Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 23129 - pubb. 11/01/2019

Imprenditore ritirato, decorrenza del termine per la dichiarazione di fallimento, questione di Illegittimità costituzionale

Cassazione civile, sez. I, 21 Novembre 2011, n. 24431. Pres. Proto. Est. Fioretti.


Imprenditore ritirato - Decorrenza del termine per la dichiarazione di fallimento - Effettiva cessazione dell'attività d'impresa - Prova da parte dell'imprenditore - Mancata previsione - Illegittimità costituzionale dell'art. 10 legge fall., come modificato dal d.lgs. n. 169 del 2007 - Esclusione - Fondamento



L'art. 10 legge fall., come modificato dal d.lgs. 12 settembre 2007, n. 169, nel prevedere la possibilità per il solo creditore e per il P.M., e non anche per l'imprenditore, di dimostrare il momento dell'effettiva cessazione dell'attività d'impresa ai fini della decorrenza del termine per la dichiarazione di fallimento, non si pone in contrasto con gli artt. 3, 24 e 111 Cost., atteso che, se gli fosse consentito di dimostrare una diversa e anteriore data di effettiva cessazione dell'attività imprenditoriale rispetto a quella della cancellazione dal registro delle imprese, la tutela dell'affidamento dei terzi ne risulterebbe vanificata. (massima ufficiale)


Massimario Ragionato



 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FIORETTI Francesco Maria - rel. Presidente -

Dott. ZANICHELLI Vittorio - Consigliere -

Dott. DIDONE Antonio - Consigliere -

Dott. GIANCOLA Maria Cristina - Consigliere -

Dott. MERCOLINO Guido - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:


SENTENZA


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

In accoglimento della istanza presentata dalla cooperativa 3 Elle Lavorazione del Legno, creditrice della somma di Euro 43661,38, il Tribunale di Novara, con sentenza 27.5.2008, dichiarava il fallimento di Carlo V., titolare della omonima ditta di lavori edili, corrente in Castelletto Sopra Ticino.

Ritenuto lo stato di insolvenza, detto giudice osservava che non era ancora decorso un anno dalla Cancellazione del V. dal registro delle imprese, avvenuta il 5.6.2007, e che, in base alle dichiarazioni rese in udienza dallo stesso debitore ed alle emergenze documentali, dovevano ritenersi sussistenti i limiti dimensionali di cui all'art. 1, L. Fall. nel testo novellato. Il reclamo proposto dal fallito avverso detta sentenza veniva respinto dalla Corte d'Appello di Torino con sentenza del 3.10.2008, depositata il 27 ottobre 2008. Avverso detta sentenza V. Carlo ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi. Gli intimati Fallimento V. Carlo e 3 Elle soc. coop. non hanno spiegato difese.


MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente denuncia contraddittoria motivazione circa la sussistenza del presupposto di cui al R.D. n.267 del 1942, art. 1, comma 2, lett. C) (L. Fall.) in relazione

all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Deduce il ricorrente che la sentenza impugnata sarebbe contraddittoria ove afferma che "Il reclamante ha prodotto le fotocopie del registro fatture di vendita e acquisti del 2005, ma non ha documentato assolutamente nulla in ordine all'ammontare complessivo dei debiti", quando, invece, aveva evidenziato che negli anni 2006 e 2007 non aveva svolto alcuna attività, mentre dal registro delle fatture degli acquisti non risulterebbero debiti superiori ad Euro 500.000,00 Nel richiamare l'art. 2214 c.c. la Corte d'Appello avrebbe omesso di considerare che detta norma non si applica ai piccoli imprenditori, quali sono gli artigiani, mentre dal punto di vista della normativa tributaria il ricorrente aveva depositato i registri che doveva tenere.

Ne si potrebbe sostenere l'esistenza di debiti relativi a periodi pregressi, dovendosi dare esclusivo rilievo alla sola documentazione inerente ai tre esercizi chiusi prima della data di deposito della istanza di fallimento.

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del R.D. n. 267 del 1942, art. 15 (L. Fall.) in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Deduce il ricorrente che sarebbe stato violato, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice a quo, l'art. 15, L. Fall., avendo il Presidente del Tribunale provveduto ad abbreviare a sei giorni il termine minimo, non inferiore a quindici giorni, che dovrebbe intercorrere tra la notifica del decreto di convocazione e del ricorso per la dichiarazione di fallimento e l'udienza di convocazione delle parti, senza dare di tale riduzione una espressa motivazione.

Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del R.D. n. 262 del 1942, art. 10 (L. Fall.) in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Deduce il ricorrente che. pur non avendo eseguito la formalità della cancellazione al Registro delle Imprese, di fatto non avrebbe più svolto attività di impresa almeno a partire dal 1.1.2006. L'art. 10, L. Fall., come modificato dal D.Lgs. n. 169 del 2007 prevede la possibilità, in caso di impresa individuale, per il solo creditore ed il pubblico ministero di dimostrare il momento dell'effettiva cessazione dell'attività, indipendentemente dall'avvenuta cancellazione dal registro dell'imprese, possibilità invece esclusa per il debitore.

Una lettura costituzionalmente orientata dovrebbe portare a ritenere la sussistenza di tale possibilità anche per il debitore, atteso che, altrimenti, tale limitazione probatoria si porrebbe in contrasto con gli artt. 24 e 111 Cost., non sussistendo alcuna ragione che giustifichi tale disparità di trattamento.

Il ricorrente avrebbe presentato la dichiarazione di cessazione di attività in data 23.5.2007 con decorrenza 1.5.2007, anche se poi la Camera di Commercio ha indicato come data di cancellazione il giorno 5.6.2007. La Cancellazione, pertanto, avrebbe dovuto retroagire quanto meno alla data di presentazione della domanda, non potendo essere lasciato alla variabile tempistica di ciascuna camera di commercio la decorrenza della cancellazione.

Pertanto il fallimento dichiarato con sentenza depositata il 27.5.2008 dovrebbe essere revocato, perché dichiarato oltre l'anno di cessazione dell'attività imprenditoriale e, quindi, in violazione dell'art. 10, L. Fall.. A maggior ragione dovrebbe essere revocato se si considera che in realtà il ricorrente aveva cessato la propria attività già nel 2005 a causa delle precarie condizioni di salute, come dichiarato dallo stesso in sede di audizione prefallimentare e come confermato dal fatto che, a partire da tale anno, non aveva più avuto dipendenti, come risulterebbe dalla dichiarazione di un certo Boakye Isaac e dall'estratto del libro matricola e come risulterebbe dal fatto che a partire dal 1.8.2006 è titolare di trattamento pensionistico.

Il primo motivo di ricorso è inammissibile.

Il ricorrente, avendo denunciato il vizio di contraddittoria motivazione, di cui all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 avrebbe dovuto concludere detto motivo con la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume contraddittoria, in ossequio alla previsione dell'art. 366 bis c.p.c., il quale dispone che nel caso previsto dall'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l'illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria.

Questa Suprema Corte ha chiarito che qualora venga proposto il motivo di impugnazione di cui all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo al quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (cfr. cass. sez. un. n. 20603 del 2007). Il motivo in questione non presenta tale momento di sintesi, omissione che lo rende inammissibile.

Il secondo motivo di ricorso è infondato.

Il giudice a quo ha evidenziato che l'abbreviazione dei termini di comparizione disposta dal presidente del Tribunale era giustificata da una particolare ragione d'urgenza, costituita dall'imminente scadenza del termine di cui all'art. 10 L. Fall., di cui l'attuale ricorrente era ben consapevole, e che lo stesso, comparso in sede prefallimentare, aveva avuto la possibilità, anche se oralmente, di svolgere le proprie difese.

Questa Suprema Corte ha già avuto occasione di pronunciarsi su analoga questione, affermando che il mancato rispetto del termine di quindici giorni, che deve intercorrere tra la data della notifica del decreto di convocazione del debitore e la data dell'udienza e la sua mancata abbreviazione nelle forme rituali del decreto motivato sottoscritto dal Presidente del Tribunale, previste dall'art. 15, comma 5, nuova L. Fall., costituiscono cause di nullità astrattamente integranti la violazione del diritto di difesa, ma non determinano la nullità del decreto di convocazione se il debitore abbia attivamente partecipato all'udienza, rendendo dichiarazioni in merito alle istanze di fallimento, senza formulare, in tale sede, rilievi o riserve in ordine alla ristrettezza del termine concessogli, ne' fornendo specifiche indicazioni del pregiudizio eventualmente determinatosi, sul piano probatorio, in ragione del minor tempo disponibile (cfr. cass. n. 16757 del 2010; cass. n. 1098 del 2010); pregiudizio concreto ed effettivo del diritto di difesa che dal motivo di ricorso non risulta essere stato allegato e dimostrato.

Anche il terzo motivo è infondato.

Il ricorrente sostiene che, come risulterebbe dalle sue dichiarazioni e da documentazione prodotta nel giudizio di merito, avrebbe cessato di svolgere attività imprenditoriale molto prima del 5.6.2007, data della sua cancellazione dal registro delle imprese, e precisamente dal gennaio 2006.

Siccome l'art. 10 L. Fall., come modificato dal D.Lgs. n. 169 del 2007, prevede la possibilità, in caso di impresa individuale, per il solo creditore o per il pubblico ministero di dimostrare il momento della effettiva cessazione dell'attività, da cui fare decorrere il termine annuale oltre il quale non potrebbe più essere dichiarato il fallimento dell'imprenditore, una lettura costituzionalmente orientata della norma non potrebbe non prevedere tale possibilità anche per il debitore; diversamente tale limitazione si porrebbe in contrasto con gli artt. 3, 24 e 111 Cost.. Come giustamente osservato dal giudice a quo, l'iscrizione e la cancellazione dell'imprenditore dal registro delle imprese assolvono una comune funzione di pubblicità nell'interesse esclusivo dei terzi, ai quali è in tal modo consentita una aggiornata cognizione dello stato e dell'attività dell'impresa, con la quale intraprendano contatti commerciali.

La disciplina prevista dal nuovo art. 10, L. Fall. costituisce espressione di tale esclusiva tutela, rispetto alla quale l'imprenditore si trova addirittura in una posizione antitetica, per la ovvia ragione che, se gli fosse consentito di dimostrare una diversa e anteriore data di effettiva cessazione dell'attività imprenditoriale rispetto a quella risultante dalla cancellazione presso il registro delle imprese, la tutela dell'affidamento dei terzi sarebbe del tutto vanificata.

Pertanto detta disciplina non viola alcuna delle norme della Costituzione sopra indicate. Per le ragioni che precedono il ricorso deve essere rigettato, senza alcuna pronuncia sulle spese non essendosi gli intimati difesi in questa fase del giudizio.


P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 12 ottobre 2010.

Depositato in Cancelleria il 21 novembre 2011.