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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 21670 - pubb. 11/01/2019.

Subentro del curatore nella locazione e revocatoria


Cassazione civile, sez. I, 04 Maggio 1996, n. 4143. Est. Rovelli.

Azione revocatoria fallimentare - Locazione ultranovennale stipulata dal fallito prima della dichiarazione di fallimento - Azione revocatoria fallimentare - Esercizio - Ammissibilità


La circostanza che il curatore subentri nel rapporto di locazione ultranovennale stipulato dal fallito in epoca antecedente la dichiarazione di fallimento, non esclude che, ove ne ricorrano le condizioni, il contratto possa essere revocato, ai sensi dell'art. 67 legge fallimentare, atteso che l'esercizio dell'azione revocatoria vede il curatore intervenire come terzo, per elidere il pregiudizio recato al patrimonio del fallito da atti da questi compiuti entro l'anno dalla dichiarazione di fallimento. Infatti, il contratto di locazione ultranovennale configura un atto di straordinaria amministrazione, idoneo di per sè ad alterare in senso peggiorativo la garanzia patrimoniale offerta dal locatore ai creditori, e pertanto soggetto all'azione revocatoria. (massima ufficiale)

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE I

Composta dagli Ill.mi Sigg. Magistrati:
Dott. Francesco E. ROSSI Presidente
" Ernesto LUPO Consigliere
" Vincenzo PROTO "
" Enrico ALTIERI "
" Luigi ROVELLI Rel. "
ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto

da

F. GIUSEPPE, elettivamente domiciliato in Roma c-o la Cancelleria Civile della Cassazione, rappresentato e difeso dall'avv.to Eduardo G., giusta delega a margine del ricorso;

Ricorrenti

contro

del FALLIMENTO della soc. irregolare "MULINI F.LLI F. di PATERNÒ" e personale dei soci F. FRANCESCO fu Agatino, F. FRANCESCO fu Giuseppe e C. MARIA CARMELA, in persona del Curatore Antonio P., elettivamente domiciliato in Roma c-o la Cancelleria Civile della Cassazione, rappresentato e difeso dall'avv.to Gaetano G., giusta delega in calce al controricorso;

Controricorrente

avverso la sentenza 307-91 della Corte di Appello di Catania dep. il 17.4.1991;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 4.10.1995 dal Consigliere Rel. Dott. Luigi Rovelli;
udito il P.M. nella persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Lo Cascio, che ha concluso per l'accoglimento del 2 motivo di ricorso e rigetto del 1 .

FATTO

Con l'atto introduttivo del 29.11.1986, il Curatore del fallimento della società irregolare "Mulini F.lli F. di Paterni", nonché di quello personale dei soci illimitatamente responsabili, esponeva che la predetta società irregolare ed i singoli soci, ammessi con provvedimento 4.12.1980 del Tribunale di Catania alla procedura di concordato preventivo, erano stati dichiarati falliti previa risoluzione del concordato, con sentenza 6.8.1986; e che, con contratto registrato il 14.4.1986, ll fallito F. Francesco, aveva concesso in locazione, per la durata ultranovennale al proprio figlio F. Giuseppe, beni immobili appartenenti al proprio patrimonio. Chiedeva che l'adito Tribunale di Catania dichiarasse inefficace, ai sensi dell'art. 167 L.F., ovvero revocasse ex. art. 67 della stessa legge il contratto stipulato poco prima della dichiarazione di fallimento. La parte convenuta resisteva eccependo, fra l'altro, che la revocatoria ex art. 67 L. Fall.re non è applicabile a contratto di locazione di immobili opponibile, ex art. 80 L.F. al Curatore del locatore fallito, e che avendo il F. Francesco stipulato la locazione in regime di comunione con la moglie M. Carmela C. ai sensi dell'art. 180 C.C. il contratto, per la quota della C., si sottrae all'impugnativa della Curatela. Con comparsa di intervento, la Ciancitto si costituiva dichiarando di voler ratificare il contratto, stipulato in regime di comunione legale dal marito Francesco F., e di far valere i diritti che dallo stesso le derivavano, opponendosi alle azioni proposte dalla Curatela. Il Tribunale, con sentenza depositata il 28.8.1989, dichiarava inefficace, ex art. 67 L. Fall.re, nei confronti della massa il contratto di locazione stipulato dal F. Francesco, nella sua interezza.
Avverso tale sentenza proponeva appello F. Giuseppe, mentre rimaneva contumace la C., dichiarata fallita in estensione con sentenza del 27.2.1989. La Corte d'appello di Catania, con sentenza del 29.4.1991, rigettava il gravame considerando applicabile il regime della revocatoria fallimentare a contratto di locazione pur astrattamente opponibile al curatore del locatore, operando le due norme dell'art. 67 e dell'art. 80 della L. fall.re su due piani diversi, e reputando integrati l'estremo soggettivo e quello oggettivo della proposta azione revocatoria. Rilevava poi che la notifica del contratto da parte della C. valeva a sanare ogni possibile vizio conseguente alla circostanza che il contratto di locazione era stato stipulato da uno solo dei comproprietari; ma riteneva che, proprio per effetto di tale adesione, la C. era divenuta parte di quel contratto di locazione relativa al bene controverso, acquisendo la veste di litisconsorte necessario nelle azioni relative al contratto medesimo, la cui inefficacia verso la massa valeva a travolgerlo nella sua interezza.
Avverso detta sentenza F. Giuseppe proponeva ricorso per cassazione affidato a due motivi di annullamento. Resisteva la Curatela notificando controricorso.

DIRITTO

Con il primo motivo, la parte ricorrente, deducendo violazione degli artt. 67 II comma e 80 L (NDR: così nel testo). n. 267 del 1942, nonché vizio di motivazione, rileva che la disciplina che prevede il subentro ipso iure del curatore nel rapporto locativo, impedisce alla curatela di porsi nella posizione di terzo, che è presupposto per l'esercizio dell'azione revocatoria, e che è insufficiente la motivazione in ordine alla conoscenza dello stato di insolvenza del locatore.
Con il secondo motivo, si lamenta violazione degli artt. 180, 184 e 141 C.C., nonché dell'art. 67 L.F.. In particolare, si rileva che la norma dell'art. 191 C.C. (che dispone lo scioglimento della comunione per effetto del fallimento) conferma che il fallimento di uno dei coniugi non può produrre effetti nei confronti dell'altro coniuge, e che, in ogni caso, le vicende relative alla quota del coniuge non ..... non può cagionare ai creditori pregiudizio alcuno. Il primo motivo non appare fondato e deve essere rigettato. Ed invero, come ha sottolineato la Corte etnea, la circostanza che il curatore subentri nel rapporto di locazione stipulato dal fallito in epoca antecedente la dichiarazione di fallimento, non esclude che, ove ne ricorrano le condizioni, il contratto possa essere revocato, ai sensi dell'art. 67 L. Fall.re. La norma che regola la sorte di un contratto pendente (art. 80 L.F.) fa riferimento alla funzione del curatore come soggetto cui fanno capo rapporti del fallito e quindi le situazioni attive e passive esistenti nel suo patrimonio. L'esercizio dell'azione revocatoria vede il curatore intervenire come terzo, per elidere il pregiudizio recato al patrimonio del fallito da atti determinati da lui compiuti in ben individuate circostanze, anche temporali. In relazione ad atti compiuti entro l'anno della dichiarazione di fallimento, non è necessario uno squilibrio nel rapporto commutativo del negozio, ma è sufficiente la sua attitudine ad alterare, in senso peggiorativo, la garanzia patrimoniale offerta dai creditori.
E, secondo la giurisprudenza di questa Corte (v. Cass. 22.6.1985 n. 3757) tale presupposto oggettivo dell'azione revocatoria ben può sussistere anche con riferimento ad un contratto di locazione, in quanto la presenza di questo diminuisce il valore di mercato, del bene facendo parte del patrimonio del debitore, ossia la sua ragione di scombic.
Si è così affermato che proprio il contratto di locazione ultranovennale configura specificamente un atto di straordinaria amministrazione (art. 1572 I comma C.C.), idoneo di per sè ad alterare in senso peggiorativo la garanzia patrimoniale offerta dal locatore ai creditori, ed è pertanto soggetto all'azione revocatoria, restando applicabile l'art. 80 L.F., in tema di prosecuzione del rapporto di locazione nonostante il fallimento del locatore, con subingresso del curatore, a quelle locazioni che non siano revocabili, in difetto dei requisiti fissati dal predetto art. 67 L.F..
Quanto alla conoscenza dello stato di insolvenza, essa è stata accertata dal giudice di merito in base a ragionamento immune da vizi logici e giuridici (che tiene conto sia della peculiarità per cui il rapporto di locazione è intervenuto fra "terzo" e proprio genitore, sia del fatto che è intervenuto in prossimità della dichiarazione di fallimento conseguito ad una procedura di concordato preventivo protrattosi per anni) e, come tale, è insindacabile in sede di legittimità.
Il secondo motivo non appare fondato, alla strega delle osservazioni e delle precisazioni che seguono.
Occorre, infatti, considerare che il contratto di locazione stipulato dal fallito, secondo quanto accertato dalla pronunzia di merito, è intervenuto in regime di comunione dei beni, ed è stato convalidato, con efficacia ex tunc, ai sensi dell'art. 184, dal di lui coniuge. Un unico, valido contratto, dunque, ha per oggetto la locazione della quota immobiliare di pertinenza del fallito e della quota del coniuge. La convalida di quest'ultima, ha per conseguenza, l'acquisto della sua qualità da parte del rapporto contrattuale locativo, e di quella di litisconsorte necessario nelle azioni, riguardanti le vicende contrattuali, proposte contro il coniuge che ha stipulato il contratto. Ora, da un lato, si è in presenza di un unico contratto, talché l'inefficacia del medesimo rispetto alla massa dei creditori non può che essere riguardato nella sua inscindibilità. Dall'altro, l'inefficacia nei confronti dei creditori, del vincolo locativo afferente la quota di pertinenza del fallito, produce bensì la caducazione dell'intero contratto, che non può sopravvivere al radicale mutamento del suo oggetto; ma non incide nella libera disponibilità da parte del suo titolare, della quota di pertinenza del coniuge del fallito, dato che la dichiarazione di fallimento ha prodotto lo scioglimento della comunione legale.
Ma ciò non comporta la necessità di riforma della sentenza di merito, che ha accolto la domanda revocatoria, ma concerne la delimitazione degli effetti obiettivi del giudicato stesso. Appaiono ricorrere, attesa la delicatezza dell'ultima questione trattata, giusti motivi per compensare, fra le parti, le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, compensa le spese.
Roma lì 4 ottobre 1995.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 4 MAGGIO 1996