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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 21377 - pubb. 14/03/2019.

L’azione di responsabilità contro i sindaci presuppone l’accertamento sulla condotta degli amministratori


Tribunale di Roma, 25 Settembre 2018. Est. Scerrato.

Società – Responsabilità degli amministratori – Antecedente necessario dell’accertamento della responsabilità dei sindaci – Affermazione – Diligenza qualificata dell’amministratore – Affermazione – Responsabilità degli amministratori non operativi – Limitata al mancato impedimento di atti pregiudizievoli – Affermazione – Risarcimento del danno – Necessità di prova del danno e del nesso di causalità – Sussiste


Nel caso di domanda svolta contemporaneamente nei confronti degli amministratori e dei sindaci si deve procedere in primo luogo all’accertamento della responsabilità dei primi per poi verificare la responsabilità eventuale dei secondi.

Nel caso di domanda svolta o proseguita nei confronti dei soli sindaci, sarà pur sempre necessario un accertamento in via incidentale della contestata condotta di mala gestio degli amministratori, per poter poi valutare la sussistenza del contestato omesso controllo da parte dei sindaci.

Per gli amministratori di S.p.a., al pari di quelli delle S.r.l., è attualmente richiesta non la generica diligenza del mandatario, ma quella speciale diligenza prevista dall’art. 1176, 2° comma, c.c. per il professionista; a tal fine, è necessario operare un giudizio ex ante e non ex post, dovendosi quindi prendere in considerazione solo quelle circostanze, oggettive e soggettive, che erano conosciute o conoscibili, con riferimento al momento in cui è stata tenuta quella determinata condotta, poi risultata foriera di danni per la società.

In virtù della modifica dell’art. 2392 c.c. avvenuta a seguito della riforma delle società di capitali del 2003, gli amministratori privi di deleghe (cd. non operativi) rispondono solo quando non abbiano impedito fatti pregiudizievoli degli altri amministratori in virtù della conoscenza - o della possibilità di conoscenza - di elementi tali da sollecitare il loro intervento alla stregua della diligenza richiesta dalla natura dell'incarico e dalle loro specifiche competenze.

L’accertamento dell’inadempimento dei doveri imposti dalla legge e/o dallo statuto costituisce presupposto necessario ma non sufficiente per affermare la responsabilità risarcitoria in capo agli amministratori inadempienti; infatti anche in questo caso è pur sempre necessaria la prova del danno, ossia del deterioramento effettivo e materiale della situazione patrimoniale della società, e la diretta riconducibilità causale di detto danno alla condotta omissiva o commissiva degli amministratori stessi: l’onere allegatorio e probatorio grava, in base ai principi generali, su chi agisce. (Redazione IL CASO.it) (riproduzione riservata)

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale di Roma – Sedicesima SE.ne Civile (ex Terza SE.ne Civile),

 

composto da dott. Stefano Cardinali Presidente

dott. F. Remo Scerrato Giudice relatore

dott. A. Ruggiero Giudice

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

omissis

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione (rg 57033/2011), ritualmente notificato ai convenuti, l’attore Fallimento E. S.p.a. (fallimento n° 133/2008), premesso che il fallimento era stato dichiarato con sentenza del 16/4/2008 dal Tribunale Fallimentare di Roma e che la E. S.p.a. era stata costituita in data 10/6/1998 con altra denominazione -la società inizialmente era denominata Link Up S.r.l., poi Link Up S.p.a., poi E. S.p.a., poi E. S.r.l. e poi appunto E. S.p.a.-, allegava che, come emerso all’esito dell’espletamento di due consulenze tecniche, affidate a professionisti esterni alla procedura per l’accertamento della condotta degli amministratori e dei sindaci che si erano succeduti fino alla data del fallimento, vi erano state innumerevoli operazioni societarie (acquisizioni, fusioni, scissioni, ecc.) che avevano falsato la reale situazione patrimoniale, finanziaria ed economica della società, quale risultava riportata nei bilanci di esercizio, senza che fossero adottati gli opportuni provvedimenti per l’eliminazione delle ingenti perdite, che si erano accumulate anno per anno, e per l’adozione delle misure straordinarie sul capitale ovvero ancora per l’attivazione della procedura di scioglimento della società; che l’iniziativa ex art. 2409 del luglio del 2007 da parte del Collegio Sindacale in carica era assolutamente tardiva; che pertanto, attesa la rilevata mala gestio da parte degli amministratori in relazione alle specifiche operazioni indicate, appariva evidente la responsabilità, per omesso controllo, dei componenti di tutti i Collegi Sindacali che si erano succeduti dal 2000 fino alla sentenza di fallimento. Tanto premesso, la curatela attrice agiva per la dichiarazione di responsabilità dei convenuti T. F., L. A. e C. M. (membri del CS dal 20/9/2000 al 6/12/2001 ed il primo anche del CS dal 5/11/2005 al 27/8/2007), x G., B. Walter e C. Antonio (membri del CS dal 6/12/2001 al 5/11/2005), G. G. e A. A. (membri del CS dal 5/11/2005 al 27/8/2007, insieme al predetto T.), C. G., B. A. e M. P. (membri del CS dal 27/8/2007 al 16/4/2008, data del fallimento) e per la loro condanna al risarcimento dei danni, il tutto come meglio riportato in epigrafe.

Con unica comparsa di risposta si costituivano in giudizio i convenuti P. G., B. Walter e C. Antonio, i quali instavano per l’accoglimento delle rassegnate conclusioni.

Con separate comparse di risposta si costituivano in giudizio i convenuti T. F., L. A., C. M., G. G., A. A., C. G., B. A. e M. P., i quali concludevano come in epigrafe riportato.

A seguito di chiamata di terzo, si costituivano in giudizio, con separate comparse di risposta, le assicurazioni Allianz Spa (chiamata dal convenuto T.), Chubb Insurance Company Of Europe (chiamata dai convenuti T., A. e G.), Aig Europe Limited, già Chartis Europe SA (chiamata dai convenuti C., A., G. e T.), UnipolSai Assicurazioni Spa, già Milano Assicurazioni Spa, (chiamata dal convenuto L.), Reale Mutua Assicurazioni (chiamata dal convenuto A.), Arch. Insurance Company (Europe) Limited (chiamata dal convenuto G.), le quali concludevano come in epigrafe riportato.

Alla luce delle sollevate eccE.ni preliminari e pregiudiziali, anche in relazione alla pendenza, peraltro non nella stessa fase processuale, di separato giudizio introdotto dal fallimento per l’accertamento, in relazione alle stesse vicende, della responsabilità degli amministratori succedutisi nel periodo in questione, con ordinanza riservata del 25/7/2014 la causa era rinviata all’udienza del 21/4/2015 per p.c.

Alla predetta udienza la causa veniva trattenuta in decisione con assegnazione dei termini di legge, scaduti il 13/7/2015, per il deposito di comparse conclusionali (60 giorni) e di repliche (ulteriori 20 giorni).

Con sentenza non definitiva n° 22268/2015 del 27/10-4/11/2015 erano rigettate tutte le sollevate eccE.ni pregiudiziali attinenti all’instaurazione e prosecuzione del giudizio ed era rigettata l’eccE.ne preliminare di prescrizione, mentre con separata e contestuale ordinanza era ammessa ctu contabile ed erano impartite le disposizioni per l’ulteriore corso, con rimessione della causa davanti al GI per l’udienza del 16/11/2015.

Nel frattempo con distinto atto di citazione (rg 7371/2012), ritualmente notificato ai convenuti, l’attore Fallimento E. S.p.a., rappresentato e difeso da altro procuratore, allegava, richiamata la costituzione della società in data 10/6/1998 e la modifica della denominazione sociale e ricordato l’intervenuto fallimento in data 16/4/2008, che fin dall’inizio si erano registrate perdite di esercizio, connesse alla fase di start up, fronteggiate con aumenti di capitali; che nel corso degli anni dal 2001 al 2003 la E. aveva proceduto ad operazioni di fusione per incorporazione di altre società con aggravamento dell’indebitamento, il tutto come meglio indicato in citazione; che nel corso degli anni vi erano stati aumenti di capitale e cessioni di rami di azienda nonché scissioni parziali; che nel frattempo era aumentata l’esposizione debitoria nei confronti della Telecom Italia S.p.a, con la quale, in data 22/7/2004, era stato sottoscritto un accordo per il riscadenzamento del debito scaduto di € 60.241.189,73 in otto anni e la restituzione del capitale in otto rate annue; che con atto del 18/12/2004 era stato sottoscritto atto di cessione ad E. S.r.l. di tutte le attività industriali, commerciali, amministrative, gestionali e di staff della E. S.p.a., su cui invece continuavano a gravare i debiti verso Telecom Italia S.p.a. e verso Wind Comunicazioni S.p.a.; che l’assemblea del 24/5/005, dopo aver deliberato l’aumento del capitale sociale per 16,6 milioni di euro, aveva approvato l’avvio della procedura per la quotazione della società presso il listino regolamentato AIM di Londra, al fine di consentire lo sviluppo della società sia in termini finanziari che in termini di immagine, atteso che l’accesso al mercato dei capitali di rischio avrebbe permesso alla società di avere una maggiore visibilità e quindi di acquisire vantaggi competitivi di tipo reputazionale; che in data 22/2/2006 le azioni ordinarie di E. S.p.a. erano state ammesse alla quotazione sul mercato AIM mediante un collocamento istituzionale rivolto ad investitori professionali localizzati nel Regno Unito, Francia, Svizzera ed Italia; che in data 22/3/2006 era stato deliberato il trasferimento della sede legale da Milano a Roma e la modifica della denominazione sociale da E. S.p.a. ad E. S.p.a.; che nel corso del 2006 si erano registrate nuove acquisizioni di partecipazioni societarie (52% del capitale della Tele Contatto S.r.l., operante nel settore dei call center e 54,85% del capitale della AlpiKom S.p.a., operatore telefonico del Trentino Alto Adige); che il bilancio del 2005 si era chiuso con un utile di € 3.528.000, mentre il bilancio consolidato si era chiuso con una perdita di € 9.764.000; che il successivo bilancio al 31/12/206, approvato solo in data 4/12/2008, si era chiuso con una perdita di oltre 207 milioni di euro; che nel corso del 2007 erano entrati nella compagine sociale di E. S.p.a. la Vive la Vie S.p.a. e la Telvia S.p.a., divenuti nuovi soci di riferimento al posto della cessionaria Kiwi II Ventura Servicos Consultoria SA; che i rapporti con Telecom Italia S.p.a. si erano interrotti in data 24/5/2007 con la comunicazione della risoluzione del piano di rientro e l’intimazione di immediato versamento della somma di € 96.293.140,75 euro, oltre accessori, con preavviso di cessazione dei servizi di fonia entro il 10/7/2007, come poi avvenuto; che con sentenza del 16/4/2008 era stato dichiarato il fallimento, dopo una iniziale domanda di ammissione a concordato preventivo; che la responsabilità delle condotte di mala gestio andava individuata -a detta della procedura attrice- in capo ai soggetti che avevano ricoperto negli anni la carica di componenti del Consiglio di Amministrazione e con riferimento ai fatti posti in essere nei singoli periodi di durata dell’incarico e precisamente: O. M. (Presidente), M. C. (Amministratore Delegato), M. E. P., M. F. (Consiglieri) per il periodo dal 10/6/1998 (data di costituzione della società) al 17/12/1998; V. L. (Presidente), M. C. (Amministratore Delegato), C. M., M. F. (Consiglieri) per il periodo dal 17/12/1998 al 30/6/1999; V. L. (Presidente), M. C. (Amministratore Delegato), C. M., M. F., T. V. M. (Consiglieri) per il periodo dal 30/6/1999 al 12/5/2000; V. L. (Presidente), S. U., C. M., M. F., T. V. M. (Consiglieri) per il periodo dal 12/5/2000 al 28/6/2000; V. L. (Presidente), S. U., M. C., M. F. e T. V. M. e B. V. (Consiglieri) per il periodo dal 28/6/2000 al 13/6/2001; V. L. (Presidente), S. U., C. S. (Consiglieri) dal 13/6/2001 al 18/10/2001; R. S. (Presidente), S. U., V. L. (Consiglieri) per il periodo dal 18/10/2001 all’8/3/2002; R. S. (Presidente), S. U., P. Fausti, R. N., L. R. (consiglieri) per il periodo dall’8/3/2002 al 23/10/2002; M. P. (Presidente), O. M. ed A. B. (Consiglieri) per il periodo dal 23/10/2002 al 28/2/2003; O. M. (Presidente), L. R., M. P. (Consigliere Delegato) per il periodo dal 28/2/2003 al 29/7/2003; O. M. (Presidente), F. T., M. P. (Amministratore Delegato) per il periodo dal 29/7/2003 al 23/10/2003; O. M. (Presidente), M. P. (Amministratore Delegato), F. T., P. D. per il periodo dal 23/10/2003 al 23/3/2004; M. E. P. (Presidente), L. B. e F. D. (Consiglieri) per il periodo dal 23/3/2004 al 2/11/2005; M. E. P. (Presidente), L. B., F. D., O. M., U. D. (Consiglieri) per il periodo dal 2/11/2005 al 14/12/2005; M. E. P. (Presidente), L. B., F. D., O. M., U. D. e P. P. (Consiglieri) per il periodo dal 14/12/2005 al 26/6/2006; M. E. P. (Presidente), L. B. (Vice Presidente), F. D. (Amministratore Delegato), O. M., U. D., P. P. ed E. M. F. R. (Consiglieri) per il periodo dal 26/6/2006 al 30/1/2007; M. E. P. (Presidente), L. B. (Vice Presidente), F. D. (Amministratore Delegato), O. M., U. D., P. P. per il periodo dal 30/1/2007 all’1/3/2007; F. D. (Presidente), G. F. (Amministratore Delegato), O. M., U. D., P. P. per il periodo dall’1/3/2007 al 27/3/2007; F. D. (Presidente), G. F. (Amministratore Delegato), C. N. e P. P. (Consiglieri) per il periodo dal 27/3/2007 al 27/8/2007. Tanto premesso, la curatela attrice agiva per la dichiarazione di responsabilità dei convenuti, con riferimento ai singoli periodi in cui costoro avevano gestito la società, e per la loro condanna al risarcimento dei danni patrimoniali causati alla società ed al ceto creditorio.

Con uniche comparse di risposta si costituivano in giudizio i convenuti U. S. e Fausti P. e i convenuti N. R. e R. L., i quali concludevano come in epigrafe riportato.

Con distinte comparse di risposta si costituivano in giudizio i convenuti C. M., P. M. E., F. M., L. V., M. C., T. V. M., V. B., S. R., B. A., B. L., D. U., R. E. M. F., N. C., T. F., S. C. e D. P., i quali concludevano come in epigrafe riportato.

Non si costituivano in giudizio i convenuti M. O., F. G. e D. F., dichiarati contumaci, mentre all’udienza del 21/4/2015 la curatela dichiarava di rinunciare agli atti nei confronti del convenuto P. P..

A seguito di chiamata di terzo, si costituivano in giudizio, con separate comparse di risposta, le assicurazioni Chubb Insurance Company Of Europe e Aig Europe Limited, già Chartis Europe SA, le quali concludevano come in epigrafe riportato.

Con decreto del Presidente di SE.ne dell’8/4/2013 questa seconda causa, inizialmente assegnata alla d.ssa Buonocore della medesima SE.ne, veniva riassegnata, per evidenti ragioni di connessione con la causa nei confronti dei sindaci, al medesimo GI per l’adozione degli eventuali provvedimenti sulla riunione.

Originariamente erano stati chiamati in causa dal convenuto R. anche gli ultimi membri del CdA A. R., A. M. e G. G., con costituzione in giudizio con l’avv.to L. G., nonché il liquidatore B. M., con costituzione in giudizio con l’avv.to R. V.

Il decesso di G. G. aveva determinato, con provvedimento reso all’udienza del 27/5/2013 dal GOT, in sostituzione del Giudice titolare, l’interruzione del giudizio, poi oggetto di riassunzione da parte della curatela.

Successivamente, come disposto con ordinanza riservata 25/7/2014, veniva dichiarata, alla luce dell’art. 306 c.p.c. a seguito di rinuncia agli atti a margine di detta chiamata, l’estinzione del processo fra il chiamante R. ed i chiamati A., A., De Vercelli (erede G.) e B., con regolamentazione del regime delle spese di lite.

Con ordinanza riservata 2-3/11/2015 era ammessa ctu contabile, con formulazione di apposito quesito relativamente alla domanda svolta nei confronti degli amministratori; veniva disposto rinvio all’udienza del 16/11/2015 per il conferimento dell’incarico, rimettendo alla predetta udienza ogni provvedimento sulla riunione con la causa sulla contestata responsabilità dei sindaci, ed era calendarizzata al 4/4/2016 l’udienza di p.c. ex art. 81 bis disp. att. c.p.c.

All’udienza 16/11/2015, portati finalmente i due procedimenti nella stessa fase processuale, era emesso provvedimento di riunione di questa causa a quella n° 57033/2011 rg, relativa appunto all’azione nei confronti dei sindaci, e si disponeva che il conferimento dell’incarico sarebbe stato riportato nel verbale della causa portante.

Nel corso di detta udienza veniva pertanto conferito al Ctu un incarico unitario sia in base al quesito risultante nell’ordinanza collegiale del 27/10-4/11/2015, emessa contestualmente alla ricordata sentenza non definitiva, (causa contro i sindaci) che in base al quesito risultante nell’ordinanza del GI del 2-3/11/2015 (causa contro gli amministratori).

Aggiornato più volte il calendario del processo alla luce dell’evidenziata e chiaramente emersa assoluta complessità dell’accertamento tecnico, all’udienza del 26/3/2018 la causa era infine trattenuta in decisione sulle conclusioni riportate in epigrafe, con assegnazione dei richiesti termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali (60 giorni) e di repliche (ulteriori 20 giorni), termini scaduti il 14/6/2018.

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente osserva il Collegio che la causa è stata introdotta dopo l’entrata in vigore della L. 69/2009, contenente l’abrogazione del c.d. rito societario, e prima della costituzione delle SE.ne Specializzata Tribunale delle Imprese, per cui correttamente la causa è stata trattata secondo il rito ordinario e, visto l’oggetto della controversia (azione di responsabilità esercitata dalla curatela nei confronti degli amministratori e dei sindaci), sussiste la riserva di collegialità ex art. 50 bis, 1° comma, n° 5 c.p.c.

Va dichiarata la contumacia dei convenuti M. O., F. G. e D. F., non costituitisi in giudizio nonostante la ritualità dell’atto di citazione.

Si prende atto che all’udienza del 21/4/2015 il procuratore della curatela attrice ha dichiarato di rinunciare agli atti nei confronti del convenuto P. P.; quindi, stante la contumacia del convenuto e la non necessità dell’accettazione della rinuncia, va dichiarato il non luogo a provvedere sulla domanda originariamente proposta dalla curatela nei confronti del convenuto P. P..

Con ordinanza riservata 25/7/2014 è già stato definito, ex art. 306 c.p.c., il rapporto processuale fra il convenuto chiamante R. e i terzi chiamati A. R., A. M. e (eredi) G. G. (amministratori) e B. M. (liquidatore), per cui non è necessario provvedere oltre sul punto.

Non emergono profili che giustificassero integrazioni del contraddittorio ex art. 102 c.p.c.

Richiamato schematicamente l’iter procedurale, va ricordato che con la causa più risalente nel tempo (rg 57033/2011) la curatela del fallimento E., assistita dall’avv.to S., ha agito nei confronti dei sindaci della società, mentre con causa successiva (rg 7371/2012) la curatela, assistita dall’avv.to F., ha agito nei confronti degli amministratori. Si prende atto che gli scritti conclusionali sono stati redatti unitariamente dalle due difese.

Sul punto, superata, a seguito della disposta riunione ex art. 274 c.p.c., la richiesta di sospensione del giudizio nei confronti dei sindaci in attesa della definizione del giudizio sulla domanda di responsabilità degli amministratori (cfr. Cass. 1653/2005), ribadisce il Collegio che l’accertamento della responsabilità dei sindaci per preteso omesso controllo presuppone necessariamente l’accertamento della responsabilità degli amministratori per mala gestio; infatti, qualora venga proposta azione di responsabilità contro i componenti del collegio sindacale, per non aver costoro vigilato sull’operato degli amministratori (art. 2407, 2° comma, c.c.), è evidente, dovendo l’accertamento della responsabilità degli amministratori configurasi come presupposto necessario per l’affermazione della responsabilità dei sindaci per omesso controllo (cfr. Cass. 5287/1998; Cass. 5263/1993), che nel caso di domanda svolta contemporaneamente nei confronti degli amministratori e dei sindaci si deve procedere in primo luogo all’accertamento della responsabilità dei primi per poi verificare la responsabilità eventuale dei secondi e che, nel caso di domanda svolta o proseguita nei confronti dei soli sindaci (p.es. per conclusa transazione con gli amministratori), sarà pur sempre necessario un accertamento in via incidentale della contestata condotta di mala gestio degli amministratori, per poter poi valutare la sussistenza del contestato omesso controllo da parte dei sindaci.

Per quanto riguarda le eccE.ni preliminari sollevate nella causa contro i sindaci (rg 57033/2011), è sufficiente richiamare la sentenza non definitiva n° 22268/2015 del 27/10-4/11/2015.

La difficoltà della presente controversia, oltre alla complessità in sé della vicenda, deriva anche dalle modalità di introduzione in anni diversi dei due giudizi, addirittura prima quello nei confronti dei sindaci e con due distinti difensori e quindi con inevitabili differenti approcci allegatori, e dall’originaria assegnazione delle due cause a due diversi GI, con tutto ciò che l’introduzione di un duplice giudizio in tempi differenti e nei confronti di oltre trenta convenuti ha comportato.

Alla luce delle superiori premesse in diritto e nonostante la riscontrata diacronia nell’introduzione dei due giudizi, si deve procedere prima all’esame della domanda svolta nei confronti degli amministratori per poi procedere all’esame della domanda svolta nei confronti dei sindaci per contestato omesso controllo; quindi quanto di seguito esposto si riferisce alla domanda svolta nei confronti degli amministratori ed agli atti della seconda causa.

Le domande nei confronti delle chiamate assicurazioni verranno esaminate per ultime.

L’eccE.ne di nullità dell’atto di citazione non è fondata, in quanto appare sufficientemente chiaro il riferimento alle condotte di mala gestio, cioè le varie operazioni societarie (acquisizioni, fusioni, cessioni, ecc.), che, in base alle allegazioni e deduzioni di parte attrice, avrebbero portato alla perdita del patrimonio sociale ed all’aggravamento della situazione finanziaria della società.

Del resto i convenuti si sono ben potuti difendere, avendo chiaramente individuato le singole condotte di mala gestio contestate, il periodo di riferimento in relazione ai singoli periodi di gestione di ciascuno degli amministratori convenuti e la pretesa responsabilità di ciascuno di loro; è evidente che su un differente ambito -come poi si vedrà- opera la questione della fondatezza o meno della domanda risarcitoria.

Per motivi di praticità espositiva, l’esame dell’eccE.ne di prescrizione, sollevata da parte di alcuni amministratori, verrà esaminata in un secondo momento, se ed in quanto necessario.

Prima appare opportuno richiamare il dato normativo di riferimento, da applicare nel caso concreto, per poi passare ad esaminare, in base alle allegazioni attoree, la condotta dei convenuti e quindi riprendere il discorso sulla prescrizione.

Poiché l’azione è stata promossa nei confronti di tutti gli amministratori in carica a partire dalla data di costituzione della società (10/6/1998), è necessario prendere brevemente in considerazione anche l’evoluzione normativa, risalente al D.Lgs 6/2003, con efficacia dall’1/1/2004.

Attualmente, con riferimento all’azione sociale di responsabilità, l’art. 2392 c.c. prevede al primo comma che “gli amministratori devono adempiere i doveri ad essi imposti dalla legge e dallo statuto con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze. Essi sono solidalmente responsabili verso la società dei danni derivanti dall’inosservanza di tali doveri, a meno che si tratti di attribuzioni proprie del comitato esecutivo o di funzioni in concreto attribuite a uno o più amministratori”, mentre al secondo comma il citato articolo riproduce, salvi l’inciso aggiunto “… fermo quanto disposto dal comma terzo dell’art. 2381 …” e la previsione eliminata “ …. se non hanno vigilato sul generale andamento della gestione …”, il contenuto del previgente secondo comma (“in ogni caso gli amministratori sono responsabili se non hanno vigilato sul generale andamento della gestione o se, essendo a conoscenza di atti pregiudizievoli, non hanno fatto quanto potevano per impedire il compimento o eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose”), così come identico è il contenuto del terzo comma (“la responsabilità per gli atti o le omissioni degli amministratori non si estende a quello tra essi che, essendo immune da colpa, abbia fatto annotare senza ritardo il suo dissenso nel libro delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio, dandone immediata notizia per iscritto al presidente del collegio sindacale”).

In tale contesto di parziale mutamento normativo per gli amministratori di S.p.a., al pari di quelli delle S.r.l., è attualmente richiesta non la generica diligenza del mandatario (art. 1710 c.c.), cioè quella tipizzata nella figura dell’uomo medio, ma quella desumibile in relazione alla natura dell’incarico ed alle specifiche competenze, cioè quella speciale diligenza prevista dall’art. 1176, 2° comma, c.c. per il professionista; è poi intuitivo che nella valutazione della diligenza usata dall’amministratore nel caso concreto sia necessario operare un giudizio ex ante e non ex post, dovendosi quindi prendere in considerazione solo quelle circostanze, oggettive e soggettive, che erano conosciute o conoscibili, con riferimento al momento in cui è stata tenuta quella determinata condotta, poi risultata foriera di danni per la società.

Preme poi evidenziare, alla luce della novella e della più recedente giurisprudenza della Cassazione in tema di responsabilità dei consiglieri privi di delega, che, mentre prima della riforma tutti gli amministratori, anche se non operativi, erano tenuti all’osservanza di un generale dovere di vigilanza sul generale andamento della società, salvo l’ipotesi dell’assoluta brevità dell’incarico (cfr. Cass. 6998/2018: “L’art. 2392 c.c., nel testo vigente anteriormente alle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 6 del 2003, impone a tutti gli amministratori di società per azioni un dovere di vigilanza sul generale andamento della gestione, che non viene meno nella ipotesi di attribuzioni proprie di uno o più amministratori, restando anche in tal caso a carico dei medesimi l'onere della prova di essersi diligentemente attivati per porre rimedio alle illegittimità rilevate. Tuttavia, la responsabilità solidale per le conseguenze delle rilevate illegittimità contabili e di gestione della società non si estende agli amministratori che siano rimasti in carica per un periodo di tempo troppo breve per potersi rendere conto della situazione e per poter così intervenire con utili strumenti correttivi”), attualmente è necessario distinguere, ai fini dell’accertamento della responsabilità gestoria, fra consiglieri muniti di delega (c.d. operativi) e consiglieri non operativi, essendosi invero affermato il principio per cui “in virtù della modifica dell’art. 2392 c.c. avvenuta a seguito della riforma delle società di capitali del 2003, gli amministratori privi di deleghe (cd. non operativi) non sono più sottoposti ad un generale obbligo di vigilanza, tale da trasmodare di fatto in una responsabilità oggettiva, per le condotte dannose degli altri amministratori, ma rispondono solo quando non abbiano impedito fatti pregiudizievoli di quest'ultimi in virtù della conoscenza -o della possibilità di conoscenza, per il loro dovere di agire informati ex art. 2381 c.c.- di elementi tali da sollecitare il loro intervento alla stregua della diligenza richiesta dalla natura dell'incarico e dalle loro specifiche competenze” (cfr. Cass. 17441/2016).

In relazione alla responsabilità degli amministratori verso i creditori sociali l’art. 2394 c.c. prevede, come del resto similmente prevedeva nel vecchio testo per quanto qui di interesse, che “gli amministratori rispondono verso i creditori sociali per l’inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale” (1° comma) e che “l’azione può essere proposta dai creditori quando il patrimonio sociale risulta insufficiente al soddisfacimento dei loro crediti” (2° comma).

Non è dato dubitare della piena legittimazione in capo alla curatela, alla luce dell’art. 2394 bis c.c.

In relazione all’ambito di applicabilità della citata normativa e quindi anche del potere di intervento del Tribunale, va poi ricordato che la responsabilità dell’organo amministrativo può essere desunta non da una scelta di gestione -come tali queste scelte non sono sindacabili in termini di fonte di responsabilità, in quanto conseguenti a scelte di natura imprenditoriale (art. 41, 1° comma, Cost.), ontologicamente connotate da rischio-, ma dal modo in cui la stessa è stata compiuta: in altre parole in questi casi - si esclude evidentemente l’ipotesi del dolo- è solo l’omissione, da parte dell’amministratore, di quelle cautele, di quelle verifiche ovvero dell’assunzione delle necessarie informazioni preliminari al compimento dell’atto gestorio, normalmente richieste per una scelta del tipo di quella adottata, che può configurare violazione dell’obbligazione di fonte legale in discorso, così come è fonte di responsabilità la colpevole mancata adozione di quei provvedimenti, che per legge o statuto avrebbero dovuto essere prontamente assunti a tutela della società o dei terzi (cfr. Cass. 3652/1997; Cass. 5718/2004; Cass. 3409/2013; Cass. 1783/2015); quindi va presa in considerazione ed esaminata solo la diligenza mostrata dall’amministratore nell’effettuare adeguate verifiche preventive e nell’apprezzare preventivamente i margini di rischio connessi all’operazione da intraprendere (cfr. Cass. 15470/2017).

La responsabilità va affermata sia per il compimento di atti di mala gestio, al fine di perseguire interessi non coincidenti con quelli della società, sia per l’omissione nel non aver impedito le condotte dannose ovvero per non aver tempestivamente reagito nei confronti dei precedenti organi amministrativi per il risarcimento dei danni.

Sempre come discorso di carattere generale sulla risarcibilità del danno, va ricordato che il soggetto agente deve allegare, in relazione a specifici fatti concreti di cui deve essere data prova, l’inadempimento -da parte dell’amministratore- degli obblighi a lui imposti dalla legge e/o dalla statuto e/o dal generale obbligo di vigilanza e di intervento preventivo o successivo, al fine di evitare il determinarsi di eventi dannosi, ed inoltre deve allegare e provare, sia pure ricorrendo a presunzioni, l’esistenza di un danno concreto, cioè del depauperamento del patrimonio sociale di cui chiede il ristoro, e la riconducibilità della lesione al fatto dell’amministratore inadempiente, quand’anche cessato dall’incarico: in ciò appunto consiste il danno risarcibile, che è un quid pluris rispetto alla condotta di mala gestio; in difetto di tale allegazione e prova la domanda risarcitoria mancherebbe di oggetto (cfr. Cass. 5960/2005).

La violazione dei su richiamati obblighi gravanti sugli amministratori -e quindi l’accertamento dell’inadempimento da parte di costoro dei doveri imposti dalla legge e/o dallo statuto- costituisce pertanto presupposto necessario, ma non sufficiente per affermare la responsabilità risarcitoria in capo agli amministratori inadempienti; infatti anche in questo caso è pur sempre necessaria la prova del danno, ossia del deterioramento effettivo e materiale della situazione patrimoniale della società, e la diretta riconducibilità causale di detto danno alla condotta omissiva o commissiva degli amministratori stessi: l’onere allegatorio e probatorio grava, in base ai principi generali, su chi agisce e quindi, nel caso di specie, sulla curatela attrice.

Incombe viceversa sugli amministratori l’onere di dimostrare l’inesistenza del danno ovvero la non imputabilità del fatto dannoso, fornendo la prova positiva, con riferimento agli addebiti contestati, dell’osservanza dei doveri e dell’adempimento degli obblighi loro imposti (cfr. Cass. 22911/2010).

Si tratta di principi ormai consolidati nella giurisprudenza di legittimità e da sempre applicati dal Tribunale (cfr. Cass. 17441/2016: “La responsabilità degli amministratori di società di capitali per i danni cagionati alla società amministrata ha natura contrattuale sicché la società (o il curatore, nel caso in cui l'azione sia proposta ex art. 146 l.fall.) deve allegare le violazioni compiute dagli amministratori ai loro doveri e provare il danno e il nesso di causalità tra la violazione e il danno, mentre spetta agli amministratori provare, con riferimento agli addebiti contestatigli, l'osservanza dei doveri previsti dal nuovo testo dell'art. 2392 c.c., modificato a seguito della riforma del 2003, con la conseguenza che gli amministratori dotati di deleghe (c.d. operativi) -ferma l’applicazione della ‘business judgement rule’, secondo cui le loro scelte sono insindacabili a meno che, se valutate ‘ex ante’, risultino manifestamente avventate ed imprudenti- rispondono non già con la diligenza del mandatario, come nel caso del vecchio testo dell'art. 2392 c.c., ma in virtù della diligenza professionale esigibile ex art. 1176, comma 2, c.c.”).

Il riferimento al nesso causale, oltre a servire come parametro per l’accertamento della responsabilità risarcitoria dell’amministratore inadempiente, è quindi rilevante anche da un punto di vista oggettivo, in quanto consente -come regola generale- di limitare l’entità del risarcimento all’effettiva e diretta efficienza causale dell’inadempimento e quindi a porre a carico dell’amministratore solo il danno direttamente riconnesso alla sua condotta omissiva o commissiva.

Va poi ribadito, come da giurisprudenza dell’Ufficio, che contrariamente a quanto allegato dalla difesa della curatela attrice (cfr. comparsa conclusionale: “ … Orbene, in questa sede, mette conto rilevare che l’irregolare tenuta delle scritture e dei libri dell’impresa -consegnate quindi in maniera incompleta agli organi della procedura concorsuale- reca già di per sé un grave nocumento per il patrimonio della società e per l’interesse dei creditori a soddisfarsi su tale patrimonio. …”), le mere irregolarità formali, connesse alla tenuta dei libri contabili obbligatori (cfr. art. 2214 c.c.) ovvero alla redazione dei bilanci, non sono di per sé causa di danno patrimoniale per la società, in quanto, dal punto di vista risarcitorio, si tratta di ‘fatti neutri’ non incidenti sulla consistenza quali-quantitativa del patrimonio sociale.

Sempre come discorso di carattere generale, si osserva che la carente documentazione sociale potrebbe indirettamente rilevare ai fini della quantificazione del risarcimento, potendosi in questi casi ricorrere eccezionalmente a determinati criteri equitativi di quantificazione del danno da risarcire, ma si tratta di un profilo differente che non attiene alla condotta omissiva, che deve essere essa stessa fonte di danno per la società. E’ peraltro innegabile, sempre come discorso generale, che il ricorso ad artifici contabili potrebbe indicare -a livello indiziario- l’esistenza di atti distrattivi ovvero giustificare solo apparentemente la mancata adozione di quei provvedimenti che la reale situazione finanziaria-economica-patrimoniale della società avrebbe imposto di porre in essere.

Appare poi utile richiamare anche la disciplina in tema di omissione delle iniziative, obbligatorie per legge, in caso di perdita del capitale sociale.

Nell’ipotesi di sussistenza di un’ipotesi di scioglimento della società (art. 2484 c.c.), il legislatore della riforma ha abbandonato il riferimento, come contenuto nel vecchio testo dell’art. 2449 c.c., al divieto di intraprendere nuove operazioni, prevedendo invece la possibilità per gli amministratori di continuare la gestione della società, peraltro con finalità meramente conservative, fino al passaggio delle consegne con i liquidatori (art. 2487 bis, c.c.), al solo fine di garantire la conservazione dell’integrità e del valore del patrimonio sociale (art. 2486 c.c.).

Sussiste la responsabilità dell’organo amministrativo nel caso di prosecuzione della normale attività di impresa, nonostante appunto la sussistenza di una situazione, come appunto quella della perdita del capitale sociale per perdite, che avrebbe imposto o interventi straordinari sul capitale ovvero la messa in liquidazione della società e quindi lo svolgimento di una attività meramente conservativa, nei termini su indicati.

Ultimo profilo da evidenziare, attesa la proposizione della domanda nei confronti di più soggetti asseritamente astretti dal vincolo della solidarietà, è che la responsabilità di cui si discute è diretta e personale per i singoli amministratori -non è quindi dell’organo- e dà luogo, con le limitazioni e precisazioni di cui si è detto a proposito delle deleghe, ad obbligazioni risarcitorie di natura solidale fra componenti del consiglio di amministrazione.

Richiamato quanto previsto dall’art. 2055, primo comma, c.c. -si tratta di disposizione dettata a favore del danneggiato da una pluralità di responsabili ed è applicabile anche alle ipotesi di responsabilità contrattuale (anche se nascente da contratti diversi) e di responsabilità mista (cioè per alcuni coautori sussiste responsabilità di natura contrattuale e per altri di natura extracontrattuale)-, è bene ribadire che, in base alla prospettazione attorea, si verte nell’ipotesi di concorso di più persone nella causazione del fatto dannoso, ma questo non revoca in dubbio che è pur sempre necessario, per la positiva affermazione della responsabilità solidale dei singoli pretesi responsabili, che il fatto dannoso sia imputabile a ciascuno dei singoli concorrenti, ancorché le condotte lesive possano fra loro essere autonome e in ipotesi diversi possano essere i titoli di responsabilità di ciascuno di essi (cfr. Cass. 11018/2005); si deve invece procedere alla gradazione della responsabilità fra i vari autori dell’unico evento dannoso, in base all’eventuale differente apporto causale, solo nel caso di apposita domanda di ripartizione interna.

Tanto doverosamente premesso al fine del corretto inquadramento della materia in tema di condotta inadempiente degli amministratori, nel richiamare quanto già esposto si può passare ad esaminare la contestazione mossa dalla curatela nei riguardi di tutti gli amministratori, che si sono via via succeduti dal 10/6/1998 fino al fallimento del 16/4/2008 della E..

Trattandosi di un arco temporale molto ampio e di numerose operazioni straordinarie (fusioni, acquisizioni di capitali, scissioni, cessioni di rami di azienda, quotazioni sul mercato borsistico) appare opportuno riportare per esteso le allegazioni della curatela, contenute nella memoria ex art. 183/6 n° 1 c.p.c., in cui, a confutazione dell’eccE.ne di nullità dell’atto di citazione e di più compiuta allegazione dei fatti contestati, era stata dettagliatamente richiamata la relazione del dott. Andrea D’Ovidio, consulente della procedura.

Nel riportare per esteso quanto allegato nella memoria attorea ex art. 183/6 n° 1 c.p.c., si evidenzia che in taluni casi, stante la brevità dei periodi di ciascun CdA ovvero la lunghezza delle relative procedure, alcune operazioni straordinarie vengono richiamate più volte.

In relazione ai contestati atti di mala gestio compiuti nel periodo di gestione del CdA composto da O. M. (Presidente), M. C. (Amministratore Delegato), M. E. P., M. F. (Consiglieri) e cioè nel periodo compreso fra la data di costituzione della società (10/6/1998) ed il 17/12/1998, la curatela ha allegato che “ … in data 10.06.1998 veniva costituita la Link Up S.r.l. con sede legale in Milano, via F. Turati con capitale sociale di Lire 20 milioni sottoscritto nella misura del 50% ciascuno da Coral S.r.l. e da Pino Venture Partners S.r.l. In data 9.12.1998 il socio Pino Venture Partners S.r.l. cede la propria quota di partecipazione del 50% a Kiwi I Ventura Servicos S.A.. A distanza di pochi mesi dalla costituzione della società e precisamente alla data del 24.11.1998 si era già registrata una perdita di Lire 1.224.949. Il 17.12.1998 viene deliberato un aumento di capitale da Lire 20 milioni a Lire 40 milioni tramite emissione di quote riservate ai soci in proporzione al capitale posseduto e successivamente viene deliberato dall’Assemblea un versamento in conto capitale di Lire 490 milioni da parte del socio Kiwi I Ventura Servicos S.A. Tali condotte (punti da n. 2 a n. 5 dell’atto di citazione), secondo le conclusioni del consulente, hanno determinato o contribuito a determinare il dissesto societario. I convenuti che in tale periodo rivestivano la qualifica di componenti del Cda … dovranno ritenersi responsabili di tali condotte di mala gestio e dei danni che ne sono derivati per la società e per il suo ceto creditorio. …” (cfr. memoria ex art. 183/6 n° 1 c.p.c. di parte attrice).

In relazione ai contestati atti di mala gestio compiuti nel periodo di gestione del CdA composto da V. L. (Presidente), M. C. (Amministratore Delegato), C. M., M. F. (Consiglieri) e cioè nel periodo dal 17/12/1998 al 30/6/1999, la curatela ha allegato che “ … In data 10.05.1999 il C.d.A. esamina la situazione patrimoniale al 30.04.1999 dalla quale emerge una perdita di circa 160 milioni di lire che viene ritenuta imputabile ai costi di start up. In data 30.06.1999 l’Assemblea delibera la trasformazione della società in società per azioni che diventa da Link Up S.r.l. Link Up S.p.A. ed il contestuale aumento di capitale sociale da Lire 40 milioni a Lire 200 milioni tramite emissione di azioni. Tali condotte (punti 6 e 7 dell’atto di citazione), secondo le conclusioni del consulente, hanno determinato o contribuito a determinare il dissesto societario. Nel frattempo l’esposizione debitoria della società nei confronti del fornitore Telecom Italia s.p.a. continua ad aumentare. I convenuti in discorso -che in tale periodo rivestivano la qualifica di componenti del C.D.A. …- devono ritenersi responsabili di tali atti di mala gestio e dei danni che ne sono derivati per la società e per il ceto creditorio …” (cfr. citata memoria ex art. 183/6 n° 1 c.p.c. di parte attrice).

In relazione ai contestati atti di mala gestio compiuti nel periodo di gestione di V. L. (Presidente), M. C. (Amministratore Delegato), C. M., M. F., T. V. M. (Consiglieri) e cioè periodo dal 30/6/1999 al 12/5/2000, la curatela ha allegato che “ … Il bilancio chiuso al 31.12.1999 approvato con assemblea del 5.5.2000 evidenzia una perdita di Lire 2.796.597.392, ripianata in corso di esercizio con versamenti in conto capitale, e nella nota integrativa si legge che i risultati dei primi due anni di attività sono “ampiamente in linea con il business plan approvato a suo tempo dal consiglio di amministrazione e riflette la fase di start up”. Il 5.5.2000 il C.d.A. approva i risultati del primo trimestre dell’anno 2000 che evidenziano una perdita di Lire 2.846.651.081 ritenuta in linea con il budget aziendale in virtù degli investimenti pubblicitari affrontati; tale perdita pone la società nelle condizioni di cui all’art.2447 c.c. Incide notevolmente, a tal fine, l’esposizione debitoria della società nei confronti del fornitore Telecom Italia s.p.a. Il 12.5.2000 il C.d.A. discute il progetto di integrazione Link Up – Puma ed approva l’operazione di acquisto dell’azienda Puma S.p.A. solo dopo aver ripianato le perdite maturate da Link Up al 31.3.2000. Tali condotte (punti 8, 9 e 10 dell’atto di citazione), secondo le conclusioni del consulente, hanno determinato o contribuito a determinare il dissesto societario. I convenuti in discorso -identificati nel titolo del presente paragrafo e che in tale periodo rivestivano la qualifica di componenti del C.D.A.- devono ritenersi responsabili di tali condotte e vicende, oltre che del danno che ne è derivato per la società ed il ceto creditorio. …” (cfr. citata memoria ex art. 183/6 n° 1 c.p.c. di parte attrice).

In relazione ai contestati atti di mala gestio compiuti nel periodo di gestione del CdA composto da V. L. (Presidente), S. U., C. M., M. F., T. V. M. (Consiglieri) e cioè il periodo dal 12/5/2000 al 28/6/2000, la curatela ha allegato che “ … Il 12.5.2000 il C.d.A. discute il progetto di integrazione Link Up – Puma ed approva l’operazione di acquisto dell’azienda Puma S.p.A. solo dopo aver ripianato le perdite maturate da Link Up al 31.3.2000. Nel frattempo l’esposizione debitoria della società nei confronti del fornitore Telecom Italia s.p.a. continua ad aumentare. Tale condotta (punto n. 10 dell’atto di citazione), secondo le conclusioni del consulente, ha determinato o contribuito a determinare il dissesto societario. I convenuti in discorso -identificati nel titolo del presente paragrafo e che in tale periodo rivestivano la qualifica di componenti del C.D.A.- devono ritenersi responsabili di tali condotte e vicende, oltre che del danno che ne è derivato per la società ed il ceto creditorio. …” (cfr. citata memoria ex art. 183/6 n° 1 c.p.c. di parte attrice).

In relazione ai contestati atti di mala gestio compiuti nel periodo di gestione del CdA era composto da V. L. (Presidente), S. U., M. C., M. F. e T. V. M. e B. V. (Consiglieri) e cioè nel periodo dal 28/6/2000 al 13/6/2001, la curatela ha allegato che “ … Si collocano temporalmente in tale periodo di gestione le seguenti condotte. Il 20.9.2000 l’Assemblea straordinaria anche al fine di coprire le perdite di Lire 1.331.763.848 delibera un aumento del capitale sociale da lire 200 milioni a Lire 696.667.000 mediante emissione di nuove azioni in favore di Kiwi I Ventura Servicos S.A. (63,912%), 31 Group Pic (13,087%), Itel S.p.A. (14,386%), Coral S.r.l. (8,612%).

Inoltre, con assemblea del 29.3.2001 il C.d.A. delibera di acquistare la totalità delle azioni della Pu.Ma S.r.l. (punto n. 13 dell’atto di citazione). Inoltre, in tale periodo, E. ha effettuato una serie di fusioni per incorporazione (Serenacom, Peppercom, Tibercom, Lombardiacom, Adriacom) che, lungi dal risolvere le problematiche economico finanziarie della società, addirittura l’hanno condotta verso uno stato di insolvenza irreversibile. Infine, anche nel periodo di riferimento, la società avrebbe realizzato una serie di acquisizioni ed ha effettuato operazioni di finanza straordinaria volte al miglioramento dei risultati economici, ma che, di fatto, hanno soltanto peggiorato la situazione finanziaria in considerazione delle insufficienti risorse economiche a disposizione. Nel frattempo l’esposizione debitoria della società nei confronti del fornitore Telecom Italia s.p.a. continua ad aumentare. Anche in tal caso i convenuti che in tale periodo rivestivano la qualità di componenti del C.D.A. - identificati nel titolo del presente paragrafo- devono ritenersi responsabili di tali condotte e vicende, oltre che del danno che ne è derivato per la società ed il ceto creditorio. …” (cfr. citata memoria ex art. 183/6 n° 1 c.p.c. di parte attrice).

In relazione ai contestati atti di mala gestio compiuti nei periodo di gestione del CdA composto da V. L. (Presidente), S. U., C. S. (Consiglieri) e cioè nel periodo dal 13/6/2001 al 18/10/2001, la curatela ha allegato che “ … In particolare il 18.10.2001 l’assemblea straordinaria delibera la fusione per incorporazione in Link Up S.p.A. di Tibercom S.p.a., Pepper.Com S.p.a., Serena.com S.p.a. e Nibisi S.r.l. senza concambio delle quote azionarie, in quanto il capitale delle società partecipanti alla fusione è posseduto dallo stesso socio (cfr. punto n. 12 dell’atto di citazione). Anche tale delibera, secondo le conclusioni rassegnate dal consulente della procedura, rappresenta atto di mala gestio che ha determinato o contribuito a determinare il dissesto societario. Inoltre, in tale periodo, E. ha effettuato una serie di fusioni per incorporazione (Serenacom, Peppercom, Tibercom, Lombardiacom, Adriacom) che lungi dal risolvere le problematiche economico finanziarie della società, addirittura l’hanno condotta verso uno stato di insolvenza irreversibile. Nel frattempo l’esposizione debitoria della società nei confronti del fornitore Telecom Italia s.p.a. continua ad aumentare. Peraltro, sempre in tale arco temporale, la società ha realizzato una serie di acquisizioni ed ha effettuato operazioni di finanza straordinaria volte al miglioramento dei risultati economici, ma che, di fatto, hanno soltanto peggiorato la situazione finanziaria in considerazione delle insufficienti risorse economiche a disposizione. Anche in tal caso i convenuti che in tale periodo rivestivano la qualità di componenti del C.D.A. -identificati nel titolo del presente paragrafo - devono ritenersi responsabili di tali vicende e condotte, nonché del pregiudizio che ne è derivato per la società ed il ceto creditorio. …” (cfr. citata memoria ex art. 183/6 n° 1 c.p.c. di parte attrice).

In relazione ai contestati atti di mala gestio compiuti nel periodo in cui il CdA era composto da R. S. (Presidente), S. U., V. L. (Consiglieri) e cioè nel periodo dal 18/10/2001 all’8/3/2002, la curatela ha allegato che “ … Si collocano temporalmente in tale periodo di gestione le seguenti condotte (descritte nei punti 14 e 15 dell’atto di citazione). In data 6.12.2001 l’assemblea straordinaria delibera il mutamento della denominazione sociale da Link Up S.p.A. ad E. S.p.A. Il bilancio al 31.12.2001 viene approvato con una perdita di € 28.284.009,00 ripianata utilizzando le riserve “avanzo di fusione” e “versamenti in conto capitale”. Inoltre, in tale periodo, E. ha effettuato una serie di fusioni per incorporazione (Serenacom, Peppercom, Tibercom, Lombardiacom, Adriacom) che lungi dal risolvere le problematiche economico finanziarie della società, addirittura l’hanno condotta verso uno stato di insolvenza irreversibile, con un esponenziale aumento dell’esposizione debitoria della società verso il fornitore Telecom Italia s.p.a. Sempre in tale periodo … la società ha realizzato una serie di acquisizioni ed ha effettuato operazioni di finanza straordinaria volte al miglioramento dei risultati economici, ma che, di fatto, hanno soltanto peggiorato la situazione finanziaria in considerazione delle insufficienti risorse economiche a disposizione. I convenuti che in tale periodo rivestivano la qualità di componenti del C.D.A. -identificati nel titolo del presente paragrafo- devono ritenersi responsabili di tali condotte e vicende, nonché del conseguente danno che ne è derivato per la società ed il suo ceto creditorio. …” (cfr. citata memoria ex art. 183/6 n° 1 c.p.c. di parte attrice).

In relazione ai contestati atti di mala gestio compiuti nel periodo in cui il CdA era composto da R. S. (Presidente), S. U., P. Fausti, R. N., L. R. (consiglieri) e cioè nel periodo dall’8/3/2002 al 23/10/2002, la curatela ha allegato che “ … Secondo la ricostruzione operata dal consulente della procedura si colloca, in tale periodo, la seguente condotta descritta al punto n. 16 dell’atto di citazione ed a pagina n. 11 della citazione medesima. In data 10.6.2002 l’assemblea straordinaria delibera la fusione per incorporazione in E. S.p.A. di @Dria.com S.p.a. e Lombardiacom S.p.a. senza concambio delle quote azionarie in quanto il capitale delle società partecipanti alla fusione è posseduto dalla stessa E. S.p.a. Inoltre in tale periodo E. ha effettuato una serie di fusioni per incorporazione (Serenacom, Peppercom, Tibercom, Lombardiacom, Adriacom) che, lungi dal risolvere le problematiche economico finanziarie della società, addirittura l’hanno condotta verso uno stato di insolvenza irreversibile. Infine sarebbero state effettuate dalla società una serie di acquisizioni ed sarebbero state eseguite operazioni di finanza straordinaria volte al miglioramento dei risultati economici, ma che, di fatto, hanno soltanto peggiorato la situazione finanziaria in considerazione delle insufficienti risorse economiche a disposizione. Sempre in tale periodo l’esposizione debitoria nei confronti di Telecom Italia S.p.a. continua ad aumentare. Secondo la ricostruzione del consulente della procedura, dott. Andrea D’Ovidio, anche tali condotte, tali operazioni e tali fusioni hanno determinato, o comunque contribuito a determinare, il dissesto societario da cui è poi scaturito il fallimento della E. S.p.a. I convenuti che in tale periodo rivestivano la qualità di componenti del CdA -identificati nel titolo del presente paragrafo- devono ritenersi responsabili di tali condotte e vicende, nonché del conseguente danno che ne è derivato per la società ed il suo ceto creditorio. …” (cfr. citata memoria ex art. 183/6 n° 1 c.p.c. di parte attrice).

In relazione ai contestati atti di mala gestio compiuti nel periodo in cui il CdA era composto da M. P. (Presidente), O. M. ed A. B. (Consiglieri) e cioè nel periodo dal 23/10/2002 al 28/2/2003, la curatela ha allegato che “ … Secondo la ricostruzione del consulente contabile della procedura rientrano in tale periodo di gestione le seguenti condotte qualificabili quali atti di mala gestio, descritte a pagina n. 11 della citazione. Anche in tale periodo sarebbero state effettuate dalla società una serie di acquisizioni e sarebbero state eseguite operazioni di finanza straordinaria volte al miglioramento dei risultati economici, ma che, di fatto, hanno soltanto peggiorato la situazione finanziaria in considerazione delle insufficienti risorse economiche a disposizione, nonché una serie di fusioni per incorporazione (Serenacom, Peppercom, Tibercom, Lombardiacom, Adriacom) che lungi dal risolvere le problematiche economico finanziarie della società, addirittura l’hanno condotta verso uno stato di insolvenza irreversibile. In particolare, con tali operazioni a fronte di modesti incrementi di fatturato, si sono registrati costi ed investimenti significativi per lo sviluppo delle attività promozionali, commerciali ed industriali che hanno aggravato la posizione finanziaria netta del gruppo ed il debito verso il fornitore principale Telecom Italia S.p.a. Ed infatti, proprio nel periodo 2001 – 2003 la società ha registrato perdite complessive per oltre 147 milioni di €uro, molte delle quali sono state ripianate senza la necessaria immissione di liquidità nelle “asfittiche” casse sociali, ma con la rinuncia del socio a crediti maturati soprattutto attraverso cessione di partecipazioni ed operazioni straordinarie (cfr. pag.231 relazione D’Ovidio). I convenuti che in tale periodo rivestivano la qualità di componenti del C.D.A. -identificati nel titolo del presente paragrafo- devono ritenersi responsabili di tali condotte e vicende, nonché del conseguente danno che ne è derivato per la società ed il suo ceto creditorio. …” (cfr. citata memoria ex art. 183/6 n° 1 c.p.c. di parte attrice).

Con riferimento ai contestati atti di mala gestio compiuti nel periodo di gestione del CdA composto da O. M. (Presidente), L. R., M. P. (Consigliere Delegato) e cioè nel periodo dal 28/2/2003 al 29/7/2003, la curatela ha allegato che “ … Secondo la ricostruzione del consulente contabile della procedura rientrano in tale periodo di gestione le seguenti condotte qualificabili quali atti di mala gestio, descritte al punto n. 17 ed a pagina n. 11 della citazione. Il 5.5.2003 viene approvato il bilancio di esercizio 2002 con una perdita residua di € 24.085.411,00 e nel contempo viene deliberato l’aumento del capitale sino ad € 745.450,00 con emissione di nuove azioni interamente sottoscritte dal socio unico Kiwi.Com Servicos de Consultoria S.A. Inoltre, sempre nel medesimo periodo, E. ha effettuato una serie di fusioni per incorporazione (Serenacom, Peppercom, Tibercom, Lombardiacom, Adriacom) che, lungi dal risolvere le problematiche economico finanziarie della società, addirittura l’hanno condotta verso uno stato di insolvenza irreversibile. Infine, sempre nel medesimo periodo, la società ha realizzato una serie di acquisizioni ed ha effettuato operazioni di finanza straordinaria volte al miglioramento dei risultati economici, ma che, di fatto, hanno soltanto peggiorato la situazione finanziaria in considerazione delle insufficienti risorse economiche a disposizione. L’esposizione debitoria della società nei confronti di Telecom Italia S.p.a. continua ad aumentare. I convenuti che in tale periodo rivestivano la qualità di componenti del C.D.A. -identificati nel titolo del presente paragrafo - devono ritenersi responsabili di tali condotte e vicende, nonché del conseguente danno che ne è derivato per la società ed il suo ceto creditorio. …” (cfr. citata memoria ex art. 183/6 n° 1 c.p.c. di parte attrice).

In relazione ai contestati atti di mala gestio compiuti nel periodo di gestione del CdA composto da O. M. (Presidente), F. T., M. P. (Consigliere Delegato) e cioè nel periodo dal 29/7/2003 al 23/10/2003, la curatela ha allegato che “ … Secondo la ricostruzione operata dal consulente della procedura, il dott. D’Ovidio, nel periodo in discorso sarebbero state poste in essere le seguenti condotte di mala gestio descritte a pagina nn. 11 dell’atto di citazione. In particolare la società avrebbe posto in essere una serie di acquisizioni e sarebbero state eseguite operazioni di finanza straordinaria volte al miglioramento dei risultati economici ma che, di fatto, hanno soltanto peggiorato la situazione finanziaria in considerazione delle insufficienti risorse economiche a disposizione, nonché una serie di fusioni per incorporazione (Serenacom, Peppercom, Tibercom, Lombardiacom, Adriacom) che lungi dal risolvere le problematiche economico finanziarie della società, addirittura l’hanno condotta verso uno stato di insolvenza irreversibile. Si registra, anche in tale periodo, un aumento dell’esposizione debitoria della società nei confronti del fornitore Telecom Italia S.p.a. Anche in tal caso, ovviamente, la responsabilità per tali operazioni ricade su coloro che, proprio in tale periodo, rivestivano la qualifica di componenti del C.D.A. di E. S.p.a. I convenuti che in tale periodo rivestivano la qualità di componenti del C.D.A. -identificati nel titolo del presente paragrafo - devono ritenersi responsabili di tali condotte e vicende, nonché del conseguente danno che ne è derivato per la società ed il suo ceto creditorio. …” (cfr. citata memoria ex art. 183/6 n° 1 c.p.c. di parte attrice).

Sui contestati atti di mala gestio posti in essere nel periodo di gestione del CdA composto da O. M. (Presidente), M. P. (Consigliere Delegato), F. T., P. D. (consiglieri) e cioè nel periodo dal 23/10/2003 al 23/3/2004, la curatela ha allegato che “ … In relazione a tale periodo il consulente della procedura ha evidenziato il compimento dei seguenti atti di mala gestio, descritti ai punti nn. 18, 19, 20 e 21 dell’atto di citazione, nonché a pagina n. 11 del medesimo atto introduttivo. Il 10.12.2003 con atto pubblico a rogito Notaio Fausto Piazza Rep.326941 Racc.7482 vengono fuse per incorporazione in E. S.p.a. le società Teti S.r.l., Retedis S.r.l., Cybernet Italia S.p.a., TV Files S.p.a., Motoreazione S.r.l. e @Dria.net S.p.a. Successivamente in data 16.12.2003 con atto a rogito Notaio Fausto Piazza Rep.327033 Racc.7531 viene operata la costituzione per scissione da E. S.p.a. di Elinet S.p.a. (avente il medesimo oggetto sociale della prima, il medesimo C.d.A. ed il medesimo collegio sindacale) con un capitale di € 120.000 sottoscritto per intero da Kiwi.Com Servicos de Consultoria S.A. In data 19.12.2003 E. S.p.a. acquista da Kiwi.Com il 100% del capitale sociale di Elinet S.p.a. proprietaria dell’infrastruttura di rete “voce e dati” (nel bilancio di E. S.p.a. chiuso al 31.12.2004 a tale partecipazione sarà attribuito un valore pari ad € 35.000.000,00). In data 23.12.2003 con scrittura privata autenticata dal notaio A. M. (Rep.159035) la E. S.p.a. cede alla S.T. S.r.l. al prezzo di € 440.000,00 il proprio ramo di azienda relativo alla divisione sistemi. Inoltre, anche nel periodo in discorso la società avrebbe posto in essere una serie di acquisizioni e sarebbero state eseguite operazioni di finanza straordinaria volte al miglioramento dei risultati economici, ma che, di fatto, hanno soltanto peggiorato la situazione finanziaria in considerazione delle insufficienti risorse economiche a disposizione, nonché una serie di fusioni per incorporazione (Serenacom, Peppercom, Tibercom, Lombardiacom, Adriacom) che lungi dal risolvere le problematiche economico finanziarie della società, addirittura l’hanno condotta verso uno stato di insolvenza irreversibile (cfr. pagina n. 11 dell’atto di citazione). A seguito di ciò l’esposizione debitoria della società nei confronti del fornitore Telecom Italia S.p.a. continua ad aumentare anche nel periodo in discorso. I convenuti che in tale periodo rivestivano la qualità di componenti del C.D.A. - identificati nel titolo del presente paragrafo- devono ritenersi responsabili di tali condotte e vicende, nonché del conseguente danno che ne è derivato per la società ed il suo ceto creditorio. …” (cfr. citata memoria ex art. 183/6 n° 1 c.p.c. di parte attrice).

Relativamente ai contestati atti di mala gestio posti in essere nel periodo di gestione del C.d.A. composto da M. E. P. (Presidente), L. B. e F. D. (Consiglieri) e cioè nel periodo dal 23/3/2004 al 2/11/2005, la curatela ha allegato che “ … In relazione a tale periodo il consulente della procedura ha evidenziato il compimento dei seguenti atti di mala gestio, descritti ai punti da n. 22 a n. 31 dell’atto di citazione, nonché a pagina n. 11 e n. 12 del medesimo atto introduttivo.

In data 30.6.2004 viene approvato il bilancio 2003 chiuso con una perdita di € 42.670.427,00 residuata dopo le coperture effettuate nel corso dell’esercizio per un ammontare di € 10.898.923,00. Il 22.7.2004 viene sottoscritto l’accordo con Telecom Italia S.p.A. che prevede all’art. 4 il riscadenzamento del debito scaduto di € 60.241.189,73 in otto anni e la restituzione del capitale in otto rate annue. In pari data e a garanzia di detto accordo veniva stipulata con le Assicurazioni Generali S.p.A. una nuova polizza fideiussoria dell’ammontare di 16 milioni di €uro a favore di Telecom Italia ed in data 28.7.2004 veniva costituito da E. S.p.A. ed Elinet S.p.A. un deposito fiduciario di 2 milioni di €uro su un conto corrente bancario escrow acceso presso la Banca Popolare di Milano dando mandato all’istituto di credito di provvedere al pagamento della somma richiesta da Telecom in caso di inadempimento del Gruppo E.. Il 2.8.2004 con assemblea straordinaria a rogito notaio L. Cecala Rep.18484 Racc.4681 viene deliberato un ulteriore aumento di capitale da € 808.386,00 ad € 936.540,00 con emissione di n.155.154 nuove azioni acquistate da Kiwi II Ventura Servicos Consultoria S.A. In data 2.12.2004 E. S.p.A. ed Elinet S.p.A. stipulano un secondo accordo di escrow sempre con Banca Popolare di Milano per ulteriori 2 milioni di euro. Il 7.12.2004 il C.d.A. incarica il revisore contabile dott. P. Foss di valutare le diverse attività aziendali svolte da E. S.p.a. e come possibile società conferitaria viene individuata la controllata Wide Telecom in liq. S.p.a. con riferimento alla quale era stata deliberata con assemblea straordinaria del 2.12.2004 la revoca della messa in liquidazione, la trasformazione in S.r.l. e la modifica della denominazione sociale in E. S.r.l. A seguito della stima dell’intero complesso aziendale E. in € 40.500.000,00, il 28.12.2004 viene sottoscritto l’atto di cessione a rogito notaio Giancarlo Mazza Rep.51363 Racc.16124 con il quale E. S.p.a. trasferisce in capo ad E. S.r.l. tutte le attività industriali, commerciali, amministrative, gestionali e di staff di E. S.p.a. in particolare le linee di business relative a PMI, Top Client, Consumer, Premium e VOIP. In base al piano di ristrutturazione sia il debito verso Telecom Italia S.p.a. sia il debito verso Wind Comunicazioni S.p.a. sarebbero rimasti in capo a E. S.p.a. E. S.p.a. detiene l’intero capitale sociale di Elinet S.p.a. (che gestisce l’infrastruttura di rete, i business “carrier wholesale”, le carte prepagate e il traffico etnico) e di E. S.r.l. (che gestisce il mercato “retail”, la piccola media impresa, i clienti top e i servizi premium). L’assemblea del 24.5.2005, dopo aver deliberato l’aumento del capitale sociale per € 16,6 milioni, approva l’avvio del processo di quotazione della società presso il listino regolamentato AIM di Londra ed in data 4.8.2005 viene nominato Advisor la “Charles Stanley & Co. Ltd” quale soggetto di garanzia, nei confronti del mercato e delle autorità regolamentari, dell’effettiva solidità imprenditoriale dell’impresa quotata. Inoltre, anche in tale periodo e come sotto le precedenti gestioni, sarebbero state eseguite operazioni di finanza straordinaria volte al miglioramento dei risultati economici, ma che, di fatto, hanno soltanto peggiorato la situazione finanziaria in considerazione delle insufficienti risorse economiche a disposizione. Tali eventi, secondo le conclusioni del consulente della procedura, avrebbero ulteriormente aggravato il dissesto societario. Infatti lo stesso dott. D’Ovidio ha evidenziato che, proprio nel biennio 2004 – 2005, la gestione societaria ha continuato a lamentare perdite di forte entità, mentre gli utili realizzati sono stati possibili soltanto con la rilevazione di cospicui proventi straordinari (cfr. pag. 231 relazione D’Ovidio e pagine nn. 11 e 12 dell’atto di citazione). Peraltro l’esposizione debitoria della società nei confronti del fornitore Telecom Italia S.p.a. raggiunge, il 22.07.2004, l’importo di € 60.241.189,73. Il 2005, poi, è l’anno in cui E. S.p.a. assume la configurazione di holding finanziaria controllante le società E. S.r.l. ed Elinet S.p.a. e perde la sua struttura di società operativa. Nel relativo bilancio di esercizio venne iscritto un utile di euro 3.528.000,00 che, secondo il consulente della procedura, non appare veritiero o meglio è la conseguenza di un incredibile errore di calcolo: non essendo stati registrati ricavi nel 2005, per ottenere l’utile indicato in bilancio di euro 3.258.000,00 sono state sommate le imposte (euro 10.656.000,00) alle perdite ante imposte (euro 7.128.000,00) benché notoriamente le prime debbono essere sottratte costituendo una componente negativa per definizione. Anche in questo caso, pertanto, vi è stata da parte degli amministratori dell’epoca una chiara violazione dei principi di veridicità e di correttezza del bilancio e dei propri obblighi. Sempre nell’esercizio 2005, e precisamente nel primo trimestre, come è stato accertato dal consulente contabile (pag.172 della relazione) la E., nonostante non svolgesse più alcuna attività operativa per l’avvenuto conferimento di tutti gli assets ad E. S.r.l., continuava ad emettere e ricevere fatture in nome e per conto delle due anzidette società controllate. A questo punto, descritti come sopra gli atti di mala gestio compiuti nel periodo 23.3.2014 – 2.11.2005, la relativa responsabilità non potrà non ricadere sui convenuti, identificati nel titolo del presente paragrafo, che proprio in tale periodo hanno rivestito la qualifica di componenti del C.D.A., che dovranno ritenersi responsabili di tali condotte e vicende, nonché del conseguente danno che ne è derivato per la società ed il suo ceto creditorio. …” (cfr. citata memoria ex art. 183/6 n° 1 c.p.c. di parte attrice).

Relativamente ai contestati atti di mala gestio compiuti nel periodo di gestione del CdA composto da M. E. P. (Presidente), L. B., F. D., O. M., U. D. (consiglieri) e cioè nel periodo dal 2/11/2005 al 14/12/2005, la curatela ha allegato che “ … In relazione a tale periodo il Consulente della procedura fallimentare attrice ha evidenziato il compimento dei seguenti atti di mala gestio descritti al punto n. 32 dell’atto di citazione e a pagina nn. 11 e 12. Nell’assemblea dei soci del 14.12.2005 venne rappresentato che la quotazione all’AIM aveva come obiettivo quello di sviluppare la società sia in termini finanziari che in termini di immagine in quanto l’accesso al mercato dei capitali di rischio avrebbe permesso alla società di avere una migliore visibilità sui mercati di riferimento e, quindi, di acquisire vantaggi competitivi di tipo reputazionale. Occorre considerare che, a seguito di tale assemblea, il successivo 22.2.2006 le azioni ordinarie di E. S.p.a. sono state ammesse alla quotazione sul mercato AIM mediante un collocamento istituzionale rivolto ad investitori professionali localizzati nel Regno Unito, Francia, Svizzera e Italia. Tuttavia, secondo quanto riferito dal consulente della procedura, tale determinazione ebbe risultati diametralmente opposti a quelli sperati, posto che la E. venne successivamente esclusa dal listino per non avere prodotto la documentazione richiesta. Inoltre si rappresenta che anche nel periodo in discorso la società ha continuato a lamentare perdite di forte entità, mentre gli utili realizzati sono stati possibili soltanto con la rilevazione di cospicui proventi straordinari. In tale periodo, come anche durante le precedenti gestioni, sarebbero state eseguite operazioni di finanza straordinaria volte al miglioramento dei risultati economici, ma che, di fatto, hanno soltanto peggiorato la situazione finanziaria in considerazione delle insufficienti risorse economiche a disposizione. Infine si ribadisce che, secondo il consulente della procedura fallimentare, nell’anno 2005 E. S.p.a. assume la configurazione di holding finanziaria controllante le società E. S.r.l. ed Elinet S.p.a., perdendo la sua struttura di società operativa. Nel relativo bilancio di esercizio venne iscritto un utile di euro 3.528.000,00 che, secondo il consulente della procedura, sarebbe dovuto a un incredibile errore di calcolo: non essendo stati registrati ricavi nel 2005, per ottenere l’utile indicato in bilancio di euro 3.258.000,00 sono state sommate le imposte (euro 10.656.000,00) alle perdite ante imposte (euro 7.128.000,00) benché notoriamente le prime debbono essere sottratte costituendo una componente negativa per definizione.

Anche in tale periodo l’esposizione debitoria della società nei confronti del fornitore Telecom Italia s.p.a. continua ad aumentare. Anche in questo caso, pertanto, vi è stata da parte degli amministratori dell’epoca una chiara violazione dei principi di veridicità e di correttezza del bilancio e dei propri obblighi. Sempre nell’esercizio 2005 e, precisamente nel primo trimestre, come è stato accertato dal consulente contabile (pag.172 della relazione) la E., nonostante non svolgesse più alcuna attività operativa per l’avvenuto conferimento di tutti gli assets ad E. S.r.l., continuava ad emettere e ricevere fatture in nome e per conto delle due anzidette società controllate.

Ne consegue che la responsabilità in merito alle condotte e vicende sopra rappresentate non potrà non ricadere su ciascun componente del CdA, meglio identificato nel titolo del presente paragrafo, che proprio in tale periodo ha gestito la società. Tali convenuti sono da ritenersi responsabili di tali condotte e vicende, oltre che del danno che ne è derivato per la società e il suo ceto creditorio. …” (cfr. citata memoria ex art. 183/6 n° 1 c.p.c. di parte attrice).

Relativamente ai contestati atti di mala gestio compiuti nel periodo di gestione del CdA composto da M. E. P. (Presidente), L. B., F. D., O. M., U. D. e P. P. (Consiglieri) e cioè nel periodo dal 14/12/2005 al 26/6/2006, la curatela ha allegato che “ … In relazione a tale periodo il consulente della procedura ha individuato il compimento dei seguenti atti di mala gestio, descritti nei punti nn. 32, 33, 34, 35 e 36 dell’atto di citazione. Nell’assemblea dei soci del 14.12.2005 viene rappresentato che la quotazione all’AIM aveva come obiettivo quello di sviluppare la società sia in termini finanziari che in termini di immagine, in quanto l’accesso al mercato dei capitali di rischio avrebbe permesso alla società di avere una migliore visibilità sui mercati di riferimento e, quindi, di acquisire vantaggi competitivi di tipo reputazionale. In data 22.2.2006 le azioni ordinarie di E. S.p.a. vengono ammesse alla quotazione sul mercato AIM mediante un collocamento istituzionale rivolto ad investitori professionali localizzati nel Regno Unito, Francia, Svizzera e Italia. Tuttavia la E. venne successivamente esclusa dal listino per non avere prodotto la documentazione richiesta.

Inoltre, anche in tale periodo (per lo meno sino alla fine dell’anno 2005) sarebbero state poste in essere operazioni di finanza straordinaria che hanno notevolmente peggiorato la situazione patrimoniale della società. Il 22.3.2006 viene deliberato il trasferimento della sede legale di E. S.p.a. da Milano, via Mecenate 90, a Roma, via Virgilio Maroso 50, e la conseguente cancellazione della società dal Registro Imprese di Milano e l’iscrizione al Registro Imprese di Roma nonché la variazione della denominazione sociale da E. S.p.a. a E. S.p.a. In data 8.6.2006 E. S.p.a. acquisisce il 52% del capitale sociale di Tele Contatto S.r.l. operante nel settore dei call center. Il 26.6.2006 l’assemblea approva il bilancio della capogruppo relativo all’esercizio 2005 con un utile pari ad € 3.528.000,00 mentre il bilancio consolidato relativo allo stesso periodo presenta una perdita pari ad € 9.764.000,00. Nel frattempo l’esposizione debitoria della società nei confronti del fornitore Telecom Italia S.p.a. continua ad aumentare. Inoltre, anche il bilancio relativo all’esercizio 2006, presentava le forti irregolarità riscontrate dal consulente della procedura e descritte a pagg. 24, 25 e 26 dell’atto di citazione. Ne consegue che la responsabilità in merito alle condotte e vicende sopra rappresentate non potrà non ricadere su ciascun componente del CdA., meglio identificato nel titolo del presente paragrafo, che proprio in tale periodo ha gestito la società. Tali convenuti sono da ritenersi responsabili di tali condotte e vicende, oltre che del danno che ne è derivato per la società e il suo ceto creditorio …” (cfr. citata memoria ex art. 183/6 n° 1 c.p.c. di parte attrice).

Relativamente ai contestati atti di mala gestio compiuti durante il periodo di gestione del CdA composto da M. E. P. (Presidente), L. B. (Vice Presidente), F. D. (Amministratore Delegato), O. M., U. D., P. P. ed E. M. F. R. (Consiglieri) e cioè nel periodo dal 26/6/2006 al 30/1/2007, la curatela ha allegato che “ … Il consulente della procedura colloca, temporalmente, nel periodo di riferimento, le seguenti vicende ed il compimento dei seguenti atti di mala gestio, descritti ai punti nn. 36, 37, 38 e 39 dell’atto di citazione. Il 26.6.2006 l’assemblea approva il bilancio della capogruppo relativo all’esercizio 2005 con un utile pari ad € 3.528.000,00 mentre il bilancio consolidato relativo allo stesso periodo presenta una perdita pari ad € 9.764.000,00. Il 26.7.2006 E. S.p.a. acquisisce il 54,85% del capitale sociale di AlpiKom S.p.a., un operatore telefonico di carattere regionale con sede nel Trentino Alto Adige. Il bilancio al 31.12.2006 viene approvato solo in data 4.12.2008 con una perdita di oltre 207 milioni di euro e non risulta essere stato presentato nei termini di legge. Ad un tale riguardo sono da intendersi, in questa sede, integralmente riportate e trascritte le considerazioni esposte a pagg. 25, 26 e 27 dell’atto di citazione. Nel corso dell’anno 2007 entrano nella compagine di E. S.p.a. le società Vive la Vie S.p.a. e Telvia S.p.a., che diventano i nuovi soci di riferimento al posto della cessionaria Kiwi II Ventura Servicos Consultoria S.A. Anche tali vicende, secondo il consulente, hanno determinato o concorso a determinare il dissesto societario che ha portato alla dichiarazione di fallimento della società. Nel frattempo l’esposizione debitoria della società nei confronti del fornitore Telecom Italia S.p.a. continua ad aumentare. Ne consegue che la responsabilità in merito alle condotte e vicende sopra rappresentate non potrà non ricadere su ciascun componente del CdA, meglio identificati nel titolo del presente paragrafo, che proprio in tale periodo ha gestito la società. Tali convenuti sono da ritenersi responsabili di tali condotte e vicende, oltre che del danno che ne è derivato per la società e il suo ceto creditorio. …” (cfr. citata memoria ex art. 183/6 n° 1 c.p.c. di parte attrice).

Relativamente ai contestati atti di mala gestio compiuti nel periodo di gestione del CdA composto da M. E. P. (Presidente), L. B. (Vice Presidente), F. D. (Amministratore Delegato), O. M., U. D., P. P. (Consiglieri) e cioè nel periodo dal 30/1/2007 all’1/3/2007, la curatela ha allegato che “ … Il consulente della procedura colloca, temporalmente, in tale periodo il compimento dei seguenti atti di mala gestio. Nel corso dell’anno 2007 entrano nella compagine di E. S.p.a. le società Vive la Vie S.p.a. e Telvia S.p.a. che diventano i nuovi soci di riferimento al posto della cessionaria Kiwi II Ventura Servicos Consultoria S.A. Inoltre iniziavano ad intravedersi anche gli effetti negativi dell’avvenuta quotazione della società presso l’AIM di Londra. Il bilancio al 31.12.2006 viene approvato solo in data 4.12.2008 con una perdita di oltre 207 milioni di euro e non risulta essere stato presentato nei termini di legge. Ad un tale riguardo sono da intendersi, in questa sede, integralmente riportate e trascritte le considerazioni esposte a pagg. 25, 26 e 27 dell’atto di citazione. Anche nel periodo di riferimento, peraltro si registra un notevole aumento dell’esposizione debitoria della società nei confronti del fornitore Telecom Italia S.p.a. Ne consegue che la responsabilità in merito alle condotte e vicende sopra rappresentate non potrà non ricadere su ciascun componente del CdA, meglio identificato nel titolo del presente paragrafo, che proprio in tale periodo ha gestito la società. Tali convenuti sono da ritenersi responsabili di tali condotte e vicende, oltre che del danno che ne è derivato per la società e il suo ceto creditorio. Relativamente alla posizione del Sig. P. P. si evidenzia che la procedura fallimentare attrice ha inteso rinunziare agli atti del presente giudizio. …” (cfr. citata memoria ex art. 183/6 n° 1 c.p.c. di parte attrice).

Relativamente ai contestati atti di mala gestio compiuti nel periodo di gestione del CdA composto da F. D. (Presidente), G. F. (Amministratore Delegato), O. M., U. D., P. P. (Consiglieri) e cioè nel periodo dall’1/3/2007 al 27/3/2007, la curatela ha allegato che “ … Nel periodo di gestione del CdA in questione il consulente della procedura colloca le medesime vicende e condotte esposte al precedente punto 1.7, in ordine all’acquisizione di nuovi soci e agli effetti negativi dell’avvenuta quotazione societaria della società presso l’AIM di Londra. Pertanto valgano le medesime considerazioni esposte al precedente punto 1.S. da intendersi qui integralmente riportate e trascritte. Ne consegue che la responsabilità in merito alle condotte e vicende sopra rappresentate non potrà non ricadere su ciascun componente del CdA, meglio identificato nel titolo del presente paragrafo, che proprio in tale periodo ha gestito la società. Tali convenuti sono da ritenersi responsabili di tali condotte e vicende, oltre che del danno che ne è derivato per la società e il suo ceto creditorio. …” (cfr. citata memoria ex art. 183/6 n° 1 c.p.c. di parte attrice).

Relativamente ai contestati atti di mala gestio posti in essere nel periodo di gestione del CdA composto da F. D. (Presidente), G. F. (Amministratore Delegato), C. N. e P. P. (Consiglieri) e cioè nel periodo dal 27/3/2007 al 27/8/2007, la curatela ha allegato che “ … In ultimo, secondo la ricostruzione del consulente della procedura, nel periodo di riferimento in discorso si collocano le seguenti vicende e condotte di mala gestio, che hanno determinato o contribuito a determinare il dissesto societario, descritte nei punti nn. 39, 40, 41 e 42 dell’atto di citazione. Nel corso dell’anno 2007 entrano nella compagine di E. S.p.a. le società Vive la Vie S.p.a. e Telvia S.p.a. che diventano i nuovi soci di riferimento al posto della cessionaria Kiwi II Ventura Servicos Consultoria S.A. Il 24.4.2007 E. S.p.a. sottoscrive con Vive la Vie S.p.a. un contratto di erogazione di servizi di assistenza e coordinamento del gruppo E. nell’attività amministrativa e finanziaria, avente ad oggetto l’affidamento a Vive la Vie S.p.a. della gestione degli adempimenti amministrativi, tributari e dei contratti di lavoro del gruppo E. verso il corrispettivo mensile di € 9.000,00 oltre un importo una tantum di € 15.000,00 ed un conguaglio di fine anno non inferiore ad € 15.000,00 e non superiore ad € 50.000,00. Nel frattempo l’esposizione debitoria della società nei confronti del fornitore Telecom Italia S.p.a. continua ad aumentare. Il 24.5.2007 Telecom Italia S.p.a. comunica la risoluzione del piano di rientro intimando ad E. S.p.a. l’immediato versamento dell’importo complessivo di € 96.293.140,75 oltre interessi e la risoluzione dei contratti di fonia. Il 26.6.2007 Telecom Italia S.p.a. comunica che avrebbe proceduto entro il 10.7.2007 alla cessazione dei servizi di fonia. Il distacco avviene effettivamente nei tempi indicati con l’impossibilità per E. S.p.a. di fornire a sua volta i servizi ai suoi clienti fino ad arrivare alla dichiarazione di fallimento. Ne consegue che la responsabilità in merito alle condotte e vicende sopra rappresentate non potrà non ricadere su ciascun componente del CdA, meglio identificato nel titolo del presente paragrafo, che proprio in tale periodo ha gestito la società. Tali convenuti sono da ritenersi responsabili di tali condotte e vicende, oltre che del danno che ne è derivato per la società e il suo ceto creditorio…” (cfr. citata memoria ex art. 183/6 n° 1 c.p.c. di parte attrice).

Inoltre, sempre nella citata memoria ex art. 183/6 n° 1 c.p.c. della curatela attrice, è dato leggere che “ … per ciascuno dei periodi di gestione sopra descritti, il consulente della procedura ha evidenziato notevoli irregolarità nella compilazione dei bilanci e la non corretta tenuta delle scritture contabili, nel senso meglio specificato nelle due relazioni del consulente allegate all’atto di citazione e nell’atto di citazione medesimo. Anche tale evenienza costituisce -oltre che illegittima condotta e violazione dei doveri imposti agli amministratori- anche una circostanza che non solo ha contribuito sensibilmente ad aggravare notevolmente il dissesto societario, ma ha reso notevolmente difficoltosa -se non addirittura impossibile- per la curatela fallimentare la ricostruzione della situazione patrimoniale, economica e finanziaria della società, con le dannose conseguenze che saranno appresso specificate. …” (cfr. citata memoria ex art. 183/6 n° 1 c.p.c. di parte attrice).

In definitiva, come poi riportato nella memoria conclusionale di replica -come detto, si tratta di uno scritto unico per entrambe difese della curatela e per entrambi i giudizi riuniti-, la curatela ha inteso stigmatizzare la complessiva condotta posta in essere dagli amministratori, succedutisi dalla costituzione della società fino al fallimento, evidenziando che “ … la responsabilità dei convenuti non si sostanzia tanto nel compimento di un singolo o specifico atto distrattivo del patrimonio e/o condotta dolosa preordinata alla distruzione del capitale sociale, ma di condotte che per l’omogeneità e la continuità con cui sono state poste in essere, hanno cagionato l’erosione integrale del patrimonio sociale nel tempo, dissipazione che sarebbe stata certamente evitata se fossero state adottate, nel rispetto dei principi di diligenza e prudenza nonché di buona amministrazione, le misure preordinate alla conservazione del patrimonio sociale. …” (cfr. memoria conclusionale di replica di parte attrice).

Definito il quadro allegatorio, relativo alle contestazioni sollevate nei confronti degli amministratori, periodo per periodo, in carica, valgono le seguenti osservazioni.

Nel corso del giudizio con ordinanza riservata 2-3/11/2015 è stata disposta ctu contabile sulla base del seguente quesito -per una più diretta intelligibilità si inseriscono ora i numeri a margine di ogni specifico punto del quesito- con riferimento alla causa introdotta nei confronti dell’organo amministrativo: “Provveda il Ctu, sulla base della documentazione in atti e di quella ritenuta necessaria, da acquisire -nel contraddittorio delle parti- presso pubblici uffici: 1) a verificare la composizione dell’organo amministrativo in carica dal giugno del ’98 alla dichiarazione di fallimento dell’aprile ‘08; 2) a ricostruire la reale contabilità della società dal giugno ’98 fino al fallimento del 16/4/08, descrivendo in particolare le singole operazioni specificamente indicate in citazione come atti di pretesa mala gestio e la finalità economica delle stesse, contestualizzandole in relazione alla situazione patrimoniale, finanziaria ed economica della società ed al contesto di mercato in cui operava la società stessa; 3) a precisare, con riferimento alle suddette singole operazioni, la data della relativa delibera, l’eventuale motivazione addotta e la composizione dell’organo amministrativo deliberante, verificando se vi siano state formali manifestazioni di dissenso; 4) a verificare l’incidenza (positiva o negativa) delle singole operazioni sui conti della società; 5) a quantificare analiticamente, in caso di incidenza negativa delle suddette operazioni, l’incremento dell’esposizione debitoria registrata di anno in anno per effetto di ciascuna delle suddette operazioni; 6) a verificare, alla luce della operata ricostruzione contabile, se -ed in quale momento- si fosse in concreto in presenza di una situazione di perdita del capitale sociale che imponesse l’adozione di interventi straordinari sul capitale stesso ovvero lo scioglimento della società; 7) a quantificare, in caso di mancata adozione dei necessari interventi ex art. 2447 c.c., l’aggravamento del dissesto secondo il criterio della differenza dei netti patrimoniali, nella loro reale consistenza, relativi agli esercizi successivi fino al fallimento”.

Il Ctu, dott. Salvidio, all’esito di una esaustiva consulenza e dando adeguata risposta alle osservazioni dei Ctp delle parti (cfr. ctu da pag. 413 a pag. 462), ha condivisibilmente concluso nei seguenti termini riassuntivi.

In ordine ai punti da 2 a 5 del quesito, ossia la “ … ricostruzione della contabilità aziendale, con esame critico delle operazioni contestate e della loro finalità, anche attraverso la loro contestualizzazione rispetto alla situazione economico-finanziaria della Società ed al mercato …”, il Ctu ha evidenziato che “ … non sono emerse criticità sostanziali a conforto delle censure attoree mosse alle operazioni aziendali o comunque tali da far presumere che la perdita della continuità aziendale e, con essa, del capitale, possa farsi risalire anteriormente al mese di giugno 2007, come illustrato in sede di analisi delle vicende societarie e della gestione…” e, con riferimento alle singole operazioni contestate, ha precisato che “ … …. -incorporazione di molteplici società di telefonia-internet da parte di E. S.p.a. (allora Link Up S.p.a.) negli anni 2001-2003. Tali incorporazioni motivate dalla realizzazione di un ampio progetto imprenditoriale, volto a creare il quinto ‘polo della telefonia’ nel nostro Paese (c.d. Progetto Kitel), sono avvenute: in ragione di specifici piani industriali (rinvenibili in atti o, comunque, della cui esistenza e contenuti è possibile rendersi edotti attraverso di essi), fondati su prospettive strategiche ed operative che, ad avviso dello scrivente, non solo non appaiono manifestamente irrazionali, ma nemmeno possono, in quanto espressione di libere scelte imprenditoriali, essere soggetti a sindacato (per giunta col senno del poi) da parte del consulente tecnico d’ufficio; con il supporto di costanti immissioni, da parte dei soci, di finanziamenti ed apporti monetari a copertura delle perdite ed a reintegrazione del capitale, sino alla primavera del 2006; con riflessi non certo negativi sulla performance della società, la quale, seppure, alla lunga, è risultata deludente e di segno negativo rispetto alle attese riposte nel progetto imprenditoriale da parte dei soci-investitori e degli amministratori, ha nondimeno registrato un pressoché costante accrescimento della quota di mercato ed un miglioramento delle marginalità. Più precisamente, il trend migliorativo si è brevemente interrotto nel 2004, per poi riprendere nell’esercizio seguente. A partire dalla seconda metà del 2006, il declino, invero assi rapido della situazione aziendale, è stato determinato dal venir meno del cliente strategico Telecom Italia, che, cessato di approvvigionarsi dal Gruppo E. di forniture di c.d. ‘connettività inversa’, ha di fatto precluso a partire da quel momento la possibilità per la società di ‘pagare’ buona parte delle forniture di connettività a sua volta acquistate dalla prima compagnia telefonica italiana, esponendola ad una emorragia finanziaria dalla quale, in definitiva, non si è potuta riprendere; … … -iscrizione in bilancio di un avanzo di fusione, nel 2001, utilizzato per coprire le perdite: si è accertato come le asserite incongruenze, dal punto di vista contabile, relative all’iscrizione di tale avanzo non sussistano, mentre invece è plausibile la sua consistenza, sia in relazione ai dati contabili delle sue incorporate, che per quanto attiene la validazione ‘sostanziale’ degli stessi, riflessa non tanto nelle perizie di stima commissionate dall’azionista di riferimento sulle singole società incorporate, quanto dal fatto che dette valutazioni, attentamente esaminate, risultano essere delle vere e proprie ‘razionalizzazioni estimative’ di concambi tra parti fra loro non correlate, dunque di stime cui sottostanno prezzi realmente negoziati di partecipazioni fra l’azionista di controllo di E. ed altri investitori; … … -mancate o insufficienti svalutazioni di diverse partecipazioni iscritte nel bilancio 2002: si è potuto accertare come il valore di una parte di tali partecipazioni trovasse, all’epoca, supporto in apposite stime. Più in generale, trattandosi di partecipazioni acquisite nel contesto di un progetto imprenditoriale fortemente caratterizzato da una strategia di ‘crescita per aggregazione ed integrazione’, il mantenimento dell’iscrizione in bilancio dei loro valori appare coerente con la pianificazione industriale a livello di Gruppo, in quanto elementi funzionali alla sua realizzazione; … … -riorganizzazione societaria degli anni 2003-2004 (scissione Elinet S.p.a. e conferimento E. S.r.l.): le operazioni di riorganizzazione societaria sono state esaminate analizzando criticamente, sotto il profilo della congruità, i valori di ‘scambio’ ovvero ‘di apporto’ alla base della loro attuazione, senza che emergessero elementi tali da destituirli di fondamento o da privare di un sufficiente grado di attendibilità le perizie commissionate dalla società a supporto di tali operazioni. Si è, altresì, fatto notare come la riorganizzazione fosse coerente, nella prospettiva di una più efficace ‘esposizione al mercato’ del valore intrinseco della società , in vista della sua quotazione al mercato borsistico, già contemplata quale elemento del progetto imprenditoriale, ben prima che si desse corso concretamente alla sua preparazione, nel 2005; … … -asserito nocumento patrimoniale derivato dalla quotazione in borsa (inizio 2006): la quotazione in borsa ha determinato, senza dubbio, un apporto di risorse finanziarie notevolmente superiore alle spese di istruzione dell’intero processo di meticolosa verifica contabile e di due diligenze economico-finanziaria e legale occorso durante la sua istruzione (novembre 2005-febbraio 2006). Non può, pertanto, ravvisare alcun danno connesso alla quotazione per la società; … … -iscrizione di imposte ‘negative’ nel conto economico 2005: l’iscrizione di una voce a conto economico rappresentativa di c.d. ‘ricavi per imposte’ (dunque, con effetto di accrescimento del risultato economico dell’esercizio, alla tregua di ‘imposte di segno negativo’), è espressamente prevista dai principi contabili per tenere conto della dinamica delle c.d. imposte differite. Non rappresenta pertanto, di per sé, un errore contabile, né una irregolarità. L’iscrizione in bilancio di imposte differite ‘attive’ è consentita nella prospettiva della futura generazione di redditi imponibili e, quindi, della recuperabilità di dette imposte; condizione che, nel caso di specie, trova supporto nelle aspettative dei piani industriali e fintanto che sia verificabile la continuità aziendale; … … -fatturazioni ‘incrociate’ e irregolarità/reati fiscali: è stato appurato come i sindaci di E. S.p.a., a seguito della ristrutturazione societaria, compiutasi a fine 2004 con conferimento della residua attività operativa in E. S.r.l., abbiano rilevato, nel corso delle loro verifiche, come la controllante continuasse ad emettere fatture nei confronti dei clienti apportati nella controllata ed a registrare fatture passive nei confronti dei fornitori aziendali. I sindaci hanno sollecitato gli amministratori (primavera 2005) ad assumere ogni iniziativa opportuna onde evitare possibili censure per ‘operazioni inesistenti’ da parte dell’Amministrazione Finanziaria. Dalla lettura degli atti societari è emerso che tale prassi fosse dipesa, quale soluzione transitoria, dal ritardo nella implementazione del sistema contabile della controllata E. S.r.l. e che fossero stati stipulati appositi contratti fra controllante e controllata al fine di regolarizzarla formalmente. Risulta altresì che con l’implementazione del sistema contabile della controllata, avvenuta ad aprile 2005, tale prassi sia cessata, come dagli amministratori formalmente confermato ai sindaci in apposita informativa; in ordine alle irregolarità/reati fiscali contestati al Gruppo E. dall’amministrazione Finanziaria e/o dagli organi di Polizia Giudiziaria a partire dalle ispE.ni avviante nell’estate del 2007 su Elinet S.p.a., non è possibile trarre, in questa sede, conclusione alcuna, posto che la documentazione disponibile è essenzialmente costituita dai verbali di contestazione redatti dalla Guardia di Finanza allegati alla relazione del consulente del Fallimento attore, la verifica della fondatezza dei quali è materia di distinti procedimenti giudiziari (penali e tributari) e che in ogni caso, la mancanza dei registri contabili e fatture impedisce di approfondire; … … -censurata apposizione di clausole di discarico della responsabilità degli amministratori uscenti, nel contratto con il quale l’azionista Kiwi cede il pacchetto di controllo al Gruppo Vive La Vie, marzo 2006: non è ravvisabile, a parere di chi scrive, alcuna anomalia nella apposizione di clausole contrattuali con le quali il soggetto venditore impone al soggetto acquirente limiti all’esperibilità di azioni di responsabilità nei confronti del cessato organo amministrativo, posto che si tratta di una prassi diffusa e, con ogni probabilità, di scarsissima efficacia pratica …; … -la gestione dei rapporti con Telecom Italia: la società, nel perseguire la propria crescita, ha sviluppato un rapporto di dipendenza strategica da Telecom Italia, caratterizzato dall’essere quest’ultima sia il principale cliente sia un significativo acquirente dalla società di servizi di telefonia, in virtù di un contratto c.d. di ‘interconnessione inversa’, risalente al 1999. La società ha, peraltro, beneficiato finanziariamente della possibilità, grazie ad apposito accordo del 2005, di poter utilizzare i propri crediti nei confronti di Telecom Italia in compensazione con le forniture effettuate da quest’ultima, liberando in tal modo risorse da destinare al finanziamento dell’espansione della propria quota di mercato. Il ‘meccanismo delle compensazioni’ è venuto meno tra luglio ed agosto 2006, allorché Telecom Italia, per ragioni non note, ha deciso con brevissimo preavviso di non acquistare più traffico telefonico dal Gruppo E.. Ciò ha determinato un veloce peggioramento della situazione finanziaria del Gruppo E., il quale, anche a seguito di due ulteriori concause, la pubblicità negativa fattagli dalla trasmissione Striscia La Notizia e l’accresciuta competizione sulle tariffe della telefonia fissa, ha subito un rapidissimo declino del proprio autofinanziamento nella seconda metà del 2006 con l’accumularsi di un notevole scaduto nei confronti della stessa Telecom Italia. In definitiva non è corretto, a parere di chi scrive, ravvisare nel rapporto con Telecom Italia un fenomeno di mala gestio. Il duplice ruolo di creditore-cliente di Telecom Italia ha rappresentato, al contrario, finché è continuato, un fattore che ha premesso ad E. di procedere nella realizzazione del proprio progetto imprenditoriale con maggior efficienza nell’utilizzo delle propri risorse finanziarie (autofinanziamento ed apporti dai soci). D’altro canto, proprio la caratteristica di asset strategico del rapporto bivalente con Telecom Italia ha costituito, come illustrato nella trattazione di cui al capitolo 4 della presente relazione, un fattore di rischio e, al venire meno delle compensazioni, la causa prima del dissesto della società. …. … -mancata o incompleta tenuta delle scritture contabili: la circostanza per la quale non sono disponibili, in atti, i registri contabili della società non dimostra che essi non esistessero. Peraltro, la loro sussistenza, quanto meno prima che si insediassero, a settembre 2007, gli amministratori A., A. e G. (i quali, come si è ricordato al precedente paragrafo 4, lamentano la mancanza di personale amministrativo, tanto da dover ricorrere a consulenti esterni per la redazione del bilancio 2006), è dimostrata dalla redazione dei bilanci, nonché dalle verifiche sui conti aziendali condotte prima dal collegio sindacale, poi, a partire dal 2004, dalla società di revisione …” (cfr. ctu a pagg. 466-470, in tema di conclusioni definitive).

Alla luce delle precisazioni che precedono, si può procedere all’esame in dettaglio delle varie contestazioni.

Per quanto riguarda le contestazioni di natura formale in tema di mancata o irregolare tenuta dei libri contabili obbligatori ovvero di irregolare redazione dei bilanci valgono le superiori osservazioni, dovendosi ribadire che di per sé, ai fini che qui rilevano, dette irregolarità formali non sono causa diretta di danni patrimoniali alla società o al ceto dei creditori sociali: il suddetto profilo verrà ripreso in seguito.

Astrattamente è ben vero che la mancata regolare tenuta delle scritture contabili può rendere più difficile o addirittura impossibile “… individuare i crediti della società oggetto di un possibile recupero e le operazioni da colpire con eventuali azioni di revocatoria fallimentare e di inefficacia ai sensi dell’articolo 66 della Legge Fallimentare …” (cfr. memoria ex art. 183/6 n° 1 c.p.c. di parte attrice), ma è di tutta evidenza che si tratta di una mera ipotesi, non concretizzatasi nel caso che qui ci occupa, atteso che non risulta allegata l’esistenza di crediti non recuperabili o di azioni revocatorie non esercitabili per mancanza della documentazione contabile o societaria né risultano specifiche contestazioni in tali termini.

Inoltre, alla luce delle considerazioni svolte dal Ctu, deve ritenersi che le scritture contabili siano state compilate, alla luce sia della redazione dei bilanci di esercizio che delle varie verifiche succedutesi nel tempo, a margine delle varie operazioni straordinarie su ricordate ed anche in relazione alla procedura per la quotazione della società sul mercato borsistico.

Per lo stesso motivo le irregolarità formali rilevate, in un certo arco temporale, in tema di fatturazione fra controllante e controllata non appaiono decisive in questa sede di giudizio risarcitorio in quanto, a prescindere da ogni questione in ordine alla giustificatezza di detto espediente contabile (carenza della struttura amministrativa della controllata) e dagli eventuali profili di responsabilità penale, non emerge prova, in base a conferente allegazione, che da tale specifica condotta siano derivati danni patrimoniali per la società Per le altre operazioni, il Collegio non può che prendere atto del fatto che, per scelta imprenditoriale non sindacabile in quanto non irrazionale e sostenuta da un adeguato piano industriale, l’iniziativa intrapresa per la costituzione di un nuovo polo della telefonia fissa in Italia prevedesse l’acquisizione ed aggregazione di altre società operanti nel settore della telefonia in ambito locale e quindi l’integrazione delle varie strutture operative.

In tale contesto, anche la scelta di creare una holding non operativa appare non irragionevolmente finalizzata ad una riorganizzazione societaria, che prevedeva, anche attraverso la quotazione in borsa, una maggiore visibilità sul mercato ed un maggiore afflusso di capitali.

L’esposizione debitoria con Telecom Italia S.p.a., alla luce del complesso rapporto di dare ed avere, è rimasta ben gestibile, anche in forza del richiamato meccanismo di compensazione delle partite debitorie e creditorie, quanto meno fino a quando Telecom Italia S.p.a. non ha posto definitivamente termine al rapporto contrattuale.

E’ a questo periodo (estate del 2007) che correttamente appare individuata dal Ctu la definitiva perdita della continuità aziendale e del capitale, con conseguente sussistenza delle condizioni implicanti lo scioglimento della società.

Non sono inoltre ipotizzabili responsabilità dell’organo amministrativo per quanto riguarda le cessioni delle partecipazioni nel capitale sociale della società in bonis; infatti le richiamate clausole di esonero da responsabilità degli organi cessati riguardano, a tacer d’altro, esclusivamente le scelte dei soci cedenti e dei soci cessionari, per cui appare difficile ipotizzare una qualche possibile responsabilità da parte degli amministratori, nuovi o vecchi che fossero.

Lo stesso discorso vale per le riferite cessioni del capitale sociale della E. S.p.a. nel corso del 2007: si tratta di dinamiche, riguardanti i soci, che esulano dalla gestione della società.

Di certo l’esito infruttuoso dell’intera complessa operazione, ragionevolmente posta in essere nell’iniziativa imprenditoriale di inserirsi in un mercato (quello della telefonia) in forte espansione e sulla base di un bene preciso piano industriale (progetto Kitel), non può giustificare una valutazione ex post di responsabilità gestoria né consente di ritenere automaticamente sussistenti generali e continuative violazioni del dovere di diligenza nella gestione dell’impresa.

In conclusione non sono individuabili condotte che, configurabili come inadempimento degli obblighi previsti dalla legge e dallo statuto, possano rilevare, sia valutate singolarmente che valutate complessivamente, in termini di fonte di danno risarcibile.

Benché non esplicitato apertamente, come specifica contestazione da parte della curatela attrice nei confronti degli organi amministrativi, osserva il Collegio che è comunque possibile desumere dal contesto dell’atto di citazione, stante il riferimento all’aggravamento del dissesto, anche una contestazione sulla mancata adozione dei provvedimenti obbligatori in caso di perdita del capitale sociale. Del resto anche l’omissione o il ritardo nell’attivazione della procedura ex art. 2447 c.c. configura a ben vedere un’ipotesi di mala gestio da omissione (cfr. art. 2485 c.c.).

Nella memoria attorea ex art. 183/6 n° 1 c.p.c. il riferimento all’incremento dell’esposizione debitoria di anno in anno è stato, peraltro, richiamato solo come criterio di determinazione del danno, in via alternativa a quello sul differenziale passivo-attivo, e non come naturale conseguenza ‘a valle’ di una conferente formale contestazione di mala gestio ‘a monte’.

Si procederà dunque all’esame anche di questo profilo, ma è innegabile che la mera desumibilità dal contesto di una tale contestazione, non oggetto di una specifica e compiuta allegazione anche in ordine all’incidenza causale in termini di quantificazione del danno, ha conseguenze sulla possibilità di concreto accoglimento della domanda risarcitoria.

In relazione ai quesiti 6 e 7, formulati proprio in merito all’individuazione del momento della perdita del capitale sociale ed alla quantificazione dell’aggravamento del dissesto in seguito all’eventuale mancata adozione degli interventi obbligatori ex art. 2447 c.c., il Ctu ha precisato che “ … la perdita del capitale si sia concretizzata a giugno 2007, senza che, peraltro, gli amministratori dell’epoca si attivassero con la dovuta celerità, stante l’evidente irrecuperabilità della situazione (per rapida dissoluzione della base della clientela), affinché l’assemblea dei soci fosse chiamata o a ripianare le perdite ed a ricapitalizzare la società, oppure a porla in liquidazione.

Riguardo alle tempistiche occorre considerare quanto segue: -nel momento in cui si è verificata la perdita del capitale sociale, già erano stati redatti (ed approvati dal consiglio di amministrazione) i progetti dei bilanci al 31 dicembre 2006 in una prospettiva di continuità; -il bilancio di esercizio della società, essendo quello di una holding non operativa, era caratterizzato dall’assenza di ricavi e di significativi costi.

Inoltre l’attivo era articolato su poche, importanti voci contabili: partecipazioni nelle controllate; crediti verso le controllate; imposte differite attive; -il valore di tali poste era interamente sorretto dalle prospettive di continuità aziendale. …; che “ … Pertanto, la rettifica di tali poste, costituita da niente di diverso dalla loro integrale svalutazione una volta perduta la continuità aziendale, non avrebbe comportato, a parere dello scrivente, un iter particolarmente lungo per la riformulazione del bilancio, se non accuratissima, quanto meno utile a rappresentare ai soci il quadro della situazione della società nella sua dimensione sostanziale. …”, con la conseguenza, sempre secondo il Ctu, che “ … (n)on può … invocarsi a favore degli amministratori dell’estate 2007 la necessità di settimane o addirittura mesi per pervenire ad un documento contabile da presentare all’assemblea in una prospettiva ex art. 2447 c.c. …” (cfr. ctu a pag. 471).

A questo punto si deve passare ad individuare quali fossero gli amministratori in carica nell’estate del 2007 e precisamente prima dell’agosto del 2007, evidenziando al riguardo che la curatela non ha citato in giudizio in questo processo, quali destinatari della domanda risarcitoria, anche i membri del CdA nominati ad agosto del 2007 (A. R., A. M. e G. G.), invero originariamente chiamati in causa solo come terzi dal convenuto R.

Dunque nulla può essere deciso in ordine alla condotta dei membri del CdA nominati il 27/8/2007 (A. R., A. M. e G. G.), la cui posizione invero avrebbe potuto essere presa in considerazione se ed in quanto, condannato in ipotesi il convenuto chiamante, si fosse dovuto procedere ad esaminare la domanda di garanzia svolta nei confronti di costoro; già peraltro si è detto che il rapporto processuale fra il chiamante ed i chiamati si è estinto ex art. 306 c.p.c. nel corso del giudizio, per cui non è necessario aggiungere altre sul punto, dovendosi solo ribadire che non è, né direttamente né indirettamente, oggetto di causa il periodo successivo ad agosto 2007 e fino al fallimento.

Con riferimento al CdA in carica nel periodo fra il 27 marzo ed il 27 agosto del 2007, il Ctu ha evidenziato che “ … il 27 marzo 2007, quindi circa tre mesi prima del momento in cui si verifica la perdita del capitale, si tiene l’assemblea della società per deliberare ai sensi dell’art. 2364, primo comma, nn° 2 e 3, c.c. Essendo, infatti, venuta meno la maggioranza dei componenti dell’organo amministrativo, a seguito delle intervenute dimissioni di D. e di Novich, è decaduto, in forza delle relative disposizioni statutarie, l’intero organo amministrativo. L’assemblea nomina, pertanto, un consiglio di amministrazione di quattro membri: F. D., presidente; G. F., amministratore delegato; P. P.; Cistina N.. Il 7 giugno successivo, nell’imminenza della ‘sanzione’ della perdita del capitale sociale per effetto dell’avverso provvedimento di rigetto del ricorso ex art. 700 c.p.c. proposto da E. nel tentativo di impedire a Telecom Italia il ‘distacco delle linee’, il consiglio di amministrazione delibera una redistribuzione delle cariche: F. assume quella di presidente; a D. è attribuita la qualifica di vice-presidente, con deleghe per i rapporti col mercato finanziario; a N. viene attribuita delega per i rapporti con le organizzazioni sindacali e le pubbliche amministrazioni. Informalmente, nei giorni seguenti, le sarà anche dato il compito di tentare, infruttuosamente, di riaprire le trattative con Telecom Italia. Il consiglio di amministrazione mantiene l’anzidetta composizione fino al 10 luglio successivo, ossia durante tutto il periodo nel quale Telecom Italia interrompe le connessioni con il Gruppo E., determinandone la dispersione della clientela. Si è consumata irreversibilmente, come già ricordato, la perdita del capitale e la situazione ex art. 2447 c.c. è pienamente percepibile a chiunque abbia anche solo una limitata idea del funzionamento della società. Dal verbale dell’assemblea tenutasi il 18 luglio 2007, si evince che il 10 luglio precedente, il consiglio ha cooptato Giancarlo Vinti (il quale, peraltro, non è parte nel presente giudizio). Dal verbale della riunione del collegio sindacale tenutasi lo stesso giorno, si apprende che P. ha fatto pervenire le proprie dimissioni in pari data e che il consiglio di amministrazione è decaduto, in forza di statuto, ma continua in prorogatio nella composizione seguente: F., N., P. e Vinti. Per cui se ne desume che quest’ultimo è stato cooptato a seguito di dimissioni di D., intervenute prima del 10 luglio o quello stesso giorno. L’assetto amministrativo muta il 27 agosto successivo, quando l’assemblea delibera il suo integrale rinnovo nominando R. A., M. A. e G. G., rispettivamente presidente della società il primo, consiglieri i secondi. …” (cfr. ctu a pagg. 472-473).

In conclusione, visto che nei confronti del convenuto P. vi è stata la rinuncia agli atti e che dalla curatela non è stata esperita in questo giudizio alcuna azione nei confronti di Vinti Giancarlo, di A. R., di A. M. e di G. G., la domanda in parte qua deve ritenersi esaminabile solo nei confronti dei convenuti F. (contumace), N. e D. (contumace).

Con riferimento alla posizione dei singoli amministratori in carica fino al 27/8/2007, il Ctu ha precisato che “ … dai verbali dell’organo amministrativo dei quali si dispone per il periodo nel quale si concretizza la perdita del capitale e successivamente, non risulta l’annotazione della deliberazione di convocare l’assemblea per gli incombenti di cui all’art. 2447 c.c. Occorre, peraltro, ricordare, considerato il profilo della ‘incisività’ concreta del ruolo dei singoli amministratori, che: la società, nel momento in esame, era controllata dal Gruppo Vive La Vie, la cui figura di riferimento è lo stesso F., ossia il presidente di E. S.p.a.; che pertanto, ogni deliberazione proposta dall’organo amministrativo od ogni iniziativa dei singoli amministratori che fosse stata, eventualmente, non gradita all’azionista di controllo, non avrebbe sortito effetto alcuno. L’efficacia di iniziative in contrasto con il soggetto controllante la società è bene esemplificata dalla sostituzione dell’intero collegio sindacale, dopo la presentazione da parte di questo della denunzia ex art. 2409 c.c.; a parere di chi scrive, quindi, ben poco in concreto avrebbero potuto fare gli amministratori D., P. e N.. Di quest’ultima vi sono, in atti, due eloquenti lettere indirizzate a F. … nel periodo in cui la perdita del capitale si manifesta, che attestano come il potere decisorio effettivo fosse accentrato (n)ella figura di questo, amministratore delegato dapprima, poi presidente, in ogni caso espressione dell’azionista di controllo. …” (cfr. ctu a pagg. 473-474).

Osserva il Collegio, condivise le argomentazioni del Ctu sul momento (estate 2007) in cui si era verificata la perdita del capitale sociale e manifestata come obbligatoria l’attivazione della procedura ex art. 2447 c.c., che, in base alla ragione più liquida (cfr. Cass. 11458/2018), la domanda va rigettata per l’impossibilità di procedere all’accertamento del danno in ipotesi da risarcire, senza quindi necessità di procedere all’esame delle singole posizioni dei membri del CdA dell’epoca, anche alla luce della ricordata giurisprudenza in tema di amministratori c.d. operativi e di amministratori c.d. non operativi.

Orbene, premesso che nel caso di illegittima prosecuzione dell’attività di impresa e di mancata tenuta di una condotta conservativa (cfr. citato art. 2486 c.c.), è necessario applicare, in base a condivisa giurisprudenza di legittimità, il principio sulla differenza dei netti patrimoniali, per cui l’amministratore risponde nei limiti della differenza incrementale fra la situazione risultante al momento in cui ricorrevano i presupposti per la messa in liquidazione (nel nostro caso, agosto 2007) e quella risultante al momento della dichiarazione di fallimento (nel nostro caso, 16/4/2008), osserva il Collegio che nella relazione definitiva (quesito n° 7) il Ctu, aderendo alle osservazioni critiche mosse in parte qua alla Relazione provvisoria, ha precisato, a proposito dell’aggravamento del dissesto, che “ … il criterio della differenza dei netti patrimoniali prevede, in buona sostanza, il confronto: -tra il valore effettivo del patrimonio netto eventualmente residuo, alla data alla quale si …(sarebbe dovuta concretizzare) …, ove non vi fosse stata la mancata adozione degli interventi ex art. 2447 c.c., la messa in liquidazione della società per effetto del combinato disposto degli artt. 2447 e 2484, primo comma, n° 4; ed il valore effettivo assunto dal patrimonio netto quando, infine, la messa in liquidazione è avvenuta. Momento che, nel caso di specie, è pressoché contestuale alla dichiarazione di fallimento. Il confronto, per essere attendibile, e consentire, pertanto, una corretta determinazione della ricercata ‘differenza’ fra i ‘netti’ a valori effettivi, deve necessariamente fondarsi sulla disponibilità di due situazioni patrimoniali, ciascuna riferita ad uno dei due momenti di cui sopra: -la prima situazione patrimoniale, relativa all’epoca nella quale la causa di scioglimento si è verificata, ma non se ne è ‘voluto prendere atto’; -la seconda, relativa al momento della successiva messa in liquidazione, volontaria e/o fallimentare. Il Ctu, nella relazione provvisoria, aveva esperito un tentativo di fornire risposta al presente quesito circa la determinazione dell’eventuale aggravio del dissesto, sulla scorta di un procedimento largamente approssimativo, che è stato criticato sia dal fallimento attore che dal terzo chiamato in causa Reale Mutua. Alla luce della valutazione di tali critiche, illustrata nella SE.ne ‘C’, della Presente Relazione definitiva …, il Ctu ha ritenuto, riconsiderando il procedimento adottato, che non sia supportato da informazioni adeguate e che, pertanto, non sia, quantomeno allo stato, possibile procedere ad una razionale determinazione dell’eventuale aggravio del dissesto con il metodo prescritto …” (cfr. ctu a pagg. 474 e 475).

Del resto, a rendere di fatto impossibile una tale ricostruzione, non va dimenticato che -come detto- non è oggetto di causa, in quanto appunto non citati in questo giudizio i relativi membri, il periodo in cui ha operato il CdA costituito da A. (Presidente), A. e G. (Consiglieri), in carica dal 27/8/2007 al 4/2/2008, data di iscrizione nel Registro delle Imprese della cessazione di questo CdA, cui ha fatto seguito la nomina, per solo due mesi (4/2/2008-16/4/2008, data del fallimento), del liquidatore dott. B. M.

Non è possibile accedere alla richiesta di determinazione del danno in misura pari alla differenza fra passivo accertato ed attivo realizzato in sede fallimentare, in quanto ne difettano i presupposti, da individuare non solo nell’oggettiva impossibilità di ricostruire la contabilità sociale, ma anche nell’impossibilità di individuare specifici atti di mala gestio (cfr. Cass. 38/2017: “Nell'azione di responsabilità promossa dal curatore ai sensi dell'art. 146, comma 2, l.fall., la mancata (o irregolare) tenuta delle scritture contabili, pur se addebitabile all'amministratore convenuto, non giustifica che il danno risarcibile sia determinato e liquidato nella misura corrispondente alla differenza tra il passivo accertato e l’attivo liquidato in sede fallimentare, potendo tale criterio essere utilizzato solo quale parametro per una liquidazione equitativa ove ne sussistano le condizioni, sempre che il ricorso ad esso sia, in ragione delle circostanze del caso concreto, logicamente plausibile e, comunque, l’attore abbia allegato un inadempimento almeno astrattamente idoneo a porsi come causa del danno lamentato, indicando le ragioni che gli hanno impedito l’accertamento degli specifici effetti dannosi concretamente riconducibili alla condotta dei predetti soggetti”; Cass. SU 9100/2015).

Nell’odierna controversia la situazione è completamente diversa, essendo stati allegati specifici atti di pretesa mala gestio, ed è stata la curatela attrice, come paradossalmente emerge dalle deduzioni svolte dalla stessa in comparsa conclusionale a confutazione della sollevata eccE.ne di prescrizione, ad evidenziare che “ … Nel caso di specie, a ben vedere, solo attraverso le relazioni di stima svolte dai periti della procedura fallimentare si è potuto riscostruire il patrimonio della società fallita e ricondurre il dissesto societario alle illegittime condotte attive ed omissive poste in essere dai componenti dei Consigli di Amministrazione succedutisi nel tempo. …” e che “ … Solo attraverso gli accertamenti operati dai consulenti, alla stregua di un esame della documentazione sociale, peraltro tenuta in modo incompleto e irregolare, è stato possibile accertare da parte degli organi sociali la dissimulazione della reale consistenza finanziaria e patrimoniale della società. …” (cfr. comparsa conclusionale attorea a pag. 26).

Tali essendo le risultanze di causa, richiamate le superiori osservazioni in fatto ed in diritto e ribadito che la pur accertata violazione delle regole di condotta non sarebbe di per sé sola sufficiente alla condanna degli amministratori al risarcimento del danno patrimoniale sofferto dalla società o dai creditori sociali, danno che invero deve pur sempre essere provato da chi agisce sia pure ricorrendo a criteri presuntivi, la domanda della curatela va rigettata nei confronti di tutti gli amministratori convenuti in giudizio.

Il rigetto della domanda nel merito comporta l’assorbimento, in base alla ragione più liquida, dell’eccE.ne preliminare di prescrizione sollevata anche che in questo giudizio contro gli amministratori. Già si è detto, con riferimento alla sentenza non definitiva, del rigetto della relativa eccE.ne per quanto riguarda il giudizio contro i sindaci.

Passando all’esame nel merito della domanda risarcitoria svolta nei confronti dei sindaci, ai quali è stato contestato l’omesso controllo e l’omessa attivazione a tutela degli interessi della società, è di tutta evidenza, alla luce di quanto detto sulla conseguenzialità logico-giuridica della responsabilità di costoro rispetto a quella degli amministratori, che il rigetto della domanda risarcitoria nei confronti degli amministratori comporta di per sé, a prescindere da ogni altra considerazione, il rigetto della domanda risarcitoria svolta nei confronti appunto dei sindaci.

Il rigetto delle domande proposte dalla curatela nelle due cause riunite nei confronti dei sindaci (la prima) e degli amministratori (la seconda) comporta il non luogo a provvedere tanto sulle domande di garanzia svolte nei confronti delle varie società di assicurazione chiamate in giudizio e nei confronti di amministratori e sindaci non evocati in giudizio dalla curatela quanto sulle domande incrociate svolte da taluni convenuti.

Risulta analogamente assorbita ogni altra questione sia di merito che di rito, sia in fatto che in diritto.

L’assoluta complessità della controversia comporta il rigetto delle domande ex art. 96 c.p.c. proposte nei confronti della curatela.

Per lo stesso motivo, anche alla luce di Corte Cost. 77/2018, le spese di lite vanno compensate per metà, ponendo il residuo, liquidato in dispositivo in base al DM 55/2014 in relazione al valore della causa di circa euro 72.000.000,00, a carico della curatela attrice per il grado di soccombenza. La liquidazione viene fatta direttamente in favore dell’avv.to Antonella Iannotta, difensore del convenuto C., che si è dichiarato antistatario.

La condanna riguarda, nella stessa misura, anche le spese di lite in favore delle società di assicurazione, terze chiamate, atteso che la chiamata in garanzia non appariva meramente pretestuosa.

Nel caso di difesa unitaria di due o più parti la liquidazione deve essere intesa unica.

Le spese di ctu, liquidate con separato e contestuale decreto, vanno definitivamente e per intero poste a carico della curatela, comunque soccombente.

 

P.Q.M.

definitivamente pronunciando:

-dichiara la contumacia dei convenuti M. O., F. G. e D. F.;

-dichiara il non luogo a provvedere sulla domanda originariamente proposta nei confronti del convenuto P. P., per intervenuta rinuncia agli atti;

-rigetta le domande risarcitorie avanzate dalla curatela del Fallimento E. S.p.a. (fallimento n° 133/2008) nei due giudizi riuniti tanto nei confronti degli amministratori (seconda causa) quanto nei confronti dei sindaci (prima causa);

-dichiara il non luogo a provvedere su ogni domanda svolta nei confronti dei terzi chiamati e su ogni domanda incrociata;

-rigetta le domande ex art. 96 c.p.c. svolte nei confronti della curatela attrice;

-dichiara compensate per metà le spese di lite e pone a carico della curatela attrice, per il grado di soccombenza, il residuo, che liquida, in favore di ciascun convenuto costituito e di ciascuno dei terzi chiamati costituiti, in 51.705,50 euro, oltre rimborso forfettario, Cp ed Iva come per legge. Nel caso di difesa di due o più parti la liquidazione è unica;

-ordina la distrazione delle spese di lite in favore dell’avv.to Antonella Iannotta, difensore del convenuto C., che si è dichiarato antistatario;

-pone definitivamente e per intero le spese di ctu, liquidate con separato e contestuale decreto, a carico della curatela soccombente.

Così deciso a Roma, 25/9/2018

il Presidente dott. Stefano Cardinali

il Giudice estensore dott. F. Remo Scerrato