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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 2729 - pubb. 13/12/2010.

Tardiva costituzione dell'opponente e giusto processo, dichiarazione di fallimento e automatica interruzione del giudizio


Tribunale di Monza, 27 Novembre 2010. Est. Silvia Giani.

Opposizione a decreto ingiuntivo - Costituzione dell’opponente - Dimezzamento automatico dei termini - Sezioni Unite 19246/2010 - Interpretazione dell’art. 645 conforme a Costituzione - Causa iscritta a Ruolo dopo il quinto giorno ma entro il decimo - Improcedibilità - Non sussiste.

Fallimento della società - Interruzione del Processo - Rilevabilità d’Ufficio - Art. 43 Legge Fall. come modificato dall’art. 41 d.lgs. 5/2006 - Sulla base di mera intervenuta notizia - Sussiste.


Un’interpretazione conforme a costituzione con particolare riferimento ai valori del giusto processo e del diritto di difesa non consente che si dichiari improcedibile l’opposizione a decreto ingiuntivo iscritta a ruolo oltre cinque giorni (ma entro dieci giorni) dalla notificazione perché: 1) la sanzione d’improcedibilità dell’opposizione è comminata dall’ 647 c.p.c., comma 1, (seconda ipotesi) soltanto per il caso di mancata costituzione dell’opponente, ma non per quello di costituzione tardiva; 2) non può essere esteso in via interpretativa, e senza che sussista il presupposto della eadem ratio, il dimidiato termine di costituzione sancito dall’art. 165 c.p.c., previsto per le cause che, richiedendo pronta spedizione, a seguito di esplicita autorizzazione presidenziale, siano state instaurate con un ridotto termine a comparire. Questa sanzione d’improcedibilità dell’opposizione tardivamente iscritta a ruolo, in caso di dimidiazione anche inavvertita del termine a comparire, viola il diritto alla tutela giurisdizionale (art. 24 Cost.) e il principio di ragionevolezza, perché grava l’opponente di un onere che appare inutilmente e irragionevolmente contrario alla struttura bifasica del rito monitorio e all’inversione della posizione processuale delle parti, specialmente se si considera che l’opposizione a decreto ingiuntivo instaura pur sempre un processo di primo grado e si raffronta questa disciplina con quella riservata alle ipotesi di tardiva iscrizione a ruolo di una causa di primo grado. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)

L’interruzione del processo in caso di fallimento della società è sottoposta al regime della rilevabilità d’ufficio, alla luce della modifica introdotta dall’art. 41 Dlgs n 5/2006, che ha previsto, al terzo comma dell’art. 43, legge fallimentare, che: ”l’apertura del fallimento determina l’interruzione del processo”. Tale disposizione, invero, ha introdotto un regime speciale per la causa interruttiva del fallimento perché ha determinato il venire meno della distinzione tra giudizi in cui la costituzione intervenga prima della data del fallimento e quelli in cui la costituzione non sia intervenuta, derogando alle disposizioni di cui agli artt. 299 e 300 c.p.c., che prevedono, nella seconda ipotesi, di mancanza di costituzione, l’interruzione automatica e nella prima l’interruzione solo a seguito di dichiarazione del procuratore della parte nei cui confronti si è verificata la causa interruttiva. Nel caso di fallimento, quindi, il vigente art. 43, legge fallimentare, prevede l’interruzione automatica del giudizio, rilevabile anche d’ufficio, senza che siano necessarie particolari formalità e dunque anche a seguito della semplice acquisizione della notizia dell’intervenuto fallimento. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)

Massimario, art. 299 c.p.c.

Massimario, art. 300 c.p.c.

Massimario, art. 645 c.p.c.

Massimario, art. 43 l. fall.



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