Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 22046 - pubb. 11/01/2019

Assistenza del cancelliere nelle operazioni di inventario

Cassazione civile, sez. I, 27 Gennaio 1997, n. 796. Est. Bibolini.


Inventario - Cancelliere - Assistenza alle operazioni di inventario - Tempo necessario per accedere al luogo dell'inventario dalla sede dell'ufficio e ritorno, nell'ambito del comune sede dell'ufficio - Natura di attività lavorativa - Sussistenza - Eventuale svolgimento oltre l'orario d'ufficio - Natura di lavoro straordinario - Sussistenza - Compenso - Calcolo - Criteri



Riguardo all'assistenza svolta dal cancelliere nelle operazioni di inventario previste dall'art. 87 legge fall., il tempo necessario al funzionario stesso per accedere al luogo d'inventario dalla sede dell'ufficio, e ritorno, nell'ambito del comune ove l'ufficio medesimo ha sede, integra attività lavorativa che, se esplicata oltre l'orario normale di ufficio, deve essere compensata come lavoro straordinario. Detto compenso non è soggetto al limite delle quattro ore giornaliere previsto dall'art. 9, comma secondo, della legge n. 777 del 1960, ma si cumula con il compenso straordinario strettamente relativo alla "compilazione degli inventari", che a detto limite, invece, è soggetto. (massima ufficiale)


Massimario Ragionato



 


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA


riunita in camera di consiglio in persona degli Ill.mi magistrati

Dott. RENATO BORRUSO PRESIDENTE

Dott. GIAN CARLO BIBOLINI REL. CONSIGLIERE

Dott. VINCENZO PROTO CONSIGLIERE

Dott. LUIGI ROVELLI CONSIGLIERE

Dott. GIOVANNI VERUCCI CONSIGLIERE

ha Pronunciato la seguente

S E N T E N Z A

sul ricorso proposto L. M., residente in Roma, ivi elettivamente domiciliato in Viale M., presso lo studio dell'Avv. M. J., dal quale è rappresentato e difeso in virtù di procura speciale in calce al ricorso;

RICORRENTE

contro

CURATELA DEL FALLIMENTO DI D. M.;

INTIMATO

avverso il decreto pronunciato dal Tribunale di Roma in data 23 aprile 1994 su reclamo ex art. 26 L.F.;
udita la relazione del consigliere Gian Carlo Bibolini;
sentito l'Avv. R. S. con delega, il quale ha chiesto l'accoglimento del ricorso;
sentito il P.M. Dott. ANTONIO MARTONE il quale ha chiesto il rigetto del primo motivo di ricorso e l'accoglimento per quanto di ragione degli altri.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il sig. M. L., nelle veste e nella funzione di Direttore di Cancelleria, aveva assistito il curatore del fallimento di M. D. nelle operazioni di inventario a norma dell'art. 87 L.F., redigendo il relativo verbale. Poiché detta attività era stata eseguita oltre l'orario normale d'ufficio, il sig. L. chiedeva la liquidazione del proprio compenso in £ 233.280, comprendendo nel lavoro straordinario anche il tempo impiegato per l'accesso al luogo ove esistevano i beni da inventariare.
Il giudice delegato al fallimento, provvedendo con decreto in data 16 novembre 1993, autorizzava l'emissione di un mandato per £ 131.640.
Il reclamo ex art. 26 L.F. proposto dal sig. M. L. era rigettato dal Tribunale di Roma che, sentiti il reclamante ed il curatore del fallimento, riteneva la somma liquidata dal giudice delegato eccedente quanto di spettanza.
In particolare il Tribunale motivava il provvedimento secondo la seguente linea logica a) I compensi spettanti ai Cancellieri sono regolati dalla L. 28 luglio 1960 n . 777, il cui articolo 9 dispone che ai funzionari delle cancellerie giudiziarie i quali procedono, fuori dell'orario normale di ufficio, alla compilazione di inventari, è dovuto dalla parte richiedente un compenso pari a quello stabilito per il lavoro straordinario (D.LL.P 27 giugno 1946 n. 19 e successive modificazioni), con il limite di quattro ore giornaliere.
L'art. 10 della stessa legge prevede che nel verbale di inventario debbono essere indicate l'ora di apertura e quella di chiusura delle operazioni.
Quest'ultima disposizione è significativa del fatto che solo le operazioni effettive di inventario debbano essere retribuite con il compenso corrispondente al lavoro straordinario, ché detta previsione normativa non avrebbe altrimenti senso alcuno. e) La risposta al quesito, se e come debba essere retribuito il tempo di accesso al luogo dell'inventario, deve trovarsi nel secondo comma del citato articolo 9, che stabilisce la cumulabilità del compenso per il lavoro straordinario con il trattamento economico di missione e di trasferimento dei dipendenti statali, previsto dalla L. 29 giugno 1951 n. 489. Peraltro l'indennità di missione non è consentita nell'ambito cittadino; per il caso di accesso nell'ambito della stessa città, quindi, nessun compenso spetterebbe al Cancelliere, ne' come indennità di trasferta, ne' come lavoro straordinario. d) Il Tribunale riteneva irrilevante in proposito il disposto dell'art. 2129 C.C., disposizione dettata per i dipendenti degli enti pubblici economici e le aziende municipalizzate, e non per i dipendenti dello Stato per i quali non esista specifica regolamentazione; nel caso di specie comunque vi era una disciplina ad hoc.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di 4 motivi, il sig. M. L.; non ha svolto attività processuale la curatela.


MOTIVI DELLA DECISIONE

I.) Con il primo mezzo di cassazione il ricorrente deduce la violazione e\o la falsa applicazione dell'art. 26 L.F. nonché degli artt. 135, u.c. c.p.c. in relazione all'art. 111, Ì comma, Cost, per omessa motivazione su un punto decisivo della controversia prospettato dalla parte (art. 360 n. 3 e 5 c.p.c.), dolendosi che il Tribunale di Roma non abbia per nulla tenuto conto del fatto che il reclamante aveva in quella fase dedotto la mancanza di qualsiasi motivazione nel decreto del giudice delegato per la decurtazione del compenso rispetto a quanto richiesto.
il motivo di ricorso non merita accoglimento. individuando nel mezzo previsto dall'art. 26 L.F. un gravame di tipo devolutivo e sostitutivo, non può non rilevarsi che il Tribunale ha ampiamente ed autonomamente motivato, con riferimento alla questione sostanziale devoluta alla sua valutazione e nel limite di essa, il decreto emesso proprio sul presupposto implicito della mancata spiegazione, da parte del giudice delegato, della riduzione del compenso rispetto a quanto richiesto dal Funzionario di Cancelleria. Di detta riduzione, quindi, la Corte del merito ha dato ampia ragione cogliendo, così, proprio il punto della doglianza con cui il reclamante lamentava la immotivata riduzione da parte del giudice delegato.
Non si vede, quindi, a cosa miri la formulazione del motivo sul punto espressa in sede di legittimità e quale interesse la sorregga. Altra questione, invece, è quella relativa alla fondatezza della pronuncia del Tribunale di Roma sul punto, questione oggetto dei successivi motivi svolti dal sig. M. L..
II ) Con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione e\o la falsa applicazione dell'art. 132 n. 4 c.p.c. in relazione all'art. 111, I 105 comma, Cost e 18 disp. att. c.p.c., oltre ad omessa motivazione su un punto decisivo della controversia prospettato dalla parte ex art. 360 n'. 3 e 5 e. p. C..
Il ricorrente si duole del fatto che il Tribunale non abbia tenuto conto di tutta una serie di argomenti, da lui stesso forniti con memoria, in ordine al punto essenziale della possibilità, o non, di retribuire il tempo necessario al Cancelliere per recarsi dall'ufficio al luogo dell'inventario.
III ) Con il terzo mezzo di cassazione il ricorrente deduce la violazione e\o la falsa applicazione degli artt. 9 e 10 della L. 28 luglio 1960 n. 777, 115 in relazione all'art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale, nonché in relazione all'art. 2099, 2107, 2108 e 2129 C.C., oltre ad insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia prospettato dalla parte, ex art. 360 n. 3 e 5 c.p.c. in sostanza il ricorrente si duole dell'interpretazione data dal Tribunale all'art. 10 della L. n. 777/60, laddove ha ritenuto che l'indicazione di inizio e di termine delle operazioni di inventario avesse la sola finalità di determinare i limiti del compenso straordinario, ancorando a questo solo rilievo la tesi riduttiva resa oggetto del decreto impugnato, senza tenere conto che detta previsione poteva ben avere altre finalità, come emerge dalla stessa relazione alla legge, dove si dice chiaramente che l'indicazione della durata dell'inventario nei verbali è disposta al fine di rendere possibili gli opportuni controlli da parte degli ispettori Ministeriali.
Superata l'interpretazione restrittiva contestata, diverrebbe automaticamente applicabile, in tesi, la disciplina dell'art. 2129 cc e, quindi, la retribuzione anche ai cancellieri, comandati a
norma dell'art. 87 L.F., del tempo di trasferimento.

IV ) Con il quarto motivo il ricorrente deduce la violazione c\o la falsa applicazione del D.LL. 27 giugno 1946 n. 19, in relazione alla L. 20 gennaio 1951 n. 489 nonché in relazione a tutte le norme concernenti il lavoro straordinario dei dipendenti pubblici ed i loro compensi speciali per missione, trasferimento e spostamento di sede. oltre ad omissione sul piano motivazionale.
Rileva il sig. M. L. che, in base alla disciplina richiamata, il tempo in itinere avrebbe dovuto indubbiamente essergli retribuito qualora l'inventario fosse avvenuto durante l'ordinario orario di lavoro; assurdo e contraddittorio sarebbe, quindi, negargli il compenso quando, non per sua scelta, ma per esigenze di servizio, l'inventario fallimentare debba essere redatto in orario ulteriore rispetto a quello ordinario di servizio. Esaminando unitariamente i tre motivi di ricorso, che colgono lo stesso fenomeno sotto diversi angoli visuali, si impone la risposta a due quesiti fondamentali, e cioè:
A) si deve innanzi tutto rispondere alla domanda, sostanzialmente formulata dal ricorrente, se l'attività di accesso dall'ufficio al luogo dell'inventario e quella del rientro in ufficio per il deposito del relativo verbale (nonché il tempo relativo), costituisca, o non, attività lavorativa rientrante nella funzione del Cancelliere, al fine comandato.
B) In secondo luogo si deve chiarire (nel caso di risposta positiva al primo quesito), se detta attività lavorativa debba, in relazione alla disciplina normativa della materia, essere retribuita o no. Qualora, infatti, mancasse una previsione specifica di retribuzione, per un'attività lavorativa pur svolta, si porrebbe l'alternativa o dell'incostituzionalità della norma con riferimento all'art. 36 della Costituzione della Repubblica, ovvero dell'interpretazione della disciplina normativa in coerenza al precetto costituzionale richiamato, in base al quale ogni lavoratore ha diritto ad una retribuzione ragguagliata alla qualità ed alla quantità di lavoro prestato.
AA) Il primo quesito merita una risposta positiva. Un'attività fuori sede, infatti, impone una disponibilità del funzionario per accedere da un punto preciso (la sede dell'ufficio) ad altro punto determinato (il luogo dell'inventario) per un tempo che è strumentale e necessitato rispetto allo svolgimento della funzione. Diverso sarebbe il caso dell'accesso dalla casa di abitazione al luogo di lavoro. Si tratterebbe, in tale caso, di una situazione di normalità (salvi i casi in cui l'abitazione del dipendente sia presso lo stesso luogo di lavoro: per es. i custodi dei palazzi di giustizia), la cui variabilità temporale è inerente, non alle esigenze del servizio, ma al luogo ove il funzionario, nell'ambito dei comune, per propria comodità o per proprie esigenze abbia inteso fissare il proprio domicilio.
Nel caso, invece, di lavoro fuori sede esiste una connessione necessaria ed esclusiva, non con esigenze del funzionario, ma essenzialmente con situazione inerenti al servizio richiesto. Nè può ritenersi che, remunerando l'attività di inventario esercitata oltre l'orario normale di lavoro come lavoro straordinario, l'erogazione del compenso sia forfettariamente comprensivo anche del tempo in itinere. Basti rilevare, in contrario, che la remunerazione normativamente prevista (lo straordinario) è unica sia che l'attività ulteriore rispetto all'orario normale di lavoro sia svolta in sede, sia fuori sede. Su questa linea logica si è posto anche lo "Accordo riguardante le tipologie degli orari di lavoro, ai sensi dell'art. 19, comma 5, del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro del comparto ministeri," sottoscritto dalla AGENZIA PER LA RAPPRESENTANZA NEGOZIALE DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana del 5 febbraio 1996 - serie generale n. 29), il cui art. 4, 2' comma, prevede "Qualora per la tipologia professionale o per esigenze di servizio sia necessario prestare l'attività lavorativa al di fuori della per recarsi dalla sede al luogo di prestazione dell'attività è da considerarsi a tutti gli effetti orario di lavoro".
La disposizione contrattuale, ancorché non applicabile in via diretta al caso di specie in considerazione dell'anteriorità a detto accordo delle situazioni in esame, non ha carattere innovativo, ma ricognitivo ed esplicativo di una situazione oggettivamente inerente alla fattispecie lavoro subordinato.
D'altronde, come ben rileva il ricorrente con l'ultimo mezzo di cassazione, qualora anche prima dell'accordo in questione l'inventario fuori sede fosse stato redatto durante l'orario ordinario di lavoro, nessuna sede di servizio, il tempo norma avrebbe consentito di sottrarre il tempo di accesso (andata e ritorno) dall'orario di lavoro normale per imporne poi il recupero. Considerare diversamente la stessa situazione come espressione di attività lavorativa, o non, a seconda che venga svolta durante l'orario normale di lavoro, ovvero oltre detto orario, costituirebbe un'inspiegabile incongruenza a risposta al primo quesito, pertanto, è nel senso che l'accesso al luogo dell'inventario (andata e ritorno) dalla sede dell'Ufficio, ed il tempo relativo costituisce attività lavorativa.
BB) Da questo presupposto deriva inevitabilmente, con riferimento alla stessa disciplina costituzionale richiamata (art. 361 Cost), che detta attività deve essere remunerata.
È indubbio, peraltro, che la L. 28 luglio 1960 n. 777 contenente "MODIFICHE DI SERVIZI DI CANCELLERIA", contempla specificamente per gli inventari che si svolgano "fuori dell'orario normale di ufficio" un compenso pari a quello stabilito per il lavoro straordinario, compenso che nella previsione normativa (art. 9) riguarda strettamente la "compilazione di inventari" per la quale pone un limite di quattro ore giornaliere, quali risultano dall'apertura e dalla chiusura del verbale di inventario (art. 10 della legge 220 in esame).
È chiaro, quindi, che il regime della L. n. 777/60 nulla prevede per il tempo in itinere, necessario per accedere al luogo dell'inventario nell'ambito della stessa città ove ha sede l'ufficio, e per il rientro in sede.
Detta mancanza di specifica previsione, peraltro, non significa esclusione (ché altrimenti dovrebbe porsi come non manifestamente infondata la questione dell'illegittimità costituzionale della norma), ma semplice mancata presa in considerazione del fenomeno. indubbiamente non è interpretabile nel senso di esclusione la previsione dell'indicazione dell'ora di apertura e di chiusura delle operazioni (intese in senso stretto come compilazione dell'inventario), la cui funzione può essere quella di rendere possibile il controllo in sede ispettiva della regolarità delle operazioni inerenti al fallimento, senza comportare necessariamente preclusione per altre situazioni dalla legge non previste. Nè, nello stesso senso preclusivo può interpretarsi la previsione del secondo comma dell'art. 9 citato, secondo cui il compenso straordinario previsto (e, come detto, strettamente inerente alla "compilazione di inventari"), non è cumulabile con i compensi "eventualmente corrisposti dall'Amministrazione per il lavoro straordinario svolto durante il medesimo periodo di tempo", mentre è cumulabile con il trattamento economico di missione e di trasferimento previsto dalla L. 29 giugno 1951 n. 489, che disciplina peraltro le attività da svolgersi in località distanti almeno otto chilometri dal comune della sede.
La prima previsione, infatti, tende soltanto ad escludere la corresponsione di un doppio compenso straordinario per lo stesso periodo di compilazione dell'inventario". La seconda previsione concerne l'indennità di missione ragguagliata ad ore o giorni e che copre invece tutto il periodo di servizio isolato fuori dell'ordinaria sede di servizio, compreso il tempo di compilazione di inventario cumulandosi con il compenso per lavoro straordinario, ed assume il rilievo di un'indennità suppletiva connessa al fuori sede.
Non resta, quindi, se non la constatazione che il tempo in itinere come sopra individuato è al di fuori della previsione della legge richiamata; poiché peraltro esso è comunque tempo lavorativo, secondo quanto rilevato al punto AA), e se svolto oltre l'orario normale di lavoro, è lavoro straordinario, esso non può che comportare la stessa remunerazione del la vero straordinario. Nè può ritenersi che, prevedendo l'art. 9 della L. no.777/60 citata il compenso straordinario solo per le attività relativa alla compilazione di inventari nel limite di quattro ore giornaliere (da notare il richiamo del 260 secondo comma al primo che alla compilazione di inventari limita la previsione normativa), per ciò stesso il tempo in itinere dovrebbe considerarsi lavoro non compensabile. Il modo di impostare e risolvere la questione deve essere del tutto opposto. Partendo dal presupposto che detto tempo integra attività di lavoro e, se svolto oltre l'orario normale, deve essere compensato come lavoro straordinario; rilevato, inoltre, che la legge pone un limite giornaliero al compenso del lavoro straordinario relativamente alle sole operazioni di compilazione di inventari, per cui non rende oggetto di previsione alcuna il tempo in itinere, ne' come compenso ne' come limite al compenso; ciò premesso, si deduce che il compenso per l'accesso dall'ufficio al luogo dell'inventario e ritorno, essendo fuori della previsione limitativa, è cumulabile con lo straordinario strettamente necessario per la compilazione dell'inventario. D'altronde, una volta ammessa la compensabilità, includere nella limitazione oraria giornaliera anche il tempo di accesso, avrebbe un significato pregiudizievole per la stessa funzionalità 275 dell'ufficio, soprattutto nei comuni di grandi dimensioni in cui il tempo di accesso potrebbe assorbire buona parte di quello concesso per la redazione delle operazioni specifiche.
In coerenza con le osservazioni svolte, il decreto oggetto di ricorso deve essere cassato e altra sezione del Tribunale di Roma, quale giudice dei rinvio, riesaminerà la questione attenendosi al seguenti principi:
I ) Il tempo necessario per accedere al luogo dell'inventario dalla sede dell'ufficio e ritorno, nell'ambito del comune ove l'ufficio stesso ha sede, integra attività lavorativa che, se esplicata oltre l'orario normale d'ufficio, deve essere compensato come lavoro straordinario;
II ) Detto compenso non è soggetto al limite delle quattro ore giornaliere previsto dall'art. 92 della L. 28 luglio 1960 n. 777, ma si cumula con il compenso straordinario strettamente relativo alla "compilazione degli inventare" che a detto limite, invece, è soggetto.

 

P.Q.M.

La Corte, accoglie il ricorso per quanto di ragione; Cassa e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, ad altra sezione del Tribunale di Roma.
Roma 25 novembre 1996.