Diritto Societario e Registro Imprese


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 6323 - pubb. 01/08/2010

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Cassazione civile, sez. IV, lavoro, 04 Aprile 1998, n. 3512. Est. Foglia.


Società - Di persone fisiche - Società irregolare e di fatto - Responsabilità dei soci - Fatto illecito colposo di uno dei soci - Illecito della stessa società - Configurabilità - Responsabilità solidale dei soci - Sussistenza - Corresponsione del risarcimento da parte di uno dei soci - Diritto di regresso nei confronti dell'altro socio - Misura del regresso - Presunzione di partecipazione sociale paritaria - Applicabilità.



L'illecito colposo di uno dei due soci di una società di fatto commesso nell'ambito dell'attività stessa e per il raggiungimento dei suoi scopi costituisce illecito della società ed impegna solidalmente e illimitatamente i suoi soci, con conseguente diritto di regresso del socio che abbia risarcito interamente il danno, nei confronti dell'altro socio nella misura di metà, in funzione della partecipazione paritaria sociale presunta di cui all'art. 2263 cod. civ.. (massima ufficiale)


 


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Vittorio VOLPE - Presidente -
Dott. Bruno D'ANGELO - Consigliere -
Dott. Fabrizio MIANI CANEVARI - Consigliere -
Dott. Pietro CUOCO - Consigliere -
Dott. Raffaele FOGLIA - Rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
BARBIERI EMILIO, elettivamente domiciliato in ROMA VIA BARBERINI 29, presso lo studio VALENZA-BETTONI, rappresentato e difeso dall'avvocato GIUSEPPE VINCIGUERRA, giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
GIANFRANCESCHI UGO;
- intimato -
e sul 2^ ricorso n. 07470/95 proposto da:
GIANFRANCESCHI UGO, elettivamente domiciliato in ROMA CORSO VITTORIO EMANUELE 269, presso lo studio dell'avvocato GIULIO CEVOLOTTO, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato SILVIO TOSI, giusta delega in atti;
- controricorrente e ricorrente incidentale -
nonché contro
BARBIERI EMILIO, elettivamente domiciliato in ROMA VIA ,BARBERINI 29, presso lo studio VALENZA-BETTONI, rappresentato e difeso all'avvocato GIUSEPPE VINCIGUERRA, giusta delega in atti;
- controricorrente al ricorso incidentale -
avverso la sentenza n. 1192/93 del Tribunale di PADOVA, depositata il 22/03/94 r.g.n.9749/92;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/06/97 dal Relatore Consigliere Dott. Raffaele FOGLIA;
udito l'Avvocato VINCIGUERRA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Dario CAFIERO che ha concluso per il rigetto del ricorso principale con assorbimento dell'incidentale.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso del 9 marzo 1987 Silvia Zivelonghi, Agostino Salvetti, Bruno Salvetti e Maria Rosa Salvetti, in proprio e in qualità di eredi di Giuseppe Salvetti esponevano al Pretore di Verona: che in data 21 agosto 1973 nel cantiere della società di fatto gestita da Ugo Gianfranceschi ed Emilio Barbieri era deceduto Gino Salvetti, colpito da una scarica elettrica;
che, in esito a procedimento penale, il Gianfranceschi era stato dichiarato responsabile del reato di omicidio colposo e condannato al risarcimento dei danni nel confronti dei genitori della vittima, costituiti parte civile, che, promossa azione civile nei confronti del Gianfranceschi e del Barbieri, davanti al Tribunale di Verona, questo aveva dichiarato la propria incompetenza con sentenza n.394/86, rimettendo le parti davanti al Pretore di Verona in funzione di giudice del lavoro; tutto ciò premesso, convenivano in giudizio il Gianfranceschi ed il Barbieri chiedendo che fossero condannati, solidalmente o separatamente al risarcimento dei danni patrimoniali e morali derivanti agli attori dalla morte del congiunto.
Si costituiva il Gianfranceschi eccependo la prescrizione di ogni pretesa e contestandone comunque la fondatezza; chiedeva, inoltre che il Barbieri fosse condannato a tenerlo indenne nella misura della metà di quanto avesse dovuto pagare a titolo di risarcimento.
Si costituiva anche il Barbieri eccependo la prescrizione e invocando il rigetto di ogni pretesa avversaria.
Con sentenza non definitiva del 21 maggio 1987 il Pretore adito dichiarava prescritta la domanda formulata nei confronti del Barbieri; respingeva la domanda di manleva formulata dal Gianfranceschi, e, con successiva sentenza depositata l'11 dicembre 1987, condannava quest'ultimo al risarcimento dei danni in favore di Silvia Zivelonghi, nella misura di L. 31.167.153, oltre rivalutazione ed interessi, e la somma di L. 42.000.000 in favore, di Agostino, Bruno e Maria Rosa Salvetti.
Avverso entrambe dette sentenze proponeva appello il Gianfranceschi, cui rispondevano gli eredi Salvetti con appello incidentale invocando la declaratoria di responsabilità anche del Barbieri, con quantificazione del risarcimento. Resisteva il Barbieri chiedendo la reiezione dell'appello.
Con sentenza del 5 novembre 1988 il Tribunale di Verona dichiarava prescritti i diritti azionati da Agostino, Bruno e Maria Rosa Salvetti; rigettava la domanda di regresso proposta dal Gianfranceschi contro il Barbieri; dichiarava inammissibile l'appello incidentale dei consorti Salvetti contro il Barbieri; confermava la condanna del Gianfranceschi al pagamento della somma di L. 31.167.153 a favore della Zivelonghi e di L. 27.000.000 a favore di Agostino, Bruno e Maria Rosa Salvetti, oltre accessori.
In esito a ricorso per cassazione proposto avverso quest'ultima sentenza dal Gianfranceschi, cui seguiva ricorso incidentale degli eredi Salvetti. questa Corte, con sentenza n. 10814 del 14 ottobre 1991, cassava la sentenza impugnata e, rinviando al Tribunale di Padova, formulava il principio che "il fatto illecito colposo di uno dei soci di una società di fatto, commesso nell'ambito dell'attività di essa e per il raggiungimento dei suoi scopi, costituisce illecito della società stessa, ed impegna solidalmente ed illimitatamente i suoi soci, ad eccezione del caso in cui la responsabilità del socio operatore sia personale e non tocchi, quindi, gli altri soci".
Riassunta la causa con ricorso del 14 ottobre 1992, il Gianfranceschi chiedeva al Tribunale di Padova che venisse condannato il Barbieri a tenerlo indenne - nel limite della metà - della somma di L. 41.543.851 oltre accessori, erogate ai coniugi Salvetti e Zivelonghi, con la condanna del Barbieri al rimborso delle spese dei vari gradi di giudizio.
Si costituiva in giudizio il Barbieri eccependo l'incompetenza per materia della sezione lavoro del Tribunale in sede di rinvio, avendo la Corte negato trattarsi di controversia di lavoro; nel merito, invocava il rigetto della domanda, assumendo la propria estraneità al processo penale conclusosi con la esclusiva condanna del Gianfranceschi; escludeva che potesse affermarsi comunque una ripartizione paritaria di responsabilità tra soci, contestando, in ultima analisi, la quantificazione delle somme corrisposte ai congiunti della vittima dell'infortunio.
Con sentenza depositata il 22 marzo 1994 il Tribunale di Padova, disattesa l'eccezione di incompetenza per materia, e delimitato il tema del riesame alla domanda di regresso del Gianfranceschi nei confronti del Barbieri, riformava parzialmente la decisione del Pretore di Verona, condannando il Barbieri a pagare al Gianfranceschi la somma di L. 41.543.851 oltre accessori e a rifondere allo stesso le spese di giudizio.
Avverso detta sentenza il Barbieri propone ricorso per cassazione affidato a due motivi. Resiste il Gianfranceschi con controricorso cui replica con ricorso incidentale il Barbieri. MOTIVI DELLA DECISIONE
Col primo motivo si denuncia la violazione dell'art. 2055 c.c. (art. 360, n.3 c.p.c.) per non aver la sentenza impugnata adempiuto al compito di determinare la ripartizione interna del peso del risarcimento tra i corresponsabili. In tema di regresso, ai sensi dell'art. 2055 c.c., il giudice di merito deve pronunziarsi sulla graduazione delle colpe, atteso che solo nell'azione di regresso può discutersi della gravità delle rispettive colpe e delle conseguenze da esse derivanti.
Operazione, questa, che non risulta essere stata compiuta nella sentenza impugnata.
Col secondo motivo si deduce - in via subordinata - la
violazione degli artt. 1085, 1298, e 1299 c.c. (art. 360, n.3 e 245ss c.p.c.) per aver la sentenza impugnata disposto la condanna del Barbieri senza accertare preventivamente il pagamento, da parte del Gianfranceschi dell'intero debito sociale e verificarne la misura. Il Tribunale di Padova sarebbe partito da un dato non sufficientemente accertato (il versamento da parte del Gianfranceschi agli aventi diritto, in esecuzione della sentenza di condanna, di L. 83.087.702) dopo aver rinunziato ad acquisire sul punto dei riscontri probatori precedentemente ritenuti necessari e, quindi, ammessi. Unico riscontro documentale è costituito da un fax, di per se privo dell'efficacia di cui agli artt. 1199 e 2702 c.c.
In via incidentale deduce il resistente la violazione e falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c., nonché omessa motivazione (art. 360, n.3 e 5 c.p.c.), avendo il Tribunale deciso solo sul rimborso del capitale e non anche sulla rivalutazione delle somme pagate dal Gianfranceschi, omettendo altresì di pronunciarsi sulle spese del pregresso giudizio di Cassazione.
Il ricorso è infondato.
Esclusa l'ammissibilità del secondo motivo - peraltro formulato in via subordinata - in quanto mirante ad introdurre in questa sede un riesame di merito, è sufficiente osservare, con riferimento al primo motivo, che, secondo quanto già sottolineato da questa Corte nella sentenza di rinvio, la graduazione dell'entità del regresso va compiuta valutando la partecipazione societaria dei soggetti in base all'art. 2263 c.c., mentre non si applica l'art. 2055 c.c. Ciò in quanto il titolo per cui il Gianfranceschi ha diritto di regresso nei confronti del Barbieri nasce dalla partecipazione di entrambi alla società di fatto, responsabile dell'infrazione alle norme antinfortunistiche e quindi condannata, nella persona del primo dei due soci al risarcimento del danno.
Premesso che non è pertinente il richiamo dell'art. 2055 c.c. nella presente controversia, la quale trae origine da un fatto rientrante nell'ambito della responsabilità contrattuale (ex art. 2087 c.c.) propria del datore di lavoro per l'infortunio mortale subito dal dante causa Giuseppe Salvetti, deve rilevarsi che costituisce ius receptum, nell'interpretazione data da questa Corte alle norme di cui all'artt. 2266 e 2267 c.c., che "il fatto illecito colposo di uno dei soci di una società di fatto, commesso nell'ambito dell'attività di essa e per il raggiungimento dei suoi scopi, costituisce illecito della società stessa, ed impegna solidalmente ed illimitatamente i suoi soci, ad eccezione del caso in cui, trattandosi di atto posto in essere con volontà dolosamente diretta alla lesione dell'altrui diritto, la responsabilità del socio operatore sia personale e non tocchi, quindi, gli altri soci (Cass., nn.3293/79, 10814/9 1).
A questi principi il Tribunale di Padova si è attenuto, puntualmente ricostruendo la fattispecie in esame e chiarendo che la circostanza che il Barbieri - socio di fatto - non seguisse l'attività del cantiere e già rimasto estraneo al giudizio penale riguardante solo il Gianfranceschi, non comporta che, sul piano civile, la responsabilità debba essere riferita unicamente a quest'ultimo. Dall'affermazione della responsabilità solidale dei due soci, la sentenza impugnata ha correttamente fatto discendere il diritto del Gianfranceschi a ripetere quanto corrisposto a titolo di risarcimento dei danni conseguenti al fatto illecito agli eredi della vittima nei confronti del socio di fatto nel limite del regresso nella misura della metà, in funzione della partecipazione paritaria sociale presunta agli effetti dall'art. 2263 c.c.
Dal rigetto del ricorso principale resta assorbito il ricorso incidentale proposto dal resistente.
Quanto alle spese del presente giudizio ricorrono giusti motivi per una compensazione integrale tra le parti.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale; dichiara assorbito il ricorso incidentale. Compensa per intero tra le parti le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, il 5 giugno 1997
Depositato in Cancelleria il 4 aprile 1998.