Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 27240 - pubb. 05/05/2022

Insinuazione al passivo del fallimento e causa non imputabile del ritardo: 'overruling' o decisioni ingannevoli?

Tribunale Prato, 13 Dicembre 2021. Pres., est. Brogi.


Fallimento – Domanda ultra tardiva – Causa non imputabile del ritardo – Overruling – Fattispecie



In tema di presentazione della domanda (ultratardiva) di ammissione al passivo al fallimento, può individuarsi la causa non imputabile del ritardo nel caso in cui il creditore non sia rimasto semplicemente inerte, ma abbia confidato su provvedimenti giudiziali fuorvianti, piuttosto che su mutamenti dell'indirizzo giurisprudenziale che non può propriamente definirsi quale "overrling". (Franco Benassi) (riproduzione riservata)


Massimario Ragionato



 


Premesso che L. F. ha proposto opposizione avverso il decreto con il quale la giudice delegata al Fallimento V. F. s.r.l. (d’ora in poi V.) in liquidazione ha dichiarato esecutivo lo stato passivo, rigettando il credito insinuato pari all’importo di euro 27.594,00 di cui euro 18.659,60 per TFR, oltre interessi e rivalutazione monetaria, con il privilegio dell’art. 2751 bis, n. 1) c.c.

La sequenza cronologica dei fatti ricostruibile dal ricorso della sig.ra F. è la seguente:

1) la signora F. era dipendente della società Eletta s.r.l. dichiarata fallita dal Tribunale di Verona - fallimento n. 202 del 17.12.2014;

2) in data 31.03.2016, il Giudice Delegato del fallimento Eletta s.r.l. dichiarò esecutivo lo stato passivo nel quale era contenuto il riconoscimento del credito della sig.ra F. per euro 27.594,65.

3) in data 13.06.16 la sig.ra F. presentò domanda al Fondo di Garanzia

4) in data 24.08.16 fu stata dichiarata fallita la società V. s.r.l.

5) in data 05.10.16 la sig.ra F. L. si insinuò nel fallimento V. per le somme dovute e non già riconosciute nel fallimento Eletta s.r.l. (doc.5);

6) in data 12.12.16 fu esaminata e ammessa la domanda di insinuazione nel fallimento V.;

7) in data 14.12.16 l’Inps respinse la domanda di insinuazione al Fondo di Garanzia per le somme riconosciute nel fallimento Eletta s.r.l.;

8) in data 06.03.17 fu presentato ricorso al Comitato Provinciale Inps rimasto senza riscontro;

9) in data 06.11.17 la sig.ra F. depositò ricorso avanti al Tribunale di Novara, vertenza r.g. 782/17 avverso l’INPS, al fine di ottenere il pagamento di quanto dovuto per quanto indicato nello stato passivo del fallimento Eletta s.r.l.;

10) con sentenza n. 167/18 il Tribunale di Novara condannò l’INPS a pagare le somme indicate nello stato passivo Eletta s.r.l.;

11) in data 06.09.18 l’INPS appellò la sentenza n. 167/18 del Tribunale di Novara nella vertenza r.g. 633/18;

12) in data 06.07.20, con la sentenza n. 253/2020, la Corte d’Appello dichiarò non dovute le somme richieste dalla sig.ra F., affermando esplicitamente che non dovevano essere insinuate nello stato passivo del fallimento Eletta s.r.l. e che, conseguentemente, non dovevano essere pagate dall’INPS.

La parte opponente evidenzia, quindi, che il diritto di richiedere tali somme al fallimento V. è maturato solo con il passaggio in giudicato della sentenza della Corte d’Appello di Torino e non prima, in quanto la mancata impugnazione dello stato passivo non permetteva alla sig.ra F. di chiedere la somma dovuta a titolo di TFR per evitare la duplicazione del proprio credito.

Rilevato che si è costituita la curatela del Fallimento V. F. s.r.l. la quale ha evidenziato che la sig.ra F., già dipendente di Eletta s.r.l., con contratto d’affitto del 1° ottobre 2012 è passata alle dipendenze di V., con accollo del t.f.r. da parte di quest’ultima. Il contratto d’affitto è proseguito anche successivamente alla dichiarazione di fallimento di Eletta s.r.l., fino al 30 settembre 2015. La sig.ra F. è stata, poi, riassunta da V. in data 1° ottobre 2015, avviando un nuovo, sebbene consecutivo, rapporto di lavoro. Il 25 agosto 2016 è stata dichiarata fallita anche V..

Nel 2014 la sig.ra F. ha presentato insinuazione allo stato passivo di Eletta s.r.l. per i seguenti importi:

- euro 7.019,89 per “rateo ferie e permessi”;

- euro 1.915,16 per “rateo XIII e XIV mens.”;

- euro 18.659,60 per “TFR al 30.9.2012”, ovvero il TFR per il periodo in cui la ha lavorato alle dipendenze di Eletta.

Le prime due voci sono state integralmente riscosse dalla sig.ra F. nel fallimento Eletta, mentre per il t.f.r. l’INPS ha rigettato la richiesta di accesso al Fondo di Garanzia, in considerazione del fatto che la sig.ra F., nel frattempo, era passata alle dipendenze di V.. La curatela evidenzia la correttezza della decisione dell’INPS, dal momento che la parte opponente, al momento dell’insinuazione era passata a un diverso datore di lavoro.

La curatela ha, poi, rilevato che la sig.ra F. dapprima ha ottenuto il decreto ingiuntivo n. 335 del 20.6.2016, con cui il Tribunale di Busto Arsizio ha ingiunto alla V. il pagamento di euro 9.626,49 (v. doc. 12) per il TFR maturato dal 1.10.2012 al 30.9.2015, nonché stipendi e TFR maturato dal 1.10.2015 al 12.2.2016). Dopodiché, fallita la V. (agosto 2016), la Sig.ra F. ha presentato, in data 5.10.2016 (doc. 13), istanza di ammissione al passivo di tale credito, aumentato delle spese per l’atto di precetto fino a complessivi euro 10.950,50. Si tratta di credito ammesso e interamente soddisfatto.

La curatela ha altresì rilevato che già nel fallimento Eletta s.r.l. la sig.ra F. ha avuto integrale soddisfazione per i crediti per ferie e permessi non goduti e per la tredicesima e quattordicesima non corrisposte.

La parte opposta ha, poi, evidenziato che la controparte è incorsa in un macroscopico ed inescusabile errore consistito nel ritenere corretta l’insinuazione al passivo del Fallimento Eletta per il TFR maturato al 30.9.2012 e nel formulare la successiva domanda di intervento del Fondo di garanzia. Tale errore assume un ruolo determinante nel ritardo con cui la Sig.ra F. si è rivolta al Fallimento V. F., nella misura in cui, ove tale pretesa fosse stata correttamente e tempestivamente rivolta al Fallimento V. F., l’INPS avrebbe a questo punto già erogato l’importo spettante alla ricorrente.

La curatela ha, altresì, richiamato la circolare I.N.P.S. n. 74/2008, secondo la quale: “il requisito della cessazione del rapporto di lavoro deve essere valutato con attenzione in tutti i casi di trasferimento d’azienda, compresi l’affitto e l’usufrutto.

Infatti l’art. 2112 c.c., in materia di ‘Mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di azienda’ prevede, di regola, la continuazione del rapporto di lavoro con il cessionario, che pertanto è l’unico obbligato a corrispondere il TFR, anche per la parte maturata alle dipendenze dell’impresa cedente. Ne consegue che, se il datore di lavoro insolvente è il cedente, il Fondo non sarà tenuto ad intervenire in quanto il TFR dovrà essere corrisposto per l’intero dal cessionario; al contrario, in caso di fallimento del cessionario, il fondo sarà tenuto a corrispondere l’intero TFR maturato”.

Ad avviso della curatela opposta, infine, non assume rilievo neppure il mutamento di giurisprudenza registrato a partire da Cass., n. 19277/2018. A tal fine la curatela rileva che il giudice di legittimità non si era occupato dell’ipotesi dell’attivazione del Fondo nel caso di trasferimento di azienda (“gli arresti della giurisprudenza di questa Corte di legittimità appena citati non hanno mai affrontato la specifica questione appena indicata”), ma che nondimeno giunge alle stesse conclusioni della circolare INPS n. 74/2008 cit.

Ritenuto che l’opposizione ha per oggetto il provvedimento con il quale la giudice delegata al fallimento V. ha rigettato il credito insinuato di euro 27.594. La motivazione di esclusione del credito insinuato dalla parte opponente è la seguente (doc. 15 parte opposta): “Il Giudice Delegato dispone: Escluso per euro 27.594,00 in quanto la ricorrente ha depositato l’istanza di ammissione oltre il termine previsto all’art. 101 L.F. In particolare, il ritardo nel deposito della presente domanda è dipeso unicamente dalla ricorrente, la quale era peraltro già stata ammessa in occasione dello Stato passivo relativo alle domande tempestive ed interamente soddisfatta nell’ambito dei riparti effettuati dalla curatela. La ricorrente espone di essersi insinuata nella procedura del fallimento ‘Eletta S.r.l.’ presso il Tribunale di Verona ed in seguito aveva presentato domanda all’INPS di intervento del fondo di garanzia per ottenere il pagamento del T.F.R. maturato nella società Eletta S. r.l. fino al 30.09.2015, data di cessazione del rapporto di lavoro, indicando come datore di lavoro la società ‘Eletta S.r.l.’. In realtà, nel mese di ottobre 2012 si era perfezionato un affitto d’azienda, in forza del quale i dipendenti, tra i quali la ricorrente, erano stati trasferiti alla cessionaria con tutti i diritti ed obblighi.

L’INPS si era opposto alla richiesta della ricorrente Sig.ra F. L.; successivamente la Corte d’Appello di Torino ha accolto l’appello proposto dall’INPS respingendo le domande formulate dalla Sig.ra F. L. Come si evince dalla Sentenza suindicata, la ricorrente ha erroneamente indirizzato la domanda di ammissione al passivo, per il T.F.R. maturato fino al 30.09.2015, al fallimento Eletta S.r.l., mentre l’unico soggetto obbligato a corrispondere il T.F.R. sarebbe stata la cessionaria ‘V. F. S.r.l.’, anche per la parte maturata alle dipendenze della società ‘Eletta S.r.l.’. Per quanto finora esposto, si dispone l’esclusione dell’importo richiesto dal creditore istante, in quanto il deposito della presente domanda di ammissione è avvenuto oltre i termini previsti dall’art. 101 L.F., per causa imputabile esclusivamente alla ricorrente.”.

L’opposizione è solo parzialmente fondata.

La parte opponente ha reiterato integralmente nella domanda tardiva l’integrale richiesta già fatta nell’ambito del fallimento Eletta s.r.l. per l’importo di euro 27.594,00 di cui euro 18.659,60.

Come emerge, tuttavia, dal piano di riparto finale di Eletta s.r.l. (prodotto sub doc. 8 di parte opposta) risulta che è stato assegnato alla sig.ra F. l’importo di euro 9.481,41, mentre nessuna somma è stata assegnata a titolo di T.F.R. (euro 18.659,60).

Non è, pertanto, corretta l’integrale richiesta di ammissione delle somme già insinuate nello stato passivo di Eletta s.r.l., ma solo di quelle che non hanno trovato soddisfazione all’interno di quest’ultimo. Di conseguenza, il petitum deve essere ristretto all’importo a titolo di T.F.R., cioè di euro 18.659,60.

Sul punto la curatela opposta non fa alcuna (ulteriore) contestazione in ordine all’an (cioè alla debenza) o al quantum (inteso quale effettivo ammontare dovuto) dell’importo chiesto a titolo di T.F.R, limitandosi ad eccepire la tardività della domanda.

Il parametro normativo di riferimento diviene così quello indicato nell’art. 101, comma 4, l.fall. le domande tardive sono ammissibili se l’istante prova che il ritardo è dipeso da causa a lui non imputabile.

Nel caso di specie la curatela incentra l’eccezione inerente all’imputabilità del ritardo alla sig.ra F. sulla pregressa erronea insinuazione nello stato passivo Eletta s.r.l.

La questione dirimente è, tuttavia, costituita non tanto dall’individuazione del soggetto al quale avanzare la domanda di t.f.r., quando dall’affidamento ingenerato nella sig.ra F. da ben due provvedimenti giurisdizionali che avevano ritenuto corretta la sua insinuazione di t.f.r. nel fallimento Eletta s.r.l. e cioè quello del giudice delegato del fallimento appena citato e quello del Tribunale di Novara, che aveva accolto la domanda svolta contro l’INPS, successivamente riformata in appello.

L’interpretazione del sintagma causa non imputabile contenuto nell’art. 101, comma 4, l.fall. risente, infatti, sia della formulazione ampia usata dal legislatore, sia del parametro di riferimento di tale “non imputabilità”, costituito dalla condotta della parte che chiede di insinuare allo stato passivo il proprio credito. Tratto peculiare del caso in esame è costituito dal fatto che la parte opponente non è stata meramente inerte, ma ha agito in altre e diverse sedi per far valere il credito da t.f.r. maturato durante il periodo in cui lavorava alle dipendenze di Eletta s.r.l.

Il legislatore, nell’imporre dei termini rigidi per la formazione dello stato passivo (precludendo l’insinuazione di domande successivamente allo spirare di un anno dal decreto di esecutività dello stato passivo da parte del giudice delegato), lascia aperta la possibilità di proporre domande cd. ultratardive, mediante una formula di ampia portata - come quella del ritardo dipendente da causa non imputabile - che rimette, di fatto, alle valutazioni del giudice delegato l’apprezzamento dei motivi per i quali l’insinuazione sia richiesta oltre lo spirare del termine annuale dalla dichiarazione di esecutività dello stato passivo.

Ai fini della valutazione della non imputabilità della causa occorre partire dalla disamina delle circostanze di ordine temporale.

Nella specie risulta che, in data 31 marzo 2016, la parte opponente fu ammessa allo stato passivo del fallimento Eletta s.r.l. anche per l’importo di t.f.r. pari a euro 18.659,60 e che il 12 dicembre 2016 fu ammessa per altri e diversi importi allo stato passivo del fallimento V.. Il termine per la presentazione delle domande tardive scadeva, quindi, il 12 dicembre 2017.

Pochi giorni dopo (il 16 dicembre 2016) l’INPS respinse la domanda della sig.ra F. relativa all’accesso al Fondo di Garanzia per il credito relativo al t.f.r. insinuato nel Fallimento Eletta. La sig.ra F. si è, quindi, attivata in un ragionevole lasso di tempo ricorrendo, nel marzo 2017, al comitato provinciale per l’INPS e, a seguito del mancato riscontro, il 6 novembre 2017 ha convenuto quest’ultimo davanti al Tribunale di Novara, ottenendo una sentenza favorevole, nel 2018, successivamente riformata dalla Corte d’appello di Torino, con sentenza pubblicata in data 6 luglio 2020.

La sig.ra F. ha, pertanto, fatto affidamento sull’ammissione allo stato passivo del fallimento Eletta s.r.l., chiedendo, successivamente, di accedere al Fondo di Garanzia INPS e, per tale motivo, non ha presentato insinuazione nello stato passivo del fallimento V.. Sul punto se è vero che: “Il diritto alla prestazione del Fondo nasce, quindi, non in forza del rapporto di lavoro, ma del distinto rapporto assicurativo - previdenziale, in presenza dei già ricordati presupposti previsti dalla legge: 1. - insolvenza del datore di lavoro e accertamento del credito nell’ambito della procedura concorsuale, secondo le regole specifiche di queste; 2. - formazione di un titolo giudiziale ed esperimento non satisfattivo dell’esecuzione forzata.” (Cass., n. 19277 del 2018, v. infra) è altrettanto vero che - fino al 2018 - vi era un orientamento del giudice del legittimità, secondo il quale: “La definitiva esecutività dello stato passivo, da cui risulti un credito (nella specie, il TFR e le ultime tre mensilità della retribuzione) in favore del dipendente dell’imprenditore dichiarato fallito, vincola, a prescindere dalla partecipazione alla procedura concorsuale, l’Inps al subentro nel debito del datore di lavoro insolvente, posto che l’art. 2 della l. n. 297 del 1982 ha la finalità di garantire i crediti insoddisfatti dei lavoratori e di evitare loro ulteriori e defatiganti accertamenti.” (Cass., n. 24730 del 2015, v. anche Cass., n. 24231/2014: “L’esecutività dello stato passivo che abbia accertato in sede fallimentare l’esistenza e l’ammontare d’un credito per TFR in favore del dipendente dell’imprenditore dichiarato fallito importa, ai sensi dell’art. 2 legge n. 297/82, il subentro dell’INPS nel debito del datore di lavoro insolvente, senza che l’istituto previdenziale possa in alcun modo contestarne l’assoggettabilità alla procedura concorsuale e l’accertamento ivi operato, al quale resta vincolato sotto il profilo dell’an e del quantum debeatur.”.

Il quadro entro il quale valutare l’eventuale presenza di una causa non imputabile rilevante ai sensi dell’art. 101, comma 4, l.fall. è pertanto incentrato su tre circostanze.

La prima è costituita dall’affidamento riposto in un provvedimento giurisdizionale che riconosceva il credito da t.f.r. maturato fino al2012 (cui è seguita la sentenza del Tribunale di Novara).

La seconda è costituita dall’orientamento interpretativo della giurisprudenza che (fino al 2018) riteneva l’INPS vincolato dal provvedimento del giudice in sede di formazione dello stato passivo.

La terza riguarda l’assenza dell’obbligo di assistenza tecnica per la presentazione della domanda di insinuazione allo stato passivo, circostanza che nel caso di specie ha portato la stessa sig.ra F. (come emerge dal doc. 6 di parte opposta) a presentare la domanda in proprio.

Con riferimento al secondo profilo nella specie la stessa curatela riconosce che solo nel 2018 - e quindi successivamente al maturare del termine annuale ex art. 101, comma 4, l.fall. - il giudice di legittimità (Cass., n. 19277 del 2018) si è occupato, per la prima volta, dell’intervento del Fondo di Garanzia in una vicenda di carattere circolatorio (peraltro assimilabile a quella del presente giudizio di opposizione allo stato passivo), evocando, peraltro, (seppure in una linea di parziale discontinuità) i precedenti del 2015 (“Le questioni, ad avviso del Collegio, non può trovare risposta nei termini indicati dalla sentenza impugnata, seppure del precedente di questa Corte ivi citato cui hanno fatto seguito Cass. nn. 24730 e 23258 del 2015, vanno condivise le premesse relative alla ricostruzione sistematica dell’istituto di cui all’art. 2 della legge n. 297 del 1982.”), per affermare il seguente principio di diritto: “L’art. 2 della I. n. 297 del 1982 e l’art. 2 del d.lgs. n. 82 del 1990, si riferiscono all’ipotesi in cui sia stato dichiarato insolvente ed ammesso alle procedure concorsuali il datore di lavoro che è tale al momento in cui la domanda di insinuazione al passivo viene proposta ed, inoltre, poiché il t.f.r. diventa esigibile solo al momento della cessazione del rapporto, il fatto che (erroneamente) il credito maturate per t.f.r. fino al momento della cessione d’azienda sia stato ammesso allo stato passivo nella procedura fallimentare del datore di lavoro cedente non può vincolare l’INPS, che è estraneo alla procedura e che perciò deve pater contestare il credito per t.f.r. sostenendo che esso non sia ancora esigibile, neppure in parte, e quindi non opera ancora la garanzia dell’art. 2 l. n. 297 del 1982. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione di merito che aveva ritenuto insindacabile, da parte dell’INPS, la spettanza del diritto alla prestazione del Fondo di cui all’art. 2 del d. lgs. 29 maggio 1982, n. 297, benché la domanda di insinuazione al passivo del fallimento del datore di lavoro fosse stata proposta dal lavoratore dopo che il primo aveva ceduto ad altri il ramo d’azienda cui il rapporto di lavoro afferiva).”.

Il caso di specie non può, quindi, essere pienamente sovrapponibile a un’ipotesi di overruling, secondo la connotazione delineata dal massimo consesso di legittimità, che fa riferimento al fisionomico carattere dell’imprevedibilità, per aver agito in modo inopinato e repentino su di un pacifico orientamento pregresso (Cass. S.U. n. 32827 del 2021), non riscontrabile in presenza di contrasti interpretativi su una determinata questione (v. Cass. S.U. n. 17402 del 2012: il “mutamento di una precedente interpretazione giurisprudenziale, non preceduto da un orientamento univoco, non dà luogo ad una fattispecie di overruling, postulando essa un rivolgimento ermeneutico avente carattere, se non proprio repentino, quanto meno inatteso, o comunque privo di preventivi segnali anticipatori del suo manifestarsi, quali possono essere quelli di un, sia pur larvato, dibattito dottrinale o di un qualche significativo intervento della giurisprudenza sul tema (si veda ancora Cass. Sez. U, 10/02/2014, n. 2907).”). Difatti, la pronuncia del 2018 (Cass., n. 19277) affronta, in parte, una questione non esaminata in precedenza, riguardante l’accesso al Fondo di garanzia nell’ambito di una vicenda di carattere circolatorio e, in parte, segna una discontinuità con alcuni precedenti giurisprudenziali. Tale discontinuità è, peraltro, evidenziata anche dalla sentenza della Corte d’appello di Torino del 6 luglio 2020, nella quale - richiamato l’indirizzo di Cass., n. 19277 del 2018 - si legge: “Nella specie, la S.C. ha cassato sentenza di questa Corte, n. 334/2016, che aveva ritenuto doversi fare applicazione dei principi espressi nella pronuncia della Corte di Cassazione n. 24231 del 2014, che, facendo leva sul consolidato orientamento secondo cui l’Inps subentra ex lege nel debito del datore di lavoro insolvente, previo accertamento del credito del lavoratore e dei relativi accessori mediante insinuazione nello stato passivo divenuto definitivo e nella misura in cui risulta in quella sede accertato, avevano affermato l’incontestabilità da parte dell’Istituto di tale accertamento.

Principi richiamati da parte appellata anche nel presente giudizio.”.

Nel caso in esame l’affidamento della parte opponente non è stato, quindi, posto (solamente) su una particolare interpretazione (con la conseguenza che le coordinate ermeneutiche fornite dal giudice di legittimità in tema di cd. overruling non sono decisive per la soluzione del caso di specie), ma su due provvedimenti emessi da due giudici (quello delegato al fallimento Eletta s.r.l. che ha riconosciuto il credito per t.f.r. e quello novarese che in primo grado ha accolto la domanda della sig.ra F. in merito all’accesso al Fondo di garanzia), intervenuti prima che il giudice di legittimità si pronunciasse, nel 2018, sull’insinuazione del t.f.r. e l’accesso al fondo di garanzia nell’ambito di una vicenda circolatoria. L’intervento del giudice di legittimità appena richiamato costituisce, quindi, solo una tessera del complesso mosaico nel quale valutare la causa non imputabile ex art. 101, comma 4, l.fall. In altre parole, l’affidamento prima ancora che su una determinata interpretazione della legge in precedenti casi analoghi a quello della sig.ra F. è da ricondurre a concreti provvedimenti giurisdizionali che si sono pronunciati, in senso positivo, sul diritto di vedere soddisfatto il proprio credito sia nello stato passivo di Eletta s.r.l., sia in conseguenza del decreto di esecutività di quest’ultimo, mediante domanda di accesso al Fondo di Garanzia. Il fatto che la prestazione dovuta da parte di quest’ultimo sia riconducibile a un rapporto assicurativo previdenziale non rileva nel caso di specie, dovendosi valutare le ragioni che hanno condotto la sig.ra F. a presentare una domanda ultratardiva nel fallimento V. F. (considerato che, all’infuori dell’eccezione sollevata richiamando l’art. 101, comma 4, l.fall. non è altrimenti contestato il credito per il t.f.r., né sull’an, né sul quantum).

Il contesto fattuale e temporale appena descritto evidenzia, in primo luogo, una condotta sicuramente non inerte della sig.ra F. nell’agire per il pagamento del proprio t.f.r. e, in secondo luogo, depone per la non imputabilità alla parte opponente della causa dell’insinuazione ultratardiva.

In conseguenza di quanto sin qui evidenziato la sig.ra F. deve essere ammessa allo stato passivo del Fallimento V. F. per l’importo di euro 18.659,60, con il privilegio dell’art. 2751-bis, n. 1), cod. civ., pari al t.f.r. accollato dalla società fallita e maturato nel periodo 3 gennaio 2004 - 30 settembre 2012 (e distinto da quello già ammesso e relativo al periodo per il quale la sig.ra F. ha lavorato alle dipendenze di quest’ultima).