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Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 21300 - pubb. 28/02/2019.

Quando il cliente ha diritto ad ottenere dalla Banca il rendiconto pur non avendone fatto richiesta ex art. 119 T.U.B.


Cassazione civile, sez. VI, 08 Febbraio 2019. Est. Dolmetta.

Conto corrente bancario – Interessi ultra-legali non pattuiti e capitalizzazione trimestrale – Onere della prova – Diritto del cliente di ottenere dalla Banca il rendiconto – Sussistenza – Mancata richiesta ex art. 119 TUB – Irrilevanza


Nel caso in cui non sia contestata l’applicazione al rapporto di conto corrente di interessi ultra-legali non pattuiti nelle forme di legge nonché l’applicazione della capitalizzazione trimestrale, non può mettersi in dubbio l’esistenza di un conto corrente non contestato dalla Banca e dunque l’esistenza della documentazione relativa alla sua gestione.

In ragione dei contenuti propri della norma dell’art. 119 comma 4 T.U.B., il correntista ha pertanto diritto di ottenere dalla Banca il rendiconto, anche in sede giudiziaria avvalendosi dell’ordine di esibizione di cui all’art. 210 c.p.c., fornendo la sola prova dell’esistenza del rapporto contrattuale e ciò anche nell’ipotesi in cui prima del giudizio non abbia fatto richiesta della documentazione ai sensi dell’art. 119 T.U.B. (Franco Benassi) (riproduzione riservata)

 

Fatto e diritto

1.- M.M.A. ha convenuto avanti al Tribunale di Lecce, sezione distaccata di Nardò, la Banca Monte dei Pachi di Siena, in relazione a un rapporto di conto corrente da tempo in essere con quest’ultima. In particolare, ha chiesto l’accertamento della nullità delle clausole di anatocismo trimestrale e di interessi c.d. "usi piazza"; l’eliminazione degli addebiti in conto dati dall’applicazione di una commissione di massimo scoperto mai pattuita; il computo delle valute dal giorno di effettivo compimento dell’operazione; la conseguente rideterminazione del saldo di conto.

Con pronuncia del marzo 2011, il Tribunale ha rigettato tutte le domande attoree, rilevando che queste erano rimaste "sfornite di prova, non avendo l’attrice prodotto documentazione a sostegno delle proprie richieste". "Non erano stati esibiti gli estratti conto", "né poteva essere accolta la richiesta, formulata ex art. 210 c.p.c. di ordinare alla banca convenuta l’esibizione di detta documentazione": "nel caso di specie, l’attrice avrebbe potuto richiedere alla banca la documentazione relativa all’andamento del rapporto di conto corrente ai sensi dell’art. 119 T.U.B., richiesta che non risultava essere stata formulata".

M.A. ha impugnato il provvedimento avanti alla Corte di Appello Lecce.

Tra le altre cose, ha lamentato l’errore in cui sarebbe incorso Il Tribunale nel rigettare le domande "sul presupposto che l’attrice, limitandosi a richiedere l’ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c., della documentazione inerente il rapporto di conto corrente, avrebbe mancato di provare i fatti a fondamento della propria domanda". Ha assunto in proposito che, in realtà, "la richiesta dell’ordine di esibizione avrebbe dovuto essere accolta in quanto legittimo esercizio del diritto riconosciuto al cliente di ottenere dalla banca tutti i documenti inerenti i rapporti con la stessa intrattenuti".

2.- Con sentenza depositata l’8 febbraio 2016 n. 123 (come poi corretta degli errori materiali, che presentava, con ordinanza collegiale 11/12 febbraio 2016), la Corte territoriale ha parzialmente accolto l’appello così presentato.

Ha rilevato, a questo riguardo, che "ai fini della verifica della esistenza di cui si deduce la nullità è sufficiente l’esame dei documenti prodotti dalla banca e cioè la copia del contratto di apertura di credito", così dichiarando la nullità della clausola di anatocismo trimestrale e della clausola di interessi c.d. "usi piazza"; e altresì dichiarando "non dovuta in relazione a detto conto corrente la commissione di massimo scoperto".

Per il resto, invece, la Corte salentina ha confermato la decisione del giudice di primo grado. In proposito, ha osservato che "l’art. 119 T.U.B., riconosce il diritto del cliente a ottenere dalla banca copia delle operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni", laddove "non risulta che la M. abbia esercitato tale diritto, facendo richiesta alla banca convenuta della documentazione che avrebbe poi potuto produrre in giudizio"; per concludere che "solo nel caso in cui la banca non avesse dato seguito alla richiesta si sarebbe giustificato il ricorso allo strumento processuale di cui all’art. 210 c.p.c., che non può essere utilizzato per sopperire all’inerzia della parte su cui grava l’onere probatorio".

3.- Avverso questa pronuncia, e precisamente in relazione alla parte in cui ha confermato la decisione del Tribunale, ricorre M.A. , che si affida a un motivo per la cassazione di tale statuizione.

Resiste con controricorso la Banca Monte dei Paschi.

4.- Il motivo di ricorso risulta intestato nella "violazione degli art. 2697 c.c., art. 111 Cost. e art. 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3".

Nei suoi contenuti, il motivo si concentra sostanzialmente sull’affermazione della Corte di Appello di ritenere "illegittima la richiesta - formulata nei confronti del giudice di primo grado - dell’ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c., di tali estratto conto e ciò in quanto tali documenti sarebbero stati "direttamente accessibili ex art. 119 T.U.B."".

Tale affermazione è scorretta ed errata - rileva la ricorrente -, come pure lo è la conseguente rilevazione per cui essa non avrebbe adempiuto all’onere della prova con riferimento alla "parte della domanda non oggetto di accoglimento". Sulla base delle prove prodotte, nonché delle richieste complessivamente formulate - così si continua - tale onere risultava rispettato: toccava piuttosto alla banca fornire le copie di "tutti gli estratti conto oggetto del rapporto di conto corrente contestato".

5.- Il motivo merita di essere accolto.

Della tematica prospettata dalla fattispecie qui concretamente in esame - come facente sostanziale riferimento, cioè, all’eventualità che il giudice del merito non accolga l’istanza di esibizione delle scritture contabili della banca, adducendo che il cliente avrebbe potuto richiedere la documentazione sulla base dell’art. 119 T.U.B. - la giurisprudenza di questa Corte si è, invero, occupata più volte. Così venendo a sviluppare un orientamento di segno univoco (cfr., di recente, Cass., 11 maggio 2017, n. 11554; Cass., 15 settembre 2017, n. 21472; Cass., 28 maggio 2018, n. 13277; ma v. altresì, più indietro nel tempo e con riguardo all’impianto di base della citata norma del testo unico, Cass., 12 giugno 2006, n. 11004, nonché, e prima ancora, Cass., 22 maggio n. 4598 e Cass., 19 ottobre 1999, n. 11733); come pure in radice divergente da quanto ritenuto dalla sentenza della Corte di Lecce nella controversia in esame.

In materia va ricordato, prima di tutto, che "il diritto del cliente ad avere copia della documentazione... ha natura sostanziale e non meramente processuale e la sua tutela si configura come situazione giuridica "finale", carattere non strumentale". "Non trovano pertanto applicazione, nella fattispecie, i principi elaborati dalla giurisprudenza in ordine di esibizione dei documenti ex art. 210 c.p.c., e non può pertanto negarsi il diritto del cliente di ottenere copia della documentazione richiesta, adducendo a ragione e in linea di principio... la natura meramente esplorativa dell’istanza in tal senso presentata" (Cass. n. 11004/2006).

Da rilevare è, inoltre, che la "norma del T.U.B., art. 119, comma 4, non contempla, o dispone, nessuna limitazione che risulti in un qualche modo attinente alla fase di eventuale svolgimento giudiziale dei rapporti tra correntista e istituto di credito. D’altra parte, non risulta ipotizzabile ragione che, per un verso o per altro, possa giustificare, o anche solo comportare, un simile risultato. Da rimarcare, più ancora, è che la richiamata disposizione dell’art. 119, viene a porsi tra i più importanti strumenti di tutela che la normativa di trasparenza - quale attualmente stabilita nel testo unico bancario vigente... - riconosca ai soggetti che si trovino a intrattenere rapporti con gli intermediari bancari". Appare così "chiaro come non possa risultare corretta una soluzione... che limiti l’esercizio di questo potere alla fase anteriore all’avvio del giudizio eventualmente intentato dal correntista nei confronti della banca presso la quale è stato intrattenuto il conto. Ché una simile ricostruzione non risulta solo in netto contrasto con il tenore del testo di legge, che peraltro si manifesta inequivoco. La stessa tende, in realtà, a trasformare uno strumento di protezione del cliente - quale si è visto essere quello in esame - in uno strumento di penalizzazione del medesimo: in via indebita facendo transitare la richiesta di documentazione del cliente dalla figura della libera facoltà a quella, decisamente diversa, del vincolo dell’onere. D’altra parte, neppure è da ritenere che l’esercizio del potere in questione sia in qualche modo subordinato al rispetto di determinare formalità espressive o di date vesti documentali; né, tantomeno, che la formulazione della richiesta, quale atto di effettivo esercizio di tale facoltà, debba rimanere affare riservato delle parti del relativo contratto o, comunque, essere non conoscibile dal giudice o non transitabile per lo stesso. Ché simili eventualità si tradurrebbero, in ogni caso, in appesantimenti dell’esercizio del potere del cliente: appesantimenti e intralci non previsti dalla legge e frontalmente contrari, altresì, alla funzione propria dell’istituto".

Pure è da segnalare che è vero che "l’esibizione di documenti non può essere chiesta, ai sensi dell’art. 210 cod. proc. civ. a fini meramente esplorativi". Tuttavia, nel caso in cui "non sia contestata l’applicazione al rapporto di conto corrente di interessi ultralegali non pattuiti nelle forme di legge, nonché l’applicazione della capitalizzazione trimestrale", "non può mettersi in dubbio l’esistenza di un conto corrente, non contestato dalla Banca e dunque l’esistenza della documentazione relativa alla sua gestione". In ragione dei contenuti propri della norma dell’art. 119 comma 4 T.U.B., il "correntista ha diritto di ottenere dalla Banca il rendiconto, anche in sede giudiziaria, fornendo la sola prova dell’esistenza del rapporto contrattuale" (Cass., n. 21472/2017).

6.- In conclusione, va accolto il ricorso e cassata, per la relativa parte pertinente, la sentenza impugnata. Di conseguenza, la controversia va rinviata, per quanto di ragione, alla Corte di Appello di Lecce, che, in diversa composizione, provvederà anche a liquidare le spese del giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa, nei termini di cui in motivazione, la sentenza impugnata e rinvia la controversia alla Corte di Appello di Lecce, che, in diversa composizione, deciderà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.