Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 23195 - pubb. 11/01/2019

Trasformazione in società di capitali e automatica estensione del fallimento

Cassazione civile, sez. I, 24 Luglio 1992, n. 8924. Pres. Montanari Visco. Est. Rocchi.


Fallimento - Società e consorzi - Società di persone - Trasformazione in società di capitali - Effetti - Soci della società di persone - Fallimento della società preesistente automatica estensione - Ammissibilità - Termine annuale ex art. 10 legge fall. - Inapplicabilità



La trasformazione di una società di persone in società di capitali non comporta l'estinzione di un soggetto e la creazione di un altro soggetto, ma la semplice modificazione della struttura e dell'organizzazione societaria, che lascia immutata l'identità soggettiva dell'ente ed immutati i rapporti giuridici ad essa facente capo e mantiene inalterata ad ogni effetto, per le obbligazioni anteriori alla trasformazione, la responsabilità illimitata dei soci derivante dal precedente assetto giuridico, salvo che i creditori abbiano aderito alla trasformazione. Ne consegue che detti soci come soggetti, ai sensi dell'art. 147 Legge Fall., alla automatica estensione personale del fallimento della società preesistente e ciò senza che debba ricorrere in loro la qualità di imprenditore o che si realizzi il requisito della insolvenza relativamente alla singola sfera soggettiva e, ancora, senza che operi la regola del termine annuale di cui all'art. 10 Legge Fall.. (massima ufficiale)


Massimario Ragionato



 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE I

 

Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati:

Dott. Giancarlo MONTANARI VISCO Presidente

" Francesco FAVARA Consigliere

" Alfredo ROCCHI Rel. "

" Rosario DE MUSIS "

" Vincenzo CARBONE "

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 17.11.1983 il Tribunale di Venezia dichiarava il fallimento della s.p.a; N. Costruzioni, nonché della preesistente S.N.C. N. A. e figli, e dei soci illimitatamente responsabili Alfredo, Adelino e Livio N..

Con atti di citazione notificati il 28 e 29.11.1983, la società in nome collettivo e il N. in proprio esponevano opposizione a sensi dell'art. 18 L.F..

Con sentenza del 28.5.1983, il Tribunale di Venezia, riunite le cause, revocava il fallimento di Livio N. e respingeva le opposizioni proposte dalla società e da Alfredo e Adelino N.. Avverso detta sentenza proponeva impugnazione innanzi la corte d'appello di Venezia la società e i N. in proprio. Con sentenza del 24.3.1988, la Corte adita respingeva il gravame. Osservava la Corte veneziana: a) che l'esigenza di assicurare il diritto di cui all'art. 15 L.F. deve considerarsi soddisfatta allorché l'interessato viene messo in condizione di difendersi, contestando le ragioni poste a fondamento dell'istanza di fallimento;

b) che la trasformazione di una società di persone in una società di capitali non comporta l'estinzione della società trasformata e la creazione in suo luogo di una nuova società; c) che, pertanto, il fallimento coinvolgeva la società in nome collettivo, manifestazione dell'unico fenomeno societario; d) che in tale contesto trovava giustificazione il fallimento automatico dei soci illimitatamente responsabili, a prescindere dalla qualità di imprenditore e dalla insolvenza degli stessi in proprio, nonché al termine annuale di cui all'art. 10 L.F.; e) che non era stata fornita la prova liberatoria di cui all'art. 2499 c.c.. Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione la s.n.c. e i N. in proprio. Resiste la curatela con controricorso.


MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, deducendo violazione dell'art. 15 L.F., in relazione al successivo art. 147, i ricorrenti deducono che nella specie non è stato garantito, sul piano sostanziale, il diritto alla difesa dell'imprenditore fallendo, previsto dall'art. 15 L.F.. Con il secondo motivo, denunciando violazione falsa applicazione del combinato disposto di cui agli artt. 1 e 10 L.F., in relazione agli artt. 2498 e 2499 c.c. i ricorrenti deducono che a) nell'ipotesi di trasformazione di una società di persone in una società di capitali, pur non provocando detta trasformazione l'estinzione della vecchia società, i soci perdono la qualifica di soci illimitatamente responsabili, ancorché continuino a restare obbligati personalmente e con l'intero loro patrimonio per le obbligazioni sociali antecedenti alla trasformazione; b) conseguentemente, se la trasformazione prova la perdita della qualità di socio illimitatamente responsabile, i vecchi soci non possono essere dichiarati falliti dopo il decorso del termine annuale stabilito dall'art. 10 L.F..

Deducono, ancora, i ricorrenti che, se detto termine non fosse applicabile al caso di specie, ne deriverebbe una violazione del principio di eguaglianza sancito dall'art. 3 Cost. Il ricorso è infondato in ogni sua parte.

In ordine al primo motivo va rilevato che l'inderogabile esigenza di assicurare il diritto di difesa dell'imprenditore insolvente nella fase anteriore al fallimento, in esito alla sentenza della Corte costituzionale nn. 141-70 e 110-72, deve ritenersi soddisfatta, con riguardo ai limiti della struttura sommaria e camerale del procedimento per la dichiarazione del fallimento, ogni qualvolta l'imprenditore sia posto comunque in grado di conoscere e contraddire le ragione che hanno portato a richiedere detta dichiarazione; e a tal fine la convocazione ed audizione del socio illimitatamente responsabile, in qualità di rappresentante della società, è idonea a metterlo in grado di esercitare il diritto di difesa sia con riguardo alla dichiarazione di fallimento della società, sia con riguardo alla dichiarazione di fallimento di esso socio, conseguente "ope legis" (Cass. 5394-85 e 3140-86).

In ordine al secondo motivo, va rilevato come sia principio costantemente affermato quello secondo cui la trasformazione di una società di persone in società di capitali non comporta l'estinzione di un soggetto e la creazione di un altro soggetto, ma la semplice modificazione della struttura e dell'organizzazione societaria, che lascia immutata l'identità soggettiva dell'ente ed immutati i rapporti giuridici ad esso facenti capo e mantiene inalterata ad ogni effetto per la obbligazioni anteriore alla trasformazione, la responsabilità illimitata dei soci derivante dal precedente assetto giuridico, salvo che i creditori sociali abbiano aderito alla trasformazione (Cass. 953-77).

Ne consegue che in forza della permanente qualità di soci illimitatamente responsabili ad ogni effetto per le obbligazioni anteriori alla trasformazione dei soci della società di persone trasformatasi in società di capitali, gli stessi sono soggetti, ai sensi dell'art. 147 L.F., alla automatica estensione personale del fallimento della società preesistente e ciò senza che debba ricorrere in loro la qualità di imprenditori o che si realizzi il requisito della insolvenza relativamente alla singola sfera soggettiva (Cass. 184-79); ed, ancora, senza che operi la regola del termine annuale di cui all'art. 10 L.F..

Quanto alla dedotta questione di costituzionalità è sufficiente ribadire che l'art. 147 L.F. manifestamente non si pone in contrasto con l'art. 3 Cost., in quanto la prevista diversità di disciplina nei confronti dell'impresa individuale e di quella collettiva, per quanto riguarda la decorrenza del termine di dichiarazione del fallimento, è giustificata dalla diversità giuridica e di fatto delle due situazioni comparate, altro essendo l'impresa individuale, legata alla esistenza in vita ed alla attività dell'imprenditore - o persona fisica, altro essendo l'impresa collettiva, la cui estinzione dipende dalla risoluzione dell'intero complesso dei rapporti intersoggettivi che ne sono alla base (Cass. 485-86). In conclusione, il ricorso va rigettato e i ricorrenti condannati alle spese del presente giudizio, nella misura di cui in dispositivo.

 

P.Q.M.

La Corte suprema di cassazione, sezione prima civile rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti alle spese del presente giudizio, nella misura di L. 2.042.200 di cui L. 2.000.000 per onorari. Così deciso in Roma nella camera di consiglio dell'8.11.1991.