Diritto Civile


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 25557 - pubb. 05/03/2020

Natura ripristinatoria delle rimesse effettuate sul conto intestato all'ente locale

Tribunale Napoli Nord, 05 Febbraio 2020. Est. Auletta.


Espropriazione presso terzi



Siccome le rimesse confluite sul conto intestato all’Ente, in quanto dirette in via prioritaria a ripristinare la disponibilità goduta dall’Ente stesso presso il proprio cassiere hanno natura ripristinatoria, non trova applicazione l’art. 2917 c.c. secondo cui se oggetto del pignoramento è un credito l’estinzione di esso per cause verificatesi in epoca successiva al pignoramento non ha effetto in pregiudizio del creditore pignorante. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)


 


TRIBUNALE ORDINARIO DI NAPOLI NORD

III SEZIONE CIVILE

 

Il Giudice dell’esecuzione, in persona del dott. Alessandro Auletta,

letti gli atti del procedimento n. 149/2019 e quelli del collegato sub-procedimento,

a scioglimento della riserva assunta all’udienza del 16.1.2020,

CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO QUANTO SEGUE:

La presente azione esecutiva trae l’abbrivio dal pignoramento notificato al Comune di Trentola Ducenta dalla Campania Bonifiche s.r.l. (nella qualità spiegata in atti) onde recupere, in via coattiva, il credito vantato da quest’ultima verso il primo, avente titolo nell’ingiunzione di pagamento n. 201766.

In applicazione dell’art. 159 TUEL, il pignoramento è stato correttamente posto in essere nei confronti del tesoriere dell’Ente locale debitore.

All’udienza del 16.5.2019 lo scrivente provvedeva ai sensi dell’art. 548, comma 2, c.p.c. non essendo pervenuta la dichiarazione di quantità da parte del terzo.

Nelle more interveniva cum titulo nella procedura il sig. E. C. M..

In data 3.10.2019 il creditore depositava in atti la dichiarazione di quantità resa dal tesoriere.

Dalla stessa risultava, testualmente, quanto segue:

che l’Ente debitore risulta intestatario di un rapporto di conto corrente che, sia alla data di notifica sia alla data del 25/09/2019, non evidenzia somme a credito;

che tale rapporto di conto corrente usufruisce, alla data di notifica, di un’anticipazione di tesoreria per complessivi €.3.752.376,00 utilizzata per € 179.963,71 concessa in linea con quanto disposto dall’art. 222 del d.lgs. n.267/2000 (T.U.E.L.); per tale rapporto l’Ente, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 159 del TUEL, ha regolarmente assunto in data 12/06/2018 delibera di impignorabilità a valere sul secondo semestre 2018 notificata alla scrivente Banca in data 15/06/2018 per l’importo di €. 4.344.234,25;

che tale rapporto di conto corrente usufruisce, alla data del 25/09/2019, di un’anticipazione di tesoreria per complessivi €.2.556.557,00 utilizzata per € 575.994,10 concessa in linea con quanto disposto dall’art. 222 del d.lgs. n.267/2000 (T.U.E.L.); per tale rapporto l’Ente, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 159 del TUEL, ha regolarmente assunto in data 10/06/2019 delibera di impignorabilità a valere sul secondo semestre 2019 notificata alla scrivente Banca in data 13/06/2019 per l’importo di €. 3.996.556,74.

In limine all’udienza del 3.10.2019 creditore depositava, unitamente alla predetta dichiarazione, memoria difensiva ove – tenuto conto di quanto dalla stessa emerso – si concludeva nel senso che “risulta evidente che il debitore esecutato, anche a volere prescindere dai crediti vantati nei confronti della società I.A.P. S.r.l., vanta un credito nei confronti dell’Istituto Tesoriere per fondi accantonati e non oggetto di vincolo ex art. 159 TUEL ampiamente capiente rispetto al diritto azionato”.

Nell’ambito della predetta udienza il creditore osservava quanto segue:

con riferimento a detta dichiarazione di quantità, contenente affermazione della fruizione da parte dell’Ente esecutato di un’anticipazione di tesoreria e dell’appostazione ad opera del medesimo esecutato, anche sulle somme oggetto di anticipazione, di un vincolo di indisponibilità, la deducente difesa, preliminarmente, fa rilevare che secondo costante giurisprudenza le somme oggetto di anticipazione di tesoreria sono pignorabili ed assegnabili e, di poi, contesta ed impugna la dichiarazione di quantità resa dal terzo pignorato chiedendo termine per acclarare la conservazione della validità ed efficacia del vincolo imposto dall’Ente esecutato in relazione alle prescrizioni contenute nella sentenza 211 del 2003 della Corte costituzionale. Infatti, la deducente difesa fa rilevare di essere stata impossibilitata a verificare il rispetto delle condizioni prescritte, a seguito dell’intervento della Corte Costituzionale, per la conservazione dell’efficacia del vincolo di impignorabilità del secondo semestre 2018 atteso che tra la data della presente udienza e quella in cui è stata resa la dichiarazione di quantità è trascorso un brevissimo lasso di tempo.

Tenuto conto di tanto, il G.E. – in linea con una certa prassi giurisprudenziale –, rilevato che le questioni afferenti alla esistenza e consistenza (nonché alla opponibilità) di vincoli di indisponibilità sulle somme detenute dal tesoriere per conto dell’Ente locale e colpite dal pignoramento devono trovar luogo in sede di contestazione della dichiarazione di quantità ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 549 c.p.c., ha dato termine alla parti per instaurare il contraddittorio sui predetti temi nei confronti del Comune esecutato e del relativo tesoriere (così come prescritto dalla norma precitata) e ha fissato per la comparizione di tutte le parti l’udienza del 16.1.2020.

In limine a tale udienza l’Ente esecutato depositava una comparsa di costituzione e risposta evidenziando:

che le somme sono impignorabili ex art. 159 TUEL;

che spetta al creditore provare la violazione dell’ordine cronologico dei pagamenti per finalità diverse da quelle “protette” dalla delibera così come richiesto, con sentenza manipolativa, dalla Corte Costituzionale come condizione per rendere inefficace il vincolo promanante dalla medesima dichiarazione;

peraltro, in via preliminare andrebbe rilevato che il saldo del conto corrente intestato ad esso Ente locale è, comunque, negativo, dato che le somme “a disposizione” del debitore sono oggetto di anticipazione di cassa ex art. 222 TUEL.

Si è costituito anche il terzo pignorato che – oltre a svolgere considerazioni in sostanza analoghe a quelle poste dal Comune – ha osservato che “il conto “anticipazioni” a partire dalla data del pignoramento (2/11/2018) e fino alla data del 13/1/2020 (ultima data documentalmente disponibile) ha presentato sempre saldi NEGATIVI”.

All’udienza del 16.1.2020, le parti sviluppavano ulteriormente le proprie difese.

In particolare:

il creditore procedente ha osservato quanto segue:

con riferimento, in particolare, all’eccepita impignorabilità dell’anticipazione di cassa ed all’osservanza del criterio dell’ordine cronologico delle fatture. Orbene, quanto al primo profilo (impignorabilità dell’anticipazione di cassa), la deducente difesa fa  rilevare, coerentemente con la giurisprudenza maggioritaria (CFR. ex plurimis Trib. di Catanzaro, sez. distaccata di Chiaravalle, Rep. n. 188/13, ordinanza del 24.04.2013, Trib. di Napoli, Ord. del 12.04.2010; Trib. di Nola, Sez. I, 26/05/2010; Trib. di Santa Maria Capua Vetere, Sent. del 21.02.2006; Trib. Napoli, Sent. del 29.04.1999. Trib. Torre Annunziata, Sent. del 19.07.2013. Cass.Civ. n. 101/2017; Cass. Civ. n. 3790, Trib Agrigento ordinanza del 25), che le somme oggetto di anticipazione di cassa, in quanto entrate nel patrimonio disponibile dell’Ente, acquistano la qualità dell’esigibilità, in uno con quella della pignorabilità, al pari degli altri proventi. Pertanto, la dichiarazione del terzo, laddove dia atto dell’esistenza di un’anticipazione e di un margine disponibile residuo, ha carattere positivo, perché attesta un credito eventuale dell’Ente nei confronti dell’Istituto Tesoriere. Siffatte conclusioni trovano conforto nella particolare natura giuridica dell’istituto dell’anticipazione di tesoreria che, sebbene possa essere ricondotto sotto la categoria dei finanziamenti, per espressa previsione di legge (art. 222 TUEL), non è considerato una forma di indebitamento vera e propria stante gli espressi limiti quantitativi e qualitativi prescritti dalla medesima legge per la sua ammissibilità. A supporto di siffatta conclusione (ovverossia l’anticipazione di cassa non è considerata una forma di indebitamento vera e propria) giova citare l’art. 3, comma 17, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 recante le “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2004)”, nell’ambito della quale sono stati inseriti gli elementi interpretativi dell’art. 119 della Costituzione, in particolare del suo VI comma che prevede il ricorso all’indebitamento da parte degli Enti Locali. Al riguardo:“Non costituiscono indebitamento, agli effetti del citato articolo 119 (Cost.), le operazioni che non comportano risorse aggiuntive, ma consentono di superare, entro il limite massimo stabilito dalla normativa statale vigente, una momentanea carenza di liquidità e di effettuare spese per le quali è già prevista idonea copertura di bilancio”. Orbene, nel caso di specie, il pignoramento risale al 0318 ed il terzo ha dichiarato che alla data di notifica, il rapporto di conto corrente fruiva di un’anticipazione di tesoreria per complessivi €.3.752.376,00 utilizzata per € 179.963,71 concessa in linea con quanto disposto dall’art. 222 del d.lgs. n.267/2000 (T.U.E.L.). Venendo al diverso tema dell’osservanza dell’ordine cronologico delle fatture in presenza di una deliberazione di apposizione del vincolo di cui all’art 159 TUEL, la deducente difesa fa rilevare di avere dimostrato, con la documentazione allegata, che l’Ente esecutato non ha osservato nei pagamenti l’ordine cronologico delle fatture, non fornendo il debitore esecutato, pure essendone onerato, alcun elemento probatorio a sconfessione della dedotta circostanza. Anzi la difesa del Comune ha confermato, implicitamente, la violazione dell’ordine cronologico nel momento in cui ha dedotto di avere eseguito pagamenti rispettando “i requisiti della certezza, liquidità ed esigibilità che giustificano i pagamenti, anche rispetto ad altri maggiormente datati”. In sostanza controparte ha ammesso di avere eseguito pagamenti sulla base di un arbitrario criterio di certezza, liquidità ed esigibilità e non sulla base del criterio legale dell’ordine cronologico delle fatture. Alla luce di quanto, risultando alla data del pignoramento un residuo attivo della concessa anticipazione, la dichiarazione del terzo deve ritenersi positiva ed il pignoramento valido ed efficace. Quindi la difesa del creditore procedente chiede l’assegnazione delle somme pignorate nella misura indicata nella nota di precisazione del credito depositata telematicamente

il creditore intervenuto cum titulo ha osservato quanto segue:

nell’aderire alle conclusioni del procedente fa ulteriormente constare di aver fatto istanza di accesso agli atti in relazione alle determine ed ai mandati di pagamento che non ha trovato alcuna risposta. L’avv. FABOZZI fa presente inoltre che il pignoramento fu notificato al terzo in data 3.8.2018 e che la dichiarazione è pervenuta nel settembre 2019 onde vi è un periodo in relazione al quale tutti i versamenti aventi natura ripristinatoria hanno determinato un saldo attivo, per cui il problema della pignorabilità dell’anticipazione sarebbe superato;

il Comune ed il terzo si sono riportati a quanto osservato nei rispettivi atti difensivi.

Il G.E. si è riservato.

Va esclusa – pur nella consapevolezza che altro orientamento giurisprudenziale perviene ad opposte conclusioni - la pignorabilità delle somme di cui l’Ente locale dispone in regime di anticipazione di cassa e, quindi, data l’infruttuosità della promossa esecuzione (accertata all’esito di una parentesi di cognizione ex art. 549 c.p.c.) la medesima va dichiarata improcedibile.

Prima di entrare nel merito della questione, il Tribunale ritiene necessario, anche al fine di fornire alle parti utili indicazioni per la individuazione degli (ulteriori) strumenti di tutela attingibili, evidenziare le ragioni per le quali l’accertamento relativo alla esistenza, consistenza ed opponibilità di un vincolo derivante ex art. 159 TUEL debba essere trattato – in prima battuta – nell’ambito di una parentesi di cognizione ex art. 549 c.p.c..

La precisazione si rende necessaria atteso che, secondo l’opinione prevalente:

il vincolo va dedotto nelle forme dell’opposizione all’esecuzione da parte del debitore (Cass. 4.6.2013, n. 14068, ove si evidenzia che il rimedio è pur sempre quello della opposizione all’esecuzione - e non quella dell’opposizione agli atti esecutivi, come aveva ritenuto il Tribunale - anche quando venga in rilievo il pignoramento di somme presso un soggetto diverso dal tesoriere; in termini, cfr. Cass. 13.1.2009, n. 477; Cass. 11.1.2007, n. 387; Cass. 16.11.2005, n. 23084);

il G.E. può rilevare d’ufficio la impignorabilità delle somme e, nei limiti che sono consustanziali ad una giurisdizione esecutiva, svolgere incombenti istruttori al fine di stabilire se le somme possono essere assegnate o meno.

In termini pratici, peraltro, la previsione di tale potere officioso stempera notevolmente le conseguenze connesse all’eventuale inerzia del Comune nel far valere l’esistenza del vincolo e, come è noto, su tale profilo la Corte di Cassazione ha efficacemente evidenziato che non vi è alcun vulnus al diritto di difesa ed al principio di parità delle armi delle parti in causa (si allude alla fondamentale Cass. 16 settembre 2008, n. 23727, nel mentre la Corte Costituzionale, allorché pronunciò la sentenza n. 211 del 2003, ha ritenuto di non doversi occupare della denunciata asimmetria tra tale previsione e quella in materia di ASL, ove tale potere di rilievo officioso non è previsto, in quanto, nel giudizio a quo, la impignorabilità era stata dedotta in sede di opposizione all’esecuzione dall’Ente locale, donde la irrilevanza della questione).

Peraltro, come si diceva, al Tribunale pare possibile una terza via, consistente nell’allocare tutte le questioni di cui si è detto sopra nell’ambito dell’accertamento endoesecutivo di cui all’art. 549 c.p.c..

Queste, in sintesi, le ragioni che militano a suffragio di tale conclusione.

In primo luogo, sarebbe del tutto incongruo, laddove non vi sia una opposizione all’esecuzione da parte del debitore, imporre al creditore di differire la contestazione ad un momento successivo, coincidente con il rigetto dell’istanza di assegnazione e conseguente estinzione del processo esecutivo.

In secondo luogo, è evidente che la tutela offerta dall’art. 615, comma 2, c.p.c. può dimostrarsi meno efficace di quella offerta dall’art. 549 c.p.c..

Ed infatti, in un caso (e sempre che non sia intervenuta l’ordinanza di assegnazione), il debitore potrebbe ottenere la sospensione della procedura e non - a rigore (e salvo l’intervento officioso del Giudice) – la liberazione delle somme pignorate; ciò che invece ben può accadere all’esito del giudizio sommario di accertamento (nell’ambito del quale la rilevabilità officiosa dei vincoli resta ammessa), laddove il G.E. si risolva nel senso della indisponibilità delle somme.

Oltre a ciò, è necessario evidenziare che, nel relegare la cognizione di tale profilo in sede di opposizione all’esecuzione, si perviene alla paradossale situazione per cui le questioni relative alla “esistenza” del credito sarebbero risolvibili con decisione sommaria non idonea al giudicato, laddove quelle relative alla sua pignorabilità – rectius alla sussistenza delle condizioni di efficacia del vincolo di impignorabilità - esigerebbero le forme (e i tempi) della cognizione piena

Si può inoltre osservare che – diversamente dai casi in cui venga tout court in rilievo la impignorabilità dei beni (ove un’iniziativa del debitore appare pur sempre necessaria) – ciò di cui si discute non è tanto la sussistenza o meno della causa di impignorabilità quanto piuttosto la esistenza delle condizioni perché la delibera ex art. 159 TUEL sia ritenuta efficace nei riguardi del creditore procedente.

Altrimenti detto, l’accertamento attiene più alla qualità del vincolo che non – sic et sempliciter – alla esistenza o meno dello stesso.

D’altro canto, è noto che il giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo è diretto, in caso di mancanza della dichiarazione o (come nella specie) di sua contestazione, a consentire l’individuazione dell’oggetto dell’esecuzione forzata.

In concreto, per esemplificare, potrebbero venire in rilievo questioni più articolate della mera impignorabilità del credito, quali: a) l’accertamento della esistenza (e semmai) dell’entità di somme che, al netto di quelle indisponibili, possano essere assegnate al creditore (onde si discute dell’entità dell’importo da assegnare e, pertanto, dell’identificazione dell’oggetto dell’azione esecutiva); b) l’accertamento della esistenza di particolari modalità del rapporto di tesoreria che potrebbero incidere sulla concretizzazione dell’importo da assegnare (come quando vi sia stata un’anticipazione di cassa); c) l’accertamento della esistenza di fatti impeditivi all’efficacia della delibera di impignorabilità.

Sarebbe poi sempre garantita la possibilità di instaurare un giudizio a cognizione piena, attraverso l’impugnazione dell’ordinanza che definisce l’accertamento endoesecutivo.

Invero, se si tiene conto di quanto ritenuto da Cass. 16 settembre 2008, n. 23727 - che contiene spunti nel senso che la disciplina in esame sia anche sotto il profilo dei poteri officiosi del G.E. speciale rispetto a quella codicistica -, sembra potersi sostenere che tale soluzione garantisca una simmetria degli strumenti di reazione, in quanto il rimedio offerto dall’ordinamento sarebbe il medesimo sia che lo invochi il creditore (ad esempio deducendo la inefficacia in parte qua della delibera di impignorabilità) sia che lo invochi il debitore e, ancora, sarebbe lo stesso il rimedio “impugnatorio” concesso avverso l’ordinanza emanata dal G.E. all’esito dell’accertamento endoesecutivo.

D’altronde, a chi ritiene che di tali accertamenti il G.E. debba occuparsi in via officiosa, si potrebbe replicare che l’attivazione di un contraddittorio endo-esecutivo, nelle forme di cui all’art. 549 c.p.c., consente all’interessato più ampie (ancorché non sproporzionate, avuto riguardo all’esigenza di definire il procedimento in tempi rapidi) garanzie difensive; oltre al fatto – non meno importante – che in questa sede il G.E. godrebbe di poteri istruttori di cui, al di fuori dell’accertamento endoesecutivo, sarebbe senz’altro precluso l’esercizio (si pensi in primo luogo alla possibilità di disporre una CTU contabile ove necessario per appurare l’ordine cronologico dei pagamenti “in violazione).

Svolta questa premessa di contesto, è necessario individuare l’ordine logico della questioni rilevanti.

Pare evidente che – prima ancora di occuparsi della eventuale inefficacia della delibera di impignorabilità relativa al periodo in cui fu notificato il pignoramento per avere l’Ente locale emesso, in tale periodo, mandati di pagamento per titoli diversi da quelli protetti dalla delibera senza rispettare il necessario ordine cronologico delle fatture (ovvero, ove non sia prescritta fattura, l’ordine di deliberazione degli impegni di spesa) – occorre chiarire se le somme di cui l’Ente “dispone” in regime di anticipazione di cassa siano o meno pignorabili.

La soluzione negativa a tale questione rende, all’evidenza, superfluo l’esame del profilo, sopra tratteggiato, relativo al regime di impignorabiità ex art. 159 TUEL ed alle condizioni ricorrendo le quali il creditore può, ciò nondimeno, ottenere l’assegnazione del credito pignorato.

In primo luogo, va esclusa una qualificazione privatistica della fattispecie, atteso che – come si dirà – l’anticipazione di cassa a favore di Enti locali è istituto di diritto pubblico e che trova, nell’ambito del TUEL e di altre fonti, una propria (compiuta) disciplina speciale, onde l’accostamento alle norme in materia di conto corrente (in specie all’art. 1830 c.c., come fatto dal Comune di Trentola Ducenta) o alle norme in materia di aperture di credito (come fatto da una dottrina che non è possibile in questa sede citare, stante il divieto di cui all’art. 118, comma 3 d.a. c.p.c.) è, prima ancora che problematico, del tutto inutile.

Riguardo alla tematica dell’anticipazione di cassa, rileva, anzitutto, l’esame dell’art. 222, d.lgs. n. 267 del 2000 (c.d. TUEL).

A mente del primo comma dell’art. 222, cit., “il tesoriere su richiesta dell'ente corredata dalla deliberazione della giunta, concede allo stesso anticipazioni di tesoreria, entro il limite massimo dei tre dodicesimi delle entrate accertate nel penultimo anno precedente”.

Avuto riguardo alla necessità di fronteggiare la crisi finanziaria degli Enti locali, il limite appena indicato è stato - nel corso degli ultimi anni, e con provvedimenti “temporanei” più volte “prorogati” - elevato da tre a cinque dodicesimi.

A mente del comma 2-bis della disposizione in esame (introdotto dal d.l. n. 174 del 2012), “per gli enti locali in dissesto economico-finanziario ai sensi dell'articolo 246, che abbiano adottato la deliberazione di cui all'articolo 251, comma 1, e che si trovino in condizione di grave indisponibilità di cassa, certificata congiuntamente dal responsabile del servizio finanziario e dall'organo di revisione, il limite massimo di cui al comma 1 del presente articolo è elevato a cinque dodicesimi fino al raggiungimento dell'equilibrio di cui all'articolo 259 e, comunque, per non oltre cinque anni, compreso quello in cui è stato deliberato il dissesto. È fatto divieto ai suddetti enti di impegnare tali maggiori risorse per spese non obbligatorie per legge e risorse proprie per partecipazione ad eventi o manifestazioni culturali e sportive, sia nazionali che internazionali”.

La Corte Costituzionale (Corte Cost., 2.7.2014, n. 188), nel valutare la compatibilità con l’art. 119 Cost. di una norma posta dalla Provincia autonoma di Bolzano che riconosceva all'assessore provinciale alle finanze la possibilità di avvalersi di altri istituti di credito, diversi dal tesoriere unico, per l'assunzione di anticipazioni di cassa, in misura illimitata e da contabilizzarsi nelle partite di giro, nel dichiarare la incostituzionalità di tale disposizione, ha sottolineato che “la regola aurea è pur sempre rappresentata dal divieto di indebitamento per spese diverse dagli investimenti, ragione per la quale i concetti di indebitamento e di investimento, necessari per scrutinare la legittimità di norme denunciate in riferimento a tale regola, devono essere univoci sull'intero territorio nazionale e, per questo motivo, la loro emanazione è di competenza dello Stato, anche in attuazione del principio unitario (art. 5 cost.), dei poteri di coordinamento della finanza pubblica (art. 117, comma 3, cost.), della tutela degli equilibri di bilancio (art. 81 cost.), e dell'ordinamento civile (art. 117, comma 2, lett. l), cost.)”.

D’altro canto, anche la giurisprudenza contabile ha evidenziato che “non è conforme ai principi di sana gestione finanziaria l'utilizzo dell'anticipazione di tesoreria quale forma sistematica di finanziamento dell'ente, trattandosi di una forma di indebitamento a breve termine consentita solo per esigenze eccezionali e per far fronte a temporanei problemi di liquidità” (Corte Conti, Sardegna, 23.7.2012, n. 63).

Va allora escluso – come invece profilato dalla difesa del procedente – che l’anticipazione di cassa sia una modalità ordinaria di gestione delle risorse del Comune con la conseguenza che sarebbe incongruo limitare, in tal caso, la tutela esecutiva del creditore.

Piuttosto la questione va impostata tenendo conto di un profilo di carattere generale, concernente la inopponibilità al creditore pignorante, non solo degli atti dispositivi, ma anche dei fatti estintivi (i.e. atti con funzione solutoria) verificatisi successivamente alla notifica dell’atto di pignoramento ai sensi dell’art. 2917 c.c..

Per stabilire se le operazioni svolte in anticipazione di cassa siano o meno opponibili al creditore ai sensi della predetta disposizione è necessario verificare se le stesse (ed in specie se le rimesse attive sul conto intestato all’Ente locale) abbiano una funzione solutoria o ripristinatoria.

A tal fine appare necessario premettere che – per i soggetti cui si applica la l. n. 720 del 1984 (quindi anche per i Comuni) – trovavano applicazione:

l’art. 4, d.m. 26.7.1985, secondo cui “le anticipazioni effettuate agli enti ed organismi pubblici dai tesorieri, nei limiti previsti dalla normativa in vigore, in mancanza di disponibilità non vincolate nelle contabilità speciali in essere presso le sezioni di tesoreria provinciale dello Stato, devono essere estinte, a cura dei tesorieri, non appena siano acquisiti introiti non soggetti a vincolo di destinazione”;

l’art. 5 del medesimo d.m., secondo cui “la regolazione dei rapporti di debito e credito fra i tesorieri o cassieri e le sezioni di tesoreria provinciale a valere sulle contabilità speciali, avviene entro il terzo giorno lavorativo successivo a quello di esecuzione delle operazioni presso la competente filiale della Banca d'Italia, attraverso la movimentazione dei conti di gestione”.

Il decreto ministeriale del 1985 è stato integralmente sostituito da quello da quello adottato in data 4.8.2009.

Per quanto qui specificamente interessa, l’art. 4, del d.m. da ultimo citato prevede che “le anticipazioni effettuate agli enti ed organismi pubblici dai tesorieri, nei limiti previsti dalla normativa in vigore, in mancanza di disponibilità non vincolate nelle contabilità speciali in essere presso la Tesoreria dello Stato, devono essere estinte, a cura dei tesorieri, non appena siano acquisiti introiti non soggetti a vincolo di destinazione sul conto corrente bancario intestato agli enti e organismi pubblici, ovvero entro il giorno lavorativo successivo qualora gli introiti siano stati acquisiti sulla contabilità speciale presso la Tesoreria dello Stato”.

Fatta eccezione per alcuni profili procedurali la disposizione attualmente in vigore, proprio come quella previgente, disciplina un meccanismo di regolazione dei rapporti tra Ente e tesoriere in forza del quale le somme rimesse sul conto corrente sono prioritariamente destinate al rientro dell’anticipazione ed hanno quindi una funzione ripristinatoria.

La normativa regolamentare in esame si collega, peraltro, alla disposizione contenuta nell’art. 1, comma 4, della legge sulla tesoreria unica, secondo cui “il decreto ministeriale che, a norma del precedente secondo comma, stabilisce le condizioni, i criteri e le modalità di attuazione delle discipline previste dalla presente legge deve garantire agli enti ed organismi interessati la piena ed immediata disponibilità, in ogni momento, delle somme di loro spettanza giacenti in tesoreria nelle contabilità speciali fruttifere e infruttifere” (corsivi nostri); e ciò anche laddove le somme “di loro spettanza” siano state, in virtù del meccanismo di cui qui si discorre, anticipate dal tesoriere.

Sulla natura ripristinatoria delle rimesse in questione, un contributo chiarificatore è stato offerto dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. 25.8.2017, n. 20394), che – pur senza essersi occupata ex professo del tema della pignorabilità delle somme disponibili in via di anticipazione – ha chiarito la natura del procedimento di regolazione dei rapporti tra Enti e tesorieri, da un lato, e tesorieri e Sezioni di tesoreria dall’altro.

A dire della Corte, infatti, la disposizione contenuta nell’art. 5, d.m. 26.7.1985 “non si riferisce al rapporto tra l'ente o l'organismo pubblico che si avvale del servizio di tesoreria e la banca, o istituto di credito, che tale servizio esegue”; essa riguarda piuttosto “il rapporto tra i tesorieri o cassieri e le sezioni di tesoreria provinciale, stabilendo che i rapporti di debito e credito tra i medesimi vadano definiti nel termine indicato”.

Tuttavia, ciò non significa “che l'estinzione per compensazione tra l'ente o l'organo, da un lato, e il tesoriere o cassiere, dall'altro, si attui dopo che siano decorsi i tre giorni lavorativi o, addirittura, nel periodo successivo, nell'ipotesi in cui le operazioni di contabilizzazione delle partite di debito e credito intercorrenti tra il tesoriere o cassiere e la sezione di tesoreria si concludano dopo tale termine”.

Osta ad una simile lettura lo stesso art. 4, d.m. 26.7.1985 (di analogo tenore rispetto alla norma attualmente in vigore) che prevede che le anticipazioni del tesoriere vanno estinte, come si è visto, “non appena siano acquisiti introiti non soggetti a vincoli di destinazione”.

D’altro canto, osserva la Corte, tale disposizione “costituisce coerente applicazione della prescrizione normativa contenuta nella L. n. 720 del 1984, art. 1, comma 4, il quale ha inteso assicurare agli enti o organismi che si avvalgono dei servizi di tesoreria ‘la piena ed immediata disponibilità, in ogni momento, delle somme di loro spettanza giacenti in tesoreria’: una volta che le predette somme risultano giacenti in tesoreria, esse, per legge, devono essere nella disponibilità del soggetto o organo pubblico che è tenuto al rimborso dell'anticipazione; non vi è allora alcuna ragione per escludere che, a partire dal momento in cui esse affluiscono sul conto, debbano soddisfare le ragioni creditorie del tesoriere”.

Consegue da quanto sopra:

che il meccanismo compensativo, in base alla prescrizione dell'art. 4, deve attuarsi immediatamente, in ragione della semplice giacenza, nella disponibilità dell'ente o all'organismo interessato, di somme idonee a far venir meno il debito contratto per effetto dell'anticipazione di cassa da parte del tesoriere;

che “resta estraneo al tema della compensazione delle partite di debito e credito tra enti (o organismi pubblici), e tesorieri (o cassieri) il procedimento di regolazione dei rapporti tra questi ultimi e le sezioni di tesoreria”, tale profilo essendo disciplinato dall’art. 5, cit., nonché dall’art. 8 del medesimo decreto.

A supporto della suddetta soluzione (la compensazione opera immediatamente tra Ente e tesoriere, laddove nei rapporti tra quest’ultimo e la Tesoreria provinciale deve tenersi conto di quanto previsto dall’art. 5, cit.), la Corte richiama anche la disposizione, pure sopra citata, dell’art. 4, d.m. 4.8.2009.

Difatti, “appare (…) utile ricordare che il D.M. 4 agosto 2009, art. 4 (decreto recante le nuove modalità di regolamento telematico dei rapporti tra tesorieri e cassieri degli enti ed organismi pubblici e la Tesoreria dello Stato) contenga, proprio con riferimento all'estinzione delle anticipazioni dei tesorieri una norma parzialmente diversa da quella, che qui viene in esame. Stabilisce il decreto del 2009 (…) che le anticipazioni, in mancanza di disponibilità non vincolate nelle contabilità speciali in essere presso la Tesoreria dello Stato, devono essere estinte, a cura dei tesorieri, non appena siano acquisiti introiti non soggetti a vincolo di destinazione sul conto corrente bancario intestato agli enti e organismi pubblici, ‘ovvero entro il giorno lavorativo successivo qualora gli introiti siano stati acquisiti sulla contabilità speciale presso la Tesoreria dello Stato’. Risulta, così, che un trattamento differenziato, per quanto attiene alla compensazione con gli introiti acquisiti sulle contabilità speciali presso l'ufficio di tesoreria, è stato introdotto solo nel 2009 (ammettendosi, per tale sola ipotesi, che l'estinzione dell'anticipazione abbia luogo il primo giorno lavorativo successivo a quello dell'acquisizione della somma: termine che, anche in questo caso, non coincide necessariamente con quello entro cui vanno regolati, a norma del successivo art. 5, i rapporti di debito e credito tra tesoriere o cassiere e tesoreria)”.

Tirando le fila del discorso finora condotto, deve ritenersi:

che gli Enti soggetti all’applicazione della l. n. 720 del 1984 possono godere di anticipazioni di cassa da parte del proprio tesoriere;

che, per gli Enti locali, l’art. 222 TUEL disciplina sia il procedimento diretto ad ottenere l’anticipazione che il limite massimo di anticipazione concedibile, ma nulla prevede in relazione alla pignorabilità delle somme concesse in anticipazione;

che le rimesse confluite sul conto intestato all’Ente, in quanto dirette in via prioritaria a ripristinare la disponibilità goduta dall’Ente stesso presso il proprio cassiere (e cioè a far tornare a coincidere saldo disponibile e saldo contabile), non sono pignorabili;

altrimenti detto, non avendo tali rimesse natura solutoria, non se ne può affermare la inopponibilità al creditore pignorante ex art. 2917 c.c.;

a tale soluzione può giungersi sia sulla scorta di una qualificazione “civilistica” del rapporto che lega l’Ente al proprio tesoriere e dell’anticipazione da parte di quest’ultimo (valorizzando, quindi, il disposto degli artt. 1842 e 1843 c.c.) sia – come a chi scrive appare preferibile - sulla scorta dell’esame della disciplina pubblicistica che riguarda recta via tale rapporto;

in particolare, ponendosi da tale prospettiva relativamente all’inquadramento della fattispecie, va notato che tanto la disciplina contenuta nella legge sulla tesoreria unica (art. 1, comma 4) quanto quella regolamentare attuativa della prima (sia avuto riguardo al regolamento previgente che a quello attualmente in vigore) prevedono che, laddove un Ente goda di un’anticipazione di cassa, i flussi in entrata sul conto siano prioritariamente diretti a ripristinare la disponibilità e ciò sia in caso di introiti non soggetti a vincolo di destinazione che di introiti confluiti sulle contabilità speciali della Tesoreria dello Stato (ove, peraltro, tali somme non saranno in alcun caso pignorabili, stante quanto previsto dall’art. 1-bis, comma 4-bis, della legge sulla tesoreria unica);

tale soluzione appare allo stato coerente con la giurisprudenza di legittimità (relativa sì al d.m. previgente ma le cui conclusioni sono qui mutuabili attesa la sostanziale identità di ratio tra l’art. 4 di tale d.m. e l’omologa norma attualmente in vigore).

Non ha infine pregio l’eccezione svolta dall’interventore secondo cui vi è un periodo in relazione al quale tutti i versamenti aventi natura ripristinatoria hanno determinato un saldo attivo, per cui il problema della pignorabilità dell’anticipazione sarebbe superato.

Difatti, vanno evidenziati due aspetti:

secondo l’opinione prevalente, il pignoramento “presso terzi” rappresenta una fattispecie a formazione progressiva che si perfeziona non con la notificazione dell’atto al debitore o al terzo, cui pur tuttavia si ricollegano già dei peculiari effetti, quanto piuttosto con la individuazione del suo oggetto e cioè con la fornitura della dichiarazione di quantità o la formazione di un suo surrogato.

Da tanto discende che il momento rilevante per stabilire la esistenza e la natura del rapporto tra debitore e terzo è proprio quello in cui quest’ultimo rende la dichiarazione di quantità.

Si potrebbe obiettare che, nel tempo intercorrente tra la notifica del pignoramento e la fornitura della dichiarazione, il terzo sarebbe comunque tenuto ad operare “il blocco” delle somme.

Se questo è vero da un punto di vista generale, nel caso specifico che qui interessa occorre rimarcare (e siamo al secondo aspetto) che;

l’art. 159, comma 4, TUEL, prevede che “le procedure esecutive eventualmente intraprese in violazione del comma 2 non determinano vincoli sulle somme né limitazioni all'attività del tesoriere”.

La norma va intesa nel senso che, in presenza di una delibera di impignorabilità, il tesoriere può provvedere alla gestione dei flussi di cassa come se il pignoramento non vi fosse mai stato e ciò al fine di impedire che, nelle more di un intervento giudiziale, la funzionalità dell’Ente (cui è preordinata la impignorabilità di cui al comma 2 dell’art. 159 TUEL) sia, comunque, compromessa.

Semmai possono porsi dei profili di responsabilità del terzo:

nei confronti del debitore se viene operato il blocco;

nei confronti del creditore se – essendovi somme in eccedenza rispetto a quelle vincolate – il terzo non le abbia tenute “bloccate” a favore del pignorante (ma questa ipotesi – allo stato – non ricorre nel caso di specie.

 

P.Q.M.

accerta la insussistenza di somme utilmente pignorabili e, per l’effetto, dichiara improcedibile l’esecuzione.

Si comunichi.

Aversa, 5.2.2020

Il G.E.

dott. Alessandro Auletta