Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 21718 - pubb. 11/01/2019

Recesso dal contratto di locazione, giusto compenso, natura e preavviso del recesso

Cassazione civile, sez. I, 30 Ottobre 1990, n. 10520. Est. Bibolini.


Fallimento del conduttore - Recesso esercitato dal curatore del fallimento - Giusto compenso



Nel caso di recesso dal contratto di locazione di immobile, che venga esercitato dal curatore del fallimento del conduttore, il "giusto compenso", contemplato in favore del locatore dall'art. 80 secondo comma del R.d. 16 marzo 1942 n. 267, mira ad indennizzare la lesione delle aspettative costituite con il rapporto (in relazione alla durata ed al canone pattuiti), e, pertanto, non può essere negato per il solo fatto che detto locatore abbia ricevuto preavviso del recesso, occorrendo a tal fine accertare che, per effetto del preavviso, il locatore medesimo non abbia subito pregiudizio, ovvero sia stato in grado di evitarlo, usando la dovuta diligenza, mediante un'altra adeguata ed utile destinazione del bene. (massima ufficiale)


Massimario Ragionato



 


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE I

Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati:
Dott. Italo BOLOGNA Presidente
" Pellegrino SENOFONTE Consigliere
" Rosario DE MUSIS "
" Gian Carlo BIBOLINI Rel. "
" Ernesto LUPO "
ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto

da

S.P.A. KAPPAELLE in persona dell'Amm.re elett.te dom.to in Roma x c-o l'avv. G. C., rapp.to e difeso dall'avv. F. K. giusta delega in atti

Ricorrente

contro

FALL. TWINTEX s.p.a. in persona del Curatore Dr. D. B., elett.te dom.to in Roma x c-o l'avv. A. D. che lo rapp.ta e difende con l'avv. M. G. giusta delega in atti

Controricorrente

avverso il decreto del Tribunale di Prato del 14.4.1986;
Udita la rel. svolta dal Cons. Dr. Gian Carlo Bibolini;
Udito per il ric. l'avv. C.; Udito l'avv. G.;
Udito il P.M. Dr. F. Amirante che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con scrittura privata del 15-2-1981 registrata il 21-12-1981, la s.p.a. Kappaelle concedeva in locazione alla s.p.a. Twintex un complesso immobiliare costituito da uno stabilimento con le sue pertinenze sito in Comune di Agliana.
Con sentenza in data 9-5-1983 il Tribunale di Prato dichiarava il fallimento della s.p.a. Twintex.
Al momento della dichiarazione di fallimento, parte dello stabilimento era occupato dalla s.n.c. Sfilart, in base ad un precedente rapporto instaurato con la s.p.a. Twintex. Con la lettera Raccomandata in data 22-10-1983 il curatore comunicava alla Sfilart disdetta del rapporto a decorrere dal 31-10-1983, manifestando l'intenzione di liberare l'immobile per restituirlo alla proprietaria.
In data 31-1-1984 il curatore esercitava il recesso offrendo le chiavi dell'immobile al legale rappresentante della Kappaelle, ed altro tentativo di consegna effettuava il 17-2-84 tramite notaio; in entrambe le circostanze la Kappaelle rifiutava, assumendo che l'immobile era ancora occupato dalla s.n.c. Sfilart, nei cui confronti la proprietaria riteneva di non avere azione. Il rilascio dell'immobile da parte della s.n.c. Sfilart avveniva il 2-10-1984 e da tale data la Kappaelle riprendeva possesso del complesso immobiliare.
Nel frattempo, in data 9-5-1984 la Kappaelle aveva chiesto con ricorso al G.D. il pagamento di L. 58.002.000 a titolo di canoni scaduti e di relativi interessi.
Il G.D., con decreto 5-6-84, ritenendo già avvenuto il recesso da parte della curatela, rigettava il ricorso e contestualmente riconosceva alla proprietaria l'equo compenso di L. 42.000.000 ex art. 80 L.F., compenso non richiesto dalla s.p.a. Kappaelle in allora.
Avverso detto provvedimento proponeva reclamo la s.p.a. Kappaelle insistendo per il pagamento dei canoni scaduti ed il Tribunale, con ordinanza 18-6-1984, revocava l'impugnato decreto. Dopo tale decreto la curatela pagava alla società proprietaria L. 70.000.000 per i canoni maturati fino al giugno 1984 e successivamente, a seguito di decreto ingiuntivo ottenuto dalla Kappaelle, altri canoni fino al settembre 1984, per cui con il pagamento globale di L. 126.000.000 venivano pagati i canoni per il periodo gennaio - settembre 1984.
Con ricorso in data 6-2-1986 la Kappaelle chiedeva al Giudice delegato il riconoscimento e la determinazione dell'equo compenso precisando che, per spirito conciliativo e malgrado l'importo fosse ritenuto insufficiente, il compenso poteva essere determinato in L:
42.000.000, come già stabilito in precedenza dallo stesso G.D. con il decreto emesso e revocato dal Tribunale sul reclamo. Il G.D., con decreto 15-3-1986, ritenuto che il recesso fosse avvenuto già dal 23-1-1984, allorché il curatore aveva manifestato alla Kappaelle l'intenzione di recedere e che il protrarsi della presa di possesso dei locali era perdurata fino all'ottobre 1984 per fatto della stessa proprietà che avrebbe nel frattempo potuto agire nei confronti della Sfilart e cercare altro conduttore; che sostanzialmente il recesso era avvenuto con ampio preavviso e che per il periodo gennaio-settembre 1984 la Kappaelle aveva lucrato L. 126.000.000;
ciò premesso, riteneva non sussistessero più i presupposti per il riconoscimento di equo compenso.
Avverso detto decreto la Kappaelle, con atto del 26-3-86, proponeva reclamo.
Il Tribunale di Prato, con provvedimento del 21-4-86, rigettava il reclamo, ritenendo:
a) quanto al motivo di reclamo secondo cui il G.D., con il precedente provvedimento, rigettando l'istanza di liquidazione dei canoni, aveva liquidato l'equo compenso, provvedimento che sul punto non era stato impugnato da alcuno per cui si era verificato giudicato interno, riteneva che, invece, il precedente decreto del G.D. era stato reclamato proprio dalla Kappaelle e che il tribunale in sede di reclamo, preso atto della riserva della curatela di agire per la liberazione dell'immobile, aveva revocato il decreto del G.D.;
riteneva, quindi, che il precedente decreto del Giudice Delegato, in quanto revocato, fosse privo di effetto alcuno;
b) quanto al motivo con cui si deduceva la infondatezza in merito delle argomentazioni del decreto reclamato, il Tribunale dichiarava, invece, di aderire alle argomentazioni del G.D..
In particolare il Tribunale rilevava che, in base al disposto dell'ultimo comma dell'art. 1595 c.c., la risoluzione del contratto di locazione ha effetto anche nei confronti del subconduttore, subconduzione che nella specie era stata espressamente e preventivamente autorizzata nella clausola n. 6 del contratto di locazione, per cui il rifiuto della Kappaelle di riprendere le chiavi nel gennaio 1984 era "censurabile".
In secondo luogo, contatti avuti dal legale rappresentante della Kappaelle con la Sfilart per nuove attività lavorative, avevano prolungato il termine della riconsegna dei locali da parte del subconduttore.
Riteneva, di conseguenza, il Tribunale che l'importo di L. 126.000.000 percepito dalla Kappaelle assorbisse anche l'equo compenso.
Avverso detto provvedimento proponeva ricorso la s.p.a KAPPAELLE deducendo un unico motivo; si costituiva con controricorso la curatela fallimentare della s.p.a. TWINTEX.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l'unico mezzo la società ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 80 R.D. 16 marzo 1942 n. 257, nonché la contraddittorietà della motivazione circa un punto decisivo della controversia, unitamente a vizi logici e giuridici della motivazione stessa, a norma dell'art. 360 n. 3 e 5 c.p.c. In particolare la ricorrente rileva, innanzitutto, un insanabile contrasto tra la decisione impugnata ed il decreto del Tribunale in data 18-6-84, emesso tra le stesse parti e su reclamo della Kappaelle avverso il decreto del giudice delegato che, ritenendo già avvenuto il recesso al gennaio 1984, aveva rigettato la richiesta della proprietaria di avere diritto ai canoni successivi al gennaio 1984. In quella sede il Tribunale aveva ritenuto che il contratto di locazione non si fosse risolto e statuì che "il curatore deve attivarsi per la liberazione dell'immobile, in questione, da cose e persone". Assumeva, quindi, la ricorrente che in quella sede il Tribunale di Prato aveva ritenuto insufficiente la semplice intenzione manifestata dal curatore di recedere dal contratto perché si verificasse il recesso, ma che il bene doveva essere consegnato nella sua interezza, libero da beni e persone. Non essendo detto provvedimento stato impugnato, su di esso si sarebbe formato giudicato.
Rilevava che nel provvedimento oggetto di ricorso, invece, il Tribunale di Prato ritenne "censurabile" la condotta della Kappaelle per non avere essa accettato le chiavi nel gennaio e nel febbraio del 1984, sul presupposto che la risoluzione del contratto di locazione avesse effetto anche su quello di sublocazione. Ma se il recesso non si era verificata nel gennaio 1984, in base al primo provvedimento del Tribunale, la logica conseguenza era che per i mesi successivi al gennaio 1984 e fino alla riconsegna effettiva dell'immobile libero, la Kappaelle aveva diritto ai regolari canoni in base all'art. 80 L.F., e tale era il titolo per cui essa, anche a seguito di decreto ingiuntivo, aveva ricevuto l'importo di L. 126.000.000. Su tale base, in considerazione del fatto che l'art. 80 L.F. conferisce al locatore il diritto ai canoni sino al recesso ed inoltre il diritto all'equo compenso, sarebbe illogica e violatrice dell'art. 80 L.F. la decisione del Tribunale, secondo cui l'importo di L. 126.000.000 assorbirebbe in sè anche il compenso.
La censura della ricorrente è fondata.
Basti a tale fine rilevare che l'importo di L. 126.000.000 versato dalla curatela alla s.p.a. KAPPAELLE, avvenne in base ad un titolo e ad un rapporto riconosciuto tuttavia valido ed efficace dalla stessa curatela, costituendo esso pagamento di canoni locativi fino al settembre 1974. La circostanza, chiaramente enunciata nel ricorso, è riconosciuta pacificamente (sia come fatto storico, sia in relazione al titolo di pagamento) dalla curatela controricorrente (pagg. 4 e 5 del controricorso), e trova diretto riscontro nei provvedimenti a seguito dei quali detti pagamenti avvennero. È sufficiente ricordare, al fine, che L. 70.000.000 vennero corrisposte dopo la disposizione del Tribunale di Prato di annullamento, in fase di reclamo, del decreto del giudice delegato che aveva rifiutato di riconoscere il diritto al canone dopo il 31-1-84 ed aveva liquidato il compenso non richiesto in allora dalla parte, annullamento cui accedeva la disposizione "il curatore deve attivarsi per la liberazione dell'immobile, in questione, da cose e da persone", ed inoltre che il versamento di ulteriori somme aveva trovato titolo in un decreto ingiuntivo emesso dal Presidente del tribunale di Prato, decreto che, pertanto, faceva stato contro il fallimento per la sussistenza del credito del locatore e per la relativa causale. In presenza di questi presupposti, pacifici in causa, il tribunale di Prato, nel provvedimento oggetto di ricorso concernente l'esistenza, o no, del diritto della s.p.a. KAPPAELLE al "giusto compenso" di cui all'art. 80 L.F., rigettando il reclamo ha ritenuto che "l'equo compenso" fosse "assorbito" nella corresponsione dell'importo di L. 126.000.000 già indicata.
L'assorbimento di un pagamento richiesto per un titolo specifico (il giusto compenso) in altro precedentemente già avvenuto, può assumere un duplice significato, e cioè:
a) come riconoscimento che il precedente pagamento era stato fatto solo in parte a titolo di canone, ed in parte quale "giusto compenso";
b) come negazione che al locatore, dopo avere ottenuto il canone per il periodo di effettiva occupazione, competesse in concreto detto compenso.
Un'interpretazione del provvedimento nel senso per primo indicato in via alternativa, sarebbe incongruente e non adeguatamente motivato, vuoi perché non viene indicato quale importo, e per quale ragione costituisse canone e quale compenso ex art. 80 L.F., sia perché sarebbe in contrasto con situazioni che hanno costantemente la causa attributiva nel corrispettivo da locazione per specifica ammissione delle parti, oltre che per provvedimento di giurisdizione, senza che da alcuno fosse stato addotta ne' un'ipotesi di ripetizione di indebito, ne' un controcredito, eventualmente di natura risarcitoria, del fallimento, idoneo a ridurre o escludere in via compensativo il compenso da recesso.
Qualora, peraltro, il tenore del provvedimento dovesse essere interpretato in base alla seconda ipotesi (sopra indicata sub b)), si giungerebbe a conclusione non difforme dalla precedente. Ed invero, il legislatore, attuando un contemperamento delle esigenze della procedura concorsuale (che può avere necessità per fini istituzionali, della disponibilità dell'immobile locato al fallito - soprattutto se di natura industriale - finché dette esigenze persistano) e degli interessi del locatore, ha previsto a favore di una parte, subentrata nel rapporto, la possibilità di recesso in qualsiasi momento senza necessità di preavviso (non disciplinato nella fattispecie normativa in esame), prevedendo altresì, a favore del locatore, che viene privato delle altrimenti legittime aspettative sulla durata del rapporto, un "compenso" cui accede, nel testo normativo, la qualifica di "giusto". Detta corresponsione ha natura non risarcitoria (in mancanza di situazione di illiceità), ma eminentemente indennitaria con funzione compensativa, come lo stesso termine di "compenso" utilizzato nel testo dell'art. 80 L.F. chiaramente esprime. Poiché, inoltre, l'unica situazione compensabile a favore del locatore, una volta avvenuta la rescissione del rapporto, è la lesione delle aspettative del locatore in base al contratto originario, la corrispettività della somma, non a caso individuata con riferimento ad una caratteristica di giustezza e non di equità, deve essere ragguagliata all'entità del canone convenuto, alla durata contrattuale del rapporto, rapportata al momento del recesso, con esclusione di qualsiasi situazione, ancorché egualmente pregiudizievole, che derivi da negligenza o incuria del locatore stesso nel reperire le ordinarie possibilità di adibire il bene ad altra adeguata ed utile destinazione.
Non è da escludersi, quindi, che un compenso giusto, malgrado il recesso, non debba essere riconosciuto o perché l'immobile liberato dalla curatela abbia avuto con immediatezza utile destinazione, ovvero per negligenza del locatore, così come è possibile che la liquidazione non debba essere ragguagliata all'intera durata originaria del contratto, in previsione di concrete possibilità di adeguata utilizzazione o destinazione del bene in epoca anteriore alla scadenza contrattuale.
Così inquadrata, in linea di principio e in base ai criteri attuabili, la questione, che costituiva l'oggetto unico della controversia e della pronuncia impugnata, chiaro appare che colui il quale subisca il recesso, viene privato ovviamente del diritto al canone, ma matura per legge il giusto compenso, la cui negazione o limitazione, rispetto alle aspettative consentite dalla durata originaria del contratto, non è soggetta ad un incontrollabile potere discrezionale del giudice delegato (cui l'art. 80 conferisce il potere di determinazione), ma ad una adeguata e motivata valutazione in base ai criteri indicati.
La negazione, quindi, del diritto in concreto del compenso da recesso, deve trovare adeguati argomenti che non possono incidere o risalire alla pendenza del rapporto in corso di fallimento, pacificamente attuato ed adempiuto dalle parti, ma deve concernere specificamente la posizione del locatore dopo il recesso, le sue aspettative in base al contratto, la sua eventuale negligenza del non essersi tempestivamente attivato per neutralizzare gli effetti pregiudizievoli del recesso, eventualmente anche in relazione a situazioni già note o annunciate e prevedibili prima del recesso. Non si ritiene, pertanto, che qualora sia stato di fatto dato un preavviso di recesso, possa senz'altro escludersi in linea di principio il diritto al compenso, ovvero al contrario debba necessariamente, ed in linea generale, riconoscersi il compenso. Stante la natura, la funzione di criteri di ragguaglio dell'indennizzo, diviene questione di mero fatto valutare se detto preavviso, in relazione all'effettiva messa a disposizione del bene per successive utilizzazioni a favore del locatore, sia stato, o no, convenientemente utilizzato da questa parte.
Nel caso di specie, per contro, la negazione del diritto al compenso è stata fondata su situazioni che, o ricadono nell'ipotesi interpretativa sopra indicata sub a) e di cui si è già parlato (l'antedatazione dell'efficacia del recesso rispetto alla consegna del bene libero, coincidente con la durata di pagamento dei canoni, ovvero il ritardo della consegna per condotta ascrivibile alla s.p.a. KAPPAELLE), ovvero rientrano nella qualificazione della condotta del locatore come diretta a "lucrare dal fallimento", senza che, peraltro, tra dette situazione ed il ritenuto "assorbimento" del compenso giusto, vi possa essere, in base ai criteri sopra indicati in linea di principio o esemplificativa, una logica consequenzialità e senza che del diniego del diritto o del ritenuto "assorbimento" sia stata data percepibile giustificazione, coerente con i principi che reggono il riconoscimento del compenso dell'art. 80 L.F. ed i criteri che debbono sopraintendere alla sua liquidazione.
L'accoglimento del ricorso comporta la cassazione del decreto del Tribunale di Prato, l'invio degli atti allo stesso Tribunale per l'ulteriore corso e la condanna della resistente curatela alle spese della presente fase.

 

P.Q.M.

La Corte, accoglie il ricorso; cassa e rinvia al Tribunale di Prato; condanna la curatela resistente alle spese della presente fase in L. 110.835 liquidando gli onorari in L. 1.200.000. Roma 13-11-1989.