Diritto Fallimentare


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 479 - pubb. 01/07/2007

Revocatoria, pagamento del terzo e accollo allo scoperto

Tribunale Mantova, 21 Dicembre 2006. Est. Alessandra Venturini.


Accollo c.d. non allo scoperto – Pagamento del terzo accolante, obbligato verso il debitore poi fallito, al creditore di quest’ultimo – Pagamento del terzo soggetto a revocatoria fallimentare.



L’accollo c.d. non allo scoperto rientra tra i possibili modi di pagamento del terzo soggetti a revocatoria fallimentare; quando l’accollante è obbligato verso il debitore il suo pagamento vale infatti ad estinguere entrambi i debiti, estinzione che si verifica automaticamente con l’unico pagamento eseguito dal terzo accollante al creditore del suo creditore. (Mauro Bernardi) (riproduzione riservata)


 


omissis

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 4/11/03 il Fallimento Belleli S.p.a. in liquidazione, in persona del curatore fallimentare, conveniva in giudizio P. s.a.s. di S. P. & C., chiedendo declaratoria di inefficacia ai sensi degli artt. 167,168 e 188 l.f., di due pagamenti effettuati in data 7.3.96 (per £ 53.5050.000) e in data 19.3.96 (di £ 45.964.501) a copertura della fattura n. 820 del 18.12.1995, con condanna della convenuta alla restituzione della somma complessiva di € 51.394,96, oltre ad interessi e rivalutazione monetaria, dalla domanda al saldo e, in subordine ed in ogni caso, la revoca, ai sensi dell’art. 67, 2° c. L.F., dei suddetti pagamenti, nonché del pagamento ricevuto dalla convenuta in data 23.10.95 della fattura n. 603 del 26.9.1995, per un totale di £ 147.114.501, con condanna della convenuta alla restituzione della somma complessiva di € 75.978,29, oltre ad interessi, rivalutazione e spese di causa.

Premesso che Belleli spa depositò depositato istanza di ammissione all’amministrazione controllata in data 2.11.95, che la società fu ammessa a tale procedimento con provvedimento in data 16.11.1995, cui seguì, senza soluzione di continuità, procedura di concordato preventivo e, con sentenza in data 19.11.1998 dichiarazione di fallimento, la Curatela fallimentare esponeva che, nel corso dell’anno 1995, la società P. s.a.s. aveva svolto lavori di coibentazione in favore di Belleli s.p.a., presso lo stabilimento di quest’ultima in Mantova, su apparecchiature della medesima, come risultante dalle fatture n. 603 del 26.9.95 e n. 820 del 18.12.95; nonostante le fatture prevedessero il saldo al ricevimento delle stesse, i pagamenti erano stati eseguiti in ritardo e, in particolare, la fattura n. 603 era stata pagata in data 23.10.1995 dal committente di Belleli s.p.a, DEN NORSKE STATS OLJESELSKAP, la fattura n. 820, dell’importo di £ 53.550.000, era stata pagata, sempre dal committente, in data 7.3.1996 e, erroneamente, per una seconda volta, in data 19.3.1996, direttamente da Belleli spa, che aveva versato la somma di £ 45.964.501; in totale la convenuta aveva incassato la somma di £ 147.114.501, di cui una parte (le ultime due tranches), in periodo in cui la società debitrice era stata ammessa alla procedura di amministrazione controllata, pagamenti quindi inefficaci in quanto eseguiti in assenza dell’autorizzazione del Giudice Delegato.

In ogni caso, allegava parte attrice, la complessiva somma sopra indicata era revocabile ai sensi dell’art. 67, 2° c. l.f., dal momento che la società P. era perfettamente a conoscenza delle difficoltà economiche in cui versava Belleli s.p.a, essendo entrambe le società impegnate nella costruzione del cantiere ENEL di Montalto di Castro ed avendo già nel luglio del ’95 una comunicazione, a firma del Consorzio Provinciale Servizi, dato atto di tali difficoltà; peraltro tale conoscenza diretta risultava dal fatto che in data 4.8.95 la società P. Sud s.r.l., di cui era amministratore unico P. Antonio, soggetto che rivestiva altresì la carica di legale rappresentante della P. s.a.s. convenuta, aveva depositato ricorso per decreto ingiuntivo nei confronti di Belleli s.p.a., con narrativa che risultava estremamente chiara in proposito.

Ciò premesso la curatela concludeva come sopra riportato.

All’udienza del 24/2/2004 si costituiva P. s.a.s., sollevando in via preliminare eccezione di nullità della citazione per mancanza di valida autorizzazione ad agire (e, di riflesso, la prescrizione dell’azione per decorso del quinquennio dalla dichiarazione di fallimento), essendo stato il relativo provvedimento del Giudice delegato emesso cumulativamente in relazione ad azioni “ex artt. 64, 67 1° comma, 67 II° comma, 167, 168 e 188 l.f. a seconda della fattispecie”, prospettate in blocco dalla curatela contro 177 controparti; nel merito chiedeva il rigetto delle domande svolte dal fallimento attore, rilevando come due dei pagamenti dedotti in lite non erano stati effettuati da Belleli s.p.a., ma provenivano da un terzo, ossia dal commmittente DEN NORSKE STATS OLJESELSKAP; che risultava inverosimile la tesi di parte attrice, su cui incombeva comunque l’onere di prova relativo, secondo la quale la fattura n. 820 sarebbe stata pagata una seconda volta.

Quanto alla domanda di revoca ex art. 67, 2° c., l.f. di tutti i pagamenti sopra indicati, contestava la sussistenza dei presupposti per l’esercizio di tale azione, essendo detti pagamenti avvenuti ben prima del termine di un anno antecedente la dichiarazione di fallimento, gli ultimi due comunque al di fuori del c.d. “periodo sospetto”, ed il primo effettuato, come già ricordato, da soggetto terzo, con denaro proprio, e per un obbligo giuridico proprio; negava da ultimo l’esistenza del presupposto della conoscenza dello stato di insolvenza, concludendo per il rigetto di tutte le domande avanzate da controparte.

Esperiti gli adempimenti preliminari, la causa, istruita mediante produzioni documentali ed assunzione di prove orali, veniva trattenuta in decisione all’udienza del 23/5/2006, precisate dalle parti le rispettive conclusioni, come in epigrafe riportato, con assegnazione dei termini di cui all’art. 190 1° c. c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali ed eventuali repliche.

Motivi

Preliminarmente deve essere rigettata l’eccezione preliminare sollevata da parte convenuta di nullità della domanda per mancata autorizzazione scritta del Curatore a stare in giudizio, rilasciata dal Giudice Delegato. L’autorizzazione prodotta con l’atto di citazione, anche se cumulativa e relativa a 177 giudizi, è stata rilasciata a fronte di relazione del Curatore su ogni singola posizione, supportata dal parere di legali, esaminata dal Giudice Delegato, che ha quindi rilasciato l’autorizzazione relativa alle diverse cause.

In qualsiasi caso, su richiesta del Curatore, il Giudice Delegato, anche al fine di precisare il proprio precedente provvedimento, con decreto del 23.4.2004 (allegato a memoria ex art. 183 c.p.c.) ha autorizzato il Curatore, con efficacia ex tunc, a stare in giudizio contro la società P. s.a.s. per l’esercizio delle azioni promosse nei confronti di quest’ultima.

Non sussiste quindi alcun dubbio sulla legittimazione attiva e sulla capacità a stare in giudizio del fallimento attore, in persona del Curatore Fallimentare.

Per quanto attiene al merito della controversia, seguendo un ordine logico, deve essere qui previamente esaminata la domanda di revoca dei pagamenti dedotti in lite.

La convenuta ha implicitamente eccepito, svolgendo sul punto le proprie difese, eccezione di prescrizione di tale azione, sostenendo che i pagamenti sono stati eseguiti in epoca precedente al periodo indicato dall’art. 67, comma 2° c.p.c. (l’anno antecedente la dichiarazione di fallimento), termine che non può invece farsi decorrere dall’ammissione alla procedura concorsuale minore, che si fonda su presupposti (la temporanea difficoltà ad adempiere) diversi dalla sussistenza dello stato di decozione che conduce alla dichiarazione di fallimento.

Tale difesa non può condividersi.

Secondo l’ormai consolidato orientamento della Suprema Corte (che ha trovato conferma da parte della stessa Corte Costituzionale), nel caso di consecuzione di procedure concorsuali senza soluzione di continuità (amministrazione controllata, concordato preventivo, fallimento), il termine a ritroso per l’esercizio della revocatoria fallimentare decorre infatti dalla data del provvedimento di ammissione alla prima, in quanto le diverse procedure si distinguono non in ragione della sussistenza o meno di uno stato di insolvenza dell’impresa (che è presupposto di ognuna), ma in relazione al diverso giudizio prognostico sulla reversibilità o meno della verificata crisi economica in cui l’impresa versa (v. Cass. Civ. n. 10792/99 e n. 6019/03 e Corte Cost. sent. n. 110/95, ord. n. 224/95 e n. 12/97).

Il termine di prescrizione di cinque anni per l’utile esercizio dell’azione non decorre invece dalla data dell’atto, ma dalla data della sentenza dichiarativa di fallimento (nel caso intervenuto con sentenza 19-23/11/98), “in applicazione del principio generale che la prescrizione comincia a decorrere dal momento in cui il diritto può essere fatto valere … poiché l’azione revocatoria costituisce manifestazione di un diritto potestativo proprio del solo curatore fallimentare” e non del commissario giudiziale (v. Cass. Civ. n. 5071/97, conforme a Cass. Civ. n. 7994/96).

Nella fattispecie il fallimento della società Belleli spa è stato dichiarato dal Tribunale di Mantova con sentenza 19/11/98, depositata il 23/11/98, e l’azione revocatoria è stata tempestivamente promossa dal Curatore fallimentare con atto di citazione notificato il 5/11/2003, entro il termine di cinque anni.

Disattesa l’eccezione preliminare, va però sottolineato, come rilevato dalla convenuta, che solo il primo dei pagamenti indicati da parte attrice può essere, in ipotesi, oggetto di azione revocatoria ex art. 67, 2° c. c.p.c., rientrando solo tale pagamento, eseguito il 23.10.1995, nel periodo c.d. “sospetto”, come delimitato dalla norma citata e che coincide, nel caso, per quanto esposto, con l’anno antecedente l’ammissione di Belleli s.p.a. alla procedura di amministrazione controllata (avvenuta in data 16.11.95).

I pagamenti eseguiti dopo tale data possono eventualmente essere dichiarati inefficaci nei confronti della massa dei creditori, come si dirà, ma non possono essere revocati, riguardando le due azioni comportamenti del soggetto fallito posti in essere in periodi diversi, nel primo caso nel periodo immediatamente precedente lo stato di insolvenza giudizialmente verificato, nel secondo caso nel corso di procedure concorsuali.

I due tipi di azione non sono quindi sovrapponibili, o esperibili in via alternativa o subordinata, rispetto allo stesso fatto prospettato.

Avendo parte attrice avanzato “in ogni caso” domanda di revoca di tutti i pagamenti, fra i quali quello che si colloca nell’anno antecedente l’ammissione di Belleli s.p.a. alla procedura di amministrazione controllata, in relazione a quest’ultimo (e solo ad esso) tale domanda può quindi essere esaminata nel merito.

Per quanto riguarda la ricostruzione dei fatti per cui è causa risulta opportuno precisare che, secondo quanto allegato e non contestato, e come emerso altresì dall’istruttoria svolta, Belleli s.p.a. aveva acquisito da DEN NORSKE STATS OLJESELSKAP STATOIL commessa per la realizzazione di piattaforme petrolifere nel Mare del Nord; a propria volta aveva quindi commissionato a P. s.a.s. un impianto di coibentazione da realizzare per una di tali piattaforme.

Costituisce circostanza pacifica e documentalmente provata che il pagamento in data 23.10.95 non è stato eseguito direttamente da Belleli s.p.a, ma dal committente di quest’ultima, STATOIL (Ente di stato norvegese per l’energia).

Parte attrice ha prodotto infatti “lettera di accredito” con cui STATOIL ha provveduto ad accreditare sul conto corrente di P., con valuta 23.10.95, la somma di £ 47.600.000 con la causale “fattura n. 603 del 26.09.95 lavori di coibentazione”.

Tale pagamento, effettivamente posto in essere con denari propri del terzo, non costituisce però adempimento spontaneo da parte di questi del debito di Belleli s.p.a, né si inserisce in un rapporto contrattuale autonomo intercorso fra Den Norske e P. s.a.s. (come sembra prospettare la difesa di quest’ultima), ma costituisce adempimento di un accordo di accollo intercorso fra la committente e l’appaltatrice.

Le fatture relative a tali lavori di coibentazione sono state infatti emesse da P. s.a.s. nei confronti di Belleli s.p.a., in riferimento a “Vs. ordine (segue numerazione)” con la seguente causale: “coibentazione da eseguire c/o Vs. Stabilimento sulle Vs. apparecchiature come da Vs. ordine” (v. doc. 3 e 4 parte attrice), a dimostrazione del fatto che il contratto di subappalto è stato concluso direttamente tra Belleli s.p.a. e P. s.a.s..

Parte attrice ha altresì prodotto documentazione (v. doc. 21 e 22, il primo comunicazione inviata da Belleli s.p.a. a Fluor Daniel – agente STATOIL- in data 22.9.05, il secondo comunicazione inviata da Fluor Daniel a P. e a Belleli s.p.a. in data 25.09.95) e provato per testi (v. deposizione teste Aldo Gemelli, ex dipendente Belleli s.p.a.) l’accordo secondo il quale le fatture P., alla stessa inviate, sarebbero state pagate da STATOIL a fronte di fattura, di analogo importo, emessa da Belleli spa nei confronti di Den Norske, per i compensi alla prima spettanti, accordo, come già ricordato, portato a conoscenza di P. s.a.s. con fax Fluor Daniel del 25.09.95 (v. doc. 22).

Deve quindi concludersi affermando che i pagamenti effettuati da STATOIL in relazione alle fatture dedotte in lite, emesse da P. s.a.s. nei confronti di Belleli s.p.a., costituiscano pagamenti a quest’ultima direttamente riferibili e come tali soggetti alle azioni di revocatoria e di inefficacia promosse dalla curatela.

Come rilevato dalla Suprema Corte “L’accollo c.d. non allo scoperto – quando cioè l’accollante è obbligato verso il debitore e il suo pagamento vale ad estinguere, perciò, entrambi i debiti – rientra tra i possibili modi di pagamento del terzo soggetti a revocatoria fallimentare, e in tal caso l’effetto estintivo di entrambe le obbligazioni si verifica automaticamente con l’unico pagamento eseguito dal terzo accollante al creditore del suo creditore” (v. Cass. Civ. n. 16973/2006).

Accertata l’esistenza del presupposto oggettivo dell’applicazione dell’art. 67, comma 2 l.f. (pagamento, riferibile alla società poi fallita, eseguito nell’anno anteriore all’ammissione della stessa alla procedura di amministrazione controllata), deve ora esaminarsi la sussistenza, nel caso, dell’ulteriore presupposto soggettivo, dato dalla scientia decoctionis in capo alla convenuta.

Anche tale prova è stata fornita da parte attrice.

Oltre agli elementi presuntivi emersi dalle prove testimoniali (i testi indotti dal fallimento hanno infatti riferito che i dipendenti di P. hanno eseguito i lavori di coibentazione presso lo stabilimento Belleli s.p.a. di Mantova, nell’aprile - maggio 2005, periodo in cui vi erano già in atto proteste da parte dei dipendenti Belleli per il mancato pagamento di stipendi), gli ulteriori documenti prodotti dimostrano senza ombra di dubbio che all’epoca del citato pagamento il legale rappresentante di P. s.a.s. era perfettamente al corrente della situazione di grave dissesto economico in cui versava Belleli s.p.a..

Questi, come amministratore unico della diversa società P. Sud s.r.l. aveva infatti richiesto ed ottenuto avanti il Tribunale di Mantova, decreto ingiuntivo nei confronti di Belleli s.p.a., provvisoriamente esecutivo, per il pagamento di £ 266.750.000, allegando nel ricorso depositato il 4.08.95 che “la s.p.a. Belleli risulta, allo stato, pesantemente esposta nei confronti dei propri creditori se si considera che nell’arco dei soli ultimi tre mesi e solo avanti il Tribunale di Milano sono pendenti ben tredici procedure monitorie per oltre 3 miliardi di lire …. Atteso che il credito non risulta contestato ed anzi più volte riconosciuto …che risulta per tabulas il grave dissesto nonché la grave insolvenza di quest’ultima società ed esistendo il grave pericolo della qui ricorrente di non realizzare il proprio credito all’esito della cognizione piena , propone il seguente ricorso ex art. 633 e ss. c.p.c. …” (v. doc. 13 parte attrice e doc. 10 e 11 visure camerali attestanti l’identità dell’amministratore unico P. Sud s.r.l. con il legale rappresentante di P. s.a.s.).

Ciò accertato deve quindi essere accolta la domanda di revoca, ex art. 67, 2° c., c.p.c., del pagamento in data 23.10.95, con conseguente condanna della convenuta a restituire al fallimento attore l’importo ricevuto di £ 47.600.000, oltre ad interessi legali dalla domanda (5.11.2003) al saldo.

Non può invece riconoscersi al fallimento attore la richiesta rivalutazione monetaria, vertendosi in ipotesi di debito di valuta (atteso che l’atto posto in essere dal fallito è originariamente lecito e la sua inefficacia sopravviene solo in esito alla sentenza, costitutiva, di accoglimento della revocatoria) e non avendo il primo fornito prova del “maggior danno” ex art. 1224 c.c., su cui tale domanda necessariamente si fonda.

Va ora esaminata la domanda di declaratoria di inefficacia dei pagamenti in data 7.3.96 e 19.3.96, eseguiti nel corso della procedura di amministrazione controllata.

Sulla riferibilità del primo, effettuato da DEN NORSKE, dell’importo di £ 53.550.000, a saldo della fattura P./Belleli s.p.a. n. 820 (v. lettera di accredito relativa – doc. 6 parte attrice), si rinvia a quanto già sopra esposto in ordine al pagamento revocato, essendo anche tale pagamento frutto dell’accordo di accollo già illustrato.

Risulta del pari documentalmente provato che il secondo pagamento, eseguito direttamente da Belleli s.p.a. a pochi giorni di distanza, con ordine di bonifico per l’importo di £ 45.964.501, sia stato eseguito, erroneamente, per il saldo della stessa fattura, detratte dall’importo totale di quest’ultima somme risultanti da fatture emesse da Belleli s.p.a. nei confronti di P. s.a.s. (v. doc.17 e 18 parte attrice, comunicazione da Belleli spa e P. sas ).

Se il primo costituisce pagamento di un debito sorto anteriormente all’ammissione di Belleli s.p.a. all’amministrazione controllata (essendo pacifico che i lavori di coibentazione sono stati eseguiti da P. in epoca antecedente – v. peraltro testimonianza Gemelli Aldo sul punto), il secondo costituisce in realtà indebito oggettivo.

Se il primo avrebbe quindi dovuto essere autorizzato dal Giudice delegato, il secondo non avrebbe neppure potuto esserlo.

Sulla base dei principi ricavabili dal disposto dell’art.188 L.F. e dalle norme in esso richiamate, com’è noto, il debitore ammesso all’amministrazione controllata conserva l’amministrazione dei suoi beni e l’esercizio dell’impresa, sotto la vigilanza del commissario giudiziale e la direzione del giudice delegato, potendo porre in essere autonomamente gli atti di ordinaria amministrazione, volti alla conservazione del patrimonio ed al risanamento dell’impresa, mentre non può compiere, come previsto dall’art. 167 l.f., senza l’autorizzazione del Giudice Delegato, gli atti di straordinaria amministrazione, aventi incidenza negativa sul proprio patrimonio.

Come ribadito dalla Suprema Corte (v. Cass.2.12.2003 n.18.380, Cass.1.6.2001 n.8118, Cass.9.11.1982 n.5883), l’ammissione alla procedura concorsuale comporta altresì, in virtù dell’applicazione dell’art. 168 l.f. -secondo il quale i creditori per titolo o causa anteriore alla procedura non possono iniziare o proseguire azioni esecutive sul patrimonio del debitore - oltre alla nullità di eventuali pagamenti coattivi, il divieto, per gli stessi crediti, anche di pagamenti volontari.

In conseguenza dell’ammissione dell’impresa alla procedura di amministrazione controllata si verifica infatti la “cristallizzazione della massa passiva, sicché i pagamenti eseguiti in violazione della par condicio creditorum, inefficaci rispetto ai creditori anteriori all’apertura della procedura, sono del pari inefficaci anche nei confronti dei creditori ammessi al passivo nel consecutivo fallimento” (v. per ipotesi analoghe di applicazione del combinato disposto degli articoli sopra richiamati, Cass. civ. n. 5883/82, Trib. Milano 18.04.94).

Nel caso entrambi i pagamenti, il primo relativo all’adempimento di debito sorto in epoca anteriore alla ammissione alla procedura concorsuale minore, il secondo quale indebito oggettivo, privo di causa, devono quindi dichiararsi inefficaci.

Alla declaratoria di inefficacia dei pagamenti dedotti in lite consegue la condanna della convenuta alla restituzione dell’importo corrispondente.

Poiché trattasi di inefficacia ex lege, come già sottolineato (ed avendo la presente pronuncia sul punto natura meramente dichiarativa) su detto importo complessivo sarebbero dovuti interessi legali dalla data dei diversi versamenti effettuati dalla fallita, ma avendo parte attrice richiesto interessi dalla data della domanda, gli stessi devono dichiararsi dovuti entro tali limiti e quindi con decorrenza dalla data di messa in mora, (22/5/03, data di ricevimento della racc. a .r. inviata dalla curatela, doc. 14 parte attrice) sino al saldo effettivo.

Anche in relazione a questa seconda ipotesi, trattandosi di debito di valuta, non è invece dovuta rivalutazione monetaria, pure richiesta dal fallimento attore, non avendo questi fornito la prova del “maggior danno”, ex art. 1224 c.c..

Deve infine dichiararsi inammissibile la domanda svolta in via subordinata da parte convenuta, di ammissione della stessa al passivo del fallimento per l’importo eventualmente revocato, trattandosi di accertamento che rientra nella competenza funzionale del Giudice delegato prima ed eventualmente del Tribunale fallimentare poi, in caso di opposizione, secondo il disposto degli artt. 52 , 92 e ss. l.f.

Le spese di lite seguono alla totale soccombenza e vengono liquidate, tenuto conto del valore della causa e dell’attività svolta, come indicato in dispositivo. 

P.Q.M.

Il Tribunale di Mantova, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa, così giudica:

rigetta le eccezioni sollevate in via preliminare da parte convenuta;

dichiara l’inefficacia, ai sensi degli artt. 167, 168 e 188 l.f., dei pagamenti ricevuti dalla convenuta in data 7.3.96 e 19.3.96, per le causali di cui in motivazione, e conseguentemente dichiara tenuta e condanna parte convenuta a restituire al Fallimento attore, in persona del Curatore fallimentare, l’importo complessivo di € 51.394,96, oltre ad interessi legali dal 22/05/03 al saldo;

revoca, ai sensi dell’art. 67, 2° c. l.f., il pagamento ricevuto dalla convenuta in data 23.10.95, dell’importo di £ 47.600.000, e conseguentemente condanna parte convenuta a restituire al Fallimento attore, in persona del Curatore fallimentare, l’importo corrispondente di € 24.583,35 , oltre ad interessi legali dal 5/11/03 al saldo.

Dichiara inammissibile la domanda svolta in via subordinata da parte convenuta.

Dichiara tenuta e condanna parte convenuta alla rifusione delle spese di lite sostenute dal Fallimento attore, che liquida in complessivi € 10.363,52 (di cui € 496,04 per anticipazioni, € 53,16 per spese, € 9.814,32 per diritti ed onorari), oltre a rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge.

Mantova, lì 21/12/2006.

Il Giudice (Dott.ssa Alessandra Venturini)