Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 26076 - pubb. 22/10/2021

L’esito favorevole dei procedimenti penali nel corso dei quali il P.M. ha ravvisato la notitia decoctionis influisce sul procedimento prefallimentare?

Cassazione civile, sez. VI, 29 Settembre 2021, n. 26407. Pres. Ferro. Est. Iofrida.


Fallimento – Iniziativa del P.M. – Notitia criminis – Fonte



In tema di iniziativa per la dichiarazione di fallimento da parte del pubblico ministero, ai sensi dell'art. 7 l.fall., un eventuale esito favorevole all'imprenditore dei procedimenti penali nei quali il pubblico ministero ha ravvisato la "notitia decoctionis" è privo di incidenza sulla regolarità del procedimento instaurato a seguito della richiesta, atteso che l'unico dato rilevante ai fini della declaratoria di fallimento è costituito dall'accertamento dello stato oggettivo di insolvenza. (massima ufficiale)


Massimario Ragionato



 


Fatto

La Corte d'appello di Catania, con sentenza n. 753/2019, depositata in data 2/4/2019, ha respinto il reclamo, ex art. 18 L. Fall., della Sa. srl in liquidazione avverso sentenza del Tribunale che aveva dichiarato il fallimento della società, su ricorso del PM.

In particolare, i giudici d'appello hanno sostenuto che sussisteva la piena legittimazione ad agire, ex art. 7 L. Fall., del PM a richiedere il fallimento, avendo questi appreso la notizia dell'insolvenza dell'imprenditore nell'ambito di un procedimento penale pendente in fase di indagini preliminari, non rilevando né la fase né l'esito del suddetto procedimento; del pari era infondata, oltre che del tutto generica, la doglianza della reclamante in punto di insussistenza dello stato di insolvenza ex art. 5 L. Fall., considerato che, in data anteriore alla cancellazione della società dal Registro delle Imprese, avvenuta il 12/1/2018, emergeva già un ingente indebitamento della società nei confronti dell'Erario e dell'INPS (come da estratti di ruolo emessi dall'agente riscossione depositati in sede prefallimentare dal PM e non contestati dalla reclamante), per oltre Euro "1.700.000,00", debito di cui non vi era traccia nei bilanci, a fronte di un attivo patrimoniale, esposto nel bilancio finale di liquidazione del 30/9/2017, di "8.311,00 Euro", essendo irrilevante la circostanza relativa all'assenza di protesti e di procedure esecutive; non ricorreva neppure la circostanza ostativa di cui all'art. 15 L. Fall., ultimo comma, essendo l'esposizione debitoria interamente costituita da debiti scaduti e non pagati di ammontare superiore all'importo indicato dalla norma, e risultava superata la soglia dimensionale di cui all'art. 1 L. Fall., comma 2.

Avverso la suddetta pronuncia, comunicata il 2/4/2019, Sa. srl in liquidazione propone ricorso per cassazione, notificato a mezzo UG il 16-17/4/2019, affidato a due motivi, nei confronti del Fallimento Sa. srl in liquidazione (che non svolge difese).

E' stata disposta la trattazione con il rito camerale di cui all'art. 380-bis c.p.c., ritenuti ricorrenti i relativi presupposti.

 

Motivi

1. La ricorrente lamenta, con il primo motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, degli artt. 7 L. Fall. e 24 Cost., in punto di verifica delle condizioni dell'azione e di ammissibilità dell'istanza di fallimento del PM, non fondata su procedimento penale effettivamente instaurato, stante il generico rimando "ad un mero numero "fascicolo 4818/18 mod 45"", relativo agli atti "non costituenti notizie di reato", con conseguente mancanza di specifica indicazione della notitia decoctionis; con il secondo motivo, si denuncia poi la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, degli artt. 5-15 L. Fall., in punto di elementi fondanti la declaratoria di fallimento, del tutto genericamente indicati.

2. La prima censura è inammissibile.

La ricorrente lamenta che, al momento del deposito della richiesta del P.M., questa era priva della indicazione di un procedimento penale pendente nei confronti della società dal quale potesse emergere lo stato di insolvenza della stessa, anche perché l'unico procedimento penale indicato risultava "iscritto al mod.45" e non presentava quindi alcuna imputazione.

Questa Corte ha già avuto modo di precisare (Cass.14537/2017) che:

a) la ratio dell'art. 7 L. Fall., una volta venuto meno il potere del tribunale di dichiarare officiosamente il fallimento, è chiaramente nel senso di estendere la legittimazione del p.m. alla presentazione della richiesta, in tutti i casi nei quali l'organo abbia istituzionalmente appreso la notitia decoctionis (Cass. 10679/2014; Cass.2339/2016); conseguentemente il riferimento contenuto nell'art. 7 L. Fall., comma 1, n. 1), al riscontro della notitia decoctionis "nel corso di un procedimento penale" non deve essere interpretato nel senso riduttivo, prospettato nel motivo di ricorso, non essendo necessaria la preventiva iscrizione di una notitia criminis nel registro degli indagati a carico del fallendo (Cass. n. 8977/2016) o di terzi;

b) l'esame da parte del pubblico ministero dei risultati dell'indagine svolta dalla Guardia di Finanza, sia se preventivamente disposta dall'organo giurisdizionale in ordine all'esercizio del proprio potere investigativo, sia se eseguita autonomamente dal predetto corpo di polizia, e trasmessa all'ufficio di Procura, rientra pienamente nell'attività istituzionale dell'organo giurisdizionale inquirente;

c) ove gli esiti dell'indagine evidenzino la notitia decoctionis, mediante la rappresentazione di esposizioni debitorie verso il fisco astrattamente idonee a costituire fattispecie incriminatrici speciali, il pubblico ministero è pienamente legittimato ad esercitare l'iniziativa di richiedere il fallimento.

Ne consegue anche che un eventuale esito favorevole all'imprenditore dei procedimenti penali nel corso dei quali il P.M. ha ravvisato la notitia decoctionis sarebbe comunque priva di rilevanza sulla regolarità del procedimento fallimentare instaurato a seguito della richiesta, atteso che nessuna influenza sull'accertamento dello stato oggettivo di insolvenza, unico dato rilevante ai fini della declaratoria di fallimento, può attribuirsi alla verifica delle cause di esso (Cass. 20400/2017, in motivazione).

Deve quindi essere affermato il seguente principio di diritto: "in tema di iniziativa per la dichiarazione di fallimento da parte del P.M., il Pubblico Ministero è legittimato a richiedere il fallimento, ai sensi dell'art. 7 L. Fall., n. 1, , non solo qualora apprenda la "notitia decoctionis" da un procedimento penale pendente, ma anche ogni qualvolta la decozione emerga dalle condotte specificamente indicate nella norma sopra indicata, le quali non presuppongono come indefettibile la pendenza di un procedimento penale, cosicché esse possono emergere anche da procedimento iscritto nel registro degli atti non costituenti reato, il c.d. modello 45 "

3. La seconda censura è inammissibile, perché del tutto generica, consistendo, al di là dell'unico prospettato motivo di violazione di legge, in una mera critica, al di fuori dei rigorosi limiti di cui all'art. 360 c.p.c., n. 5, della sufficienza motivazionale della decisione impugnata.

Detto ciò, relativamente alla validità degli estratti di ruolo in punto di prova relativa allo stato d'insolvenza rilevante ai fini della dichiarazione di fallimento, la giurisprudenza di questo giudice di legittimità, riconosce detta qualità agli estratti di ruolo, ammettendosi che gli estratti dei ruoli, oltre a fornire prova dei debiti tributari ai fini dell'insinuazione al passivo fallimentare (Cass.24589/2019; Cass.2732/2019, ove si è fatta salva la necessità, in caso di contestazioni del curatore, per i crediti tributari, di provvedere all'ammissione con riserva, e per i crediti previdenziali, in quanto assoggettati alla giurisdizione del giudice ordinario, la necessità da parte del concessionario di integrare la prova con altri documenti giustificativi in possesso dell'ente previdenziale), assolvano alla stessa funzione, anche in assenza della notificazione delle cartelle di pagamento, con riferimento alla prova dello stato d'insolvenza per la dichiarazione di fallimento (cfr. Cass. 15407/2001: "il mancato pagamento di somme dovute all'amministrazione finanziaria per IVA ed iscritte a ruolo può considerarsi atto sintomatico di una situazione di insolvenza ai fini della dichiarazione di fallimento senza che rilevi in contrario la circostanza dell'avvenuta impugnazione del ruolo stesso,che ha natura di titolo esecutivo, salvo che il debitore dimostri che l'esecutività dell'atto impugnato è stata sospesa"; Cass.646/2019, non massimata).

La sentenza si è adeguata a tali principi di diritto, dando conto della rilevante esposizione debitoria della società, quale emergente da debiti tributari, documentati con gli estratti di ruolo non specificamente contestati, e dall'inconsistenza, in proporzione, dell'attivo patrimoniale, con ricorrenza dello stato di insolvenza pur in relazione ad impresa in stato di liquidazione (nella specie dal luglio 2017).

Il ricorso non attinge tali statuizioni.

3. Per tutto quanto sopra esposto, va dichiarato inammissibile il ricorso. Non v'e' luogo a provvedere sulle spese processuali non avendo l'intimato svolto attività difensiva.

 

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi delD.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell'importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 21 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2021.