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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 2473 - pubb. 01/08/2010.

Ritardo nel pagamento della somma spettante al creditore ammesso in base al piano di riparto


Cassazione civile, sez. I, 02 Aprile 2010, n. 8185. Rel., est. Rordorf.

Fallimento ed altre procedure concorsuali - Fallimento - Ripartizione dell’attivo - Pagamento dei creditori - Ritardo nel pagamento della somma attribuita nel piano di riparto - Interessi compensativi o moratori - Maturazione - Esclusione - Fondamento.


In tema di fallimento, il ritardo nel pagamento della somma spettante al creditore ammesso in base al piano di riparto non gli attribuisce il diritto di percepire gli interessi compensativi o moratori per il periodo compreso tra la data di esecutività del piano ed il pagamento, in quanto l'ammissione del credito al passivo e l'inclusione del relativo importo nel piano di riparto non determinano una novazione del credito, né lo trasformano in un credito nei confronti della massa, con la conseguenza che gli interessi maturati e maturandi, dovendo considerarsi pur sempre accessori di un credito nei confronti del fallito, non possono dar vita ad un autonomo e distinto credito nei confronti della massa, ostandovi d'altronde sia la disciplina dettata dagli artt. 54 e 55 della legge fall., sia, per gli interessi moratori, il carattere satisfattivo della procedura concorsuale, incompatibile con la mora nell'adempimento delle obbligazioni pecuniarie. (massima ufficiale)

Massimario, art. 101 l. fall.

Massimario, art. 110 l. fall.

  

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PROTO Vincenzo - Presidente -
Dott. RORDORF Renato - rel. Consigliere -
Dott. PICCININNI Carlo - Consigliere -
Dott. DOGLIOTTI Massimo - Consigliere -
Dott. CULTRERA Maria Rosaria - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 19318/2006 proposto da:
FALLIMENTO ATLANTIC ZENITH CERAMICA S.P.A. (c.f. 760076815350), in persona del Curatore Avv. BIGARELLI GIORGIO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COSSERIA 2, presso il Dott. PLACIDI GIUSEPPE, rappresentato e difeso dall'avvocato BRIGHENTI Fausta, giusta procura a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
I.N.P.S.;
- intimato -
sul ricorso 23516/2006 proposto da:
ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l'AVVOCATURA CENTRALE dell'I.N.P.S., rappresentato e difeso dagli avvocati CALIULO LUIGI, CORRERÀ FABRIZIO, SGROI ANTONINO, CORETTI ANTONIETTA, giusta procura in calce al controricorso e ricorso incidentale;
- controricorrente e ricorrente incidentale -
contro
FALLIMENTO ATLANTIC ZENITH CERAMICA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COSSERIA 2, presso il Dott. PLACIDI GIUSEPPE, rappresentato e difeso dall'avvocato BRIGHENTI FAUSTA, giusta procura a margine del ricorso principale;
- controricorrente al ricorso incidentale -
avverso la sentenza n. 413/2006 della CORTE D'APPELLO di BOLOGNA, depositata il 18/04/2006;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 03/02/2010 dal Consigliere Dott. RENATO RORDORF;
preliminarmente si procede alla riunione dei due ricorsi vertenti sulla medesima sentenza impugnata;
udito, per il controricorrente e ricorrente incidentale, l'Avvocato CALIULO che ha chiesto il rigetto del ricorso principale, accoglimento del ricorso incidentale;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SORRENTINO Federico, che ha concluso per l'accoglimento per quanto di ragione del ricorso principale e rigetto del ricorso incidentale. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Nell'ambito della procedura di fallimento della società Atlantic Zenith Ceramica s.p.a., pendente dinanzi al Tribunale di Modena, il giudice delegato, con decreto del 23 gennaio 2001, rese esecutivo un piano di riparto parziale che prevedeva il soddisfacimento di un credito privilegiato dell'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (d'ora in poi indicato come Inps) dell'ammontare di L. 7.976.660.978. All'esito di una difficoltosa corrispondenza tra il curatore del fallimento e l'istituto creditore, l'indicata somma fu pagata solo in data 26 marzo 2002 ed, in conseguenza di ciò, l'Inps chiese al giudice delegato che gli fossero corrisposti anche gli interessi moratori o compensativi frattanto maturati. La richiesta non fu accolta ed il tribunale, in sede di reclamo, la dichiarò inammissibile dovendo anche i crediti di massa essere accertati attraverso il procedimento previsto dalla L. Fall., art. 101, e segg..
L'Inps propose pertanto ricorso per il riconoscimento del proprio credito per interessi, ai sensi della norma ora citata, ma senza esito immediato, giacché il tribunale ritenne non spettanti ne' gli interessi moratori ne' quelli compensativi.
Chiamata a pronunciarsi a seguito di gravame, la Corte d'appello di Bologna, con sentenza emessa il 18 aprile 2006, confermò la statuizione negativa in ordine alla spettanza degli interessi moratori, escludendo la configurabilità stessa della mora debendi in relazione a pagamenti da eseguire con le modalità prescritte nelle procedure concorsuali, ma ritenne viceversa che fossero dovuti all'Inps gli interessi compensativi, in misura pari agli interessi bancari di cui il fallimento aveva beneficiato nel tempo intercorso tra la data dell'esecutività del piano di riparto e l'effettivo pagamento. Ammise perciò l'Inps al passivo della procedura concorsuale per la somma di Euro 120.766,40, in prededuzione e con lo stesso grado del privilegio già riconosciuto al credito dell'istituto per sorte capitale.
Avverso tale sentenza il curatore del fallimento ha proposto ricorso per cassazione, articolato in tre motivi.
L'Inps, nel difendersi con controricorso, ha formulato anche un motivo di ricorso incidentale (illustrato poi anche con memoria), per rispondere al quale il curatore ha depositato, a propria volta, un controricorso.
I due ricorsi, siccome proposti avverso la medesima sentenza, sono stati riuniti a norma dell'art. 335 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Prima di procedere all'esame del contenuto di detti ricorsi, occorre osservare che la eccezione d'inammissibilità dei motivi, per difettosa formulazione dei relativi quesiti di diritto, sollevata dalla difesa dell'Inps con riferimento al ricorso principale, non appare accoglibile, e che nemmeno lo è la contrapposta eccezione d'inammissibilità del ricorso incidentale, per difetto d'interesse, prospettata dalla difesa del fallimento.
1.1. I quesiti di diritto a corredo dei motivi del ricorso principale, richiesti dall'art. 366 bis c.p.c. (applicabile, ratione temporis, al presente giudizio di legittimità), risultano redatti in modo del tutto comprensibile e pongono, nell'ottica fatta propria dal ricorrente, questioni puntualmente riferibili ai temi discussi dall'impugnata sentenza ed alle doglianze che il medesimo ricorrente ha inteso formulare.
1.2. L'interesse dell'Inps a coltivare la propria pretesa al conseguimento degli interessi moratori non può esser considerata carente d'interesse sol perché lo stesso ricorrente ha visto accogliere la diversa (ma subordinata) domanda avente ad oggetto gli interessi compensativi, potendosi tutt'al più ritenere che il ricorso incidentale sia implicitamente condizionato all'eventuale accoglimento di quello principale.
2. Le censure contenute nel ricorso principale possono essere riassunte nei termini che seguono.
2.1. La curatela del fallimento sostiene, anzitutto, che la sentenza impugnata sarebbe nulla a causa di un insanabile contrasto nel dispositivo: nel punto in cui il credito dell'Inps per interessi è stato ammesso al passivo, ma in prededuzione e con lo stesso grado di privilegio che assiste il credito per sorte capitale. L'ammissione al passivo implicherebbe però, secondo il ricorrente, la natura concorsuale del credito, per ciò stesso escludendone la prededucibilità, ossia che possa trattarsi di un credito di massa. 2.2. Nel secondo motivo si lamenta la violazione della L. Fall., artt. 34, 54, 55 e 115, nonché dell'art. 1182 c.c., e si sostiene che la disciplina endofallimentare degli interessi sui crediti concorsuali è incompatibile con la maturazione di interessi nell'arco di tempo compreso tra il deposito del decreto che rende esecutivo lo stato passivo ed il pagamento in favore dei creditori. 2.3. Analoga tesi è prospettata nel terzo motivo, ugualmente riferito alla violazione della citata L. Fall., artt. 54 e 55, in cui si denuncia l'errore commesso dalla corte d'appello nell'equiparare, ai fini del regime degli interessi, i crediti concorsuali a quelli di massa.
3. Il ricorso incidentale dell'Inps, denunciando la violazione dell'art. 1224 c.c., ripropone la pretesa dell'istituto in tema di interessi moratori; interessi che l'istituto ricorrente incidentale afferma esser dovuti sui debiti di massa, quale quello in esame, ogni qual volta sia riscontrabile un ingiustificato ritardo degli organi della procedura nel pagamento di somme comprese in un piano di riparto dichiarato esecutivo.
4. Conviene sgomberare subito il campo dal primo motivo del ricorso principale, il quale, contrariamente a quanto eccepito dalla difesa dell'Inps, non è inammissibile.
Non può infatti ravvisarsi alcun giudicato sul merito della pretesa in esame, sol perché era stata in precedenza dichiarata inammissibile la sua proposizione nelle forme del procedimento camerale endofallimentare, quantunque il decreto che tale inammissibilità ebbe a dichiarare non sia stato oggetto di ulteriore impugnazione.
La censura in esame appare, tuttavia, manifestamente priva di fondamento.
È di immediata evidenza che non v' è alcuna intrinseca contraddizione nella sentenza impugnata (nè nel suo dispositivo, ne' nella sua motivazione), in quanto l'espressione "ammette l'Inps al passivo" non sta affatto a significare che il credito per interessi di cui si discute sia stato considerato alla stregua di un credito concorsuale verso la società fallita e non è, pertanto, in alcun modo incompatibile con il riconosciuto carattere prededucibile di detto credito e con il fatto che anch'esso (al pari di quello per sorte capitale che l'istituto vanta nei confronti della società fallita) possa essere assistito da privilegio.
La pronuncia del giudice di merito è invero chiarissima: indica espressamente che il credito per interessi, essendo sorto nel tempo in cui il fallimento ha goduto della disponibilità di una somma di denaro spettante al creditore ed essendo perciò destinato a bilanciare il vantaggio di cui il fallimento medesimo ha in tal modo beneficiato, è stato considerato dalla corte bolognese (si dirà poi se a torto o a ragione) alla stregua di un credito verso la massa, dunque prededucibile; il che tuttavia, come non ha impedito che quel credito fosse sottoposto anch'esso a procedura di verifica nelle forme previste dalla L. Fall., art. 101, e segg., per i crediti concorsuali (donde la sua ammissione al passivo), cosi non ha escluso la necessità d'individuare l'eventuale privilegio da cui sia assistito al fine di disciplinarne il potenziale concorso con altri crediti del pari prededucibili.
5. Gli altri due motivi del ricorso principale possono essere esaminati congiuntamente al ricorso incidentale, trattandosi in tutti i casi d'indagare sulle conseguenze di un eventuale ritardo nel soddisfacimento di crediti ammessi al passivo di un fallimento ed inclusi in un piano di riparto dichiarato esecutivo dal giudice delegato.
S'è già visto come la corte d'appello, pur negando in tal caso la configurabilità di interessi moratori, abbia affermato che il creditore ha diritto di percepire in prededuzione interessi compensativi sul credito inserito nel piano di riparto per il periodo compreso tra la data di esecutività di detto piano e quella del pagamento.
Per verificare la correttezza di siffatte statuizioni occorre muovere da una premessa, per certi aspetti ovvia, e nondimeno indispensabile. 5.1. L'ammissione al passivo del fallimento di un credito vantato nei confronti del fallito e la successiva inclusione nel piano di riparto della somma spettante al creditore ammesso non implicano, sotto alcun profilo, una novazione del credito, ne' in alcun modo lo trasformano in un credito verso la massa. Gli interessi maturati, o da maturare, sono pur sempre accessori del credito del fallito, e perciò, come tali, non possono dar vita ad un autonomo e distinto credito nei confronti della massa.
I debiti di massa, nell'accezione comunemente accolta di questa espressione, sono infatti quelli che trovano la loro causa nelle esigenze di svolgimento della stessa procedura concorsuale e quindi, di regola, in atti posti in essere dagli organi della procedura; il che sicuramente non può dirsi per gli interessi maturati sui debiti del fallito, la cui causa è pur sempre da ricercare
nell'obbligazione principale alla quale accedono. Quanto alla massa, la configurabilità di interessi compensativi (o di interessi corrispettivi) non è neppure ipotizzabile, perché detti interessi si ricollegano ad un rapporto che non vede come parti contrapposte il creditore ed il fallimento.
I crediti per interessi sulle obbligazioni del fallito, d'altro canto, sono disciplinati dalla L. Fall., artt. 54 e 55: il decorso degli interessi legali o convenzionali è sospeso, agli effetti del concorso, salvo che per i crediti garantiti da pegno, ipoteca o privilegio. Per questi ultimi, in particolare, anche prima che fosse dichiarato incostituzionale il comma 3 del citato art. 54 - nella parte in cui non richiamava anche nel fallimento l'estensione del diritto di prelazione agli interessi prevista dall'art. 2749 c.c., per i crediti muniti di privilegio generale o speciale (Corte cost., 28 maggio 2001, n. 162) - ed anche prima delle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 5 del 2006, la prevalente giurisprudenza, ed in particolare quella di legittimità, riteneva che gli interessi continuassero a maturare dopo l'inizio della procedura concorsuale, cessando però poi di decorrere gradualmente e proporzionalmente man mano che fosse liquidato il patrimonio mobiliare del debitore (cfr., per tutte, Cass., 15 marzo 1982, n. 1670).
L'inclusione di un credito in un piano di riparto non è in grado di incidere su tale regime: se la maturazione di interessi su quel credito è sospesa per effetto dell'instaurarsi della procedura concorsuale, o nell'ambito di essa è eventualmente già cessata per essere stati venduti i beni cui il privilegio afferisce, nulla consente di riattivarla. Se, viceversa, in base alle regole dianzi richiamate, si tratta di un credito ancora in grado di produrre interessi in corso di procedura, anche tali interessi dovranno trovare la collocazione che loro spetta; ma ciò del tutto indipendentemente dall'essere stato frattanto reso esecutivo un piano (parziale) di riparto.
A tale principio non si è attenuta l'impugnata sentenza, che ha erroneamente applicato al credito per interessi di cui si discute una regula iuris riguardante invece unicamente i veri e propri crediti di massa.
5.2. Quanto appena osservato si attaglia indubbiamente agli interessi compensativi (o corrispettivi).
Per gli interessi moratori la conclusione è però la medesima, non potendosi in contrario sostenere che qui entra in gioco un ritardo imputabile agli organi della procedura e che, di conseguenza, potrebbe risultare configurabile un debito della massa. Vi osta il consolidato principio a tenore del quale la mora nell'adempimento delle obbligazioni pecuniarie consistente nel ritardo colpevole che giustifica il diritto del creditore al risarcimento del danno quantificato nella misura degli interessi legali ex art. 1224 c.c. - è incompatibile con il carattere satisfattivo della procedura concorsuale e, soprattutto, con i tempi e le modalità previste per i pagamenti, oggetto di attività procedimentali regolate da specifici adempimenti: sicché sui crediti ammessi al passivo fallimentare non sono dovuti interessi moratori, in relazione a qualsiasi tipo di credito, salvo il dovere degli organi di tale procedura imprimere ad essa la massima speditezza possibile in relazione ai casi concreti, e salvo il potere di sollecitazione e di reclamo delle parti (cfr. in argomento, tra le altre, Cass. 25 novembre 2003, n. 17932; 29 ottobre 1997, n. 10639;
14 agosto 1997, n. 7627; 1 settembre 1995, n. 9227; 27 marzo 1993, n. 3728; e 20 novembre 1987, n. 8556).
Da tale orientamento non v'è motivo di discostarsi nel caso in esame, posto che neppure il ricorso incidentale - basato sul non condivisibile presupposto che qui si tratti di un credito di massa, cui si possano applicare regole valide per le obbligazioni contratte direttamente dagli organi della procedura concorsuale - offre validi argomenti per farlo.
6. Da quanto sopra discende l'accoglimento del secondo e terzo motivo ricorso principale, nei termini dianzi indicati, ed il rigetto di quello incidentale.
7. Alla cassazione della sentenza impugnata deve necessariamente far seguito il rinvio della causa alla medesima Corte d'appello di Bologna, in diversa composizione, restando da esaminare la domanda di ammissione al passivo non prededucibile, proposta in via subordinata dall'Inps, sulla quale il giudice di merito non si è soffermato avendo erroneamente considerato il credito per interessi azionato dall'istituto alla stregua di un credito verso la massa. Al giudice di rinvio si demanda di provvedere anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte rigetta tanto il primo motivo del ricorso principale quanto il ricorso incidentale, accoglie le ulteriori censure contenute nel ricorso principale, in relazione alle quali cassa la sentenza impugnata rinviando la causa alla Corte d'appello di Bologna, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 3 febbraio 2010.
Depositato in Cancelleria il 2 aprile 2010