Diritto Fallimentare


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 325 - pubb. 01/01/2007

Credito fondiario, fallimento e prelazione sugli interessi

Tribunale Bergamo, 17 Novembre 2005. Est. Gabello.


Fallimento - Credito fondiario - Estensione della prelazione agli interessi - Applicazione della legge speciale - Esclusione.



L'art. 38 del T.U. delle leggi sul credito fondiario (nella parte in cui prevede che gli interessi producano, di pieno diritto, interessi dal giorno della scadenza) non può essere applicato in deroga alla disciplina contenuta nell'art. 54, 3° co. legge fallimentare, il quale, per quanto attiene agli interessi, richiama la disciplina prevista dall'art. 2855 del codice civile. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)


Massimario Ragionato



 


omissis 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con domanda di ammissione al passivo depositata in data 31 gennaio 2003 Banca ** S.p.A. (d'ora in avanti "Banca **") ha chiesto di essere ammessa al passivo del Fallimento I. S.r.l. (d'ora in avanti "Fallimento") come segue:

a) in via privilegiata ipotecaria per l'importo di € 4.079.904,92, di cui 1) € 2.383.670,63, quale somma ingiunta con decreto del Presidente del Tribunale di Milano n. 4274/96 ING. in data 17.6.1996 ottenuto in forza di un contratto di mutuo edilizio garantito da ipoteca, 2) € 1.692.786,88 a titolo di interessi moratori come ingiunti in decreto e conteggiati fino al 10.10.2002, 3) € 3.447,40 per spese e competenze legali come ingiunte in decreto;

b) in via privilegiata ipotecaria per gli interessi sulla somma di € 2,383.670,63 nella misura ingiunta in decreto dall'11.10.2002 al 31.12.2002 e, successivamente, per gli interessi al tasso legale sulla medesima somma fino alla data del decreto di trasferimento dei beni immobili;

c) in via privilegiata ai sensi dell'art. 2770 c.c. per le spese e competenze legali relative ai giudizi esecutivi immobiliari n. 226/90 e n. 15/2002 pendenti avanti il Tribunale di Bergamo e già liquidate dal Giudice dell'Esecuzione in complessivi € 38.016,14.

Banca **, nella propria domanda di insinuazione al passivo, ha altresì dichiarato di non rinunciare all'esperimento o alla prosecuzione degli atti esecutivi consentiti dalle disposizioni di legge sul credito fondiario.

Il Giudice Delegato con decreto dell'11 giugno 2003 ha dichiarato esecutivo lo stato passivo del Fallimento e, con riguardo al credito vantato da Banca **, ha disposto l'ammissione in via privilegiata ipotecaria per l'importo di € 1.405.990,93, in via privilegiata ai sensi dell'art. 2770 c.c. per l'importo di € 24.989,61, in via chirografaria per l'importo di € 1.777.095,08, escludendo il residuo richiesto in quanto non dovuto.

Con ricorso ai sensi dell'art. 98 L.F. depositato in Cancelleria il 28.6.2003 Banca ** ha proposto opposizione allo stato passivo del Fallimento contestando la legittimità del provvedimento del Giudice Delegato e chiedendo: in via principale: ammettere Banca Banca ** S.p.A. allo stato passivo del Fallimento I. S.r.l. in Liquidazione il credito come richiesto in primis nella domanda di ammissione per complessivi € 4.079.904,92 ... il tutto oltre a interessi sulla somma di € 2.383.670,63 nella misura ingiunta in decreto dal 11.10.2002 al 31.12.2002 e oltre interessi su detta somma al tasso legale sino alla data del decreto di trasferimento dei beni immobili ipotecati; in via subordinata: nella denegata ipotesi di mancato accoglimento della sopra formulata domanda principale in relazione ai crediti esposti con rango ipotecario ... e comunque salvo gravame, ammettere in via chirografaria allo stato passivo opposto l'ulteriore credito di € 893.371,50 e di € 3.447,40 o comunque quel diverso credito che risulterà in corso di causa. Con vittoria di spese, diritti e onorari oltre Iva e Cpa.

In particolare la ricorrente ha evidenziato l'erronea applicazione al caso di specie dell'art. 2855 c.c., richiamato dall'art. 54 L.F., stante la prevalenza della disciplina del credito fondiario sulla normativa fallimentare. L'art. 38 del Testo Unico delle leggi sul credito fondiario approvato con R.D. 16.7.1905 n. 646 offrirebbe infatti elementi ostativi all'applicazione del meccanismo contenuto nell'art. 2855 c.c., stabilendo che il pagamento di interessi, rate, compensi e rimborsi di capitale non può essere ritardato da alcuna opposizione e che le somme dovute a tale titolo producono, di pieno diritto, interessi dal giorno della scadenza.

Banca ** ha poi contestato il calcolo degli interessi sulla somma capitale di € 1.074.203,35 indicata nel ricorso per decreto ingiuntivo anziché sull'intero importo ingiunto pari a complessivi € 2.383.670,63, sostenendo che la sorte capitale non può essere che la complessiva somma per cui è fatta l'ingiunzione poiché, a mente dell'art. 1283 c.c., gli interessi scaduti possono a loro volta produrre interessi.

Per lo stesso motivo la ricorrente ha eccepito l'illegittima esclusione dell'importo di € 893.371,50 perché la Curatela non avrebbe ancora una volta considerato, quale montante del calcolo degli interessi successivi al 31.3.1996, la somma di € 2.383.670,63 ingiunta con il decreto del Tribunale di Milano.

Banca ** ha infine contestato: a) l'ingiustificata esclusione della somma di € 3.447,40, relativa alla spese e competenze liquidate nel decreto n. 4274/96 ING.; b) l'immotivata esclusione della somma relativa alle spese e competenze inerenti l'esecuzione immobiliare n. 226/90 pendente avanti il Tribunale di Bergamo; c) il mancato riconoscimento degli interessi maturati e maturandi, dal 1° gennaio 2003 sino al decreto di trasferimento degli immobili ipotecati, sulla somma di € 2.383.670,63.

Il Fallimento si è costituito deducendo di avere calcolato correttamente gli interessi a norma dell'art. 2855 c.c. ritenuto applicabile al caso di specie, nonché di avere legittimamente escluso i privilegi richiesti per le spese del procedimento monitorio e dell'intervento nella procedura esecutiva immobiliare n. 22690, ammesse al chirografo; ha invece riconosciuto gli interessi fino al decreto di trasferimento del bene, da calcolarsi in modo conforme a quanto stabilito dall'art. 2855 c.c., concludendo come in epigrafe.

In assenza di deduzioni istruttorie le parti hanno precisato le conclusioni come in epigrafe all'udienza del 9.6.2005 e la causa é stata rimessa al Collegio per la decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

« 1 »

Parte ricorrente ha contestato il provvedimento del Giudice Delegato nella parte in cui non ha riconosciuto il privilegio ipotecario su parte dell'importo ingiunto, ammettendo con tale rango solo i crediti di € 1.074.230,35, pari all'ammontare del mutuo erogato oltre agli interessi maturati nel triennio antecedente il Fallimento per € 320.978,54.

In particolare il Giudice avrebbe erroneamente applicato la disciplina prevista dall'art. 2855 c.c. richiamato dall'art. 54 L.F. al caso di specie, regolato invece dal Testo Unico delle leggi sul credito fondiario del 16,7.1905 n, 646 (applicabile in via transitoria ai sensi dell'art. 161 D.Lgs. 1.9.1993 n. 385, e la cui applicabilità al caso di fallimento sarebbe espressamente prevista dall'art. 42), il cui art. 38 stabilisce che il pagamento di interessi, rate, compensi e rimborsi di capitale non può essere ritardato da alcuna opposizione e che le somme dovute a tale titolo producono, di pieno diritto, interessi dal giorno della scadenza.

Per ammissione della stessa ricorrente la costante giurisprudenza di legittimità ritiene che l'art. 54 L.F., il quale, per i crediti assistiti da ipoteca estende la prelazione agli interessi nei limiti contemplati dall'art. 2855 c.c., commi 2 e 3 c.c., trova applicazione anche nei riguardi dei crediti per mutuo fondiario, soggetti alla disciplina del r.d. 16 luglio 1905 n. 646, successivamente integrata dal d.P.R. 21 gennaio 1976 n. 7 e dalla I. 6 giugno 1991 n. 175, atteso che tale disciplina non interferisce sui principi che regolano il concorso dei creditori nel fallimento, posti dalla legge senza alcun limite o riserva di disposizioni contenute in altre leggi speciali. (Cass. Civ. 29.8.1998, n. 8657, in Giust. Civ. Mass. 1998, 1818. Nello stesso senso Cass. Civ., 8.7.1998, n. 6668, in Giust. Civ, Mass. 1998, 1495; Cass. Civ. 8.11.1997, n. 11033, in Giust. Civ. Mass. 1997, 2114; Cass. Civ. 20.12.1988, n. 6952, in Giust. Civ. Mass. 1988; Cass. Civ., 2.3.1988, n. 2169, in Giust. Civ. Mass. 1988). Anche la giurisprudenza di merito ha al riguardo espressamente riconosciuto che la disciplina speciale del credito fondiario anteriore al t.u.b. non contiene alcuna deroga alla disciplina generale dell'art. 2855 c.c. e, pertanto, in una fattispecie regolata dal previgente t,u. credito fondiario, i crediti nascenti dalle operazioni di credito fondiario trovano collocazione privilegiata, tanto nell'esecuzione individuale come nel fallimento, soltanto nei limiti delle due annualità anteriori e quella in corso al giorno del pignoramento. (Tribunale Milano, 9.9.2003, in Banca Borsa titoli di credito 2005, II, 64. Vedi anche Tribunale Napoli, 8.6.2001, in Banca Borsa Titoli di Credito 2003, II,90; Tribunale Grosseto, 3.10.2000, in Fallimento 2001, 1136; Corte Appello Milano, 29 maggio 1998, in Banca Borsa Titoli di Credito 1999, II, 186; Corte Appello Roma, 18.12.1996, in Giust. Civ. 1997, I, 2611; Tribunale Monza, 4.6.1996, in Banca Borsa Titoli di Credito 1999, II, 186; Tribunale Roma, 12.7.1989, in Foro Italiano 1990, I, 2296.

Questo Collegio non ritiene di doversi discostare dal predetto univoco orientamento giurisprudenziale rilevando che le osservazioni della banca ricorrente si basano principalmente sull'asserita prevalenza delle norme dettate per la disciplina del credito fondiario sulla normativa fallimentare.

Si osserva invece che la disciplina del fallimento, presupponendo l'insolvenza, è legge speciale intuitu materiae rispetto alla legge processuale comune, di modo che il trasferimento nel sistema organico dell'ordinamento fallimentare di norme dettate in favore di particolari situazioni creditorie autonomamente considerate è possibile solo lì dove vi sia una deroga ovvero, pur in mancanza di un rinvio o una riserva, queste ultime siano compatibili con la disciplina fallimentare.

Tanto premesso in via generale, si osserva che l'art. 54 comma 3 L.F., che rileva ai fini del presente giudizio, non contiene alcuna riserva di legge in favore di un regime normativo diverso per quanto concerne il computo degli interessi, a differenza dell'art. 51 L.F. per quanto concerne l'azione esecutiva individuale.

Né può ritenersi che l'applicabilità dell'art. 2855 c.c. sia esclusa dal tenore letterale dell'art. 42 T.U. del Credito Fondiario del 1905. Infatti mentre il primo comma della disposizione citata deroga soltanto a quanto disposto dall'art. 34 L.F., imponendo al Curatore il versamento di quanto riscosso in sede esecutiva a favore del mutuante, salvo l'obbligo di restituzione della parte eccedente il credito (tale previsione interviene pertanto solo sull'amministrazione della massa fallimentare creando una sorta di anticipo di quelli che sono i piani di riparto, senza tuttavia in alcun modo incidere sul sistema dei privilegi), il secondo comma che, qui interessa, richiama in modo generale l'applicabilità delle norme sul credito fondiario in caso di fallimento del mutuatario.

Il generico richiamo effettuato da questo secondo comma non è compatibile, nel particolare regime della prelazione degli interessi, con la disposizione dell'art. 54 L.F. che, senza alcuna riserva e in attuazione del principio della par condicio creditorum, determina l'estensione della garanzia ipotecaria.

Alla luce di quanto sopra si può certamente concludere che il confronto fra la precisione dell'art. 54 L.F., privo di riserve, e l'indeterminatezza della norma dell'art. 42 T.U., dimostrano la volontà del Legislatore di conferire prevalenza alla normativa fallimentare per quanto riguarda la graduazione degli interessi, pur garantendo all'ente erogante sia la riscossione anticipata delle rendite sia il diritto di vendita sul bene prestato in garanzia (vedi Cass. Civ, 20 dicembre 1988, n. 6952, in Il Fallimento, 1989, p. 385).

Le suddette considerazioni circa la prevalenza della normativa fallimentare su quella che regolamenta il credito fondiario, con particolare riferimento all'art. 2855 c.c., si possono riscontrare nella sentenza della Cassazione Civile 2.3.1988 n. 2196, ove si legge che si deve ritenere, in tema di esecuzione concorsuale e per i riflessi che specificamente nella presente causa vengono in considerazione a proposito dell'applicabilità delle norme di cui agli artt. 54 e 55 L.F. nei confronti degli istituti di credito fondiario, che il coordinamento tra le due discipline va fatto in concreto e non in base ad astratti concetti di successione tra leggi o di rapporti tra norme di rango o di grado uguale o diverso, generali o speciali, antecedenti o successivi; e che per quanto riguarda la specie in esame, l'art. 54 L.F. non prevede alcuna riserva o salvezza e perciò non concede alcuna posizione di favore agli istituti di credito fondiario per quanto riguarda l'estensione del diritto di prelazione agli interessi quale regolata in via generale dagli artt. 2788 e 2855 c.c. così come l'art. 55 successivo, parimenti privo di riserve non consente l'invocata continuazione del mutuo concesso dai predetti istituti, in deroga al disposto del II comma di detto articolo.

Accertato che agli istituti di credito fondiario si applicano le disposizioni del codice civile richiamate dall'art. 54 L.F. in ordine alla estensione della prelazione agli interessi, appare infondata la contestazione di parte ricorrente dell'impostazione adottata dal Fallimento nel calcolare gli importi da ammettere allo stato passivo, nella parte in cui ha operato lo scorporo tra sorte capitale e interessi.

Infatti solo in tal modo è possibile, in conformità con quanto stabilito dall'art. 2855 c.c., ammettere la sorte capitale con la prelazione ipotecaria e gli interessi con la medesima prelazione, ma limitatamente alle due annualità anteriori e a quella corrente alla data del Fallimento.

La giurisprudenza ha al riguardo evidenziato, proprio in una fattispecie in tema di credito fondiario, che in caso di indicazione di un importo globale comprensivo di capitale e interessi, occorre scindere, nell'ambito del credito conglobato, le componenti relative al capitale e quelle relative agli interessi, riconoscendo al credito per capitale rango ipotecario, e a quello per interessi rango ipotecario o prelatizio sulla base della disciplina dettata dal citato art. 2855 c.c." (Cass. Civ. 29.8.1998, n. 8657).

Secondo parte ricorrente un ulteriore elemento ostativo all'applicazione al credito fondiario della norma di cui all'art. 2855 cod. civ. sarebbe costituito dall'art. 16 della legge n. 175/1991 (che ha ripreso gli artt. 38 T.U. 1905 e 14, primo e secondo comma, del D.P.R. n. 7/1976) dove si prevede che il pagamento di interessi, rate di ammortamento, compensi e rimborsi di capitale non può essere ritardato da alcuna opposizione. Le somme dovute a tale titolo producono, di pieno diritto, interesse dal giorno della scadenza. Tale norma riconoscerebbe espressamente la natura della rata come unicum inscindibile non scomponibile in una quota capitale e in una quota interessi.

Il predetto argomento non coglie nel segno perché l'art. 16 citato si riferisce esclusivamente alla modalità dell'adempimento del debitore in bonis senza incidere sulla diversa natura delle componenti della rata, In tal senso la giurisprudenza di legittimità ha espressamente riconosciuto priva di consistenza la tesi della unicità della rata o semestralità di mutuo, tanto più che lo stesso art. 55 del TU n. 646-1905 distingue tra capitale, accessori e spese. La formazione delle varie rate o semestralità, nella misura composita predeterminata attiene ad una modalità dell'adempimento del debitore finalizzata alla graduale estinzione del mutuo e non può eliminare, o radicalmente modificare, la realtà del relativo contratto, che ha pur sempre ad oggetto un capitale, produttivo di interessi; nè elimina quindi, nell'ambito della stessa rata, l'autonomia delle sue varie componenti" (Cass. Civ. 2.3,1988, n, 2196, cit.).

Ne deriva che l'applicazione dell'art. 2855 c.c. al mutuo fondiario impone al curatore l'operazione di scorporo al fine di prendere in considerazione, per l'estensione del privilegio agli interessi, il solo arco temporale previsto dallo stesso art. 2855 c.c.

« 2 »

Parte ricorrente ha contestato l'impugnato provvedimento di ammissione anche per non aver considerato che il credito per sorte capitale e interessi al 30.03.1996, complessivamente pari a € 2.383.670,62 (controvalore di £. 4.615.429.922), era stato recepito nel decreto ingiuntivo di pagamento emesso il 17.06.1996 dal Presidente del Tribunale di Milano, e che pertanto il computo degli interessi maturati avrebbe dovuto assumere quale base di calcolo l'anzidetta somma capitale di € 2.383.670,62, e non invece, come ammesso dal G.D., il minor importo di € 1.074.203,35 corrispondente al finanziamento erogato. Troverebbe infatti applicazione l'art. 1283 c.c. perché il ricorso per decreto ingiuntivo rappresenterebbe domanda giudiziale idonea a far decorrere gli interessi anatocistici in parola.

In generale si osserva che i commi 2 e 3 dell'art. 2855 c.c. limitano esplicitamente la garanzia ipotecaria agli interessi maturati sul capitale (la norma recita che un capitale che produce interessi fa collocare nello stesso grado gli interessi dovuti), escludendo pertanto a contrario gli interessi maturati sugli interessi scaduti in forza dell'anatocismo.

Va in ogni caso rilevato che affinché possa operare la maturazione degli interessi sugli interessi scaduti, deve sussistere una specifica domanda del creditore, autonoma e distinta rispetto a quella rivolta al riconoscimento degli interessi principali (Cass. Civ., 4.6.2001, n. 7507, in Giust, Civ. Mass. 2001, p. 1120).

Detto principio è pacifico ed è stato affermato anche dalla Corte di Cassazione a Sezione Unite che, nella sentenza del 14 ottobre 1998, n. 10156, dove si evidenzia che la condanna al pagamento degli interessi anatocistici presuppone ... che la parte cui l'effetto di capitalizzazione profitta li chieda in giudizio con una domanda specificamente rivolta ad ottenere la condanna al pagamento di quegli interessi che gli interessi già scaduti ovverosia il corrispondente capitale di lì in poi produrranno. Ne deriva che quando la formulazione delle conclusioni sia ambigua, in quanto suscettibile di essere interpretata sia come rivolta ad ottenere il riconoscimento degli interessi anatocistici, sia come richiesta degli interessi destinati a maturare dopo la domanda e fino all'effettivo pagamento, il giudice del merito, stante la necessaria specificità della richiesta dell'anatocismo, non può ritenere che essa sia stata proposta ,,." (Cass. Civ., sez. Unite, 14 ottobre 1998, n. 10156, in Giust. Civ. Mass, p. 2082. Vedi inoltre Cass. Civ., 1.7.2004, n. 12043, in Giust. Civ. Mass. 2004; Consiglio di Stato, 15.3.2004, n. 1315; Cass. Civ. 12.4.2002, n. 5271, in Giust. Civ. Mass. 2002, p. 633).

Nel caso di specie il ricorso per ingiunzione presentato dalla banca ricorrente non contiene alcuna domanda di interessi anatocistici, limitandosi agli interessi moratori convenzionali, Anche sotto questo profilo pertanto il ricorso non può trovare accoglimento, neppure nella richiesta subordinata di ammissione in via chirografaria del maggiore importo di € 893.371,50 derivante dal calcolo degli interessi maturati dal 31.3.1996(data valuta del credito azionato nel decreto ingiuntivo) fino alle tre annualità previste dall'art. 2855 cod. civ., calcolati sulla somma ingiunta con il decreto del Tribunale di Milano invece che sul capitale mutuato.

« 3 »

Parte opponente ha contestato in ricorso l'esclusione dallo stato passivo delle spese legali liquidate in € 3.447,40 nel decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Milano, delle quali era stata chiesta l'ammissione in via privilegiata ipotecaria dal momento che l'iscrizione ipotecaria sarebbe stata acquisita anche a fronte di eventuale spese giudiziali come consentito e previsto dall'art. 2855 c.c. seconda parte 1° comma.

In comparsa di risposta il fallimento ha riconosciuto il diritto all'ammissione in via chirografaria, contestando il privilegio ipotecario perché, pur essendo la garanzia estesa alle eventuali maggiori spese giudiziali nell'atto di costituzione di ipoteca, in detto atto non sarebbe stato determinato l'importo delle spese agli effetti ipotecari, essendo stata indicata una somma complessiva che comprende una serie di voci senza distinguere l'importo relativo alle spese giudiziali, da quello relativo agli interessi o alle spese di assicurazione.

Questa domanda del ricorso è fondata dal momento che l'art. 2855 comma 1 c.c. si limita richiedere, per l'estensione della garanzia ipotecaria alle maggiori spese giudiziali, la menzione del relativo patto nell'iscrizione, sussistente nel caso di specie, senza richiedere anche la aleatoria predeterminazione del relativo importo.

« 4 »

L'opponente ha dedotto che il giudice delegato, pur avendo correttamente ammesso al passivo del Fallimento l'importo di € 24,989,61 in via privilegiata ai sensi dell'art. 2770 c.c. a titolo di spese liquidate nella procedura esecutiva immobiliare n. 15/2002, avrebbe erroneamente escluso dallo stato passivo il credito di € 13.026,53 relativo alle spese e competenze sostenute nell'Esecuzione Immobiliare n. 22690,

Il Fallimento, preso atto della documentazione prodotta in giudizio da Banca **, dalla quale è emerso che la stessa quale creditore intervenuto ha dato impulso alla procedura esecutiva n. 226/90 in luogo del creditore pignorante, ha riconosciuto il diritto dell'opponente all'ammissione in via privilegiata del credito insinuato limitatamente ai costi e alle spese effettivamente sostenute nell'interesse comune dei creditori.

Si ammette pertanto in via privilegiata ai sensi dell'art. 2770 c.c. il credito per le spese legali sostenute nella procedura esecutiva n. 226/90 dopo l'udienza del 22.9.1998, quando il creditore intervenuto Banca ** diede impulso alla procedura nell'inerzia del creditore procedente, chiedendo termine per il deposito della documentazione catastale. L'importo si determina in € 11.688,18 escludendo dalla nota spese liquidata dal giudice dell'esecuzione

in € 13.026,53 l'importo di € 1358,35 relativo all'attività svolta precedentemente alla citata udienza del 22.9.1998.

« 5 »

Anche in assenza di espressa menzione nel provvedimento di ammissione allo stato passivo, devono riconoscersi alla banca opponente, in quanto previsti dall'art. 2855 c.c., gli interessi legali maturati e maturandi dopo il compimento dell'annata in corso al momento della dichiarazione di Fallimento fino al decreto di trasferimento del bene, in assenza di contestazione della curatela sul punto.

Per gli stessi motivi sviluppati al § 1, anche in questo caso il calcolo degli interessi, in conformità con quanto stabilito dall'art. 2855 c.c., dovrà essere effettuato sul capitale di € 1.074.230,35 e non sulla maggior somma ingiunta in decreto.

«6»

In considerazione della parziale reciproca soccombenza e della particolare complessità delle questioni di diritto, le spese legali si compensano integralmente tra le parti.

P.Q.M.

il Tribunale di Bergamo, definitivamente pronunciando, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e deduzione, così provvede:

1) ammette Banca ** s.p.a. al passivo del fallimento Immobiliare Due Torri s,r.l. per l'importo di € 3.447,40 in via privilegiata ipotecaria per spese legali del decreto ingiuntivo n. 4274/96 emesso dal Presidente del Tribunale di Milano in data 17.6.1996;

2) ammette Banca ** s.p.a. al passivo del fallimento Immobiliare Due Torri s.r,l. per l'importo di € 11.688,18 in via privilegiata ex art. 2770 c.c. per spese legali della procedura esecutiva n. 226/90;

3) ammette Banca ** s.p.a. al passivo del fallimento Immobiliare Due Torri s,r.l. in via

privilegiata ipotecaria per gli interessi legali sulla somma capitale di € 1.074.230,35 maturati e maturandi dopo il compimento dell'annata in corso al momento della dichiarazione di Fallimento fino al decreto di trasferimento del bene ipotecato;

4) dispone le conseguenti modifiche dello stato passivo;

5) compensa integralmente le spese legali tra le parti. Così deciso in Bergamo il 17.11.2005.