Crisi d'Impresa e Insolvenza


Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 21667 - pubb. 11/01/2019

Fallimento del conduttore, recesso dal contratto e giusto compenso

Cassazione civile, sez. I, 26 Gennaio 1999, n. 694. Est. Panebianco.


Fallimento del conduttore - Risoluzione anticipata del contratto - Diritto del locatore al "giusto compenso" ex art. 80 L.F. - Contenuto - Assorbimento nei canoni scaduti della locazione - Legittimità - Esclusione



L'art. 80 della legge fallimentare, nel riconoscere al curatore, in caso di fallimento del conduttore, la facoltà di recedere anticipatamente dal contratto di locazione, attribuisce al locatore il diritto ad un "giusto compenso" che, nel dissenso delle parti, è liquidato dal giudice in via discrezionale, senza che tale discrezionalità possa, peraltro, legittimamente estendersi al punto da assorbire (del tutto arbitrariamente) tale compenso nei canoni già maturati dalla dichiarazione di fallimento al rilascio dell'immobile, attesa la netta distinzione dei relativi titoli, l'uno, di tipo indennitario, volto a ristorare il locatore per l'anticipata risoluzione del contratto, l'altro, di natura contrattuale, scaturente dallo stesso negozio di locazione e relativo a somme ancora dovute dal fallimento per il protrarsi dell'occupazione del bene. (massima ufficiale)


Massimario Ragionato



 


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Alfredo ROCCHI - Presidente -
Dott. Giovanni LOSAVIO - Consigliere -
Dott. Alessandro CRISCUOLO - Consigliere -
Dott. Enrico ALTIERI - Consigliere -
Dott. Ugo Riccardo PANEBIANCO - Rel. Consigliere -

ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A

sul ricorso proposto da:
R. TOMMASO, elettivamente domiciliato in ROMA P. C. x, presso l'avvocato F. A., rappresentato e difeso dall'avvocato E. E. NICOLA, giusta delega a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro

FALLIMENTO EUROPACCIAI Srl;

- intimato -

avverso il decreto del Tribunale di ASCOLI PICENO, depositato il 23/01/97;
1998 udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 06/10/98 dal Consigliere Dott. Ugo Riccardo PANEBIANCO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Vincenzo MACCARONE che ha concluso in via principale: per l'inammissibilità; in subordine: per l'accoglimento del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Europacciai s.r.l., che conduceva in locazione dei locali ad uso ufficio sito in Centobuchi Viale De Gasperi n.59 e concessi da R. Tommaso, veniva dichiarata fallita dal Tribunale di Ascoli Piceno con sentenza del 7.5.1994. Il curatore comunicava il proprio recesso in data 25.9.1995 e rilasciava il 16.10.1995 i locali, fino ad allora occupati dalla documentazione della società fallita.
Il R. chiedeva al giudice delegato il pagamento della somma di L 20.326.000, corrispondenti a sei mensilità di canone, a titolo di equo compenso ai sensi dell'art. 80 comma 2 L.F., ma la richiesta veniva respinta dal giudice delegato con provvedimento confermato dal Tribunale, avanti al quale il R. aveva proposto reclamo. Rilevava il Tribunale che, non avendo il curatore stipulato un nuovo contratto ma rilasciato l'immobile condotto in locazione in epoca successiva al fallimento per necessità della procedura, il giusto compenso, da determinarsi discrezionalmente ai sensi dell'art. 80 comma 2 L.F., era stato congruamente quantificato nell'ammontare integrale dei canoni maturati dalla dichiarazione del fallimento al rilascio dell'immobile.
Avverso tale decreto propone ricorso per cassazione R. Tommaso, deducendo un unico motivo di censura.
Il Fallimento non ha svolto alcuna attività difensiva.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Pregiudiziale è l'esame dell'eccezione di inammissibilità del ricorso dedotta in udienza dal Procuratore Generale che ne ha evidenziato la tardività per l'ipotesi che questo Collegio, in difformità con la più recente pronuncia in materia (Cass. 12047/97), si uniformi alla precedente giurisprudenza, secondo cui il termine per il ricorso per cassazione avverso il decreto del Tribunale pronunciato ai sensi dell'art. 26 L.F. su reclamo contro i provvedimenti del giudice delegato decorre dal deposito e non già dalla comunicazione del decreto medesimo (Cass. 9595/93; Cass. 2066/95; Cass. 3796/97).
Al riguardo ha evidenziato che il decreto del Tribunale era stato depositato il 23.1.1997 e comunicato il 30.1.1997, mentre il ricorso è stato notificato il 27.3.1997.
Verificata l'effettiva corrispondenza di tali date con quelle risultanti dagli atti, ritiene il Collegio di dover seguire il nuovo indirizzo in quanto in linea con i principi costituzionali enunciati in materia fallimentare con varie pronunce, in relazione all'art. 26 L.F. dalla Corte Costituzionale che ne ha dichiarato l'illegittimità laddove fa decorrere il termine di tre giorni per il reclamo al Tribunale dalla data del decreto del giudice delegato anziché da quella della comunicazione (C. Cost. 303/85; C. Cost. 156/86). Da tali pronunce deve trarsi infatti il principio, secondo cui l'esigenza di celerità, giustificata dalla particolare natura degli interessi tutelati nella procedura fallimentare, non può giungere fino al punto di sacrificare la tutela costituzionale del diritto di difesa, facendo decorrere il termine dal deposito anziché dalla comunicazione del provvedimento.
Dette pronunce non riguardano in verità il ricorso per cassazione, ma è evidente che ricorre la medesima "ratio", costituita, anche qui, da una parte, dall'esigenza di una celere definizione del procedimento e, dall'altra, da un'adeguata tutela dei diritti della difesa.
Infatti, se per un verso le esigenze di celerità hanno fatto ritenere inapplicabile (Sez. Un. 5761/98) alla materia fallimentare il principio recentemente enunciato dalle Sezioni Unite ( 5615/98), secondo cui il termine breve per il ricorso per cassazione ex art.111 Cost. avverso ordinanze aventi contenuto decisorio decorre solo a seguito di notifica su istanza di parte (orientamento questo peraltro significativo della tendenza ad una maggiore garanzia difensiva), per contro rischi di incostituzionalità possono essere evitati anche nella materia in esame solo attraverso un'interpretazione che privilegi in ogni caso, ai fini della decorrenza del termine, il momento dell'effettiva conoscenza del provvedimento da impugnare, sia pure solo attraverso la mera comunicazione.
Superata l'eccezione pregiudiziale, va esaminato l'unico motivo del ricorso con il quale R. Tommaso, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 80 L.F.; 1571, 1587 e 1591 C.C.; 27 Legge 27.7.1978 n. 392, lamenta che il Tribunale abbia confuso ed identificato il "giusto compenso" di cui all'art. 80 L.F. con il corrispettivo della locazione previsto dagli artt. 1587 n.2 e 1591 C.C., avendo il primo carattere sostanzialmente indennitario per il venir meno del rapporto prima del termine previsto e costituendo il secondo il canone cui è tenuto il curatore, subentrato al fallito, fino a quando non vengano rilasciati i locali a seguito dell'esercizio del diritto di recesso. Sostiene quindi che erroneamente il Tribunale non ha riconosciuto il giusto compenso derivante dall'avvenuto recesso e da determinarsi in un importo pari a sei mensilità di canone ai sensi dell'art. 27 u.c. della Legge 392/78. La censura è fondata.
L'art. 80 comma 2 L.F., nel prevedere per il curatore, in caso di fallimento del conduttore, la facoltà di recedere dal contratto di locazione, riconosce al locatore un giusto compenso che, nel dissenso fra le parti, è determinato dal giudice.
In applicazione di tale previsione l'impugnato decreto ha ritenuto di determinarlo equitativamente nell'ammontare dei canoni maturati dalla dichiarazione di fallimento al rilascio dell'immobile ed ha rigettato quindi il reclamo, considerando che detti canoni erano stati già corrisposti.
Ma in tal modo il Tribunale ha identificato il compenso volto ad indennizzare il locatore per l'anticipata risoluzione del contratto di locazione con i canoni dovuti in ogni caso per l'uso dell'immobile e cioè per un titolo diverso, finendo così sostanzialmente per negare in radice il diritto rivendicato.
La discrezionalità, richiamata nella motivazione del provvedimento e di cui il giudice delegato può certamente avvalersi, non può infatti prescindere da tale netta distinzione di titoli, traducendosi altrimenti in una vera e propria violazione di legge che detto compenso prevede, indipendentemente dal dovuto versamento dei canoni.
In accoglimento del ricorso l'impugnato decreto va pertanto cassato con rinvio, anche per le spese, al Tribunale di Ascoli Piceno in diversa composizione che, nel determinare il compenso richiesto, dovrà uniformarsi al principio esposto, tenendo distinti i due titoli, ed esercitare pertanto i propri poteri discrezionali unicamente nell'ambito della sua quantificazione, dandone congrua motivazione.

 

P. Q. M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Accoglie il ricorso. Cassa l'impugnato provvedimento e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, al Tribunale di Ascoli Piceno.
Così deciso in Roma, il 6.10.1998
Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 1999