Diritto Fallimentare


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 320 - pubb. 01/01/2007

Ritorno in bonis del debitore e cancellazione della trascrizione del concordato

Tribunale Santa Maria Capua Vetere, 26 Aprile 2006. Est. D'Onofrio.


Concordato preventivo – Ritorno in bonis del debitore – Ordine di cancellazione della trascrizione del decreto di apertura – Ammissibilità.



Il Tribunale in camera di consiglio può, ai sensi degli artt. 2668 c.c. e 739 c.p.c., ordinare al Conservatore dei registri immobiliari la cancellazione della trascrizione del decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo qualora il procedimento di omologazione venga dichiarato improseguibile a seguito di rinuncia alla domanda e venga sancito il ritorno in bonis della società. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)


Massimario Ragionato



Segnalazione del Prof. Avv. Francesco Fimmanò


omissis

Con reclamo ex art. 2888 c.c., la G. s.p.a. deduceva che il 18 giugno del 2001 aveva presentato all’intestato Tribunale domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo con cessione di beni, tanto che lo stesso Tribunale con decreto 15/1/2002 aveva dichiarato aperta la procedura votata favorevolmente dai creditori.

Con decreto del 26 luglio 2005, l’intestato Tribunale aveva dichiarato improseguibile il giudizio di omologazione del concordato preventivo per rinuncia alla domanda, sancendone il ritorno in bonis.

Con istanza del 16 settembre del 2005, la società istante aveva altresì chiesto al Tribunale l’archiviazione della procedura con ordine conseguente al Conservatore dei registri immobiliari di procedere alla cancellazione della trascrizione sui beni immobili della società del decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo n. 3/01 effettuata in data 14/4/2002 al n. 9688 del registro generale e al n. 7692 del registro particolare.

Con decreto del 16 settembre del 2005 il Tribunale disponeva l’archiviazione del concordato preventivo.

Con istanza del 6 ottobre 2005, la G. aveva chiesto la cancellazione della trascrizione sui beni immobili, ricevendo il rifiuto del Conservatore sul presupposto della eccezionalità della cancellazione, rendendosi quest’ultimo disponibile alla mera annotazione dell’intervenuto decreto di archiviazione a margine della trascrizione del decreto stesso.

La G. assumeva che tale situazione le stava comportando una serie di problemi con le banche per le operazioni di finanziamento, dal momento che negli atti notarili riguardanti gli immobili continuava ad essere previsto che solo formalmente sugli immobili gravano le formalità di cui al decreto di ammissione del concordato preventivo.

Assumeva la ricorrente la erroneità del rifiuto, considerata la funzione di mera pubblicità notizia prescritta dall’art. 166 legge fallimentare, tra l’altro prevedendo l’annotazione e non la trascrizione del decreto di ammissione dell’imprenditore commerciale alla procedura di concordato preventivo.

Con tale procedura non si verificava d’altronde alcuna cessione dei beni ai creditori, non verificandosi alcuno degli effetti traslativi di cui all’art. 2643 c.c.

In secondo luogo, il fatto che la cancellazione fosse tipicizzata non significava che essa non fosse estensibile ai casi giudicati non incompatibili con quelli per cui è espressamente prevista la cancellazione della trascrizione.

L’ordine di cancellazione ben avrebbe potuto essere effettuato ex art. 2668 c.c., assumendo la norma carattere generale riferibile anche ad ipotesi non espressamente previste dal legislatore.

L’annotazione ex art. 2655 c.c. non avrebbe, a sua volta, risolto gli inconvenienti lamentati dalla reclamante.

Posta l’utilizzazione dell’art. 2688 cc e 113 disp. att. ai fini dell’avanzato reclamo e dichiarata la improseguibilità della domanda di concordato preventivo da parte del Tribunale, concludeva perché fosse ordinato alla Agenzia del territorio la cancellazione della trascrizione sui beni immobili dell’istante.

Si costituiva l’Agenzia del territorio che si opponeva all’avverso reclamo, non potendo – a suo dire – trovare applicazione nella specie eccezionale istituto di cui all’art. 2668 c.c..

All’udienza del 21 marzo 2006, il Collegio si riservava la decisione. 

Il reclamo è fondato e merita accoglimento per quanto di ragione.

La reclamante società lamenta il rifiuto oppostole dall’Agenzia del territorio in ordine alla chiesta cancellazione della trascrizione sugli immobili della società del decreto di apertura del concordato preventivo, essendo stata la procedura di concordato archiviata dall’intestato Tribunale e risultando essere ritornata in bonis la società istante.

Deve in primo luogo osservarsi che l’art. 166 della legge fallimentare, richiamando esplicitamente l’art. 8 della medesima legge, ponga a carico del Conservatore dei registri immobiliari l’obbligo dell’annotazione e non della trascrizione del decreto di ammissione dell’imprenditore commerciale alla procedura di concordato preventivo.

Sul punto, contrariamente alle certezze palesate dalla reclamata Agenzia del Territorio, come è chiarito dalla più attenta dottrina, rimane invero discusso se l’art. 166 e più precisamente l’art. 88 della legge fallimentare facciano riferimento all’annotazione o alla trascrizione (la Relazione Ministeriale sembrerebbe, per vero, operare in quest’ultimo senso).

In realtà non risulta del tutto sedato il dibattito in dottrina e giurisprudenza su tale questione.

Il dubbio risulta quanto mai pertinente dal momento che, sul piano strutturale, l’annotazione è in linea generale una formalità accessoria ad un’altra mentre, nel caso di specie, l’annotazione del decreto di apertura della procedura di concordato preventivo non accede e non corregge alcuna altra formalità.

Peraltro, se autorevole dottrina si è schierata interpretando l’annotazione di cui all’art. 166 l.f. come trascrizione, in senso opposto è possibile in giurisprudenza far riferimento alla sentenza del Tribunale di Modena del 13 gennaio del 1987 secondo cui “ai sensi dell’art. 88 comma 2 del dr 16 marzo 1942 n. 267, il Conservatore dei registri immobiliari è obbligato ad annotare e non a trascrivere il decreto di ammissione dell’imprenditore commerciale alla procedura di concordato preventivo”.

D’altra parte, non è negabile il fatto che, assolvendo la cessione dei beni proposta con la istanza di concordato preventivo alla funzione di mandato irrevocabile di gestire e liquidare i beni dei creditori, senza alcuna efficacia traslative alla proprietà conferendosi agli organi della procedura legittimazione a disporre dei beni dell’imprenditore al fine di soddisfare il ceto creditorio senza che si perfezioni alcuna cessione di beni (in questo senso, ex plurimis, Cass. 1999/5306), tale richiamata annotazione assolva alla mera funzione di cui all’art. 2643 c.c..

Laddove si aderisse all’orientamento giurisprudenziale secondo cui il decreto di apertura del concordato preventivo debba essere annotato e non trascritto, sarebbe consequenziale l’accoglimento del proposto reclamo, non potendosi disconoscere la necessità della cancellazione di una trascrizione di per sé erroneamente disposta, dovendo il decreto essere annotato e non trascritto.

Anche tuttavia a non voler seguire tale opzione, in realtà avversata dalla prevalente dottrina propensa a riconoscere la correttezza dell’utilizzo dello strumento della trascrizione, nondimeno si ritiene, ad avviso del Collegio, che il proposto reclamo debba in ogni caso essere accolto.

Prima di affrontare la questione sotto tale ulteriore profilo, va osservato che l’intestato Tribunale, che era addivenuto all’emissione del decreto di apertura del concordato preventivo su istanza della stessa G. s.p.a. (cfr. decreto del 25 gennaio del 2002), ha poi emesso decreto di improseguibilità del giudizio di omologazione del concordato preventivo per rinuncia alla domanda da parte della G. s.p.a. (essendo stato nel corpo della motivazione chiarito dall’estensore – dott. De Matteis – che la rinuncia fa cessare il giudizio di approvazione ed omologazione del concordato preventivo, avendo in ogni caso l’intestato Tribunale escluso nel merito lo stato di insolvenza ): cfr. decreto del 26.28/7/2005 in atti.

Con provvedimento in Camera di Consiglio del 16/9/2005 (estensore Presidente dott. Di Nosse) si è poi, su espressa sollecitazione della parte istante, provveduto a disporre l’archiviazione del concordato preventivo G. s.p.a. (cfr. in atti).

Parte reclamata si oppone alla cancellazione della trascrizione del decreto di apertura del concordato fallimentare per non rientrare tale ipotesi in quelle tassative di cui all’art. 2668 cc.

Al fine della soluzione del problema occorre rilevare che la proposta concordataria è assimilabile alla domanda giudiziale, potendo essa essere rinunciata dalla parte ex art. 306 cpc fino alla sentenza (ora decreto) di omologazione (conf. Tribunale Catania 17/3/1983).

Il giudizio di omologazione del concordato preventivo è stato pertanto dichiarato improseguibile proprio in ragione della intervenuta rinuncia alla proposta domanda da parte della G. s.p.a.

Se tutto ciò è vero (e trova conferma nel decreto di improseguibilità cit : vedi in motivazione pagina 5), deve osservarsi come nella specie il ricorso sia nei fatti venuto meno irrevocabilmente disponendosi, con ogni evidenza, una situazione di impossibilità di prosecuzione del giudizio (assimilabile per vero all’estinzione del giudizio), non potendosi peraltro pervenire nel caso di specie ad un’estinzione in senso stretto ex art. 306 cpc, mancando un preciso controinteressato anche dal punto di vista sostanziale: a leggere bene la motivazione di improseguibilità citata, si evince che “risulta essere venuto meno il ceto creditorio” per inesistenza dello stato di insolvenza, dal momento che si versa in una ipotesi “nella quale non è stata sanata tutta l’insolvenza ma esiste liquidità sufficiente a sanarla per intero” (vedi a pagina 3 del decreto cit.).

Ciò posto deve rilevarsi che il Collegio aderisce all’orientamento dottrinale e giurisprudenziale secondo cui l’art. 2668 cc debba essere interpretato nella sua configurazione più estensiva e possa essere individuato come misura di carattere generale riferibile a formalità, come quella nella specie, che non è più finalizzata a compiere alcuna funzione di utilità.

Il legislatore, come chiarito, con la norma citata ha voluto soltanto prevedere, con le ipotesi specificamente previste, le fattispecie che normalmente portano all’estinzione del processo, non potendo essere ricondotto al dettato normativo di tassatività e di esclusività in assenza di indici precisi ed inconfutabili.

Dovendo in ogni caso tenersi conto degli interessi delle parti, storicizzando il dato normativo, si ritiene siano assoggettabili al medesimo trattamento normativo di cui all’art. 2668 c.c. situazioni e fattispecie produttive di effetti uguali a quelle testualmente previste, rispondendo tra l’altro ciò anche ad una più generale esigenza di economia processuale, fornendo la interpretazione più estensiva possibile delle ipotesi contemplate ed escludendo ogni restrittiva interpretazione dell’assunto numerus clausus delle ipotesi contemplate in norma.

L’interpretazione alla quale si aderisce non può poi neppure essere considerata una novità nello stesso panorama giurisprudenziale anche di legittimità.

I giudici di legittimità hanno per esempio da tempo previsto che possa costituire titolo per la cancellazione anche la declaratoria di cessazione della materia del contendere, in considerazione della sostanziale assimilabilità di una pronuncia siffatta all’ipotesi di estinzione del processo per rinuncia all’azione (vedi in tal senso: Cass.n 1994/4331; 1997/304).

Non si vede poi perché mai, se la controversia risulti essere tacitata, la trascrizione non possa essere cancellata soltanto perché non si rientra stricto iure nei tassativi casi di cui all’art. 2668 cc.

La stessa giurisprudenza di merito ha ormai assunto tale orientamento estensivo, avendo la stessa esplicitamente chiarito che debbono, alle ipotesi di estinzione espressamente previste dalla norma di cui all’art. 2688 cc, essere equiparate – ai fini degli effetti – situazioni analoghe dalle quali è possibile che sortiscano i medesimi effetti, dovendo altresì la cancellazione della trascrizione essere effettuata quando ciò sia debitamente consentito dalle parti interessate (Tribunale di Milano 21/12/2001).

E’ questa stessa giurisprudenza infine che consente di ritenere utilizzabile l’adottato art. 2888 c.c, non ricorrendo nella specie alcun contenzioso con chicchessia in relazione alla cancellazione della trascrizione per cui è causa, ben potendo adottarsi la forma della camera di Consiglio per la decisione (risultando il ceto creditorio nella specie del tutto soddisfatto ed essendo di fatto venuto meno), trovandosi correttamente nella sede della volontaria giurisdizione, di cui all’art. 739 cpc, la naturale soluzione delle controversie come quella de qua (in questo senso Tribunale di Milano 21/12/2001).

Deve pertanto accogliersi il proposto reclamo con ordine conseguente al Conservatore dei registri immobiliari di procedere alla cancellazione della trascrizione sui beni immobili della società istante del decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo n. 3/10 effettuata in data 14/4/2002 al n. 9688 del registro generale e al n. 7692 del registro particolare.

Quanto alle spese processuali, la peculiarità e la relative novità della questione inducono a compensarle tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale, in composizione collegiale, statuendo sul ricorso proposto da G. s.pa. nei confronti dell’Agenzia del Territorio, così provvede:

accoglie il reclamo e per l’effetto dispone che il conservatore dei registri immobiliari proceda alla cancellazione della trascrizione sui beni immobili della società istante del decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo n. ** effettuata in data **al n. ** del registro generale e al n. ** del registro particolare;

compensa le spese.