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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 23175 - pubb. 08/02/2020.

Holding personale: gruppo di imprese, eterodirezione ed esautoramento degli organi societari interni


Tribunale di Vicenza, 21 Gennaio 2020. Pres., est. Limitone.

Fallimento – Holding personale – Gruppo di imprese – Eterodirezione – Esautoramento degli organi societari interni – Necessità


Non può dirsi integrato un fenomeno di holding quando non vi sia prova del completo esautoramento degli organi interni (amministratori ed assemblea) delle società del gruppo che si dicono assoggettate alla volontà della holding medesima, i quali, nel caso della holding, dovrebbero essere dei semplici prestanome o comunque dei meri figuranti. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)

 

TRIBUNALE DI VICENZA

Il Tribunale, riunito in Camera di consiglio in persona di:

dr. Gaetano Campo               Presidente               

dr. Giuseppe Limitone           Giudice rel.

dr. Massimiliano De Giovanni    Giudice

visto il ricorso che precede ed i documenti allegati, di cui al fascicolo n. 324/2019;

sentita la relazione del giudice incaricato;

ha pronunciato il seguente

DECRETO

Ritenuta la legittimazione, secondo la stessa prospettazione attorea, del ricorrente Fallimento F. srl, in ordine alla presente azione, posto che afferma di aver subito un danno patrimoniale dalla asserita eterodirezione della ipotizzata SDF tra i resistenti, ciò che consente di esaminare il merito della vicenda.

Si afferma l’esistenza di una holding personale di fatto, nella forma Di SDF tra A. G. e M. M. G., sulla base di una serie di email scambiate tra i ricorrenti, anche con soggetti terzi, da cui emergerebbe un’attività di eterodirezione da parte della SDF esistente tra i resistenti nei confronti di un gruppo di imprese riconducibili ai medesimi soggetti, avendo essi rivestito nelle diverse società del gruppo ruoli di vario genere, dal socio, all’amministratore e al sindaco.

La giurisprudenza afferma l’esistenza di una holding di fatto, pura (di gestione) o operativa (di mero finanziamento), nei termini che seguono: “È configurabile una "holding" di tipo personale allorquando una persona fisica, che sia a capo di più società di capitali in veste di titolare di quote o partecipazioni azionarie, svolga professionalmente, con stabile organizzazione, l'indirizzo, il controllo ed il coordinamento delle società medesime, non limitandosi, così, al mero esercizio dei poteri inerenti alla qualità di socio. A tal fine è necessario che la suddetta attività, di sola gestione del gruppo (cosiddetta “holding” pura), ovvero anche di natura ausiliaria o finanziaria (cosiddetta “holding” operativa), si esplichi in atti, anche negoziali, posti in essere in nome proprio, fonte, quindi, di responsabilità diretta del loro autore, e presenti, altresì, obiettiva attitudine a perseguire utili risultati economici, per il gruppo e le sue componenti, causalmente ricollegabili all'attività medesima.” (Cass. 6 marzo 2017 n. 5520).

Qui, tuttavia, non è ravvisabile una gestione verticale di A. con altri (M.) sul gruppo di società, poiché:

- A. non è socio di tutte le società del gruppo pretesamente eterodiretto, per quanto l’holder potrebbe anche non essere socio, purtuttavia dovrebbe risultare il compimento di atti negoziali e non negoziali di eterodirezione, di univoca lettura, mentre le email prodotte, ove riferite ad attività decisionali-gestionali, ben potrebbero essere espressione di un’attività – sia pure molto “spinta” - di mera consulenza, che è ben compatibile con il ruolo di advisor che aveva A., attività che, in ogni caso, era rivolta all’amministratore M. su un piano di parità, e non di eterodirezione;

- egli sembra cooperare, quindi, alla gestione delle società su un livello paritario orizzontale e non certo verticale, tipico della holding, rispetto all’amministratore di diritto (quale è M.);

- M., invero ed in via assorbente, la prova dell’esautoramento degli organi interni delle società del gruppo, ad esempio dell’assemblea di F. srl, governata da una società fiduciaria (ATC srl), che neppure è stata evocata in giudizio perché si potesse verificare l’effettività della sua formale governance, nonostante detenga il 95% del capitale sociale.

In conclusione, non può dirsi integrato un fenomeno di holding quando non vi sia prova del completo assoggettamento alla volontà dell’holder da parte degli organi sociali (amministratori ed assemblea) delle controllate di fatto, le quali, nel caso che occupa, non sembrano essere dei semplici prestanome o comunque dei meri figuranti, come dovrebbe essere nel caso della holding.

Non è possibile quindi esprimere un giudizio certo sull’esistenza di una holding, sia pure solo operativa, negli univoci termini prospettati dal Fallimento ricorrente.


P.  Q.  M.

visto l'art. 1 l.f.;

rigetta il ricorso presentato il 30.10.2019 da Fallimento F. srl nei confronti di A. G. e M. M. G.  in proprio e quali soci di fatto;

condanna il Fallimento F. srl al pagamento delle spese della presente fase, in favore della parte costituita A. G., liquidate in forfetari € 2.000,00, oltre accessori di legge.

Vicenza, 16.1.2020.