Diritto Societario e Registro Imprese


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 6286 - pubb. 01/08/2010

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Cassazione civile, sez. I, 05 Maggio 2004, n. 8538. Est. Plenteda.


Società - Di persone fisiche - Società irregolare e di fatto - Amministrazione - Principio dell'amministrazione disgiuntiva, ex art. 2257 cod. civ. - Applicabilità - Amministrazione congiuntiva - Sussistenza - Prova di pattuizione in tal senso - Necessità.



In tema di società irregolare, in base al chiaro tenore letterale dell'art. 2257 cod. civ. - relativo alle società semplici ed applicabile ex art. 2297 del codice medesimo -, il potere di amministrazione disgiuntiva è derogabile solo mediante diversa pattuizione in concreto intervenuta, con la conseguenza che l'amministrazione deve ritenersi congiuntiva solo ove tale fatto positivo sia stato dimostrato e non anche se sia mancata la prova del fatto negativo, cioè dell'inesistenza di pattuizioni derogatrici. (massima ufficiale)


 


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE MUSIS Rosario - Presidente -
Dott. PROTO Vincenzo - Consigliere -
Dott. PLENTEDA Donato - rel. Consigliere -
Dott. SALVAGO Salvatore - Consigliere -
Dott. DI AMATO Sergio - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
ZUGLIAN AUGUSTO, elettivamente domiciliato in ROMA VIA CELIMONTANA 38, presso l'avvocato BENITO PANARITI, rappresentato e difeso dall'avvocato GIANGUIDO MILANI, giusta procura a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
BARDUCA ANNUNCIO & FRATELLI ANTONIO & MARIO S.N.C., BARDUCA ANNUNCIO;
- intimati -
e sul 2^ ricorso n. 01/01/7691 proposto da:
BARDUCA ANNUNCIO F.LLI ANTONIO MARIO S.N.C., in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR, presso LA CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, difesa dall'avvocato PAOLO PATELMO, giusta mandato a margine del controricorso e ricorso incidentale;
- ricorrente -
contro
ZUGLIAN AUGUSTO, BARDUCA ANNUNCIO;
- intimati -
avverso la sentenza n. 163/00 della Corte d'Appello di VENEZIA, depositata il 03/02/00;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/12/2003 dal Consigliere Dott. Donato PLENTEDA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RUSSO Rosario che ha concluso, previa riunione, per l'accoglimento del primo e del secondo motivo del ricorso incidentale, assorbiti tutti gli altri motivi, anche del ricorso principale. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Zuglian Augusto convenne dinanzi al Tribunale di Belluno Barduca Annuncio, Antonio e Mario, il primo quale socio ex amministratore e gli altri quali soci e amministratori in carica della società Barduca Annuncio a F.lli Antonio e Mario s.n.c., con sede in Arsiè (Belluno), e ne chiese la condanna alla restituzione della somma di L. 131.000.000 a suo tempo erogata alla società tramite Barduca Annuncio.
I convenuti si costituirono e con essi la società predetta e tutti resistettero alla domanda e mentre Barduca Annuncio, in via riconvenzionale, chiese che l'attore rendesse il conto per il periodo in cui aveva svolto funzioni di amministratore, su procura a lui conferita, e in subordine che fosse addebitato alla società l'eventuale suo credito, gli altri contestarono che i finanziamenti fossero stati fatti alla società e comunque negarono che gli atti relativi - che eccedevano la ordinaria amministrazione - fossero stati posti in essere da Barduca Annuncio, su esplicito mandato degli altri soci.
Espletata la consulenza tecnica contabile, il tribunale con sentenza 16.5.1995, condannò società e soci in via solidale a pagare all'attore la somma di L. 17.511.000 oltre agli interessi; condannò inoltre Barduca Annuncio a pagargli quella di L. 109.469.000 oltre accessori.
Proposero appello la società e Barduca Mario e Antonio, deducendo che i finanziamenti, che costituivano atti di straordinaria amministrazione e per i quali lo statuto prevedeva la firma congiunta degli amministratori, non arano stati da loro autorizzati e rilavando che la società non poteva essere condannata, perché nessuno degli assegni emessi dallo Zuglian per il finanziamento era intestato ad essa e comunque non si era tenuto conto di quanto Barduca Antonio aveva versato allo Zuglian con assegni della società. Resistettero alla impugnazione lo Zuglian e Barduca Annuncio, che proposero appello incidentale, il primo per la condanna della società e dei soci tutti anche al pagamento dell'importo di L. 109.469.000 ed il secondo perché fosse riconosciuto come debito sociale l'intero finanziamento.
La Corte di Appello di Venezia, con sentenza 20.12.1999, ha accolto solo ed in parte l'appello della società, riducendo la sua condanna a L. 8.436.000; ha condannato Barduca Annuncio e Zuglian Augusto alle spese processuali in favore della stessa, nella misura di 1/3, ed ha compensato la differenza.
Ha ritenuto la corte territoriale che la società, costituita nella forma della società in nome collettivo con atto 28.12.1984, avesse operato sin dal 1979 coma società di fatto e che sino a quella data il socio che aveva agito ne era stato il rappresentante legale, in forza del disposto dell'art. 2297 cpv. c.c.; e poiché la consulenza tecnica aveva accertato che le somme ricevute da Barduca Annuncio arano stata versata nelle casse sociali, ha ritenuto irrilevante che gli assegni fossero risultati intestati a Barduca Annuncio personalmente e ha considerato che la spendita del nome della società potesse desumersi dalle circostanze in cui l'obbligazione era stata assunta.
Per il periodo successivo alla costituzione della società in nome collettivo, posto che lo statuto prevedeva la firma congiunta dei tre fratelli per gli atti di straordinaria amministrazione, tra i quali era da includere il finanziamento, ha ritenuto che non potessero considerarsi finanziamenti alla società ma a Barduca Annuncio quelli del 1985 per L. 2.075.000 e dal 1986 per L. 7.000.000, il cui obbligo di restituzione ha affermato solo in capo a quel socio. Propone ricorso per Cassazione con un motivo, illustrato da memoria, Zuglian Augusto; resiste con controricorso la società Barduca Annuncio e F.lli Antonio e Mario, che propone ricorso incidentale con tre motivi.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente dei ricorsi va disposta la riunione, a norma dell'art. 335 c.p.c..
Con il ricorso principale Zuglian Augusto denuncia la violazione e la falsa applicazione dell'art. 2298 1^ comma c.c. e la omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione dalla sentenza impugnata, su un punto decisivo dalla controversia. Lamenta in particolare cha la Corte di merito abbia, distinguendo tra i due periodi di gestione, il primo riferito alla società di fatto e il secondo alla società regolare, omesso di considerare che, alla stregua della corrente interpretazione dell'art. 2298 1^ comma, i poteri di rappresentanza degli amministratori - quando lo statuto distingua tra ordinaria e straordinaria amministrazione - debbono essere definiti in relazione all'oggetto sociale e non alla mera rilevanza economica dell'atto; sicché, rientrando nell'oggetto sociale qualunque operazione, mobiliare o immobiliare, finanziaria, commerciale e ogni altra ritenuta utile o comunque opportuna per il conseguimento degli scopi sociali, i finanziamenti dello Zuglian alla società rientravano nell'ambito dalle operazioni all'amministratore consentita, anche disgiuntamente dagli altri soci. Dimostrerebbero, poi, che questi ultimi avevano avuto conoscenza dei finanziamenti contratti da Barduca Annuncio per la società la ristretta composizione sociale a base familiare, la continuità dei finanziamenti nei vari anni, la contemporaneità della ricezione dagli assegni con il loro versamento sui conti intestati alla società, l'inserimento nella contabilità di tali operazioni finanziarie - con la conseguente possibilità di esame da parta dai soci anche dalla movimentazioni bancarie - la convenienza dei finanziamenti per la loro minora onerosità rispetto a quelli bancari.
Conclusivamente il ricorrente chieda che, in accoglimento dal gravame, la sentenza impugnata sia cassata e sia decisa la causa nel merito, con la condanna dalla società a dei suoi amministratori Barduca Annuncio, Antonio e Mario solidalmente a pagare la somma di L. 17.511.000, nei limiti cioè di quanto deciso dal primo giudice. Il ricorso è fondato.
Dispone l'art. 2298 1^ comma c.c. che l'amministratore che ha la rappresentanza della società può compiere tutti gli atti che rientrano nell'oggetto sociale, salve la limitazioni che risultino dall'atto costitutivo o dalla procura.
Tali limitazioni non sono opponibili ai terzi, se non sono iscritte nel registro delle imprese o se non si prova che i terzi ne hanno avuto conoscenza.
Ritiene la sentenza impugnata che l'atto di finanziamento sia atto di straordinaria amministrazione - perché funzionalmente idoneo ad incidere sulla sostanza dal patrimonio, cioè sul capitale e non sul reddito - e poiché l'art. 7 dallo statuto sociale aveva previsto la firma congiunta dei soci per gli atti eccedenti la ordinaria amministrazione e la disposizione era opponibile allo Zuglian, i finanziamenti alla società, negli anni 1985 e 1986, quando la società di fatto si ara trasformata in società in noma collettivo, non fossero validi.
L'assunto non può essere condiviso.
Posto che l'atto ineriva all'oggetto sociale, giacché il finanziamento è strumentale al raggiungimento dello scopo dell'impresa, a nulla rilevano che la società abbia svolto - come deduce il controricorrente e ricorrente incidentale - commercio all'ingrosso e al minuto di legname, una volta che in quell'oggetto debba ritenersi inclusa ogni operazione strettamente funzionale all'attività produttiva o mercantile dell'imprenditore - ed è innegabile che lo sia la acquisizione delle risorse finanziarie, tanto più nella moderna economia, in cui e pressoché inesistente la ipotesi dell'esclusivo autofinanziamento - resta il problema di stabilire se quel finanziamento costituisca atto di amministrazione ordinaria ovvero straordinaria, atteso il limite statutario ai poteri dell'amministrazione disgiuntiva, ove riguardi la straordinaria amministrazione, e considerata la sua opponibilità ai terzi, par effetto dalla iscrizione nel registro delle imprese. È ius receptum che non sussiste nell'ordinamento un criterio unico di distinzione tra atti di ordinaria e atti di straordinaria amministrazione, non coincidendo quella prevista dal codice civile in relazione ai beni degli incapaci (artt. 320, 374, 394 c.c.), impostata sulla rilevanza del rischio rispetto alla conservazione dalla integrità del patrimonio, ne' quella che attiene alla comunione dei diritti reali (artt. 1102 2 1105 c.c.) - in cui si distingue tra uso consentito e uso non con sentito della cosa comune - con quella applicabile in tema di determinazione dei poteri attribuiti agli amministratori delle società, i quali vengono individuati con riferimento agli atti che rientrano nell'oggetto sociale, qualunque sia la loro rilevanza economica e natura giuridica, fatta esclusione per le specifiche limitazioni. All'interno di essi, dunque, non si pone alcuna differenza, nemmeno in relazione al carattere dispositivo o conservativo dell'atto, rilevando soltanto la incidenza che esso abbia sugli elementi costitutivi dell'impresa e sulla possibilità di esistenza della stessa, sicché può ritenersi eccedente la ordinaria amministrazione, in quanto estraneo all'oggetto sociale, l'atto dispositivo che sia suscettibile di modificare la struttura dell'ente e perciò sia con tale oggetto contrastante, essendo esteriormente riconoscibile coma non rivolto a realizzare gli scopi economici della società, perché da essi esorbitante (Cass. 8472/1998; 1550/1998;
9296/1994; 2430/1994; 5353/1987; 1846/1968).
Va, pertanto, cassata la sentenza impugnata, laddove, con affermazione apodittica, quanto contraria al disposto dell'art. 2298 c.c., statuisce che "il finanziamento costituisce indubbiamente un atto di straordinaria amministrazione perché funzionalmente idoneo ad incidere sulla sostanza del patrimonio, cioè sul capitale e non sul reddito" e da essa ricava la invalidità dei due finanziamenti del 1985 e del 1986, eseguiti nei confronti della società. Infondato è, invece, il ricorso incidentale.
Con il primo motivo la società denunzia la violazione e falsa applicazione degli art. 2257, 2258, 2297 c.c. e 115 c.p.c., nonché la mancanza di motivazione sul punto dalla condanna a pagare la somma di L. 8.436.000.
Premesso che i finanziamenti dello Zuglian erano stati effettuati a Barduca Annuncio, dal 1976 al 1986, sempre a titolo personale, sia perché erano mancati rapporti tra il primo e la società, sia perché il secondo non era mai stato autorizzato a compiere atti di straordinaria amministrazione, sostiene la ricorrente incidentale che l'amministrazione disgiuntiva, per il periodo in cui la società non era regolare e trovava applicazione l'art. 2257 c.c., avrebbe dovuto essere provata da chi la aveva dedotta, sicché, essendo rimasto inadempiuto quell'onere, deve ritenersi essere stata congiuntiva. La doglianza muove da una interpretazione dell'art. 2257 c.c. apertamente contraddetta dal suo tenore letterale. Posto che la normativa applicata è quella delle società semplici, ai sensi dell'art. 2297 c.c., dal momento che la società sino al 18.12.1984 operò come società irregolare e che l'art. 2257 - coordinato con l'art. 2266, quanto al potere di rappresentanza - stabilisce che l'amministrazione spetti a ciascuno dei soci disgiuntamente "salvo diversa pattuizione" e che, del pari, "in mancanza di diversa disposizione del contratto, la rappresentanza spetta a ciascun socio amministratore" (art. 2266 cpv.), correttamente la corte di merito ha ritenuto che Barduca Annuncio potesse impegnare disgiuntivamente la società costituita di fatto tra i tre fratelli.
Erroneo e, pertanto, l'assunto del ricorrente incidentale, laddove, muovendo dalla premessa - peraltro conforme al generalo principio della autonomia negoziale (art. 1322 c.c.) - che la legge non fissa un ordinamento sociale rigido, ma pone soltanto dei principi che hanno valore suppletivo e che quindi ai applicano in mancanza di una diversa volontà delle parti, per cui l'art. 2257 c.c. presuppone che i privati non abbiano regolato un dato aspetto dell'operazione economica, conclude che, non essendo stata fornita alcuna prova sul punto, l'amministrazione non può essere ritenuta disgiuntiva,così trascurando proprio la premessa evidenziata, che cioè a derogare al potere di gestione disgiunto è la diversa pattuizione che in concreto sia intervenuta e che l'amministrazione è congiuntiva solo ove tale fatto positivo sia stato dimostrato e non anche se sia mancata la prova del fatto negativo, cioè della inesistenza di pattuizioni derogatrici.
Con il secondo motivo si denunziano la violazione e la falsa applicazione degli artt. 2266, 2297 1^ c. e 2727 c.c., 115 e 116 c.p.c., nonché la omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sul punto in cui la sentenza impugnata ha ritenuto che Barduca Annuncio avesse potuto impegnare la società con operazioni commerciali che rivelavano la contemplatio domini. Lamenta la società che sia mancata una adeguata motivazione sulle presunzioni impiegate per ritenere che i finanziamenti fossero stati effettuati alla società anziché al Barduca Annuncio, che mai aveva riferito al mutuante di ricevere gli assegni, da lui ammessi, in nome e per conto della società.
Afferma la sentenza impugnata che l'obbligazione nei confronti di Zuglian Augusto, per la parte posta a carico della società, fu assunta da Barduca Annuncio a fini sociali e non personali, ciò essendo risultato dal versamento delle somme nelle casse sociali e dalla sua immediatezza rispetto alla loro acquisizione, come accertato dal consulente tecnico di ufficio in primo grado; ed aggiunge che per la spendita del nome della società (di fatto) non occorresse l'uso di formule sacramentali, potendosi evincere la stessa anche dalle circostanze con cui l'obbligazione era stata assunta.
La censura, assumendo che non siano state indicate le presunzioni impiegate per ritenere che il finanziamento sia stato fatto alla società, finisce per negare le circostanze di fatto accertate dalla consulenza di ufficio - così sollecitando una inammissibile verifica in sede di legittimità - laddove afferma che "il procedimento logico di deduzione espletato dalla Corte di Appello di Venezia non ha trovato premessa in un fatto noto, attesa la carenza probatoria dei fatti costitutivi del diritto dedotto in giudizio", affermazione che è di segno contrario alla deduzione posta a fondamento delle conclusioni della corte territoriale e cioè che il versamento nelle casse sociali era un fatto certo, conte certa era la immediatezza con cui era avvenuto e tanto bastasse a dimostrare la riferibllità della obbligazione alla società, non occorrendo l'uso di specifiche formule.
Il terzo motivo è inammissibile.
Con esso si denunciano la violazione e la falsa applicazione degli artt. 2697 c.c. e 115 c.p.c. nonché la omessa motivazione sul punto della controversia e precisamente laddove la sentenza impugnata ha ritenuto fondata la domanda dello Zuglian, benché fosse mancata la prova dei fatti costitutivi della pretesa - cioè della consegna del danaro a titolo di mutuo - con riguardo sia al periodo in cui la società era irregolare, sia a quello successivo, non essendo sufficiente tale consegna, una volta che l'accipiens ne contesti il titolo.
La deduzione è nuova non risultando essere stata proposta in appello. Tanto è stato incontestatamente eccepito dal ricorrente principale nella memoria difensiva e tanto emerge dalla esposizione dei fatti contenuta nella impugnata sentenza.
Nell'atto di appello, in effetti, manca qualunque riferimento al tema oggetto dalla doglianza, che anzi è stato espressamente negato, allorché venne addebitato alla consulenza tecnica di ufficio di non avere considerato gli "acconti ricevuti dallo Zuglian da parte della società"; che da un lato conferma la esistenza del finanziamento e dall'altro la sua destinazione.
Il ricorso incidentale va dunque respinto, mentre all'accoglimento del principale deve seguire la pronunzia nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, con l'effetto che, cassata la sentenza impugnata, deve essere respinto l'appello proposto dalla società Barduca Annuncio e F.lli Antonio e Mario s.n.c. avverso la sentenza 16.5.1995 del Tribunale di Belluno.
Le spese processuali sia del grado di appello che del giudizio di Cassazione vanno poste a carico della società soccombente, rispettivamente, in Euro 2300, di cui per esborsi 150, diritti di procuratore 700 e onorari 1450; e in Euro 900, di cui per esborsi 100 e per onorari 800.
P.Q.M.
La Corte, riuniti i ricorsi, accoglie il ricorso principale, cassa, per l'effetto, la sentenza impugnata e pronunziando nel merito rigetta l'appello della società Barduca Annuncio e F.lli Antonio e Mario s.n.c.; rigetta il ricorso incidentale e condanna la società predetta alla spese processuali dal grado di appello in Euro 2.300, di cui per esborsi 150, per diritti 700 e per onorari 1.450, oltre alle spese generali e agli accessori come per legge, e dal giudizio di Cassazione in Euro 900, di cui per esborsi 100 e per onorari 800, oltre spese generali ed accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 17 dicembre 2003.
Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2004