominato con provvedimento del Presidente del Tribunale di Agrigento. Ciò perché qualsiasi pronuncia che avesse ad oggetto le delibere in parola "non potrebbe avere effetto nei confronti del nuovo soggetto giuridico costituito dalla G.D.A. s.n.c. in liquidazione". Del pari sarebbe priva di senso una pronuncia in ordine alla legittimità della revoca dell'amministratore unico essendo ormai in carica il liquidatore designato dal Presidente del Tribunale.
Tali affermazioni sono evidentemente errate.
La messa in liquidazione di una società non determina un mutamento della personalità giuridica della stessa ne' tantomeno la sostituzione di un soggetto di diritto ad un altro, ma semplicemente la modifica dell'oggetto sociale, che per effetto della liquidazione è ora diretto alla liquidazione dell'attivo ed alla sua ripartizione tra i soci, previa soddisfazione dei creditori sociali. Vi è quindi piena continuità tra la società prima e dopo la liquidazione, si che gli atti compiuti prima della messa in liquidazione continuano a produrre effetti ed ad essere giuridicamente vincolanti nei confronti della società e dei soci.
Nel caso di specie, oltretutto, le delibere impugnate avevano pure inciso sui diritti del Termini Michele perché avevano autorizzato la copertura delle perdite per il tramite delle somme erogate dai soci in conto mutuo senza interessi, determinando quindi la perdita per gli stessi del diritto alla restituzione delle somme mutuate, ed avevano approvato un aumento di capitale, destinato per definizione ad incidere sulla posizione soggettiva dei soci.
Permaneva dunque l'interesse attuale e concreto del Termini Michele alla conferma della pronuncia del Tribunale in ordine all'illegittimità delle delibere impugnate. Rilievi analoghi valgono per quanto concerne le domande proposte dal Termini Michele nei confronti del Termini Giuseppe, che non erano dirette soltanto alla sua revoca dalla carica di amministratore, ma anche all'accertamento della sua responsabilità.
La sentenza impugnata va pertanto cassata con rinvio alla Corte d'appello di Palermo in diversa composizione.
5. Resta da provvedere sul ricorso incidentale del Termini Giuseppe.
Questi si duole che la Corte d'appello abbia respinto l'appello con cui egli lamentava che il Tribunale non avesse accolto la domanda riconvenzionale di esclusione del Termini Michele dalla società per grave inadempimento agli obblighi su di lui gravanti in qualità di socio.
Il motivo non è fondato.
Correttamente la Corte d'appello ha ritenuto che le condotte tenute dal Termini Michele e concretatesi nell'intimazione di sfratto, in qualità di locatore dell'immobile, per morosità alla società che si era resa inadempiente al pagamento dei canoni, nella mancata approvazione del bilancio 1996, nella richiesta di restituzione di prestiti effettuati alla società, nella domanda di messa in liquidazione della stessa e di revoca dell'amministratore, costituissero esercizio di diritti spettanti al Termini in virtù della sua qualità di locatore dell'immobile utilizzato dalla società e di socio. In buona sostanza il ricorrente incidentale non contesta che il Termini Michele avesse diritto di avvalersi delle facoltà rientranti nella sfera di esercizio dei suoi diritti, ma allega che tali condotte non potevano che causare gravissimo danno alla società ed alla stessa posizione del Termini Michele in qualità di socio.
Ciò non toglie peraltro che ugualmente sia questione di diritti che competevano al Termini Michele ne' può ritenersi che l'assunzione della qualità di socio e l'obbligo di buona fede nell'adempimento delle obbligazioni che derivano dal contratto di società comporti la preventiva rinuncia del socio ad avvalersi dei suoi diritti e facoltà, anche derivanti da rapporti estranei al contratto sociale, ogni qual volta essi possano in ipotesi rivelarsi lesivi dell'interesse della società. Altra e diversa questione sarebbe se dalla contrarietà dell'esercizio di tali diritti all'interesse della società si volesse ricavare la prova del dolo del socio e quindi dell'abuso del diritto, ma tale ipotesi non è neppure allegata dal ricorrente incidentale.
La pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione può essere rimessa al giudice del rinvio par quanto concerne le domande proposte dal Termini Michele. Per quanto attiene invece alla domanda riconvenzionale di cui al ricorso incidentale la presente sentenza definisce il giudizio, si che la Corte può provvedere direttamente. Le spese vanno poste a carico del ricorrente incidentale, liquidate in Euro 1.700,00, di cui Euro 1.500,00, per onorari.
P.Q.M.
La Corte, riuniti i ricorsi, rigetta il primo motivo del ricorso principale, accoglie il secondo e rigetta il ricorso incidentale;
cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Palermo in diversa composizione, anche per le spese. Condanna il ricorrente incidentale alle spese, che liquida in Euro 1.700,00, di cui Euro 1.500,00, per onorari, oltre alle spese generali ed accessorie come per legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 12 novembre 2008.
Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2008