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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 21912 - pubb. 19/06/2019.

Contratto di interest rate swap con finalità di copertura e mancato rispetto della Determinazione Consob del 26 febbraio 1999


Tribunale di Mantova, 24 Maggio 2019. Est. Bernardi.

Contratti bancari – Intermediazione finanziaria – Contratto di interest rate swap con finalità di copertura – Mancato rispetto delle condizioni di cui alla Determinazione Consob del 26 febbraio 1999 – Non meritevolezza degli interessi perseguiti dal contratto ai sensi dell’art. 1322 c.c. – Conseguenze – Inefficacia


Il contratto di interest rate swap stipulato con finalità di copertura deve rispettare le condizioni di cui alla Determinazione Consob del 26 febbraio 1999 e, in mancanza, deve ritenersi che non persegua interessi meritevoli di tutela ai sensi dell’art. 1322 c.c., da ciò conseguendo che lo stesso deve ritenersi inefficace sicché il cliente ha diritto alla restituzione di quanto versato in esecuzione del contratto a titolo di differenziale. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)

[Nel caso di specie, mancava ogni correlazione tra le caratteristiche tecnico-finanziarie  dell'oggetto della copertura e dello strumento finanziario utilizzato a tal fine].

 

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 4425/2014 promossa da:

Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione

Con atto di citazione notificato in data 29-6-2014 la A. A. R. società semplice agricola (di seguito A.A. R. s.s.) nonché P. F. R. e R. R. (in qualità di fideiussori), esponevano 1) di avere acceso il rapporto di conto corrente n. 6527175 (chiuso il 24-4-2012) e il contratto di interest rate swap n. 2041290 del 3-12-2003 con un capitale di riferimento iniziale (c.d. nozionale) di 700.000,00 euro, rapporti che venivano garantiti dalle fideiussioni rilasciate da P. F. R., E. R. e R. R. e che la banca non aveva consegnato la documentazione negoziale e contabile da essi richiesta; 2) che, quanto al contratto di conto corrente, la banca aveva applicato la capitalizzazione periodica degli interessi debitori in violazione di quanto previsto dalla normativa vigente; 3) che i tassi di interesse non erano stati esattamente determinati e che la banca aveva illegittimamente modificato le condizioni contrattuali in senso sfavorevole alla cliente; 4) che, in alcuni trimestri, erano stati applicati interessi oggettivamente usurari e che, comunque, i tassi applicati dalla banca erano sproporzionati sicché risultava integrata anche la fattispecie c.d. di usura soggettiva di cui all’art. 644 III co. c.p. con la conseguenza della illegittimità degli addebiti per interessi ai sensi dell’art. 1815 c.c.; 5) che la commissione di massimo scoperto era stata calcolata sulla somma massima utilizzata nel periodo e per tutti i giorni ciò che comportava il diritto a ottenere la restituzione degli importi addebitati a tale titolo; 6) che i giorni di valuta erano stati applicati in difetto di specifica pattuizione; 7) che, in ordine al contratto di interest rate swap, non risultavano sottoscritti dalla banca né il contratto per il “Servizio di negoziazione, ricezione e trasmissione di ordini su strumenti finanziari” né il “Contratto quadro clientela affari O.T.C. (Per operatori non consumatori)” conseguendone la nullità di tutte le operazioni ai sensi degli artt. 1418 c.c. e 23 t.u.f.; 8) che il contratto di i.r.s. doveva considerarsi nullo ex art. 1418 c.c. per difetto di causa atteso che, al momento della conclusione, non erano stati indicati il mark-to-market iniziale, la remunerazione dell’intermediario e gli scenari probabilistici sicché non era in alcun modo definita e, quindi, conoscibile, la misura dell’alea a carico dell’investitore e che, per di più, il contratto era stato congegnato in modo che l’alea sussistesse in maniera prevalente a carico della cliente; 9) che la società era addivenuta alla stipula del contratto i.r.s. onde cautelarsi dal rischio di variazione dei tassi di interesse del contratto di mutuo in essere e che, tuttavia, il contratto non si era rivelato idoneo al perseguimento di tale funzione ciò che derivava sia dalla circostanza che il mark-to-market iniziale fosse già negativo a danno della cliente sia dal fatto che non era previsto alcuno strumento riequilibrativo in favore di essa, stante la mancata corresponsione di un up-front il che determinava la totale mancanza di una causa in concreto; 10) che l’oggetto del contratto (in particolare i criteri di determinazione di mark to market e di up front) era indeterminabile e rimesso alla unilaterale volontà della banca; 11) che il doloso silenzio serbato dalla banca sui rischi dell’operazione rendeva il contratto annullabile per dolo ovvero per errore; 12) che la banca si era resa inadempiente agli obblighi di diligenza, professionalità, correttezza e trasparenza imposti dall’art. 21 del d. l. lgs. 58/1998 e dalla normativa regolamentare di riferimento, avendo proposto una operazione inadeguata, inidonea a consentire il perseguimento dell’interesse (di copertura dei rischi connessi alla variazione dei tassi) da parte della cliente che, oltretutto, non era operatore qualificato e senza fornire le necessarie informazioni, inadempimento che fondava la domanda di condanna dell’istituto di credito al risarcimento dei danni da determinarsi in misura pari all’importo addebitato a titolo di differenziale negativo maggiorato di interessi e rivalutazione monetaria; 13) che, risolto il contratto di i.r.s., la banca aveva segnalato a sofferenza alla Centrale Rischi della Banca d’Italia l’importo da essa preteso in esecuzione del contratto e non versato nè dalla società cliente né dai fideiussori e, quindi, ponendo in essere un comportamento illecito in considerazione di quanto sopra esposto e di cui essi pretendevano il risarcimento per lesione della propria immagine commerciale; 14) che erano state versate alla banca somme superiori a quelle dovute e che, in relazione alle reciproche poste attive e passive, avrebbe dovuto operare la compensazione; 15) che la società istante pretendeva la restituzione ex art. 2033 c.c. di quanto indebitamente versato all’istituto di credito; 16) che, a causa dell’illecito comportamento tenuto dalla banca, la società aveva subito un grave danno anche a titolo di lucro cessante; 17) che anche i fideiussori intendevano far valere la nullità delle clausole contrattuali: in considerazione di tali deduzioni la difesa degli istanti chiedeva che fosse rideterminato il saldo dare/avere fra le parti, dichiarata la nullità del contratto di i.r.s., che la banca fosse condannata a restituire quanto percepito in più rispetto al dovuto oltre al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali, che venisse disposta l’immediata cancellazione della segnalazione effettuata alla Banca d’Italia ed infine che i fideiussori venissero dichiarati liberati da ogni obbligazione.

Si costituiva, tempestivamente, I. s.p.a. in qualità di procuratore di I. S. s.p.a. il quale sosteneva 18) che il contratto di conto corrente era assistito da affidamento sino alla concorrenza di lire 100.000.000; 19) che la A.A. R. s.s. in data 22-3-2010 si era riconosciuta debitrice in relazione al rapporto di conto corrente dell’importo di € 324.129,09 e che aveva chiesto il rientro rateale; 20) che essa aveva consegnato tutta la documentazione negoziale concernente i rapporti in essere; 21) che tutte le illegittimità denunciate con riguardo al conto corrente non sussistevano essendosi la banca attenuta alla normativa vigente; 22) che la pretesa di restituzione di somme a titolo di interessi in virtù di clausola contrattuale era infondata atteso che il versamento delle stesse costituiva adempimento di obbligazione naturale; 23) che le pretese avversarie riguardavano somme il cui diritto di ripetizione (con riferimento al periodo precedente il mese di giugno 2009) sarebbe estinto per prescrizione ai sensi dell’art. 2948 n. 4 c.c. ovvero ai sensi dell’art. 2946 c.c.); 24) che tutte le domande proposte dai garanti erano infondate; 25) che tutte le considerazioni svolte con riguardo al contratto di i.r.s. non potevano condividersi e che le conclusioni dell’esperto contattato dalla società erano fuorvianti e contraddittorie rispetto a quanto sostenuto dagli stessi istanti che nello stesso atto introduttivo prima avevano fatto riferimento alla necessità di copertura dei rischi di variazione dei tassi relativi a un mutuo contratto con diversa banca e poi affermato che l’operazione era stata effettuata onde approntare una copertura dei rischi connessi alle oscillazioni dei tassi di interesse a fronte dell’esposizione debitoria della società; 26) che, in relazione al contratto di i.r.s., sussisteva una condizione di sostanziale equilibrio tra le parti come emergeva dai risultati economici manifestatisi in quasi un decennio di esecuzione ed alterati unicamente per effetto della crisi finanziaria verificatasi nel 2008; 27) che, anche in relazione al contratto finanziario, la banca si era attenuta alle prescrizioni normative di settore sicché non era configurabile alcun inadempimento ciò che comportava la infondatezza della domanda risarcitoria formulata; 28) che la banca era creditrice dell’importo di cui al saldo negativo del conto corrente n. 6527 poi indicato con il n. 03806/0000/06527175 pari a € 99.155,92; 29) che la banca era inoltre creditrice dell’importo di € 40.989,08 a seguito della risoluzione del contratto di i.r.s.: alla luce di tali considerazioni la difesa della società convenuta chiedeva il rigetto della domanda e l’accoglimento di quella riconvenzionale con condanna della società la A.A. R. s.s. e dei due garanti al pagamento dei due distinti importi sopra indicati, salva la eventuale compensazione tra le rispettive partite di debito e credito.

Con memoria redatta ai sensi dell’art. 183 VI co. n. 1 c.p.c., la società attrice chiedeva il rigetto della domanda riconvenzionale proposta dalla banca non essendo stata fornita idonea prova del credito.

Espletata c.t.u., affidata al dott. Stefano Ruberti, la causa veniva rimessa in decisione sulle conclusioni in epigrafe riportate.

La domanda è parzialmente fondata e, nei limiti che seguono, merita accoglimento.

Premesso che sono stati acquisiti sufficienti elementi di valutazione anche per effetto della disposta consulenza tecnica e che non occorre disporre ulteriori indagini, in primo luogo, va osservato che il riconoscimento di debito contenuto nella scrittura datata 22-3-2010 comporta il solo effetto di cui all’art. 1988 c.c. ma non preclude l’accertamento della eventuale nullità delle clausole pattizie con ogni conseguenza in ordine agli eventuali obblighi restitutori, non essendo inoltre configurabile la fattispecie di cui all’art. 1424 c.c..

In ordine alla misura degli interessi convenzionali va osservato che gli stessi erano stati validamente pattuiti e precisamente indicati come risulta dal documento n. 3 bis prodotto dagli attori e datato 3-9-1997; va aggiunto che la deduzione secondo cui la banca avrebbe illegittimamente modificato le condizioni contrattuali in senso sfavorevole alla cliente appare generica e non provata.

Va invece ritenuta illegittima l’applicazione di interessi anatocistici atteso che l’art. 7 delle condizioni generali relative al contratto di conto corrente del 3-9-1997 rinvia a un modulo allegato che non è stato però depositato sicché non può ritenersi provata una pattuizione conforme alla disciplina di cui all'art. 1283 c.c. né intervenuta una pattuizione paritetica di capitalizzazione.

Occorre aggiungere che non ha fondamento la deduzione difensiva secondo cui la pretesa attorea di restituzione di somme a titolo di interessi in virtù di clausola contrattuale sarebbe infondata atteso che il versamento delle stesse costituirebbe adempimento di obbligazione naturale, atteso che difetta l’elemento del pagamento spontaneo avendo la banca proceduto all’addebito degli interessi ultralegali sul conto corrente per sua esclusiva iniziativa e senza espressa autorizzazione del cliente sicché non può ritenersi integrata la fattispecie di cui all’art. 2034 c.c. (cfr. Cass. 14-12-2017 n. 30114; Cass. 25-1-2000 n. 819; Cass. 9-4-1984 n. 2262).

Va aggiunto che il conto in esame deve essere depurato dalla commissione di massimo scoperto non risultando pattuito siffatto tipo di compenso.

In ordine alla dedotta usurarietà degli interessi praticati va osservato che non vi è prova che gli stessi, al momento della stipula del contratto, superassero il tasso soglia, rilevandosi che, allorquando il tasso degli interessi concordato nel corso dello svolgimento del rapporto oltrepassi la soglia dell’usura, come determinata in base alle disposizioni della legge n. 108 del 1996, non si verifica la nullità o l’inefficacia della clausola contrattuale di determinazione del tasso degli interessi stipulata anteriormente all’entrata in vigore della predetta legge o della clausola stipulata successivamente per un tasso non eccedente tale soglia quale risultante al momento della stipula, né la pretesa del creditore di riscuotere gli interessi secondo il tasso validamente concordato, può essere qualificata, per il solo fatto del sopraggiunto superamento di detta soglia, contraria al dovere di buona fede nell’esecuzione del contratto (Cass. 30-1-2018 n. 2311; Cass. S.U. 19-10-2017 n. 24675).

Deve inoltre escludersi che ricorra la fattispecie c.d. di usura soggettiva (ovvero di usura in concreto) di cui all’art. 644 III co. c.p. non risultando provato né che la società istante versasse in condizioni di difficoltà economica o finanziaria né che gli interessi e gli altri compensi pattuiti fossero sproporzionati avuto riguardo alle concrete modalità del fatto ed al tasso medio praticato per operazioni similari.

Sono parimenti infondati i rilievi concernenti l’applicazione delle valute non essendo stato precisato a quali specifiche operazioni la dedotta censura sarebbe da riferire, rilevandosi peraltro che le uniche norme che impongono un preciso criterio per la decorrenza delle valute sono quelle contenute nell’art. 120 del d. lgs. 385/1993 laddove dalla prospettazione attorea non è dato desumere se le dedotte violazioni siano riconducibili alle predette disposizioni.

Alla stregua delle premesse sopra riportate e precisato che meritano condivisione i criteri di calcolo seguiti dal consulente d’ufficio, effettuati in conformità dell’indirizzo espresso da Cass. S.U. 2-12-2010 n. 24418 in ordine alla prescrizione delle rimesse ed ampiamente riportati nella relazione datata 17-10-2016, la domanda di ripetizione proposta dagli attori in relazione al conto n. 6527175 deve essere rigettata, essendo emerso un saldo negativo calcolato in € 54.593,00 (v. ipotesi sub c del punto 4 delle conclusioni che tengono conto della prescrizione), importo che va invece riconosciuto a favore della banca maggiorato degli interessi al tasso convenzionale dal 24-4-2012 sino al saldo definitivo.

In ordine al contratto di interest rate swap n. 2041290 del 3-12-2003, deve essere disattesa l’eccezione di nullità per difetto di forma scritta del contratto per il “Servizio di negoziazione, ricezione e trasmissione di ordini su strumenti finanziari” e del “Contratto quadro clientela affari O.T.C. (Per operatori non consumatori)”, dovendosi condividere l’orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui, in tema d'intermediazione finanziaria, il requisito della forma scritta del contratto-quadro, posto a pena di nullità (azionabile dal solo cliente) dall'art. 23 del d.lgs. n. 58 del 1998, va inteso non in senso strutturale, ma funzionale, avuto riguardo alla finalità di protezione dell'investitore assunta dalla norma, sicché tale requisito deve ritenersi rispettato ove il contratto sia redatto per iscritto e ne sia consegnata una copia al cliente, ed è sufficiente che vi sia la sottoscrizione di quest'ultimo, e non anche quella dell'intermediario, il cui consenso ben può desumersi alla stregua di comportamenti concludenti dallo stesso tenuti, come verificatosi nel caso di specie (cfr. Cass. S.U. 16-1-2018 n. 898).

Con riguardo al rapporto in questione va osservato che esso consiste in un negozio atipico di natura aleatoria in cui due parti convengono di scambiarsi, in una o più date prefissate, somme di denaro calcolate applicando due diversi parametri a un identico ammontare di riferimento (c.d. nozionale), con il pagamento alla scadenza concordata di un importo base netto, in forza di compensazione (v. Cass. 6-4-2001 n. 5114). Nel contratto in questione in cui il nozionale era pari a € 700.000,00 e rientrante nella tipologia denominata plain vanilla, la società istante era il debitore a tasso fisso (stabilito in misura pari al 4,58%) mentre il debitore a tasso variabile (stabilito con riferimento a EUR Euribor Telerate) era la banca, risulta riportato il seguente periodo: “Premesso che S.S. Az. A. R. pone in essere operazioni commerciali o finanziarie dalla quali derivano posizioni creditorie o debitorie, in euro o in valuta, rispetto alle quali intende cautelarsi contro gli eventuali effetti delle variazioni del tasso di interesse che potrebbero intervenire prima della scadenza delle operazioni stesse, determinando fin da ora la propria posizione di rischio in relazione alle fluttuazioni del suddetto tasso di interesse”.

Da ciò consegue che il contratto in questione aveva funzione di copertura del rischio da variazione dei tassi di interesse e anche da fluttuazione delle valute.

In proposito si deve rilevare che la Consob, nella sua Determinazione 26 febbraio 1999, DI/99013791, ha stabilito che, affinchè un'operazione in strumenti finanziari possa essere considerata "di copertura", debbono ricorrere le seguenti condizioni: - che le operazioni «siano esplicitamente poste in essere al fine di ridurre la rischiosità di altre posizioni detenute dal cliente»; - che «sia elevata la correlazione tra le caratteristiche tecnico-finanziare (scadenza, tasso d'interesse, tipologia, etc.) dell'oggetto della copertura e dello strumento finanziario utilizzato a tal fine; - che «siano adottate procedure e misure di controllo interno idonee ad assicurare che le condizioni di cui sopra ricorrano effettivamente». Orbene, poiché la menzionata Determinazione Consob si inquadra nell'ambito delle misure di attuazione del TUF e del regolamento Consob, deve ritenersi che la necessaria cura dell'interesse oggettivo del cliente -che la normativa degli artt. 21 e 26 del d. lgs. va a inserire nell'ambito della generale valutazione di meritevolezza degli interessi prescritta dall'art. 1322 c.c.- si traduca, in relazione alle operazioni in derivati i.r.s. con funzioni di copertura, nel rispetto delle sopra elencate condizioni, da ciò derivando che l'interesse oggettivo del cliente non può ritenersi soddisfatto quando l'operazione in concreto intervenuta non rispetti realmente le condizioni sopra richiamate. Nel caso di specie va notato che l’operazione in questione non perseguiva effettivamente una funzione di copertura, non risultando rispettata la seconda delle condizioni indicate dalla Determinazione Consob concernente la stretta correlazione occorrente tra lo strumento di copertura del rischio e il rischio da coprire: dalla documentazione negoziale emerge che le operazioni i.r.s. non risultano confrontarsi con singole e specifiche operazioni sottostanti, con copertura commisurata in modo puntuale sul rischio inerente a singoli debiti e nemmeno a una specifica posizione debitoria (non può inoltre sottacersi che il testo negoziale fa riferimento anche a operazioni in valuta in relazione alle quali manca ogni collegamento con operazioni di i.r.s. ciò che concorre a far ritenere anche la indeterminatezza dell’oggetto del contratto): ne consegue che il contratto posto in essere non può considerarsi volto a perseguire interessi meritevoli di tutela ai sensi dell’art. 1322 c.c. posto che lo stesso è stato strutturato in modo non conforme alla disciplina di cui agli artt. 21 t.u.l.f. e 26 reg. Consob n. 11522/1998 e alle prescrizioni di cui alla Determinazione Consob del 26 febbraio 1999, normativa avente natura imperativa e inderogabile anche in applicazione dei principi della direttiva 93/22/CEE (cfr. Cass. 31-7-2017 n. 19013).

All’esito del giudizio di non meritevolezza del contratto atipico in questione, lo stesso deve ritenersi inefficace fin dalla sua stipulazione, essendo inidoneo a vincolare le parti al rispetto delle sue regole (cfr. Cass. 27-10-2017 n. 25630; Cass. 2-11-2017 n. 26057; Cass. 15-2-2016 n. 2900); ogni ulteriore questione concernente la mancata informazione di altri elementi del contratto e della effettiva alea posta a carico della cliente risultano assorbiti.

Da quanto precede consegue che la società A.A. R. s.s. ha diritto alla restituzione di quanto versato, in esecuzione del contratto di i.r.s., a titolo di differenziale, importo che ammonta a € 119.706,36 in quanto somma non specificamente contestata , oltre agli interessi calcolati ai sensi dell’art. 1284 IV co. c.c. dal 29-6-2014 (data di notifica della citazione) sino al saldo effettivo.

Da quanto precede consegue altresì che deve ritenersi illegittima la segnalazione a sofferenza alla Centrale Rischi della Banca d’Italia del nominativo della Azienda A. R. società semplice agricola effettuata da I. S. in data 23-4-2012 sicché tale banca va condannata a richiedere la cancellazione della predetta formalità.

Deve invece essere rigettata la domanda risarcitoria formulata da A.A. R. s.s. per lesione della propria immagine commerciale e per danno a titolo di lucro cessante, non essendo in alcun modo provato che la istante abbia patito i lamentati pregiudizi, rammentandosi al riguardo che il danno deve essere dimostrato in concreto e non potendo ritenersi sussistente in re ipsa (cfr. Cass. 4-12-2018 n. 31233).

Deve inoltre ritenersi infondata la pretesa creditoria avanzata dalla banca in via riconvenzionale e fondata sulla avvenuta risoluzione per inadempimento del contratto di i.r.s.; per completezza va rilevato che, in ogni caso, la documentazione allegata dall’istituto di credito non è sufficiente a fornire la prova dell’entità del credito vantato.

In considerazione della parziale reciproca soccombenza le spese vanno compensate nella misura della metà e, per il residuo, poste a carico della banca convenuta e liquidate come da dispositivo in conformità dei parametri di cui al d.m. 55/2014, ponendosi quelle di consulenza tecnica parimenti definitivamente a carico delle parti per metà ciascuna.


P.Q.M.

Il Tribunale di Mantova, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone:

- condanna la A. A. R. società semplice agricola nonché P. F. R. e R. R., in solido fra loro, al pagamento in favore di I. s.p.a. -in qualità di procuratore di I. S. s.p.a.- della somma di € 54.593,00 oltre agli interessi al tasso convenzionale dal 24-4-2012 sino al saldo definitivo;

- condanna I. S. s.p.a.- a pagare in favore della A. A. R. società semplice agricola della somma di € 119.706,36 oltre agli interessi calcolati ai sensi dell’art. 1284 IV co. c.c. dal 29-6-2014 sino al saldo effettivo;

- condanna I. S. s.p.a. a richiedere alla Centrale Rischi della Banca d’Italia la cancellazione della segnalazione a sofferenza alla Centrale Rischi della Banca d’Italia del nominativo della A. A. R. società semplice agricola, segnalazione effettuata in data 23-4-2012;

- condanna altresì la parte convenuta a rimborsare alla parte attrice le spese di lite, compensandole per la metà e, per l’effetto, liquidandole in € 300,00 per spese e in € 6.715,00 per onorari, oltre al rimborso delle spese generali pari al 15%, i.v.a. e c.p.a. come per legge, ponendosi quelle di consulenza tecnica parimenti definitivamente a carico delle parti per metà ciascuna.

Mantova, 24 maggio 2019.

Il Giudice

dott. Mauro Pietro Bernardi