Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 21950 - pubb. 11/01/2019

Rapporti di agenzia costituiti con l'impresa di assicurazione posta in liquidazione coatta amministrativa e indennità di fine rapporto

Cassazione civile, sez. I, 28 Febbraio 1996, n. 1592. Est. Bibolini.


Rapporti di agenzia costituiti con l'impresa di assicurazione posta in liquidazione - Risoluzione di diritto - Decorrenza - Indennità di fine rapporto posta a carico della liquidazione ex art. 6 del D.L. n. 576 del 1978 (conv. nella legge n. 738 del 1978) - Interpretazione



L'art. 6 del D.L. 26 settembre 1978 n. 576, convertito nella legge 24 novembre 1978 n. 738 - che dispone che i rapporti di agenzia costituiti con l'impresa di assicurazione posta in liquidazione coatta amministrativa sono risoluti di diritto alla data della pubblicazione del decreto con cui è promossa la procedura concorsuale e che l'indennità di fine rapporto è posta a carico della liquidazione - va interpretata nel senso che detta indennità è unicamente quella collegata con la risoluzione "ipso iure" del rapporto, conseguente alla procedura concorsuale, e non può comprendere quelle che la disciplina collettiva (nell'ipotesi, artt. 26 e 27 dell'Accordo nazionale imprese - agenti di assicurazione del i975) ricollega alle ipotesi di scioglimento del rapporto per volontà delle parti, quale il recesso ad opera di una di esse. (massima ufficiale)


Massimario Ragionato



 


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE I

Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati:
Dott. Nicola LIPARI Presidente
" Gian Carlo BIBOLINI Rel. Consigliere
" Vincenzo PROTO "
" M. Rosario MORELLI "
" Giuseppe SALMÈ "
ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

sul ricorso proposto

da

S.P.A. COSIDA in liquidazione coatta amministrativa, in persona del Commissario Liquidatore, elettivamente domiciliato in Roma, via Panama 88, presso lo studio dell'Avv. Giorgio S., del quale è rappresentata e difesa in virtù di procura speciale a margine del ricorso introduttivo;

Ricorrente

contro

G. MARCELLO, res. in Firenze, viale A. Gramsci n. 2;

Intimato

avverso la sentenza n. 1288-92 pronunciata dalla Corte d'Appello di Napoli in data 25 maggio 1992;
udita la relazione del consigliere Gian Carlo Bibolini;
sentito l'Avv. S. il quale ha chiesto l'accoglimento del ricorso;
sentito il P.M. Dott. Francesco Paolo Nicita il quale ha chiesto l'accoglimento del ricorso;

FATTO

La s.p.a. COSIDA era stata posta in liquidazione coatta amministrativa il 17 novembre 1978 ed il Tribunale di Napoli ne aveva dichiarata l'insolvenza in data 1-11 gennaio 1979. Il decreto di ammissione alla procedura aveva richiamato, per la disciplina dei rapporti in corso, il D.L. 26 settembre 1978 n. 576 convertito con modificazioni nella L. 24 novembre 1978 n. 738. Il sig. Marcello G., che era stato agente della società di assicurazione COSIDA, constatata l'esclusione dallo stato passivo della liquidazione di alcune indennità previste dagli art. 15, 26 e 27 dell'Accordo Economico Collettivo degli agenti di assicurazione in data 16 settembre 1975, e ciò a seguito dell'avvenuta risoluzione del contratto di agenzia ai sensi dell'art. 6 del D.L. n. 576-78, proponeva opposizione davanti al tribunale di Napoli. Il tribunale adito, con sentenza 17 marzo 1990 dava accoglimento alla domanda in relazione alle indennità di cui all'art. 26 (indennità ragguagliata all'incremento del monte premi) e dell'art. 27 (corrispettivo ulteriore sugli incassi), mentre la respingeva in relazione alla richiesta indennità di preavviso (art. 15), indennità tutte previste dall'accordo economico richiamato. Conseguentemente veniva ammesso al passivo un ulteriore credito di L. 5.284.778 con rango privilegiato, oltre ad accessori. Su appello del Commissario, e nella contumacia del sig. Marcello G., pronunciava la Corte d'Appello di Napoli che, con sentenza n. 1228-92, dava confermava a quella di primo grado, rigettando l'impugnazione. In particolare la Corte d'Appello svolgeva la seguente motivazione:
la tesi dell'appellante, secondo cui alla risoluzione di diritto dei rapporti di agenzia in corso alla data dell'inizio della procedura concorsuale, ed alla ricostituzione di diritto del rapporto con l'impresa cessionaria (art. 6 del D.L. n. 576-78), non conseguiva la spettanza delle indennità previste dagli 26 e 27 del citato accordo economico, era ancorata all'argomentazione secondo cui, in base ai termini dell'art. 14 di detto accordo, le indennità in questione spetterebbero solo in caso di recesso da parte dell'impresa o dell'agente. Non troverebbero, quindi, applicazione dette disposizioni qualora lo scioglimento del rapporto non avvenisse per volontà di una delle parti, ma per un fatto a loro estraneo, quale la risoluzione di diritto, nella specie verificatasi. La Corte d'Appello di Napoli, pur riconoscendo che l'art. 6 del citato D.L. n. 576-78, a seguito della risoluzione "ex lege" del rapporto di agenzia pone a carico della liquidazione l'indennità di fine rapporto e che, per individuare detta indennità dovesse farsi riferimento all'art.1751 C.C. (indennità per lo scioglimento del contratto) ed all'art.1753 C.C. che fa salve le disposizioni dell'accordo economico di categoria, negava lo stesso presupposto della tesi del Commissario appellante.
Rilevava, infatti, la Corte del merito che le predette indennità erano previste non solo dall'art. 14 dell'accordo in caso di recesso di una delle parti, ma anche in altre situazioni. La previsione, quindi, non riguardava solo casi di recesso per volontà delle parti, ma anche situazioni di scioglimento del rapporto per cause indipendenti dalla volontà delle parti. Evidentemente detto accordo non poteva prevedere i casi di scioglimenti dell'art. 6 D.L. n. 576-1978, successivamente introdotti; ma esso andava interpretato estensivamente con riferimento a tutte le situazioni di scioglimento del rapporto comprensive anche di quella, poi verificatasi, conseguente alla messa della società di assicurazione in liquidazione coatta amministrativa.
Avverso detta decisione proponeva ricorso per cassazione la liquidazione della s.p.a COSIDA sulla base di due motivi, integrati da memoria; non svolgeva attività processuale il sig. Marcello G..

DIRITTO

I )
Con il primo mezzo di cassazione la ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1362 e ss. C.C. in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c.; la violazione e la falsa applicazione dell'art. 6 D.L. 26 settembre 1978 n. 576 convertito nella L. 24 novembre 1978 n. 738, oltre a vizi di motivazione su un punto decisivo (art. 360 n. 4 c.p.c.). Richiamando i principi di ermeneutica contrattuale, rileva la ricorrente che il criterio principale, in base all'art. 1362 C.C., è quello dell'interpretazione letterale; solo se detta analisi dovesse dare esisti incerti, si può fare riferimento agli altri criteri interpretativi che hanno, pertanto, carattere sussidiario. Nella specie, se la Corte del merito si fosse attenuta a detto criterio, avrebbe dovuto limitarsi all'esame dell'art. 14 dell'accordo nazionale di categoria rilevando che esso di riferisce solo alle ipotesi di scioglimento del rapporto per volontà delle parti, situazione cui era estranea la risoluzione ex lege prevista dall'art. 6 del D.L n. 376 (NDR: così nel testo)-78.
II )
Con il secondo mezzo di cassazione la ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione dell'art. 1752 C.C. in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., oltre a violazione dell'art. 6 D.L. 26 giugno (NDR: così nel testo) 1978 n. 576 conv. nella L. 24 novembre 78 n. 738. Poiché l'art. 6 suddetto prevede che rimangono a carico della liquidazione solo le indennità di fine rapporto e l'art. 14 dell'Accordo economico individua alcune indennità (quelle in contestazione) solo in caso di recesso di una o dell'altra parte, la Corte d'Appello avrebbe dovuto escluderle dal passivo della procedura.
L'art. 13 dell'Accordo, inoltre, da un'interpretazione restrittiva all'espressione "scioglimento del contratto" nel caso di perdita di portafoglio da parte dell'agente in favore della parte preponente. Nella specie, invece, non si verifica detto presupposto perché, a causa della riassunzione immediata dell'agente ad opera della società cessionaria, la società preponente, sottoposta a procedura concorsuale, non lucra affatto il portafoglio.
Tali essendo i problemi dedotti in controversia con i due mezzi di cassazione che meritano una trattazione congiunta, stante la stretta connessione tra gli argomenti proposti a doglianza, occorre innanzi tutto rilevare che questa Corte ha già affrontato e risolto la questione con una serie coerente di pronunce tutte attinenti, tra l'altro, proprio alla liquidazione coatta amministrativa della s.p.a. COSIDA (Cass. 7 aprile 1994 n. 3288; Cass. 9 aprile 1994 n. 3348; 25 gennaio 1995 n. 884). Secondo la linea logica tracciata con le citate pronunce, attinenti a due diverse tendenze espresse sul punto della Corte d'Appello di Napoli (una prima coerente alla posizione espressa dagli attuali ricorrenti, una seconda nel senso espresso dalla sentenza oggetto del ricorso), la doglianza del Commissario della Liquidazione coatta deve ritenersi fondata.
La soluzione della questione deve trarsi dal coordinamento tra una disposizione normativa (art. 6 del D.L. n. 576-1978 conv. in L. n. 738-78) e la disciplina dell'Accordo Economico di Categoria (Accordo Nazionale Agenti del 1975).
La legge (l'art. 6 richiamato) prevede che i rapporti di agenzia costituiti con l'impresa posta in liquidazione coatta sono "risoluti di diritto", alla data della pubblicazione del decreto che promuove la liquidazione ed inoltre sono "ricostituiti di diritto" con l'impresa cessionaria cui d'ufficio è disposto il trasferimento del portafoglio a decorrere dal giorno successivo a quello della risoluzione. In detta fattispecie, l'indennità di fine rapporto, per effetto della risoluzione, è a carico della Liquidazione. Detta disposizione è coerente con il sistema della legge fallimentare secondo il quale, in applicazione estensiva dell'art. 78 L.F. richiamato dall'art. 201 per la procedura di liquidazione coatta amministrativa, si è generalmente ritenuto che il rapporto di agenzia si estingue per effetto dell'inizio della procedura concorsuale.
In virtù di tale disposizione, l'indennità di fine rapporto, che rimane a carico della liquidazione coatta (non trova applicazione nella specie la nuova disciplina del D. Lgs 10 settembre 1991 n.303), non può che essere quella collegata alla risoluzione ipso iure ed il rinvio alla disciplina collettiva può valere solo nei limiti di tale collegamento.
La Corte del merito ha ritenuto erroneamente che la legge ricomprenda nel suo richiamo le indennità previste per ipotesi diverse dallo scioglimento di diritto del rapporto. Sotto tale profilo è individuabile la dedotta violazione dell'art. 1362 C.C.. Ed invero, l'art. 13, primo comma dell'Accordo Nazionale Agenti del 1975 prevede che il contratto di agenzia può sciogliersi per recesso dell'impresa o dell'agente ed inoltre per una serie di altre cause (limiti di età, invalidità totale, morte, giusta causa, interdizione legale o dai pubblici ufficio dall'esercizio della professione o di un'arte, condanna a pena detentiva). Il secondo comma dello stesso articolo 13 prevede che in tutti i suindicati casi di scioglimento del contratto spetta all'agente un'indennità di risoluzione proporzionale alle provvigioni liquidategli, secondo i criteri e le misura stabilite nei successivi articoli da 28 a 34. L'articolo 14 dell'accordo, poi, dispone che nei casi di scioglimento del contratto di agenzia per recesso della preponente o dell'agente, in presenza di determinati presupposti di durata del rapporto, all'agente competa, oltre all'indennità di risoluzione sopra detta, anche un'ulteriore indennità calcolata nei modi e nei termini indicati ai successivi artt. 26 (indennità sull'incremento del monte premi dei rami elencati dall'art. 25) e 27 (indennità in base agli incassi dei rami indicati all'art. 25).
La Corte del merito, interpretando le clausole dell'accordo (accordo di diritto comune, che ha natura negoziale ed è soggetto alle norme sull'interpretazione dei contratti), secondo il criterio di correlazione disciplinato dall'art. 1363 C.C., ha trascurato il principio secondo cui la norma fondamentale dell'interpretazione negoziale è quella dell'art. 1362, 1 comma C.C., che preclude il ricorso ad ulteriori criteri quando le espressioni utilizzate nell'atto negoziale siano di chiaro ed inequivoca significato. Inoltre nella motivazione della sentenza impugnata non emerge con chiarezza quale sia la ratio dell'interpretazione estensiva dell'art. 6 del D.L. n. 376 (NDR: così nel testo)-78, applicando all'ipotesi di scioglimento ipso iure del rapporto in esso previsto le situazioni correlate a tutte le ipotesi di cessazione del rapporto disciplinate dall'accordo economico in esame, senza tenere conto della specialità della figura delineata dal citato articolo 6 che è correlata, non solo allo scioglimento dei rapporti in atto con la società sottoposta alla liquidazione coatta amministrativa, ma altresì alla pronta ricostituzione dei rapporti stessi con l'impresa cessionaria. In questa logica, mentre l'indennità disciplinata dall'art. 1751 cc (nella formulazione anteriore al D.Lgs. n. 303-91), che trova
correlazione nell'art. 13 dell'Accordo Economico sopra citato (indennità proporzionale alle provvigioni liquidate nel corso del contratto), individua un trattamento di fine rapporto analogo a quello di cui già godevano i lavoratori subordinati (art. 2120 cc), le ulteriori indennità di cui agli artt. 26 e 27 dell'accordo economico, costituiscono il corrispettivo di un valore di avviamento apportato dall'agente alla preponente. In quest'ambito il citato articolo 14, dimostra di riconoscere dette indennità in tutte le ipotesi in cui le modalità di scioglimento lascino alla preponente una situazione di vantaggio conseguito mercè l'attività dell'agente, situazione di vantaggio non individuabile nell'ipotesi di scioglimento del rapporto per liquidazione coatta della preponente e ricostituzione del rapporto con la cessionaria.
Nè d'altronde, può costituire adeguata motivazione il riferimento all'esigenza di tutela dell'agente di assicurazione, poiché la volontà dei contraenti, quale oggettivata dall'elemento letterale dell'accordo collettivo, non può essere derogata in ragione di uno scopo che le parti avrebbero perseguito, ove lo stesso non sia individuabile alla stregua delle disposizioni contrattuali, che costituiscono mezzo e limite per la realizzazione dello scopo medesimo.
In conseguenza dell'accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio ad altra sezione della Corte d'Appello di Napoli che provvederà al riesame della controversia, tenendo conto dei rilievi e dei principi sopra esposti, nonché al regolamento delle spese del giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

La Corte, accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, ad altra sezione della Corte d'Appello di Napoli.
Roma 13 novembre 1995.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 28 FEBBRAIO 1996