Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 24228 - pubb. 23/09/2020

Dichiarazione di fallimento e conseguenze della mancata comparizione del creditore

Cassazione civile, sez. I, 21 Novembre 2019, n. 30445. Pres. Didone. Est. Genovese.


Dichiarazione di fallimento – Mancata comparizione del creditore – Irrilevanza – Rinvio della trattazione – Esclusione



In tema di dichiarazione di fallimento, non v'è automatismo tra la mancata presenza del creditore e la rinuncia al ricorso; in difetto di elementi concreti allegati dalla reclamante (e valorizzati in sede di reclamo ai sensi della L.Fall., art. 18), il giudice, verificata la regolarità della notificazione del ricorso e del decreto, deve decidere l'istanza nel merito, esclusa la possibilità di una decisione di rinvio della trattazione o di improcedibilità per disinteresse alla definizione o di non luogo a provvedere. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)


Massimario Ragionato



 


Fatto

1. - La Corte d'appello di Napoli ha respinto il reclamo proposto, ai sensi della L.Fall., art. 18, avverso la sentenza del Tribunale di Benevento che (in data 14 ottobre 2016) ha dichiarato il fallimento della (*) snc (*) in liquidazione, nonchè dei soci - A., G. e A.B. - in proprio, previa conferma del decreto di inammissibilità della proposta concordataria di gruppo delle società (*) srl, (*) srl e (*) snc (*).

1.1. - La Corte territoriale, per quello che ancora rileva, ha affermato che il reclamo, proposto dalla società di persone e dai soci illimitatamente responsabili, non poteva trovare accoglimento in quanto: a) il concordato preventivo di gruppo non era proponibile, secondo il principio già enunciato da questa Corte (riferimento a sent. n. 20559 del 2015), pienamente condiviso dalla Corte territoriale, in assenza di una specifica normativa idonea a garantire una "gestione unitaria della situazione economica di sintesi delle singole società", atteso che solo il nuovo progetto di riforma si era orientato in quella direzione; b) la dichiarazione di fallimento era correttamente intervenuta nonostante: b1) la mancata comparizione del creditore all'udienza (del 3 aprile 2016) fissata per la discussione dell'istanza posto che, in assenza di un qualsiasi automatismo tra la mancata presenza del creditore e la rinuncia al ricorso, nella specie nessun elemento concreto era stato allegato dalla reclamante; b2) la contestazione del credito posto a fondamento dell'istanza del Banco di Napoli S.p.A., atteso che in sede "concordataria le fallende avevano riconosciuto la debenza della somma azionata dalla Banca", che risultava - come accertato dal Tribunale dalla documentazione contabile - in un ammontare non soddisfacibile neppure parzialmente; b3) lo stato d'insolvenza della società posta in liquidazione in ragione sia dell'inesistenza della condizione di integrale soddisfacimento dei creditori sociali e sia sulla base degli elementi attivi del patrimonio sociale.

2. - Contro tale decisione la (*) snc (*) in liquidazione, nonchè i soci P.A., G. e P.T. in proprio, hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, che sono stati illustrati anche con memorie (distinte per la società e per i soci).

3. - Il Banco di Napoli SpA ha resistito con controricorso e memoria illustrativa.

3.1. - La Curatela fallimentare non ha svolto difese.

 

Diritto

1.- Con il primo dei quattro mezzi la società e i soci lamentano la violazione della L.Fall., art. 160, nonchè artt. 2497 e ss. c.c. (art. 360 c.p.c., n. 3) per avere il giudice del merito ritenuto inammissibile la proposta di un concordato cd. di gruppo da parte di più società tra di loro collegate.

1.1.- Secondo i ricorrenti, la Corte territoriale avrebbe motivato la propria pronuncia semplicemente riportandosi al dictum della SC e senza l'ausilio di alcuna altra valida argomentazione (senza dire che la sentenza della SC, richiamata nel provvedimento qui esaminato, era stata pubblicata in data successiva a quella di deposito della domanda di concordato sì che, a quella data, l'istanza era pienamente ammissibile e non si poteva certo discorrere di prospective overruling).

1.2.- Non sarebbe affatto necessaria una disciplina legislativa specifica poichè, già allo stato della normativa esistente al momento dell'istanza si sarebbe potuto assicurare, senza confusione delle masse (attiva e passiva), una gestione unitaria delle procedure di concordato, per tutte le società di un gruppo, da parte dello stesso professionista incaricato e sotto il controllo dello stesso organo giurisdizionale, così incentivando il voto positivo da parte di un ceto creditorio informato in ordine a tutte le componenti dell'operazione economica nel suo complesso.

2. - Con il secondo (violazione e falsa applicazione della L.Fall., art. 6 e artt. 99 e 100 c.p.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3) i ricorrenti lamentano l'errore della Corte territoriale per aver ritenuto legittima la dichiarazione di fallimento nonostante che il procedimento non fosse stato coltivato dal ricorrente, rimasto assente all'udienza di discussione.

2.1. - Infatti, il creditore avrebbe l'onere di dimostrare, fino alla pronuncia del Tribunale, di avere ancora interesse alla decisione richiesta sì che, in caso di mancata partecipazione al contraddittorio in quella sede, sarebbe ravvisabile una implicita rinuncia alla domanda proposta.

3. - Con il terzo (violazione e falsa applicazione della L.Fall. art. 5 e art. 15, u.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3) i ricorrenti si dolgono dell'errore commesso dalla Corte d'appello per aver ritenuto esistente il credito azionato dalla Banca ricorrente, nonostante la non infondata nè pretestuosa contestazione mossa dalla pretesa debitrice (che aveva proposto opposizione avverso il DI rilasciato in favore del Banco di Napoli), avendo il Tribunale (prima) e la Corte (poi) ritenuto, quale prova del credito, bastevole il solo saldaconto (senza far riferimento agli estratti del conto corrente). Nè la fideiussione rilasciata dai soci illimitatamente responsabili della snc, in favore della srl (dello stesso gruppo societario), comportava l'obbligo dell'automatica iscrizione del relativo valore come voce di debito nei bilanci societari (ma solo nella nota integrativa o nei conti d'ordine).

3.1.- La presentazione della domanda di concordato anche da parte della società in nome collettivo (previa revoca della sua cancellazione dal registro delle imprese), alla prima udienza fissata per la discussione dell'istanza di fallimento, non costituiva un abuso del processo per quanto l'istanza fosse stata proposta in prossimità della scadenza del termine perentorio dell'anno per la dichiarazione di fallimento, ai sensi della L.Fall., art. 10.

4. - Con il quarto ed ultimo (violazione e falsa applicazione della L.Fall., art. 5, in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione fra le parti, in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 5) i ricorrenti si dolgono dell'omessa indagine sul presupposto dello stato d'insolvenza in capo alla società debitrice, atteso che il ricorso alla procedura di concordato non può far ipotizzare che lo stato di crisi mentre l'insolvenza deve essere dimostrata singolarmente, per ogni società del gruppo.

5. - Il primo motivo di ricorso è infondato.

5.1. - La Corte ha già avuto modo di stabilire le ragioni dell'inammissibilità della proposta di concordato preventivo del gruppo di società.

5.2. - Con una pluralità di pronunce (benchè precedute dall'ordinanza n. 17907 del 2011 che aveva escluso la derogabilità, per ragione di connessione con altre procedure relative a società diverse facenti parte di un gruppo, della regola della competenza territoriale), a partire dalla sentenza n. 20559 del 2015 (cui ha fatto seguito l'ordinanza n. 18761 del 2018), questa stessa sezione, ha con diffusa argomentazione - affermato il principio di diritto secondo cui il concordato cd. di gruppo non è proponibile, innanzi al medesimo tribunale, in assenza di una disciplina positiva che si occupi di regolarne la competenza, le forme del ricorso, la nomina degli organi, nonchè la formazione delle classi e delle masse, sicchè, in base alla disciplina vigente, il concordato preventivo può essere proposto unicamente da ciascuna delle società appartenenti al gruppo davanti al tribunale territorialmente competente per ogni singola procedura, senza possibilità di confusione delle masse attive e passive, per essere, quindi, approvato da maggioranze calcolate con riferimento alle posizioni debitorie di ogni singola impresa.

5.3. - Da ultima, la sentenza n. 19014 del 2017, ha ribadito che l'istituto del concordato cd. di gruppo resta avvinto al fenomeno societario corrispondente, quale appunto il gruppo di società, oggetto di riconoscimento solo indiretto, senza formule definitorie, da parte dell'art. 2497 e seguenti c.c., ove si rinviene la disciplina della responsabilità da direzione e coordinamento, sicchè, all'atto della crisi d'impresa, il riferimento al "gruppo" è legittimo in quanto correlato all'istituto desumibile dalla suddetta disciplina, per modo da potersi propriamente discorrere di "gruppo" in quelle (sole) dinamiche in cui una società (la capogruppo) esercita la propria attività d'impresa dirigendo e coordinando le altre. Ne consegue che il concordato di gruppo non può ammettersi nel caso di crisi gestita da parte di singole società mediante forme di aggregazione diverse dal gruppo societario propriamente inteso, limitate a meri conferimenti di beni e all'accollo di debiti tra le dette società, essendo elemento imprescindibile quello dell'autonomia delle masse attive e passive e la conseguente votazione separata sulle proposte da parte dei creditori di ciascuna società o impresa.

5.4. - A conferma della necessità di una apposita disciplina legislativa per la regolazione dell'insolvenza di gruppo, ove ce ne fosse ancora bisogno per la dimostrazione della complessità della soluzione chiara dei problemi inerenti ad una tale problematica, va ricordato che il Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza (di cui al D.Lgs. n. 14 del 2019) ha, solo ora ed in via innovativa a far data dalla sua piena efficacia, previsto un complesso di regole raccolte nel titolo VI, dedicato alle Disposizioni relative ai gruppi di imprese (artt. 284 - 292), con una specifica previsione (l'art. 284) intitolata al Concordato, accordi di ristrutturazione e piano attestato di gruppo; un'altra (l'art. 285), avente ad oggetto il Contenuto del piano o dei piani di gruppo e azioni a tutela dei creditori e dei soci; ed infine una regolazione (contenuta nell'art. 286) del Procedimento di concordato di gruppo.

5.5. - Una tale complessità di regolazione, va da sè, non poteva certo essere ricavata in via di principio dalla legislazione esistente (quella applicabile ratione temporis), pena - per la carenza di una articolata disciplina - l'affacciarsi di soluzioni non necessitate e di esiti giurisprudenziali difformi, come pure si era già avvertito a seguito di alcuni tentativi dei giudici di merito - per quanto apprezzabili - di anticipare l'intervento legislativo, però rivelatosi indispensabile, come mergeva dall'impossibilità di trovare un'unica e soddisfacente ricostruzione dello stesso procedimento e degli effetti dei suoi atti.

6. - Il secondo motivo di ricorso è, del pari, infondato.

6.1. - Questa Corte si è da ultimo pronunciata sulla questione della mancata comparizione del ricorrente all'udienza di discussione (sentenza n. 24797 del 2019) riaffermando, ad esempio, con riferimento all'impugnazione del decreto in tema di omologa che, "la mancata comparizione delle parti resta disciplinata dal principio (....) per cui il giudice è tenuto a verificare la regolarità della notificazione del ricorso e del decreto, per poi decidere il reclamo nel merito", secondo l'enunciato anteriore (Sez. 1, Sentenza n. 8227 del 2012), a termini del quale in tema di reclamo ai sensi della L.Fall., art. 18, nel nuovo testo modificato dal D.Lgs. n. 169 del 2007, vale il principio per cui, in caso di difetto di comparizione del reclamante all'udienza di trattazione, il giudice, verificata la regolarità della notificazione del ricorso e del decreto, deve decidere il reclamo nel merito, esclusa la possibilità di una decisione di rinvio della trattazione o di improcedibilità per disinteresse alla definizione o di "non luogo a provvedere". Ed anche che, con "riferimento al procedimento di reclamo di cui alla L.Fall., art. 26 (...) trovano applicazione le regole generali sui giudizi camerali ex artt. 737 segg. c.p.c. ed il tribunale è tenuto a decidere il reclamo anche nel caso in cui il ricorrente non compaia in camera di consiglio, sicchè, qualora dichiari erroneamente "non luogo a provvedere" sul medesimo, questo provvedimento è impugnabile con ricorso per cassazione, ex art. 111 Cost. (Cass. 3 agosto 2017, n. 19478; Cass. 11 maggio 2005, n. 9930).".

6.2. - Analoga conclusione si impone, ad avviso del Collegio (sentenza n. 24797 del 2019), con riferimento alla fattispecie della mancata comparizione delle parti all'udienza del giudizio di reclamo in tema di omologa del concordato preventivo, essendo sorretta dalla medesima ratio legis, sicchè deve affermarsi la seguente regula iuris: in tema di dichiarazione di fallimento, essa correttamente interviene nonostante la mancata comparizione del creditore all'udienza fissata dal Tribunale per la discussione dell'istanza da lui proposta, considerato che nel nostro ordinamento non v'è automatismo tra la mancata presenza del creditore e la rinuncia al ricorso, in difetto di elementi concreti allegati dalla reclamante (e valorizzati in sede di reclamo ai sensi della L.Fall., art. 18) e che il giudice, verificata la regolarità della notificazione del ricorso e del decreto, deve decidere l'istanza nel merito, esclusa la possibilità di una decisione di rinvio della trattazione o di improcedibilità per disinteresse alla definizione o di "non luogo a provvedere".

7. - Il terzo motivo di ricorso è inammissibile.

7.1. - Infatti, con tale mezzo, i ricorrenti hanno soltanto richiesto una sorta di rivalutazione dei presupposti per la, non condivisa, decisione di merito (in particolare, con riferimento all'inesistenza del diritto di credito in quanto non documentato sufficientemente) ed il connesso errore del giudice che ha respinto le contrarie deduzioni della società debitrice.

7.2. - Si tratta, infatti, di una richiesta di rivalutazione del merito della causa che non è consentita in questa sede.

7.3. - Nè, con il mezzo in esame, è stata proposta una questione relativa alla presunta violazione della L.Fall., art. 10, per il superamento del termine annuale stabilito per la dichiarazione di fallimento (come con memorie impropriamente "illustrative" si cerca si postulare), poichè tale questione - che non è stata svolta nella sede a quo se non, come emerge a p. 15 della sentenza come violazione della L.Fall., art. 147, a riguardo dei soci illimitatamente responsabili (questione non ripresa in questa sede) - è stata richiamata incidentalmente nel mezzo in esame (che invoca nel titolo la sola violazione della L.Fall., artt. 5 e 15) solo per sostenere che il credito era così inesistente che la società in nome collettivo aveva richiesto la revoca della propria cancellazione allo scopo di resistere sul punto e proporre una domanda di concordato preventivo, assieme alle altre due società collegate.

7.4.- Il motivo difetta, pertanto, di univocità e chiarezza, essendo piuttosto diretto a contestare la valutazione giudiziale (che si assume erronea) dell'esistenza del credito della Banca e non certo ad invocare, peraltro solo in questa sede, la pretesa violazione dell'art. 10 L. Fall., le cui deduzioni non risultano svolte nella fase di merito e comunque, ove anche colà proposte, non richiamate con le necessarie modalità autosufficienti.

7. - Anche l'ultimo motivo di ricorso è inammissibile, poichè anche con questo si chiede il riesame delle valutazioni, più o meno succintamente motivate, in riferimento alle non esposte ed autosufficienti censure della fase di merito.

8. - Il ricorso, pertanto, va complessivamente respinto, con l'affermazione del principio di cui ai p.p. 5.5 e 6.2, e con le conseguenze de: a) le spese processuali, a carico dei ricorrenti e liquidate come in dispositivo; b) il raddoppio del contributo unificato già assolto.

 

P.Q.M.

Respinge il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese processuali che liquida in complessivi Euro 7.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali forfettarie ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dallaL. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della la sezione civile, il 4 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 novembre 2019.