Diritto Societario e Registro Imprese


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 6308 - pubb. 01/08/2010

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Cassazione civile, sez. IV, lavoro, 19 Marzo 1991, n. 2895. Est. Carucci.


Società - Di capitali - Società per azioni - Organi sociali - Amministratori - Compenso - Rifiuto od omissione della relativa determinazione - Rimessione di quest'ultima al giudice ex art. 1709 cod. civ. - Ammissibilità.



Ove l'assemblea di una società di capitali, in mancanza di una disposizione nell'atto costitutivo, si rifiuti od ometta di stabilire il compenso spettante all'amministratore ai sensi degli artt. 2364 e 2389 cod. civ., o lo determini in misura manifestamente inadeguata, l'amministratore può chiedere al giudice la determinazione di esso, così come è espressamente previsto per il mandatario (art. 1709 cod. civ.). (massima ufficiale)


 


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati:
Dott. Francesco MOLLICA Presidente
" Mario VACCARO Consigliere
" Raffaele NUOVO "
" Nicola CARUCCI Rel. "
" Stefano CICIRETTI "
ha pronunciato la seguente

SENTENZA
sul ricorso proposto
da
TRASLEGNO s.r.l. in persona dell'Amministratore pro-tempore, elett. dom. in Roma via delle Baleniere 126 (Ostia Lido) presso l'avv. Francesco Mazzotta che lo rappresenta e difende per procura speciale a margine del ricorso;
Ricorrente
contro
SERAFINI ANGELO elett. dom. in Roma via della Balduina 120-2 presso l'avv. Amilcare Foscarini; rappresentato e difeso dall'avv. Giovanni Caprioli per procura speciale a margine del controricorso;
Controricorrente
per l'annullamento della sentenza del Trib. di Lecce del 14-10-30-11-87 N. 359-85 R.G.;
udita nella pubblica udienza del 29-5-89 la relazione della causa svolta dal Consigliere Relatore Dott. Nicola Carucci;
udito l'avv. Salvatore Hernandez per delega Mazzotta;
udito il P.M. in persona del Sost. Proc. Gen. Dott. Giovanni Gazzara che ha concluso: rigetto del ricorso;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 5.7.1985 il Pretore del lavoro di Lecce condannava la s.r.l. Traslegno al pagamento della somma di L. 30.000.000 (oltre interessi e svalutazione) a favore del socio Angelo Serafini, per l'attività di consigliere delegato e direttore tecnico da questo svolta; rigettava la riconvenzionale proposta dalla societ'a per il risarcimento dei danni che il Serafini avrebbe procurato nell'esercizio della sua attività.
Su appello della società, la decisione di primo grado era confermata con sentenza del 30.11.1987 dal Tribunale della stessa città, il quale disattendeva le censure mosse dall'appellante osservando:
1) la nomina del Serafini alla carica era valida, in applicazione dell'art. 25 dello statuto sociale, malgrado l'assenza di uno dei tre consiglieri e il voto determinante dello stesso Serafini. Del resto il consigliere assente non aveva impugnato la deliberazione nel termine di tre mesi di cui all'art. 2391 c.c. ed anzi era stato presente alla successiva deliberazione di conferma dell'incarico. 2) In mancanza di apposita deliberazione del consiglio di amministrazione sulla misura del compenso, bene vi aveva provveduto il giudice, per il richiamo che le norme sulle societ'a fanno a quelle sul mandato, che si presume oneroso.
3) La riconvenzionale era inammissibile, perché non deliberata dall'assemblea secondo quanto stabilito dall'art. 2393 c.c.. La Traslegno ricorre a questa Corte con cinque motivi di annullamento, cui resiste il Serafini con controricorso. La ricorrente presenta memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con i cinque motivi di ricorso la società a responsabilità limitata Traslegno denuncia rispettivamente:
1) la violazione dell'art. 2094 c.c. per non avere il Tribunale considerato che il Serafini non era stato lavoratore subordinato della società, ma aveva agito come imprenditore in piena autonomia senza controlli degli altri soci che denotassero l'elemento della subordinazione,
2) la violazione delle norme di cui agli artt. 1362 e seguenti c.c. nella interpretazione del contratto e dello statuto sociali, dai quali risultava che il compenso all'amministratore doveva essere determinato all'unanimità;
3) la violazione dell'art. 2289 c.c., a norma del quale al socio limitatamente al quale il rapporto sociale si scioglie non spetta che una somma rappresentativa della quota;
4) la violazione dell'art. 2391, in quanto, avendo il Serafini operato per interessi propri in conflitto con la società, doveva essere accolta la riconvenzionale proposta da quest'ultima;
5) il difetto e la contraddittorietà della motivazione sul punto precedente, in relazione alla circostanza che, essendo risultato da perizia il difetto del legname impiegato, non poteva il direttore tecnico (cioè il Serafini) essere esonerato da responsabilità. I motivi di ricorso sono tutti infondati.
In ordine al primo deve osservarsi che esso manca di oggetto, non avendo mai i giudici del merito titolato il compenso attribuito al Serafini come retribuzione di lavoro subordinato, ma solo come rimunerazione delle attività connesse alla carica di consigliere delegato o direttore tecnico. La discussione si era svolta fra le parti - del resto - sul punto della mancanza o invalidità formale della deliberazione che accertava detto compenso.
In relazione a tale punto, investito col secondo mezzo, sotto il particolare profilo che non vi era stata unanimità per la determinazione del compenso (come invece richiedevano contratto e statuto), il Tribunale ha poi osservato che proprio tale situazione realizzava il presupposto perché fosse il giudice a determinarlo, in applicazione del combinato disposto degli artt. 2260 e 1709 c.c., così privando di ogni rilevanza l'obiezione formale sollevata. Al quale proposito gioverà precisare che il diritto al compenso degli amministratori delle società di capitali è implicitamente riconosciuto (più che nell'art. 2260, che riguarda la società semplice) negli artt. 2365 e 2389, nei quali si prevede la sua determinazione dall'atto costitutivo o dall'assemblea, nonché dall'art. 2392 che, in ordine all'adempimento dei loro doveri, richiama le norme del mandato, negozio che si presume oneroso (art. 1709), sicché, ove manchi una disposizione nell'atto costitutivo e l'assemblea si rifiuti od ometta di stabilire il compenso all'amministratore o lo determini in misura inadeguata, l'amministratore è abilitato a richiedere al giudice la determinazione del suo congruo compenso.
L'inconsistenza della doglianza di cui al terzo mezzo di ricorso deriva poi dalla improprietà del richiamo dell'art. 2289, che regola la liquidazione della quota del socio uscente nella società semplice, peraltro concernente un piano o momento della vita sociale del tutto inconferente al problema di specie.
I mezzi quarto e quinto, infine, attengono al merito della domanda riconvenzionale proposta dalla società contro il Serafini, che il Tribunale ha preliminarmente dichiarato inammissibile, per difetto di presupposti processuali (deliberazione ex art. 2393), - in riforma della sentenza del Pretore che l'aveva rigettata come infondata. La mancanza di censure sulla pronuncia adottata dal Tribunale, non consente certo di travalicarne l'ostacolo mediante la proposizione in sede di controllo sulla legittimità di mezzi di ricorso attinenti al merito, per ciò stesso, manifestamente inammissibili. Rigettandosi il ricorso, la ricorrente va condannata alle spese di questo giudizio, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna la ricorrente alle spese in Lire 22.000= oltre a Lire 1.300.000 (unmilionetrecentomila) per onorari di avvocato.
Roma, 29 maggio 1989.